Una lettrice ci ha presentato le seguenti questioni.
Caro Nicola, ho un
dubbio su come intendere il passo di Luca 14,25-35, dove Gesù parla di come deve
comportarsi il vero discepolo. Quello che non mi è chiaro, in realtà, è il
motivo per cui Gesù utilizza gli esempi di colui che edifica la torre e d’un re
che va in battaglia. Prima, nel versetto 26, dice che chi non «odia» i sui
legami terreni non può essere suo discepolo, e poi fa questi due esempi, con cui
io non vedo un chiaro nesso. Che vuol dire che bisogna «calcolare», prima di
seguire Gesù? Non è una cosa che si deve fare e basta? Forse per chi non ha una
famiglia è più semplice, perché può decidere di restare così e servire Dio a
tempo pieno. Ma chi ce l’ha, cosa deve fare?
Io ho anche pensato che si riferisse a quelli che sono i piani di vita che uno
si fa. Infatti sono molti quelli che proclamano di voler essere tanti «apostoli
Paolo» e poi si ritrovano (cioè si fanno) con una famiglia a carico e debbono
ricredersi sui loro precedenti «obiettivi» (parola molto usata dai credenti
della mia età). Non saprei proprio, mi puoi aiutare tu? {Giada Pietrangeli; 05
novembre 2009}
Ad aspetti rilevanti di tali questioni rispondiamo qui di seguito. |
1. ENTRIAMO IN TEMA: Per la
sua rivoluzione del nuovo patto, Gesù voleva contare su seguaci che facevano sul
serio con lui. Egli era circondato da opportunisti, da ladri (Giuda), da gente
che lo voleva strumentalizzare per i propri scopi politici (lo volevano fare re)
o semplicemente per i loro comodi (uno che li sfamasse, guarisse, intrattenesse,
ecc.).
Gesù quale Messia non offriva un Evangelo a poco prezzo né una sequela a buon
mercato. Inoltre sapeva che le masse sono imprevedibili, inaffidabili e
facilmente influenzabili: un giorno possono gridare «alleluia», un altro giorno
«crocifiggilo!». Qui egli affrontò proprio le turbe (v. 26), mettendo l’accento
sui singoli (uno, chi) e lanciò decisive sfide a chi voleva essere suo
discepolo. Si noti che si rivolse qui direttamente ai maschi, in quanto figli,
mariti e fratelli di qualcuno (v. 26); forse perché essi erano i più reticenti a
seguire il Signore. Egli usò la trattazione negativa, ossia dichiarò chi non
poteva essere suo discepolo.
2. DISAMINA DEL TESTO
Le dichiarazioni
discriminanti (vv. 26s)
■ Il Messia richiedeva un amore che superasse gli affetti naturali (familiari,
matrimoniali) e l’amor proprio (v. 26). Altrimenti si era inservibile come
discepolo.
■ Gesù richiedeva il sacrificio totale (v. 27). Altrimenti si era inidoneo a
essere suo discepolo.
Le illustrazioni
(vv. 28-32)
La sequela a caro prezzo fu illustrata da Gesù per esprimere segue.
■ La prima illustrazione riguardò il costruttore di una casa. Prima di
iniziare un’impresa, si fa bene a farsi i calcoli in tasca, per verificare
obiettivamente, realisticamente e concretamente se «il gioco vale la candela»,
se si è veramente in grado di andare fino in fondo, cominciando, portando avanti
e terminando l’opera (vv. 28ss). Infatti, oltre al proprio fallimento, che
segnerà tale persona, ci sarà l’umiliazione sociale per essere considerati un
uomo da niente, incapace e inaffidabile.
■ La seconda illustrazione riguardò la strategia militare. Se un re a
tavolino si rende contro che non può vincere un altro re, che è più forte di
lui, sarebbe stolto muovergli guerra, ma farebbe bene a trattare con lui la
pace. Anche qui il significato è lo stesso: bisogna farsi bene prima i conti in
tasca! Allo stesso modo, chi vuole entrare nella milizia di Gesù, deve sapere
prima che, una volta iniziata la battaglia, non ci si può più tirare indietro
dinanzi a un nemico potente.
Le implicazioni
finali (vv. 33-35)
Tali implicazioni sono mostrate dal «così dunque» di Gesù. Chi lo voleva seguire
come Messia, doveva pensarci bene prima. Egli voleva seguaci che, una volta che
avevano puntato tutto su di Lui, non avessero altri ripensamenti.
■ La dichiarazione discriminante riguardava chi non rinunciava a tutto quello
che aveva (v. 33).
■ La dichiarazione squalificante: Chi non ha le qualità richieste (sale) e non
le mantiene nel tempo (diventando insipido), non servirà più a niente e sarà
destinato a essere squalificato e disprezzato (vv. 34-35s).
■ La serietà del discorso: «Chi ha orecchi da udire, oda» (v. 35b).
3. ASPETTI CONCLUSIVI: Gesù
si sottrasse spesso alla dinamica incerta delle turbe. Egli non volle essere il
loro re di comodo. Egli fece una discrimina fra grano e paglia, scandalizzando
coloro che gli andavano dietro per i motivi più diversi.
In altro luogo parlò della serietà della sequela sfidando i suoi seguaci
a mangiare la sua carne e a bene il suo sangue come manna divina (Gv 6,48-58),
sebbene Egli intendesse ciò in senso spirituale: «È lo spirito quel che
vivifica; la carne non giova nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e
vita» (v. 63). L’effetto fu che «molti dei suoi discepoli» furono
duramente provocati e scandalizzati da tale discorso (v. 60s) e «d’allora
molti dei suoi discepoli si ritrassero indietro e non andavano più con lui»
(v. 66). Infatti «Gesù sapeva fin dal principio chi erano quelli che non
credevano, e chi era colui che lo tradirebbe» (v. 64). Egli sfidò anche i
dodici discepoli (v. 67) e sapeva che un di loro è un «diavolo» (vv. 70s). Gesù
voleva contare su persone che facevano sul serio fino in fondo. Prima o poi
anche Giuda Iscariota mostrò il suo vero volto e si squalificò.
Anche altrove Gesù chiese una «sequela a caro prezzo» a coloro che lo volevano
seguire, senza pensare a mire e vantaggi personali (Lc 9,57-62; Mt
20,20-23 figli di Zebedeo). Per evidenziare una decisione radicale e completa,
Gesù rese chiaro quanto segue a chi lo voleva seguire: «Nessuno che abbia
messo la mano all’aratro e poi riguardi indietro, è adatto al regno di Dio»
(Lc 9,62). Penso che quest’ultimo verso riassuma bene Luca 14,25-35.
Un
monito necessario è il seguente. Gesù parlò a persone concrete in un
contesto particolare in vista della rivoluzione che intendeva iniziare proprio
con tali veri discepoli (il grano), separandoli dalla massa che lo seguiva per
comodo o per interesse (la paglia). Gesù investì specialmente nei suoi discepoli
particolari, che poi divennero gli apostoli, quindi i missionari. Non si fa bene
ad applicare direttamente tali brani ai credenti d’oggi, essendo che noi ci
troviamo non all’inizio della costruzione, ma sulle spalle di tali giganti della
fede. Per altro Gesù non è più qui sulla terra, non è circondato dalle folle né
dalle varie categorie di seguaci. Per non assolutizzare in modo indebito tali
brani, ricordiamoci ad esempio che Pietro, gli apostoli e i fratelli del Signore
in seguito visitavano le chiese, accompagnati ognuno dalla propria moglie (1 Cor
9,5) ed erano sostenuti dalle chiese (vv. 6ss).
D’altra parte però, tenendo presente l’insegnamento degli apostoli, possiamo
trovare in tutto ciò una sfida concreta per noi discepoli odierni. L’uno
servirà il Signore meglio da sposato, se il coniuge è anche lui consacrato al
Signore, l’altro da celibe o l’altra da nubile (1 Cor 7,28.32-35), infatti
ognuno ha la sua chiamata, il suo carisma (= azione della grazia; v. 7) e
la sua «misura della fede» (Rm 12,3). Le priorità
rimangono, poiché «il tempo è ormai
abbreviato. Per tale motivo, d’ora innanzi, anche quelli che hanno
moglie, siano come se non
l’avessero; e quelli che piangono, come se non piangessero; e quelli che si
rallegrano, come se non si rallegrassero; e quelli che comprano, come se non
possedessero; e quelli che usano di questo mondo, come se non ne usassero,
perché la figura di questo mondo passa.
Ora io vorrei che foste senza
sollecitudine» (1 Cor 7,29-32).
La sfida messianica rimane quindi anche oggigiorno. Anche nel nostro
tempo bisogna farsi bene i calcoli, se si vuole essere veri seguaci di Gesù.
Anche attualmente vale la sequela a caro prezzo, che osa sapendo che il Signore
darà tutto ciò che si necessita per servirlo. Anche oggidì, il Messia vuole
discepoli militanti da usare per il suo regno, sebbene la chiamata, il mandato,
il carisma e la misura della fede possono essere differenti. Anche al giorno
d'oggi, il Signore pone delle peculiarità discriminanti e ad alcuni deve dire:
«…non può essere mio discepolo» o «non è adatto al regno di Dio».
Chi vuol avere Gesù come Salvatore, ma non come Signore, non ha né l’uno né
l’altro (Mt 7,21).
►
La sequela di Gesù: Il discepolato senza condizione (Luca 9,23-27)
{P. Brancè} (A)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Sequela_caro-prezzo_OiG.htm
11-11-2009; Aggiornamento: 20-12-2010 |