Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Le diversità possono essere una risorsa oppure diventano un problema.
 Ecco le parti principali:
■ Entriamo in tema (il problema)
■ Uniti nella verità
■ Le diversità quale risorsa
■ Le diversità e le divisioni
■ Aspetti connessi.
 
Il libro è adatto primariamente per conduttori di chiesa, per diaconi e per collaboratori attivi; si presta pure per il confronto fra leader e per la formazione dei collaboratori. È un libro utile per le «menti pensanti» che vogliano rinnovare la propria chiesa, mettendo a fuoco le cose essenziali dichiarate dal NT.

 

Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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TACERSI NELL’ASSEMBLEA: CHI E QUANDO?

 

 di Nunzio Nicastro - Nicola Martella

 

 

1.  LE QUESTIONI (Nunzio Nicastro): In un mio gruppo in Internet un credente aveva proposto come tema la questione della preghiera della donna e del velo, e ad esso mi aveva coinvolto. Nunzio Nicastro gli ha scritto quanto segue: Secondo 1 Corinzi 14,34-37 la donna deve tacere e non parlare in assemblea. Ti lancio una sfida: trovami scritto nella Bibbia, dove la donna prega o profetizza in assemblea. Non prendermi versi, dove non si parla di assemblea. Solo una donna ha parlato in assemblea, ed ella è falsa: «Ma ho questo contro di te: che tu tolleri Iezabel, quella donna che si dice profetessa e insegna e induce i miei servi a commettere fornicazione, e a mangiare carni sacrificate agli idoli» (Ap 2,20). {Nunzio Nicastro; 21-09-2015}

 

2.  LE RISPOSTE (Nicola Martella): Tale presa di posizione di Nunzio Nicastro è diventata per me l’occasione per rispondergli in dettaglio come segue.

 

2.1.  COERENZA CERCASI: Faccio notare che neppure in Apocalisse 2,20 ricorre il termine «assemblea». Iezabel si accreditava come «proclamatrice» e, oltre ciò «insegnava», e cioè dottrine spiritualmente (idolatria) e moralmente (fornicazione) riprovevoli per la Scrittura. Fare un parallelo fra le donne cristiane, che pregano in assemblea, e Iezebel mi pare abbastanza singolare e azzardato. E questo tanto più che Apocalisse 2,20-23 suggerisce che tale falsa proclamatrice e i suoi figli agivano fuori delle chiese; infatti, i «suoi figli» (= seguaci) e le «tutte le assemblee» sono due entità differenti e contrapposte (v. 23). Tale contrapposizione esiste anche fra gli «altri di voi in Tiatiri» e «loro», a cui erano associate le «profondità di Satana» (v. 24). Chi era quindi

 

Iezabel? Era lo spiritualismo esoterico rivestito di un linguaggio cristianizzato; esso era lo stadio preliminare dello gnosticismo. E ciò si accorda con la Izebel storica, moglie di Achab, che era sacerdotessa di Baal e che introdusse in Israele tale religione (1 Re 16,31ss), rivestendola con un linguaggio tratto dalla religione dell’Eterno.

 

2.2.  1 CORINZI 14: Si noti che anche degli uomini è detto, nello stesso capitolo, che devono tacersi in assemblea! Riguardo alla glossolalia Paolo diede la seguente disposizione: «E se non v’è chi interpreti [le lingue], si tacciano nell’assemblea» (1 Cor 14,28). Riguardo alla «proclamazione» Paolo diede la seguente direttiva: «E se una rivelazione è data a uno di quelli, che stanno seduti, il precedente si taccia» (v. 30). Come si vede, non era un comando a tacersi in assoluto, ma solo relativo a una certa cosa. Chiaramente ambedue queste categorie potevano, ad esempio, pregare in modo normale e intellegibile nell’assemblea.

     I versi precedenti al «si tacciano le donne» (1 Cor 14,34) parlano del «proclamare» in assemblea e del «giudicare» le proclamazioni da parte degli altri (vv. 29-33), trattandosi di una chiesa partecipata. E proprio al riguardo, ossia sul giudicare le «proclamazioni», che Paolo diede il divieto alle donne di parlare (v. 34). Perché lo fece? Perché ciò avrebbe corrisposto a «insegnare» e, quindi, a «usare autorità sull’uomo» (anḗr «uomo»; 1 Tm 2,12). Riguardo alle cose «proclamate» in assemblea dai «proclamatori» le donne avevano una sola possibilità per esprimersi: parlare con i loro mariti a casa propria e non in assemblea (1 Cor 14,35). I due temi connessi in questo capitolo erano «proclamare» e «parlare in lingue» (v. 39) — non la questione femminile, che è solo un dettaglio — e come praticare ciò con «decoro e ordine» (v. 40). In tale «decoro e ordine» rientrava la norma, secondo cui le donne non potevano commentare pubblicamente le «proclamazioni» altrui.

 

2.3.  ASPETTI CONCLUSIVI: Quando non si fa corretta esegesi, si stravolgono solo i brani, rendendo ciò che relativo assoluto, e viceversa; così si mettono catene ideologiche addosso alle persone, specialmente se donne; e le convenzioni create in merito rendono impossibile togliere tali ceppi dottrinali e analizzare i brani biblici senza paraocchi dottrinali. Così si creano anche contraddizioni nella Scrittura stessa, che altrove afferma che la donna può pregare e «proclamare» (1 Cor 11,4); si proclama solo pubblicamente, come il termine greco profēteúō intende: «parlare davanti [agli altri]».

     Faccio notare, ancora una volta, che «proclamare» intende parlare in modo estemporaneo e spontaneo, perché si è toccato dallo Spirito di Dio, a mo’ di testimonianza personale, ai fini di «edificazione, esortazione e consolazione» (1 Cor 14,3); non è un parlare assoluto, visto che può essere giudicato dagli altri membri dell’assemblea (vv. 29.32). «Insegnare» (gr. didáskō anche «spiegare, esporre, istruire»), invece, è un parlare autorevole (Tt 2,15; cfr. Mt 7,28; At 2,42), basato sull’esegesi biblica (2 Tm 2,15) e conforme all’insegnamento apostolico ricevuto (2 Tm 2,2). Paolo affermò al riguardo che chi non insegna in modo conforme all’insegnamento scritturale, è mosso da un altro spirito e predica un altro cristo e un altro evangelo, ed è perciò un seduttore (cfr. Gal 1,6-9; 2 Cor 11,3ss.13ss). Questa differenza fra «proclamare» e «insegnare» è essenziale, sia in merito al «si tacciano le donne» (1 Cor 14,34) riferita al giudizio delle altrui «proclamazioni», sia riguardo alla libertà che le donne possano pregare e «proclamare» in assemblea (1 Cor 11,4), il tutto fatto con decoro e ordine (1 Cor 14,40). [► Profetare significa insegnare? Il ruolo della donna nel culto]

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Tace_assemb_UnV.htm

22-09-2015; Aggiornamento:

 

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