Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

Per il discernimento biblico

Prima pagina

Contattaci

Domande frequenti

Novità

Arte sana

Bibbia ed ermeneutica

Culture e ideologie

Confessioni cristiane

Dottrine

Religioni

Scienza e fede

Teologia pratica

▼ Vai a fine pagina

 

Entrare nella breccia 1

 

Prassi di chiesa

 

 

 

 

In prima linea — Entrare nella breccia 1:

   Qui sono contenuti i principi di cura d’anime generale. Ecco le parti principali:
■ Gli aspetti generali
■ La consulenza
■ Gli aspetti dottrinali
■ I problemi della consulenza

 

Fare fronte — Entrare nella breccia 2:

   Si tratta della consulenza specifica al problema dell’occultismo. Eccole parti principali:
■ Consulenza specifica
■ Approfondimento delle problematiche
■ Aspetti critici
■ Fatti, casi ed eventi
■ Dizionarietto dei termini
■ Fogli d’analisi
■ Excursus: Rimostranze verso fratelli  

 

► Vedi al riguardo le recensioni.

Entrare nella breccia 2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Serviti della e-mail sottostante!

E-mail

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

TOGLIETE IL MALVAGIO DA VOI STESSI (1 CORINZI 5)

 

 di Nicola Martella

 

 

1.  ENTRIAMO IN TEMA

 

1.1.  LA RICHIESTA

     ■ 1. Un lettore mi ha scritto quanto segue: Caro Nicola, ti scrivo in quanto mi piacerebbe conoscere una tua personale riflessione in merito a 1 Corinzi 5,13: «Togliete il malvagio di mezzo di voi» sulla base del contesto specifico di 1 Corinzi, tenendo una rigorosa esegesi contestuale. Mi piacerebbe che si aprisse un dibattito in merito a questo, in quanto alcuni insegnano che bisognerebbe escludere dagli incontri e dalle riunioni chi vive in una situazione immorale. Grazie. {Andrea Belli; 25-02-2011}

     ■ 2. Dopo una richiesta di maggiore chiarimento, egli mi ha risposto come segue. Caro Nicola, ti spiego in breve. Questo versetto è stato citato in una recente discussione con un fratello; lui, prendendo questo passo, affermava che chi commette un atto di fornicazione, non solo deve essere ripreso pubblicamente e disciplinato, ma deve essere letteralmente espulso dalla comunità fino a un suo ravvedimento. Io ho risposto che quel passo non ha attinenza a un’espulsione, bensì a quello che era il significato originario nel linguaggio veterotestamentario, il quale è sempre collegato alla pena capitale. Benché nel regime del Nuovo Patto sia venuta meno l’applicazione della pena capitale, nel contesto di 1 Corinzi 5, Paolo dà una sentenza, sicuramente dettata da una rivelazione divina, che è molto simile a una sentenza di morte: «Sia dato in man di Satana per la rovina della carne [o perdizione della carne], affinché il suo spirito sia salvo nel giorno del Signore Gesù». Tenendo conto che tra i Corinzi molti erano malati e molti morivano, come attesta Paolo in 1 Corinzi 11, sembra di capire che Paolo non poteva sapere quale sarebbe stato il risultato finale di tale giudizio, perché di giudizio si tratta. Tra l’altro, nel testo greco del Majority Text di 1 Corinzi 5,13 (a differenza del Nestle-Aland) abbiamo un indicativo futuro attivo (non un imperativo «exareite»), ovvero «Toglierete il malvagio...». {Andrea Belli; 27-02-2011}

 

1.2.  ASPETTI INTRODUTTIVI: Ho potuto constatare in altri contesti che, quando si parla del giudicare biblico, alcuni tendono a scadere in un buonismo umanista, citando subito il «non giudicare per non essere giudicato» (cfr. Mt 7,1; Lc 6,37 + non condannate; 1 Cor 4,5). L’errore che si fa qui è confondere il piano interpersonale quotidiano con il piano dottrinale e morale (Lc 12,57; Gv 7,24; At 4,19; 1 Cor 5,12; 10,15).

     Altri, al contrario, hanno un solo metodo: «tagliar fuori» i trasgressori dalla comunione, perché si rimanga una specie di casta di «incontaminati». La concupiscenza non abita però in certe persone soltanto, ma nelle viscere d’ognuno e può portare i suoi malevoli frutti, se non si vigila abbastanza (cfr. 1 Cor 9,27; 10,12). Amore e verità, misericordia e giustizia devono essere coniugati insieme (cfr. Os 4,1, 10,12; 12,7; Lc 11,42; 1 Tm 6,11; 2 Tm 2,22; 1 Pt 1,22). E la grande «cenerentola» delle chiese rimane la cura pastorale; rimandiamo alla fine per l’approfondimento.

     Per interpretare il testo in esame, traduciamo dapprima al meglio 1 Corinzi 5,11ss: «Ora, però, v’ho scritto di non avere relazioni, se qualcuno che, chiamatosi fratello, sia un fornicatore, o un avido, o un idolatra, o un ingiuriatore, o un ubriacone, o un ladro; con un tale non [dovete] neppure mangiare. [12] Infatti, che ho io da giudicare quelli di fuori? Non giudicate voi quelli di dentro? [13] Quelli di fuori li giudicherà Dio. Metterete il malvagio fuori di voi stessi!».

 

 

2.  L’ANALISI GENERALE

 

2.1.  FATTO CONCRETO: In 1 Corinzi 5, Paolo affrontò un caso di incesto presente nella chiesa di Corinto: «Si ode addirittura affermare che v’è tra voi fornicazione; e tale fornicazione, che non si trova neppure fra i Gentili; al punto che uno di voi si tiene la moglie di suo padre» (1 Cor 5,1). Egli richiese dai credenti che colui, che aveva commesso quell’azione e viveva in tale stato di fornicazione, fosse messo fuori comunione (v. 2). Egli stesso aveva deciso che quel tale fosse «dato in mano di Satana, a perdizione della carne, affinché lo spirito sia salvo nel giorno del Signore Gesù» (v. 5). Si trattava comunque di un atto ufficiale di proscrizione apostolica (vv. 3ss), a cui Paolo chiedeva che i Corinzi si associassero e agissero di conseguenza verso il fornicatore, allontanandolo dalla comunione e dalla vita della chiesa locale (v. 2). Fuori dell’ambito della protezione divina, il malvagio impenitente doveva essere esposto agli attacchi deleteri di Satana contro la sua salute e la sua incolumità fisica, affinché fosse disciplinato, si ravvedesse, si pentisse e cambiasse vita (cfr. 1 Tm 1,20).

 

2.2.  L’INSEGNAMENTO MORALE: Come Paolo era solito fare, trasse da tale evento concreto una lezione morale, che fosse possibile applicare in tale caso specifico e in casi analoghi. L’apostolo parlò poi del «vecchio lievito», ossia dei costumi pagani, caratterizzati da malizia e da malvagità (vv. 7ss). Egli concluse ingiungendo ai Corinzi di non mischiarsi con alcuno che, chiamandosi fratello, fosse ad esempio un fornicatore: «Con un tale non dovete neppure mangiare» (v.11). Paolo non terminò bonariamente dicendo di non giudicare, ma esortò ad arrivare a un verdetto di chiesa: «Infatti, che ho io da giudicare quelli di fuori? Non giudicate voi quelli di dentro? Quelli di fuori li giudicherà Dio. Metterete il malvagio fuori di voi stessi!» (vv. 12s).

 

 

3.  OSSERVAZIONI E APPROFONDIMENTI TESTUALI: Paolo non parlò qui di credenti caduti nel peccato per accidente, ma che vivevano in esso all’ombra dell’omertà degli altri credenti, che tolleravano tale stato di fornicazione. Tale fornicatore viveva con la moglie di suo padre (v. 1). Ciò ha il suo parallelo nell’applicazione morale: tale principio vale in tutte quelle situazioni, in cui una persona, pur «chiamato fratello», abbia una condizione, secondo i casi, di fornicatore, avido, idolatra, ingiuriatore, ubriacone o ladro (v. 11). L’oggetto dell’azione è nel v. 13 ho ponērós «il malvagio» e intende la categoria di chi fa attivamente il male e vive in esso (cfr. Dt 13,5 da dove proviene). Non si trattava quindi di un incidente di percorso, ma di una condizione esistenziale, di una stile di vita.

     Paolo si aspettava dai Corinzi che «colui che ha commesso quell’azione fosse tolto di mezzo a voi» (v. 2). Il verso 13 afferma la stessa cosa: «Metterete il malvagio fuori di voi stessi!».

     Per capire ciò, bisogna tener presente che allora casa e chiesa, ossia vita normale e vita ecclesiale, non erano due cose separate (cfr. «chiese in casa»; Rm 16). Una decisione ecclesiale di allontanamento non coinvolgeva solo la partecipazione alle riunioni, ma una partecipazione alla vita dei credenti: «…non avere relazioni… con un tale non dovete neppure mangiare» (v. 11). La comunione nella vita e specialmente a tavola con un empio era ritenuta una fonte particolare di contaminazione. Nei vv. 12s ricorre tre volte il verbo krínō «giudicare», rispettivamente nell’infinito, nell’indicativo presente (ambedue riferiti ai credenti) e in una forma (riferita a Dio), che in alcuni manoscritti è futuro (krineĩ «giudicherà») e in altri è nell’indicativo presente (krínei «giudica»); in ogni modo, ciò che Dio fa (o farà), riguarda (o riguarderà) i non-credenti, mentre ciò che i credenti devono fare, riguarda il presente o ogni situazione futura, che si presenterà. Nei vv. 12s le espressioni tous èxo [òntas] «quelli che sono fuori» e tous èso [òntas] «quelli che sono dentro» erano intese rispetto alla comunità locale ed erano usate anche nella sinagoga. Nel v. 13 il verbo exairō significa «allontanare, mettere fuori»; la forma, che ricorre, è imperativo futuro aoristo exárate; qui l’apostolo si aspettava che i Corinzi facessero finalmente così nella situazione attuale, una volta per tutte, e certamente si comportassero così per quelle venture. Alcune versioni greche hanno qui exairete o exareite; non penso però che tali forme verbali dicano qualcosa di significativamente diverso, visto che la differenza starebbe solo nell’azione puntuale (quella particolare di Corinto; accento sul caso specifico) o in quella iterativa (ogni qual volta che sarà così; accento sull’applicazione). Nel v. 13 la locuzione ex hymōn autōn si può intendere sia in senso locale («fuori di voi stessi»), sia come iniziativa propria («da voi stessi») e l’uso del riflessivo mette una responsabilità sui credenti (lo dovete fare da voi stessi singolarmente e come gruppo!). Ecco qui di seguito come alcune traduzioni riportano la seconda parte del v. 13:

     ■ «Mettete da voi stessi fuori chi è malvagio» (Lutero).

     ■ «…ma togliete il malvagio d’infra voi stessi» (Diodati).

     ■ «Mettete il malvagio da voi stessi fuori» (Elberfelder).

     ■ «Togliete il malvagio di mezzo a voi stessi» (Riveduta; NR).

     ■ «Togliete il malvagio di mezzo a voi!» (Schlachter; CEI; ND «Perciò…»).

     ■ «Dunque eliminate di mezzo a voi chi è il malvagio» (Ricciotti).

     ■ «Rimuovete di mezzo a voi l’uomo malvagio» (Menge).

     ■ «Rimuovete il furfante dal vostro proprio mezzo» (Allioli).

 

Come si vede, tutti i traduttori hanno reso il verbo greco con l’imperativo presente; è probabile che molti di loro (p.es. Lutero, Diodati) si siano orientati al «testo maggioritario», che è stato quello più accreditato per molti secoli. La difficoltà sta nel tradurre l’imperativo aoristo futuro (così nel NT di Nestle-Aland) in modo diretto e appropriato nelle lingue europee. In ogni modo, la sostanza non cambia, come abbiamo mostrato sopra.

     Come abbiamo accennato sopra, Paolo usò qui una citazione a senso di Deuteronomio 13,5: «Così toglierai il male di mezzo a te», sennonché a «il male» sostituì «il malvagio». Se il trasgressore (falso profeta) al tempo della legge mosaica era degno di morte, nella chiesa (falso fratello, impenitente) dev’essere allontanato dalla vita della chiesa. L’espressione si trova similmente in Deuteronomio 21,21 e riguardava la condanna a morte di un figlio caparbio, ribelle, disubbidiente, ghiotto e ubriacone; anche qui si trattata di una persona impenitente, indurita e che non ascoltava ragioni.

 

 

4.  ULTERIORI OSSERVAZIONI: L’interlocutore del suddetto lettore ha affermato che «chi commette un atto di fornicazione, non solo deve essere ripreso pubblicamente e disciplinato, ma deve essere letteralmente espulso dalla comunità fino a un suo ravvedimento». Si può concordare con la riprensione e la disciplina del trasgressore, sebbene bisognerà valutare se siano più appropriati gli aspetti pubblici o la cura pastorale privata, sia per il bene dell’anima del reo, sia per quello della testimonianza. Quanto all’espulsione dalla comunità, ciò dipende se il trasgressore si è ravveduto o persiste nel suo peccato. Si tenga presente che gli atti drastici, sebbene a volte necessari, sono sempre una sconfitta per i conduttori, che non hanno vegliato a tempo!

     Faccio notare che in 1 Corinzi 5 tale atto ecclesiale così drastico non riguardava chi era, suo malgrado, caduto nel peccato, ma chi viveva nella trasgressione come stile di vita; non a caso egli fu chiamato «il malvagio» (v. 13) e l’articolo determinativo indicava la categoria di chi aveva l’audacia e la sfacciataggine di chiamarsi ciononostante «fratello». Egli si sentiva a posto, vista la tolleranza e il buonismo che i credenti gli mostravano.

     Il fine di tale allontanamento dalla vita della chiesa in senso lato, ossia «non avere relazioni» con lui e «neppure mangiare» con lui (v. 11), era certamente la disciplina del Signore, ma anche il recupero, che quest’ultima poteva creare. Non sappiamo se Paolo si riferisse alla stessa situazione in 2 Corinzi 2,5-11, visto che parlò d’altro e di persone, che avevano probabilmente attaccato lui nella chiesa di Corinto (vv. 1-4; cfr. v. 17); in ogni modo parlò di recupero di coloro, che avevano fallito. Similmente fece Giacomo alla fine della sua epistola (Gcm 5,19s).

     Non sta a me dire che cosa i conduttori di chiesa debbano fare nelle tante situazioni concrete. Il mio intento è stato di spiegare ciò, che afferma il testo nel modo come io lo capisco, dopo un’attenta analisi. Essa non è da usare in un estremo né in un altro, né per drastiche amputazioni, né per vie di comodo. Spesso la responsabilità di atti drastici è dovuta a lunghi periodi di tolleranza verso il peccato da parte dei conduttori e degli altri credenti. Ciò è un segno che i conduttori non hanno svolto il loro ruolo di sorveglianti e curatori d’anime. Essi hanno permesso per lungo tempo che il bubbone si riempisse di pus infettivo sotto la pelle e hanno fatto finta di niente; poi, però, quando le cose sono diventate drammatiche, vedono come unica via d’uscita mettere l’infetto in quarantena, alcuni per poco o molto tempo e altri per sempre. Ciò può servire più che altro come un’auto-giustificazione in extremis. Chiaramente prevenire un’infezione morale è sempre meglio che curarla in seguito; oltre al fatto che c’è sempre il rischio del contagio.

     Nella chiesa di Corinto alcuni erano malati e altri erano moribondi, se non già morti (1 Cor 11,30ss). Quando, dopo aver tollerato il peccato, i singoli credenti entrano sotto il giudizio di Dio, spesso si può realizzare questo detto: «Il paziente è guarito (spiritualmente), ma purtroppo è morto (fisicamente)» (cfr. 1 Cor 5,5). È meglio essere meno tolleranti col peccato, cominciando da quello nella propria vita, e meno omertosi verso i trasgressori, cercando di recuperarli a tempo.

     I bubboni purulenti si possono curare con l’intervento adeguato, ma lasciano spesso deturpanti cicatrici, quando è necessario agire profondamente per salvare il salvabile. Prevenire è chiaramente meglio che curare. Allora i conduttori facciano i sorveglianti del gregge e pasturino le pecore, che sono state loro affidate!

 

Togliete il malvagio da voi stessi! Parliamone {Nicola Martella} (T)

 

Caduta e pentita, ma non accettata dalla chiesa {Nicola Martella} (D)

I provvedimenti di fuori comunione {Nicola Martella} (A)

Uso e abuso della disciplina ecclesiale {Nicola Martella} (D)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Togliete_malvagio_EnB.htm

02-03-2011; Aggiornamento: 09-03-2011

 

▲ Vai a inizio pagina ▲
Proprietà letteraria riservata
© Punto°A°Croce