Non è mia intenzione entrare in una discussione fra fratelli all’interno di una
realtà ecclesiale locale, né prendere partito per qualcuno. D’altro canto, è
stata richiesta la mia opinione da un lettore e uno dei servizi offerto dal sito
«Fede controcorrente» è di rispondere ai quesiti posti. Confido nella maturità
dei fratelli che quanto qui detto non verrà usato in modo strumentale per
questioni e situazioni che non conosco. Le mie riflessioni vogliono
rappresentare solo un approfondimento biblico, su cui riflettere. |
La questione della lettrice
▲
Caro Nicola, ti scrivo per avere dei chiarimenti sull’uso del velo per le
donne nella comunità. Premetto che all’inizio della mia conversione, 30 anni
fa, nella comunità si faceva uso del velo, poi piano piano s’è smesso
d’usarlo. Devo ammettere che a me va bene così, perché non ho mai
compreso fino in fondo la sua biblicità, e sopratutto ai nostri giorni mi
sembra un’usanza molto musulmana.
Però visto che la Bibbia ne parla, vorrei capire meglio cosa intendeva
l’apostolo Paolo, quando diceva quanto segue:
■
Bisogna metterlo a motivo degli angeli
■ Bisogna metterlo se la donna insegna
■ Bisogna metterlo se si hanno i capelli corti
■ Rappresenta un segno di sottomissione all’uomo (marito?).
Se sul tuo sito è già stato discusso quest’argomento fammelo sapere. Ti
ringrazio e ti saluto in Cristo. {Gaia Cardelli, ps.; 30-11-2007}
La risposta ▲
Per un cristiano, che ama la Parola di Dio, una cosa non è giusta o sbagliata,
perché altri la usano in un modo o nell’altro (p.es. in modo corretto o
strumentale). È l’esegesi
corretta e rigorosa della Parola a doverci convincere di fare la cosa giusta,
rifuggendo sia dal legalismo degli uni, sia dal liberalismo degli
altri. Si noti che Paolo non parlò del «velo» in sé (a prescindere che parlò più
del «velarsi» che del «velo»), ma di come debba pregare e proclamare
(gr.
profemi «parlare pubblicamente») l’uomo (aner
= uomo sposato, marito) e la donna (ghyné =
donna sposata, moglie) dinanzi agli altri (1 Cor 11,4s). Questi due termini
ricorrono in Efesini 5 e sono tradotti correttamente «marito» e «moglie».
Avendo affrontato la questione già nell’opera
Generi &
ruoli (Punto°A°Croce, Roma 1996), rimando per
l’approfondimento ai seguenti articoli della seconda parte del libro: «La donna
in 1 Corinzi 11», pp. 9-27; «La donna in 1 Corinzi 14», pp. 28-41.
Per non lasciare qui la lettrice senza alcuna risposta, faccio notare che la
mia convinzione è in sintesi la seguente. Quando una donna sposata (ghyné)
prega nell’assemblea solenne (o comunità) personalmente e ad
alta voce
(ossia formula una preghiera pubblica, a cui si possa rispondere collettivamente
con un «amen»), oppure proclama (profetizza, ossia parla sotto
«ispirazione» sulla base della Parola letta in gruppo; p.es. testimonia, esorta
ecc.; ciò non significa «insegnare»), in
quel preciso momento deve avere il capo
coperto. Quando lo fa l’uomo sposato (aner),
deve avere in quel preciso momento il capo
scoperto.
Rimando a un approfondimento a parte la questione se, secondo una traduzione
letterale di 1 Corinzi 11, a coprire il capo della donna debba essere una
chioma femminile o un velo.
Si tenga presente che proclamare (profetare) è qualcosa di diverso da
insegnare. Quindi, che abbia o meno il capo coperto, alla donna non è
permesso d’insegnare nell’assemblea solenne. Al riguardo si veda «Ministeri
preclusi alle donne» in
Generi &
ruoli, pp. 83-102.
►
Donne conduttrici di chiesa?
{Giovanni Fogato} (A)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Velare_pregare_GeR.htm
03-12-2007; Aggiornamento: 17-10-2012
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