1. LE QUESTIONI:
Ci sono alcuni, che non capiscono che cosa sia un «segreto pastorale» e usano
tale termine tecnico a proprio arbitrio, quindi in modo inappropriato, per ogni
cosa che uno dice a un altro. La cosa peggiore è quando qualcuno, che non sa di
che parla, accusa un curatore d’anime di aver rivelato o tradito un
«segreto pastorale»! In tal modo getta colpevoli sospetti su tale consulente,
facendolo a voce, per iscritto e per via telematica. Allo stesso tempo, palesa
così la sua lampante ignoranza in materia.
2. CHE COS’È UN
«SEGRETO PASTORALE»: Per prima cosa è uno specifico «termine tecnico»,
ossia è una locuzione valida soltanto all’interno di un particolare contesto: la
cura pastorale. Ogni altro uso è illecito. Ciò, che due o più persone si dicono,
chiacchierando del più o del meno, non è tecnicamente un segreto pastorale. Se
due o più conduttori si scambiano idee e impressioni sull’andamento della chiesa
e su specifici credenti, riguardo a cose che sono venuti a sapere o che altri
già sanno, per pregare insieme e per valutare che cosa si possa fare in merito,
non si tratta di un segreto pastorale. Lo stesso vale se in tale scambio sono
coinvolti anche i collaboratori di chiesa. Allora di che parliamo?
La locuzione «segreto pastorale» contiene dapprima il termine «segreto»,
con cui s’intende ciò, che è noto a pochi ed è destinato a rimanere nascosto ad
altri. Poi, ricorre l’aggettivo «pastorale», che intende ciò, che attiene
al pastura e alla cura di anime.
Perciò, un «segreto
pastorale» è solo ciò, che una persona custodisce di sé nel proprio animo e
che dapprima non vuole svelare ad altri, per pudore, timore, riserva-tezza o
altro. Se rivela ciò a un curatore di anime, è perché si aspetta aiuto,
consiglio, soluzioni e riservatezza. |
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Il segreto
pastorale può coinvolgere anche altre persone (p.es. in caso di abuso), ma la
persona che chiede aiuto a un curatore di anime è assolutamente implicata in
tale problema. Per essere un segreto pastorale, tale «segreto» deve coinvolgere
poche persone nel momento del suo svelamento, ad esempio in caso di abuso:
l’abusato, l’abusante e il consulente.
3. USI IMPROPRI
DELLA LOCUZIONE «SEGRETO PASTORALE»
■ Una cosa risaputa non costituisce un segreto pastorale (p.es. un
credente che beve alcool o che fuma; un uomo che si comporta con violenza in
casa in certe circostanze; chi soffre periodicamente di depressioni).
■ Una «confidenza» non è tecnicamente un «segreto
pastorale», poiché non è un segreto, che svela direttamente la persona in causa,
su cui viene fatta tale confidenza. Infatti, quest’ultima può prescindere
dall’ambiente pastorale, ma può rientrare nelle cose, di cui si parla in genere.
Una «confidenza» diventa segreto pastorale solo, se coinvolge direttamente la
persona, che la fa, per un caso specifico, in cui si chiede espressamente il
riserbo. Negli altri casi, tale «confidenza» bisogna trattarla con le pinze,
potendosi trattare solo di chiacchiere, di interpretazioni soggettive e
arbitrarie, di voci non confermate, di mezze verità, di cose tolte fuori del
contesto e presentate in modo esagerato, di cose dette con secondi fini,
eccetera.
■ Un conduttore, un collaboratore o un credente, che mette un altro conduttore
al corrente di ciò, che sta accadendo a un certo credente (p.es. grande
crisi, tentativo di suicidio), non costituisce un «segreto pastorale», poiché
non si tratta di un «mistero», che la parte in causa ha affidato direttamente al
consulente, ma è un’informazione, che circola fra i credenti e che giunge alle
orecchie dei conduttori.
Alcuni pensano che, tale conduttore non dovrebbe intervenire, se non quando la
persona, che si trova nel problema, richieda espressamente l’intervento di tale
conduttore. Evidentemente tali persone non capiscono nulla di cura pastorale, né
del dovere di un conduttore quale «sorvegliante» de gregge. Quando il buon
pastore si accorge, che manca una pecora, non aspetta che quest’ultima gli
chieda d’intervenire, ma si mette alla sua ricerca, prima che la trovino e la
sbranino i lupi famelici.
4. LIMITI DI UN
«SEGRETO PASTORALE»
■ Un segreto pastorale ha un limite laddove la parte lesa dà il consenso a
intervenire e mediare verso una terza o più persone. Come non si può fare
una frittata senza rompere le uova, non si può intermediare senza chiamare le
cose e i problemi per nome nei confronti di tutte le persone coinvolte.
■ Un segreto pastorale ha un limite laddove si tratta dell’incolumità,
della salute e della vita della persona in causa o di un’altra.
Chiaramente si fa bene a ottenere il consenso di chi svela il segreto, ma in
casi di forza maggiore bisogna agire comunque. Prendiamo il caso, in cui un
genitore abusa dei figli (uno di loro rivela il segreto al consulente), oppure
lo fa un monitore verso i bambini della chiesa. C’è il caso, che riguarda membri
di chiesa: da un certo tempo un uomo circuisce sessualmente una donna debole di
carattere (lei ingenuamente lo rivela al consulente o a sua moglie). Una giovane
della chiesa ti viene a confessare di essere rimasta incinta, avendo avuto
rapporti prematrimoniali con un altro giovane, che ora la vuole assolutamente
costringere ad abortire.
■ Un segreto pastorale ha un limite laddove si richiede l’intervento in una
crisi matrimoniale. Dopo che il consulente ha ascoltato tale «segreto» e le
intenzioni di chi lo fa (p.es. volontà di separarsi dal coniuge), chiede a
quest’ultimo di permettergli di fare un ultimo tentativo verso il suo coniuge,
ma a patto che possa parlare delle cose specifiche, che gli ha confidato. La
rivelazione del segreto pastorale al coniuge di tale persona non costituisce
un’infrazione d’esso. Si tratterebbe di azione dolosa, solo se il consulente
spifferasse fatti riservati a una terza persona, non direttamente coinvolta
nei fatti accaduti.
■ Un segreto pastorale ha un limite laddove ci sono pesanti colpe, che
coinvolgono un conduttore o un collaboratore
della chiesa. Ad esempio, il cassiere della comunità ti viene a
confessare di essersi appropriato indebitamente, da tempo, di parte delle
offerte, segnando meno entrate di quelle reali. Un collaboratore, coinvolto pure
nella predicazione, ha una forte dipendenza, fin lì mantenuta segreta
(p.es. da pornografia, dal gioco online, da alcool, da farmaci); di là dagli
aspetti strettamente pastorali, egli è in obbligo di mettere al corrente il
«consiglio degli anziani». Un conduttore o un collaboratore confessa di
andare a donne, poiché la moglie si rifiuta di ottemperare ai suoi doveri
coniugali; oppure ha da tempo una doppia vita con un’amante. La moglie di un
collaboratore ti svela il segreto che il marito a casa si comporta come un
dittatore, mentre in sala fa la faccia d’angelo. E così via. Chiaramente, in
tali casi bisogna andare avanti
per gradi, ma non si può insabbiare tutto. Oltre a curare la persona,
bisogna affidare tale tremendo mistero al «collegio degli anziani», poi ai
collaboratori più maturi, per avere consiglio; se ci sono persona coinvolte,
bisogna curarsi anche di queste (p.es. coniugi). Infine, quando sarà presa una
decisione, si dovrà pur dire un minimo alla chiesa.
■ Chiaramente ci sono anche altri casi, in cui il segreto pastorale è un
peso troppo grande, che il consulente possa portare da solo; i gravi fatti
richiedono un intervento pieno di discernimento e sapienza. Tuttavia, il
consulente non può rendersi complice di fatti, in cui altri continueranno a
subire e patire abusi o che coinvolgono l’opera di Dio, il servizio al Signore e
la testimonianza dell’evangelo. Lascio ai lettori di cercare e illustrare tali
altri casi; ma deve avvenire in modo stereotipato, quindi senza nomi e
circostanze specifici.
►
Il segreto pastorale? Parliamone {Nicola Martella} (T)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Segr_pastor_EnB.htm
14-05-2015; Aggiornamento: 02-06-2015 |