1. LA FEBBRE DELL’ORO
(Vincenzo Russillo): Stamani un episodio di vita quotidiana mi ha dato spunto
per scrivere su questo tema. Spesso infatti mi reco al tabacchino a me più
vicino per comprare delle riviste. Oltre alla solita clientela, c’era una «fila
da stadio»: anziani, gente appena uscita dal lavoro, mamme con i propri figli e
ragazzetti con i soldi in mano. Tutta questa calca aspettava di poter puntare,
per le prossime estrazioni del Superenalotto. È possibile che i soldi
portano a tanta frenesia?
Qualcuno potrebbe ribattere che tutto quel danaro potrebbe cambiare la vita
di qualcuno. Niente da obiettare su questo. Mi viene in mente, però,
un’esperienza personale legata a tale problema. Ricordo che a 14 anni, spronato
dagli amici, con i piccoli soldi che avevo messo da parte comprai un biglietto
«gratta e vinci». Caso volle che vinsi: in me scattò una molla, rigiocare
i soldi vinti per vincere ancora di più. Il risultato? Persi anche quelli.
Quella breve esperienza, mi ha portato a conclusioni precise. Il gioco lega
l’ignaro consumatore come a delle catene. Purtroppo il denaro fa «troppo gola» e
porta l’uomo a facili bramosie, non importa quel, che si rischia, perché come
dicevano i romani: pecunia non olet [N.d.R.: il denaro non puzza]. Troppo
spesso è facile sentir dire ad anziane signore: «Dio me la mandi buona
che possa vincere…»; tutto ciò per sfuggire alla mediocrità quotidiana, creata
da un materialismo sempre più sfrenato. Le frasi più usuali, dette con velato
senso di colpa, sono ad esempio: «Solo un euro e niente più…»; oppure: «Questa è
l’ultima…». Tuttavia, uscire dal circolo vizioso poi non è certo facile.
Il mondo del gioco d’azzardo è una trappola molto sottile: si rischia del danaro
per qualcosa d’assolutamente incerto. Il brivido del gioco e la bramosia per i
soldi, portano a una dipendenza. Molti potrebbero dire che giocare ogni
tanto non è certo una cosa da «criminalizzare». Di certo non bisogna passare da
un estremismo all’altro, ma cercare la verità. Spesse volte si chiede aiuto a
Dio per una vincita fruttuosa, ma a quale dio? Sicuramente al «dio denaro»
in nome dello spreco. Questo grande business è alimentato, da una pubblicità
sempre più pervasiva. Insomma si rischia di creare dei «nuovi schiavi».
2. L’ERARIO VINCE SEMPRE
(Nicola Martella): Nel gioco d’azzardo le eventuali vincite non sono la munifica
beneficenza di un illuminato ricco o di uno Stato benefattore. Nel
Superenalotto chi gioca ha una possibilità di vincere su 622.614.630 di
combinazioni diverse. Eppure l’Erario centra ogni volta il suo «sei», è sempre
il vincitore. Infatti in questo «gioco», gestito dalla società concessionaria
Sisal, lo Stato su ogni 100 euro incassati ne guadagna 49,5. Tolto tale prelievo
erariale, il restante 50,5% viene così distribuito: 4,4% a Sisal, 8% al punto
vendita e 38,1% in montepremi. È chiaro che il vero vincitore di un tale
business è lo Stato. Giornali e televisioni fanno pubblicità gratis a tale
«gioco d’azzardo» (come ad altri simili). Inoltre più sale la «febbre da
Jackpot», aumentando il montepremi, e più viene fatta pubblicità e più lo
Stato ci guadagna.
Non ci sono giochi pubblici, che facciano incassare all’Erario di più del
Superenalotto, visto che gli altri s’attestano in generale fra il 20 e il 30%
degli introiti e la tassazione delle scommesse sportive non supera il 5%. Il
Superenalotto è diventata una «tassa» indiretta dello Stato, poiché ogni
2 euro giocati, quasi uno va all’erario
■ Dati per il Superenalotto: Secondo i dati diffusi dai Monopoli di
Stato, nel 2007
il Superenalotto raccolse in Italia 1.940 milioni, di cui 962 milioni
confluirono nelle casse erariali.
Nel 2008
il Superenalotto raccolse in Italia 2.509 milioni (+29,3% rispetto al 2007), di
cui 1.235 milioni confluirono nelle casse erariali (+28,4% rispetto al 2007).
Nei primi nove mesi del 2008 la raccolta raggiunse 1.460 milioni, di cui 723
milioni andarono allo Stato. Il 23 ottobre del 2008 venne centrata la sestina da
oltre 100 milioni a Catania; la sola spesa complessiva nei primi dieci concorsi
di quel mese toccò i 486 milioni di euro.
Ad agosto del
2009 il Superenalotto era in crescita del 59,5%. Nel 2009, dall’ultima
volta che venne avvistato il «6» (31 gennaio) al 6 d’agosto, in 80 concorsi gli
Italiani hanno speso 1.630 milioni di euro, di cui l’Erario ne ha incassati 820
milioni; il montepremi era di 130.236.615,43 di
euro. All’inizio d’agosto del 2009, in soli tre concorsi furono spesi oltre 164
milioni di euro per il Superenalotto; nelle casse
del Ministero delle Finanze finirono 55 milioni di euro.
■ Dati per tutti i giochi: Secondo i dati diffusi dai Monopoli di Stato,
la raccolta dei primi sette mesi del 2008 per tutti i giochi (apparecchi,
bingo, ippica, sport, lotterie, lotto, superenalotto, giochi di abilità a
distanza) è stata pari a 27,2 miliardi di euro; nello stesso periodo del 2009
si è arrivati a 30,5 miliardi di euro, quindi con un incremento del +12,25%! Se
nel
2007 la raccolta per tutti i giochi fu di 42 miliardi e 193 milioni di
euro (entrate erariali 7 miliardi e 194 milioni), nel 2008 erano 47
miliardi e 555 milioni (+12,7%; entrate erariali 7 miliardi e 746 milioni,
+7,7%); ciò rappresentava il 2% del PIL italiano.
3. DIPENDENZA DA GIOCO E DISAGIO SOCIALE
(Nicola Martella): Qui riporto, in modo sintetico, solo alcuni fatti sui giochi
d’azzardo e questioni sociali connesse.
■ L’Italia è al terzo posto nella classifica mondiale dei Paesi, dove si
gioca di più in assoluto, ed è preceduto solo dall’Inghilterra e dal Giappone. A
parte questi due Paesi, gli esperti affermano che più una nazione si impoverisce
e più la gente gioca d’azzardo; non è un caso che nel Terzo Mondo si
gioca moltissimo.
■ Si chiamano «giochi d’azzardo», ma il termine «gioco» è fuori luogo,
poiché un’eventuale vincita non dipende dall’abilità della persona come nei
veri giochi, ma esclusivamente da elementi casuali e fortuiti. Avendo a che
fare col denaro, si perde la caratteristica essenziale del gioco e diventa una «scommessa»,
un presunto «investimento» per la vita. Infatti, il gioco è per definizione
un’attività ludica fine a se stessa, dove scherzando e divertendosi con altri,
si socializza e s’impara reciprocamente. Inoltre la «febbre da Jackpot»
può diventare una vera mania che può rovinare le persone, tanto da portarle alle
soluzioni più estreme.
■ La molla che fa «giocare» è la speranza d’un guadagno facile e
immediato, con cui si crede di poter risolvere velocemente tutti i problemi
della vita. Chi gioca d’azzardo è in genere un cittadino con un reddito
medio-basso, che spera in una vita migliore, di risolvere un problema o
d’avere un cambiamento significativo nella sua mediocre vita. L’impoverimento fa
scattate come molla il tentativo di riscatto sociale, ma ciò diventa una
patologia: i giocatori perdono il contatto con la realtà e la proporzione
delle cose e si mettono in contingenze assai pericolose.
■ Secondo l’Eurispes il 78% degli italiani ha la passione per il gioco
d’azzardo. Di loro 1.300.000 sono a rischio di dipendenza; essi giocano
infatti più di tre volte a settimana e al mese spendono almeno 600 euro.
■ Per alcuni il giogo d’azzardo diventa una attività compulsiva, ossia ne
sono talmente dipendenti che è diventata una ragione di vita e di cui non
possono fare più a meno. Sono «malati del gioco»; esso da eventuale mezzo
è diventato oramai il fine perverso dell’esistenza e come «drogati»
trovano nell’azzardo la sola ragione di vita. Giocando oramai per dipendenza
da gioco e pur sapendo che perderanno, dilapidano il loro patrimonio, distruggo
le loro eventuali attività commerciali e mettono sul lastrico le loro famiglie.
■ Abbiamo parlato della perdita di realtà. Chi dipende dal gioco
d’azzardo, non vede la soluzione della sua vita nella ricerca d’un
miglioramento, nell’impegno e nel sacrificio. Egli s’aspetta la svolta dalla
fortuna e dalla sorte, cose che non dipendono da lui.
■ Abbiamo visto che l’incremento del gioco d’azzardo è un indicatore d’un
diffuso disagio sociale: il peggioramento delle condizioni generali,
soprattutto delle fasce più deboli del Paese. Chi ha dovuto ridurre
drasticamente i consumi, pensa di trovare il rimedio tentando la fortuna; ma
tale effimera e improbabile aspettativa fa sì che il giocatore faccia
impoverire ancor di più la sua famiglia. Infatti, nel mondo a giocare sono
percentualmente proprio le famiglie più deboli e in difficoltà, le persone più
povere e disperate. Visto che i ricchi giocano da sempre e che le masse
medio-basse lo fanno specialmente in momenti di particolare difficoltà economica
della loro nazione, l’aumento del gioco d’azzardo è un indice significativo di
disagio sociale e di crisi economica d’un Paese, che sta progressivamente
scivolando verso il basso.
4. LA FONTE DELLA VERA RICCHEZZA
(Vincenzo Russillo): La Bibbia di certo non ci dà delle precise
indicazioni sul gioco d’azzardo, ma ci fornisce delle chiare ingiunzioni su come
usare i nostri soldi: «La ricchezza male acquistata va diminuendo, ma
chi accumula a poco a poco, l’aumenta» (Proverbi 13,11). Non bisogna
lasciarsi prendere da facili pulsioni poiché l’avidità e la bramosia sono un
peccato. Infatti, ci sta scritto: «Invece quelli che vogliono arricchire
cadono vittime
di tentazioni, d’inganni e di molti desideri insensati e funesti, che affondano
gli uomini nella rovina e nella perdizione» (1 Timoteo 6,9). E inoltre: «La
vostra condotta non sia dominata dall’amore del denaro; siate contenti
delle cose che avete; perché Dio stesso ha detto: “Io non ti lascerò e non ti
abbandonerò”» (Ebrei 13,5). Bisogna prendere atto che nei momenti più
difficili anche a livello economico, il nostro Signore non ci lascia soli.
Purtroppo la bramosia di soldi porta a gravi conseguenze (Proverbi
28,20.22) e soprattutto anche alla disgregazioni di famiglie: «Chi è avido di
lucro turba la sua casa, ma chi odia i regali vivrà» (Proverbi 15,27).
La via più breve ci sembrerà la migliore, ma è facile cadere. Non è tutto oro
quel che luccica. Bisogna tenere a mente quanto ci è stato detto nella Sacra
Scrittura: «Il mio Dio provvederà splendidamente a ogni vostro bisogno
secondo le sue ricchezze, in Cristo Gesù» (Filippesi 4,19).
5. ASPETTI CONCLUSIVI
(Nicola Martella): «Chi acquista una schedina compra non solo la remota
possibilità di vincere tanto denaro, ma anche un’emozione, una fantasia...
Semmai è da biasimare un mondo in cui per molti questo è l’unico modo per far
entrare un po’ di speranza nella propria vita» (Ian Hacking). Che dire? Già il
concetto, che la
speranza si possa comprare o vincere, è assurdo. Inoltre viste le
probabilità di vincita, si tratta di una speranza effimera e improbabile. Non
sarà essa a porgere la mano proprio a te per farti risollevare, non sarà
essa a far tirare proprio a te un respiro di sollievo in mezzo ai tanti
affanni.
Gli storici dei giochi d’azzardo ci mettono al corrente che le lotterie furono
un abile espediente dagli imperatori romani. Avendo essi bisogno di
denaro e non potevano imporre ulteriormente tasse ai cittadini, trovarono un
modo ingegnoso per
spremerli, senza che essi se ne potessero rendere conto e lamentare. Così
accade anche oggi. Non è un caso che a fine Ottocento il quotidiano «Avanti»
titolasse la pagina, in cui pubblicava i risultati del lotto, come «tassa
sugli imbecilli».
Ecco, infine, altri aspetti biblici su cui poter riflettere.
■ «Non si trovi in mezzo a te… chi dica la buona fortuna… perché
chiunque fa queste cose è in abominio all’Eterno» (Deuteronomio 18,10ss).
Quanti libri e siti internet offrono numeri sicuri, che la «fortuna» avrebbe
dato agli autori? Perché, se sono così sicuri, non se li giocano da sé, invece
di vendere libri o elemosinare soldi in internet?
■ «Si tende invano la rete dinanzi a ogni sorta di uccelli; ma costoro
pongono agguati al loro proprio sangue, e tendono insidie alla stessa loro vita.
Tale è la sorte di chiunque è avido di guadagno; esso toglie la vita a
chi lo possiede» (Proverbi 1,17ss). È un quadro che si adatta bene anche a
chi gioca d’azzardo e specialmente a chi ne è dipendente.
■ «Se l’Eterno non edifica la casa, invano vi si affaticano gli edificatori»
(Salmo 127,1). «L’Eterno è la parte della mia eredità e il mio calice; tu
mantieni quello, che m’è toccato in sorte. La sorte è caduta per me in luoghi
dilettevoli; una bella eredità mi e pur toccata!» (Salmo 16,5s). Davide si
aspettava da Dio e non dalla fortuna ciò, che Egli gli voleva elargire. Perciò
consigliava agli altri: «Rimetti la tua sorte nell’Eterno; confidati
in lui, ed egli opererà» (Sal 37,5).
■ «Ogni cosa è lecita, ma non ogni cosa è utile; ogni cosa è lecita,
ma non ogni cosa edifica» (1 Corinzi 10,23). «Ciascuno di noi renderà
conto di se stesso a Dio» (Romani 14,12).
■ «Non vi mettete con gli infedeli sotto un giogo che non è per voi» (2
Corinzi 6,14). «E non siate conformi a questo mondo, ma siate
trasformati mediante il rinnovamento del senno, affinché siate in grado di
provare quale sia la volontà di Dio: quella buona e gradita e perfetta»
(Romani 12,2).
►
Il gioco delle carte {Nicola Martella} (D)
►
La dipendenza da gioco: un male trascurato
{Nicola Martella} (T)
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Link esterni per l’approfondimento:
■
Agipronews
■
Amministrazione autonoma dei Monopoli di
Stato
■
Le speranze (inutili) del superenalotto
(agoravox)
■
Superenalotto (Wikipedia)
■
Superenalotto: Antitrust avvia un’indagine
sulla Sisal… (Il salvagente)
■
Superenalotto, scommesse, slot machine: chi
vince è sempre lo Stato (L’occidentale)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Vincita_cambia_vita_Mds.htm
08-08-2009; Aggiornamento: 10-03-2015
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