Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Uniti nella verità

 

Prassi di chiesa

 

 

 

 

Le diversità possono essere una risorsa oppure diventano un problema.
 Ecco le parti principali:
■ Entriamo in tema (il problema)
■ Uniti nella verità
■ Le diversità quale risorsa
■ Le diversità e le divisioni
■ Aspetti connessi.
 
Il libro è adatto primariamente per conduttori di chiesa, per diaconi e per collaboratori attivi; si presta pure per il confronto fra leader e per la formazione dei collaboratori. È un libro utile per le «menti pensanti» che vogliano rinnovare la propria chiesa, mettendo a fuoco le cose essenziali dichiarate dal NT.

 

Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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IL VERME DELL’ACCADEMISMO NELLE CHIESE

 

 di Paolo Jugovac

 

Caro Nicola, grazie per l’articolo «Il verme dell’accademismo». Non posso che dirmi d’accordo con la tua lucida analisi; so che generalizzare è il modo peggiore per affrontare la cosa, ma — da addetto alla comunicazione — non posso fare a meno di notare che i germi della malattia che diagnostichi all’accademismo sono comuni a ogni aspetto della vita evangelica, almeno per come viene vissuta e presentata dalle chiese (forse c’entra poco, ma nel mio piccolo continuo a credere che «vivere Cristo» sia qualcosa di più del mero partecipare a un culto, dal ricevere due formule consolatorie, dalla banalizzazione di concetti essenziali come «edificazione» ed «evangelizzazione»).

     Infatti la tendenza è sempre quella del classismo: credenti di serie «A» e «B», con uno spartiacque che varia a seconda del contesto: nell’ambito carismatico la differenza è tra chi ha fatto certe esperienze e chi no; nell’ambito dei «Fratelli» tra chi frequenta più culti (ed ecco tornare il discorso della «raccolta punti», cui accennavi nel pezzo) e chi meno.

     Sul piano culturale noto un baratro. Volentieri dialogo con alcuni cui riconosco un acume intellettuale, una curiosità e una preparazione culturale che si staglia sulla superficialità e sull’impreparazione generale. Ma nelle chiese sono rari i guizzi, e spesso si confonde la cultura con lo spirito, seguendo inconsciamente l’assioma che il responsabile (pastore o anziano che sia) sia anche maturo spiritualmente e quindi maestro culturalmente. Chi più sa, più si rende conto di quanto gli manchi. Il problema è che sono in pochi a raggiungere questa consapevolezza. Più volte mi sono scontrato con persone che, per aver letto un libro di sociologia, hanno appeso fuori dalla porta il titolo di «consulente», o che per aver seguito un corso di comunicazione si credono ora dei nuovi Mc Luhan. [N.d.R.: cfr. Marshall Mc Luhan, Gli strumenti del comunicare (Il Saggiatore, Milano, 1967).] Oppure, per una vaga competenza, si mettono a insegnare nelle scuole bibliche. Penso che la ricerca dell’accademismo sia anche questo: la ricerca d’un titolo che certifichi, anche se talvolta a fronte d’una preparazione carente. In fondo è come per i titoli nobiliari: tutti puntano a scoprire un avo nobile per compensare un presente che delude.

     I «mali della cultura scolastica» non sono alieni alla realtà evangelica anche perché il contesto evangelico italiano viaggia con 10-20 anni di ritardo sulla cultura secolare: nella musica, nella letteratura, nella cultura, nel modo di confrontarsi, nelle posizioni politiche e in molti altri settori.

     Anche in merito all’autoreferenzialità, non c’è solo il settore accademico: ogni pastore (o anziano) si considera sufficientemente autorevole per evitare il confronto. In campo secolare, almeno, c’è la conferma del curriculum; in campo evangelico nemmeno quello (anche se alcuni cercano di avvalorare la propria chiamata ministeriale con patetici «dott.» davanti al nome), e anzi le discussioni vengono spesso chiuse con una argomentazione incontestabile: «Se il Signore...». Il che, usato così, suona come il «perché sì» del genitore che non intende dare spiegazioni.

     Sulla «chiusura al territorio» non occorrerebbe nemmeno parlarne: quante chiese evangeliche sanno quel che avviene nella loro città, o nel loro quartiere? Talvolta per una collocazione balorda (ci sono credenti che frequentano chiese a decine di chilometri dal proprio paese, nonostante ne abbiano una dietro casa, e non colgono il senso di «fare chiesa» nel senso biblico), altre volte, purtroppo, per la distorta convinzione che «non siamo di questo mondo».

     Ma tutto questo è un pericolo anche per chi lo vede e non lo condivide. Coloro che davvero si dimostrano (senza bisogno di biglietti da visita) come colti e preparati, rischiano di «gonfiarsi» (per usare un termine biblico), e finire a fare i «tuttologi» (qui torno a un tema toccato da te quando ci siamo visti ultimamente). [N.d.R.: Un «tuttologo» è chi si ritiene di avere la competenza necessaria su ogni tema trattato e viene invitato da altri in tale veste a convegni, conferenze, seminari e dibattiti.]

     Mi fermo qui. Ho voluto argomentare una convinzione che, penso, ti troverà concorde: quello che delinei è un problema reale, mi sono permesso solamente di rilevare una diffusione più estesa.

     La difficoltà, a questo punto, sta nella soluzione. La frammentazione, la scarsa conoscenza reciproca, la fiducia limitata ci porta spesso ad agire spiritualmente come «monadi». Spesso è un punto d’onore, per gli evangelici, «fare tutto da soli». Sul momento può anche risultare appagante, ma ben presto emergono i limiti. Vediamo i problemi, ma non possiamo dare loro soluzione perché siamo soli e non abbiamo abbastanza forza.

     Progetti come Evangelici.net e CRC [N.d.R.: Centro di Radiodiffusione Cristiana] hanno come scopo anche quello di superare questo limite. Come? Creando comunione concreta (e sottolineo «concreta») attraverso la conoscenza reciproca, la comunicazione e la collaborazione. Crediamo che compattarsi e lavorare insieme, mettere a disposizione i propri talenti e beneficiare di quelli altrui nell’ambito di progetti condivisi (e ribadisco: «progetti condivisi») sia un vero atto di fraternità. Se da un lato c’è la diffidenza di chi considera prioritaria la «propria» chiesa e la «propria» visione rispetto alle azioni comuni, grazie a Dio c’è la solidarietà e l’adesione di tanti altri, attraverso cui sta crescendo una piattaforma comunicativa che non si può più ignorare né all’interno dell’ambiente evangelico («purtroppo», secondo alcuni), né fuori.

Il verme dell’accademismo? Parliamone {Nicola Martella}

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A2-Accademismo_chiese_UnV.htm

20-02-2007; Aggiornamento: 06-07-2010

 

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