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La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

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LO STRESS E I SUOI RIMEDI 3

Vie di fuga

 

 di Calogero Fanara - Nicola Martella

 

Nel primo articolo abbiamo mostrato i problema dello stress e alcuni suoi effetti. Nel secondo articolo abbiamo trattato le cause e gli effetti dello stress. Qui di seguito mostriamo alcune vie di fuga dallo stress. Un motto che potremmo mettere all’inizio della trattazione è il seguente: «È tempo di rallentare!».

     ■ Dio ha stabilito momenti di riposo: La chiesa (nuovo patto) non è una nazione teocratica e quindi non si può applicare a essa la legge d’Israele (antico patto).[1] Nel Decalogo, la Costituzione di Israele, fu scritto: «Ricordati del giorno della cessazione [ebr. šabbat], per tenerlo speciale [lett. santo]. Sei giorni lavora e fa’ ogni opera tua; ma il settimo giorno è cessazione [ebr. šabbat] per l’Eterno, il Dio tuo. Non fare [in esso] lavoro alcuno, tu e tuo figlio e tua figlia, il tuo servo e la tua serva e il tuo bestiame e il forestiero presso di te, che [abita] dentro alle tue porte» (Esodo 20,8ss traduzione di Nicola Martella; cfr. Levitico 23,3.32). Poi seguì la motivazione, basata

 

sull’analogia creazionale: «Infatti in sei giorni l’Eterno fece i cieli e la terra, il mare e tutto ciò che è in essi, ed egli cessò nel settimo giorno; perciò l’Eterno benedì il giorno della cessazione [ebr. šabbat] e lo rese speciale [lett. santificò]» (Esodo 20,11 traduzione di Nicola Martella; ciò non si trova più nella seconda versione del Decalogo; Dt 5,15 si riallaccia alla storia e al patto). [Per l’approfondimento si veda: «Il tempo dello šabbāt?»; «Il tempo dello šabbāt? Parliamone».]

     Al tempo della chiesa del primo secolo, invece, c’erano i cristiani giudei che si attenevano al sabato, mentre i cristiani gentili non seguivano un giorno particolare: «L’uno stima un giorno più d’un altro; l’altro stima tutti i giorni uguali; sia ciascuno pienamente convinto nella propria mente» (Rm 14,5).

     Nell’istituire i «tempi di cessazione» o sabati (quindi non solo quello settimanale), Dio aveva in mente il popolo del patto, Israele, che era allo stesso tempo popolo, nazione e compagine religiosa. Così facendo, Dio intendeva regolare i rapporti all’interno alla teocrazia che l’israelita aveva con il suo prossimo, la sua famiglia, i servi, gli stranieri e addirittura il suo bestiame. Data la pesante lotta per la sopravvivenza, Dio ingiunse all’israelita un ritmo settimanale, perché si riposasse (e permettesse il riposo) da tutte le preoccupazioni quotidiane, avesse tregua (e la permettesse agli altri) e curasse altri aspetti, che la pressione lavorativa impediva di curare (famiglia, devozione, amicizie, recupero psicofisico).

     Nonostante tale differenze fra l’antico e il nuovo patto (p.es. la chiesa non è una teocrazia né una nazione), dai comandamenti di Dio, dati a Israele mediante Mosè, possiamo attingere dei principi. Fin dai tempi remoti, Dio ha tracciato per coloro, che lo temono, una linea di condotta perché godano pienamente della vita, con momenti per lavorare e momenti per riposare. Oggigiorno c’è gente, che fa turni di lavoro sempre mutevoli, altra che lavora solo di notte, altra che lavora a cottimo o a fasi stagionali e così via. L’importante è che a tempi di pressione, seguano altri di rigenerazione psicofisica. Ogni cristiano è chiamato a consacrare del tempo al Signore, non per obbligo religioso ma per devozione personale, con gioia, per adorare il suo Dio e per riposarsi alla sua presenza. È evidente che i modi e le maniere sono differenti tra persona e persona e nelle diverse culture del mondo.

 

     ■ Il bene globale: Per essere felici, il bene materiale (benessere) doveva accompagnarsi per gli antichi con il bene esistenziale (il ben essere). Questo è un bene olistico, ossia globale. Giobbe faceva notare ai suoi interlocutori quanto segue: «L’uno muore in mezzo al suo benessere, quando è pienamente tranquillo e felice, ha i secchi pieni di latte, e fresco il midollo dell’ossa. L’altro muore con l’amarezza nell’anima, senza aver mai gustato il bene» (Giobbe 21,23ss). Chi ama l’anima sua (= la sua vita, se stesso), acquista senno (Proverbi 19,8), sapienza (Pr 24,14), gratitudine verso Dio (Ecclesiaste 2,24ss).

     Il contrario è l’affanno e il tormento, dovuti spesso a un rapporto falsato verso la realtà (se stessi, Dio, il mondo, i beni materiali, le persone). Non a caso lo stesso Giobbe confessò in un momento di grande prova esistenziale: «Non trovo posa, né requie, né pace, il tormento è continuo!» (Giobbe 3,26). Inoltre alcuni passano la vita a raccogliere e ad accumulare ricchezze, per lasciar poi tutto improvvisamente e magari a eredi, che non saranno neppure saggi né grati (cfr. Ec 2,19.21.26). Geremia diceva: «Chi acquista ricchezze, ma non con giustizia, è come la pernice che cova uova che non ha fatte; nel bel mezzo dei suoi giorni egli deve lasciarle, e quando arriva la sua fine, non è che uno stolto» (Ger 17,11). La sapienza d’Israele affermava: «Ciò che fa ricchi è la benedizione dell’Eterno, e il tormento che uno si dà non le aggiunge nulla» (Pr 10,22).

 

     ■ Abbiamo tutti bisogno d’equilibrio: Ben scriveva Salomone: «Per tutto c’è il suo tempo, c’è il suo momento per ogni cosa sotto il cielo: un tempo per [questo]… e un tempo per [quello]... Ho riconosciuto che non c’è nulla di meglio per loro del rallegrarsi e del procurarsi del benessere durante la loro vita; ma che se uno mangia, beve e gode del benessere in mezzo a tutto il suo lavoro, è un dono di Dio» (Ecclesiaste 3,1s.12s).

     Non esistono assoluti su questa terra o cose che valgono per sempre. Perciò la sapienza sta nel fare le cose giuste nel momento giusto e di trovare un equilibrio nelle cose che si fanno. Inoltre la vita biologica di una persona ha il suo corso e certe cose devono essere fatte nel momento giusto (p.es. scelte, matrimonio, figli), altrimenti si è sfasati rispetto all’esistenza. L’uomo ha quindi bisogno per il suo equilibrio nel corso della sua vita.

     Nel mondo ci sono persone che associano la spiritualità alla privazione dei beni del mondo, per questo vivono in continue penitenze e si astengono dal godere della vita, associando a ciò uno stato di peccato. Si pensi, ad esempio, agli anacoreti, ai monaci di clausura, ai puritani e agli hamish.

     Chiaramente il godimento dei beni può diventare una dipendenza, qualora diventi una cosa a sé. Se Dio ci ha fatto dono della vita sulla terra, è per trovarvi il nostro equilibrio e godere moderatamente del benessere, il tutto con timor di Dio e gratitudine. Le gioie della vita sono un dono di Dio, la parte che Egli vuol dare a coloro che lo temono: «Godi la vita con la moglie che ami, durante tutti i giorni della vita della tua nullità, che Dio t’ha data sotto il sole per tutto il tempo della tua nullità; poiché questa è la tua parte nella vita, in mezzo a tutta la fatica che duri sotto il sole» (Ecclesiaste 9,9; cfr. 3,22; 5,18s). Non possiamo sottrarci alle nostre responsabilità, ma possiamo usare al meglio le ore che Dio ha messo a nostra disposizione! Come esseri umani possiamo godere, con gratitudine al Signore, della vita e dei beni che Egli ci dà; ciò è vitale per il nostro equilibrio fisico, psichico ed emotivo. Il segreto sta nell’equilibrio e nella moderazione.[2]

 

     ■ Imparare dalla natura: «Anche la cicogna conosce nel cielo le sue stagioni; la tortora, la rondine e la gru osservano il tempo quando devono venire...» (Geremia 8,7). «Io vi darò le piogge nella loro stagione, la terra darà i suoi prodotti e gli alberi della campagna daranno i loro frutti» (Levitico 26,4).

     Già dal principio, Dio creò per noi il sole, la luna e le stelle con tutto il sistema solare, in modo che potessimo vivere seguendo il ciclo delle stagioni. La natura vive interamente al ritmo delle stagioni: in inverno, ad esempio, le piante si riposano sotto il manto di neve, mentre in estate si trovano in pieno rigoglio. Senza questo equilibrio, piante, animali e uomini avrebbero nei grossi problemi! Ogni cosa del creato fu concepita con intelligenza. Il contadino ha imparato che, se vuole continuare a ricavare ancora buoni raccolti da un terreno, deve lasciarlo a riposo dopo alcuni anni di coltivazione. Dall’esempio della natura si può trarre il principio, secondo cui anche la vita umana, quando devia dai ritmi benefici della vita, si ammala e diventa improduttiva.

     Nel regno animale, l’orso vive in piena vitalità durante la stagione degli amori, caccia assiduamente per nutrire i suoi cuccioli e insegna loro a diventare autonomi; poi, con l’avvicinarsi dell’inverno, si prepara al letargo. È sconsigliabile svegliare gli animali nel periodo di letargo, poiché ciò può ledere il loro equilibrio all’arrivo della primavera. Noi esseri umani, presi dalla pressione delle nostre attività e responsabilità, dobbiamo ricordarci di fare qualche sosta ogni tanto e di tenere un giusto equilibrio nelle cose. Senza queste «pause di ristoro» (fisiche, mentali e anche quelle spirituali) sarà difficile proseguire le attività con gran forza ed entusiasmo; al contrario, la fatica ci aspetterà alla prossima curva prima del previsto...

 

     ■ Attingere forze da Dio: Se Dio ha previsto per noi esseri umani dei momenti di riposo, è per il nostro bene. Egli non ne ha di bisogno, ma è una fonte di forza per coloro, che lo cercano: «Egli non si affatica e non si stanca… Egli dà forza allo stanco, e accresce vigore a colui, che è spossato. I giovani s’affaticano e si stancano; i giovani scelti vacillano e cadono, ma quelli che sperano nell’Eterno, acquistano nuove forze, mutano le penne  come le aquile; corrono e non si stancano, camminano e non si affaticano» (Isaia 40,28-31).

     Sebbene Dio non necessita per se stesso che gli consacriamo del tempo, Egli è Signore del tempo e la comunione con Lui ristora chi lo cerca, sia da solo, sia in comunione con altri credenti. È per il nostro benessere personale e per la nostra crescita spirituale che Dio ci ha mostrato l’importanza del riposo nella comunione con Lui. Contemplandolo nella mente e ricordando le sue gesta, attingiamo forza per la nostra vita, equilibrio e orientamento alle cose essenziali; inoltre, possiamo portargli tutti i nostri pesi.

 

     ■ Essere in comunione con Dio: Qui continuiamo il punto precedente. «Quando Daniele seppe che il documento era stato firmato, entrò in casa sua. Quindi nella sua camera superiore, con le sue finestre aperte verso Gerusalemme, tre volte al giorno s’inginocchiava, pregava e rendeva grazie al suo Dio, come era solito fare prima» (Daniele 6,10).

     In questo racconto vi è un dettaglio importante: il giovane Daniele non cominciò a pregare solo dopo che il decreto fosse stato firmato. Viene precisato che«s’inginocchiava, pregava e rendeva grazie al suo Dio, come era solito fare prima». Questo giovane curava una vita di preghiera e di comunione con il suo Dio. Anche se la notizia del decreto fu tremenda, Daniele non cedette al panico, ma seguendo una prassi consolidata, affidò la triste situazione a Dio, in cui si confidava. Non è quindi saggio aspettare che ci cada addosso un problema, per rivolgerci a Dio in preghiera.

     Non tutti i credenti hanno una vita di preghiera come lo faceva Daniele. A volte alcuni si giustificano, affermando di avere poco tempo a disposizione; ma Daniele, stando al servizio del re, aveva di sicuro molte più responsabilità di buona parte di noi tutti. Malgrado tutte le faccende che lo tenevano occupato, egli si riservava il tempo per pregare tre volte al giorno! Quando fu firmato il decreto ostile e quando egli stesso fu gettato nella fossa dei leoni, furono momenti brutti e traumatici; tuttavia, poiché conosceva il segreto di affidarsi a Dio e di riposarsi in Lui nella preghiera, poteva rimanere fiducioso.

     Non c’è un metodo univoco su come vivere la propria devozione verso Dio. Alcuni credenti preferiscono cominciare la giornata con la lettura di un breve brano della Parola e con un momento di preghiera a casa; altri, essendo pendolari, preferiscono leggere la Parola di Dio in treno o in autobus. Altri ancora si affidano al Signore la mattina e riservano per la lettura e meditazione della Parola altri momenti specifici della giornata, durante la pausa del pranzo o la sera. Ogni metodo è buono, se funziona e se ci porta a vivere in comunione col Signore l’intera giornata. Una buona abitudine al riguardo può rivelarsi molto efficace per affrontare meglio le nostre responsabilità quotidiane, a volte difficili. La breve esortazione biblica, letta al mattino (a casa, in viaggio, sul posto di lavoro) resterà impresso nella nostra mente e lo Spirito Santo ci ricorderà come comportarci durante la giornata nelle varie situazioni, nelle quali siamo a volte coinvolti. Comunque faremo nella pratica, è una cosa importante stare qualche momento della giornata in comunione con Dio, trovando piacere nel lodarlo, ringraziarlo e supplicarlo.

 

     ■ Essere pronti all’incontro con Dio: «Or il Dio della pace vi santifichi egli stesso completamente; e l’intero essere vostro — spirito e anima e corpo — sia conservato irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo!» (1 Tessalonicesi 5,23).

     Che cosa c’entrano le diverse funzioni del nostro essere, compreso il nostro corpo fisico, con la speranza escatologica? Dio vuole che noi manteniamo sano e conserviamo santo «l’intero essere» nostro, da lui progettato e creato, compreso il corpo. Il nostro intero essere verrà ristabilito alla risurrezione, quando il nostro corpo risusciterà, per essere glorificato. Esso non sarà più soggetto alla fatica, al travaglio e allo stress. Già ora, però, essendo come credenti una «nuova creazione» in Cristo (2 Corinzi 5,17; Galati 6,15), possiamo esercitarci a vivere in conformità con la vita futura, mettendo Dio al primo posto, mantenendo equilibrio e moderazione nelle cose, mettendo le giuste priorità nella vita. «Egli [Dio] vi dia, secondo le ricchezze della sua gloria, di essere potentemente fortificati mediante lo Spirito suo, nell’uomo interiore» (Efesini 3,16). «Noi non veniamo meno nell’animo; ma quantunque il nostro uomo esterno si disfaccia, pure il nostro uomo interno si rinnova di giorno in giorno» (2 Corinzi 4,16).

     Un corpo ben riposato e una mente serena, esercitata allo studio della Parola e alla preghiera, sono due condizioni favorevoli, che faciliteranno il nostro cammino di fede nella santificazione. Quando si è sommersi dalle faccende della vita, diventa difficile camminare con gli occhi fissi verso il cielo! Chi si concentra sulle faccende della vita, poiché quest’ultima passerà prima o poi, rimarrà con un misero bilancio esistenziale. Chi vive con la consapevolezza che presto dovremmo incontrare il Signore, vive in modo idoneo ed essenziale.

 

Rimedi allo stress? Parliamone {Nicola Martella} (T)

 

 

[1]. Per l’approfondimento cfr. in Nicola Martella, Šabbât (Punto°A°Croce, Roma 1999), gli articoli: «Il sabato nel Nuovo Testamento», pp. 36-45; «Questioni intorno al sabato ebraico», pp. 46-50; «La questione della legge», pp. 51-56; «La questione della domenica», pp. 57-69.

[2]. Per l’approfondimento cfr. Nicola Martella, «Ecclesiaste», Radici 1-2 (Punto°A°Croce, Roma 1994), pp. 102-110. Cfr. anche in Nicola Martella, Manuale teologico dell’AT (Punto°A°Croce, Roma 2002), gli articoli: «Perizia», pp. 272s; «Sapienza», p. 323.

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Stress_rimedi3_EnB.htm

09-05-2008; Aggiornamento: 02-06-2015

 

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