Non è mia intenzione entrare in una discussione fra fratelli all’interno di una
realtà ecclesiale locale, né prendere partito per qualcuno. D’altro canto, è
stata richiesta la mia opinione da un lettore e uno dei servizi offerto dal sito
«Fede controcorrente» è di rispondere ai quesiti posti. Confido nella maturità
dei fratelli che quanto qui detto non verrà usato in modo strumentale per
questioni e situazioni che non conosco. Non potendo verificare le cose con tutte
le parti in causa, devo necessariamente ritenere che chi ha posto il quesito,
abbia rappresentato correttamente i fatti e le opinioni altrui. Le mie
riflessioni vogliono rappresentare solo un approfondimento biblico, su cui
riflettere. |
La questione del lettore
▲
Pace, fratello,
vorrei un tuo parere, anche se so già quale possa essere, si tratta d’una
situazione che abbiamo in chiesa. Premetto che non abbiamo un pastore ma abbiamo
un consiglio di chiesa del quale io sono membro e abbiamo l’anziano che guida la
chiesa.
Ora in chiesa c’è una donna che prima d’accettare il Signore e convertirsi, era
sposata e insieme al marito incominciò a frequentare la chiesa. A quel tempo,
lui in quel periodo aveva un’amante — così dice lei. Quando lei lo scoprì,
decise comunque di restare con lui e di perdonarlo — così dice lei. Intanto,
sebbene avessero una bambina, lui non voleva più saperne di vivere con lei.
Lei continuò a frequentare la chiesa, finché un giorno decise d’accettare il
Signore e battezzarsi; quindi all’epoca viveva da sola con la figlia mentre il
divorzio era in corso. Intanto è già legalmente divorziata. Ha fatto vari
tentativi di mettersi con qualche credente (cosa che io comunque in base a
quello che conosco della Parola non condividevo), cosa che non ha funzionato.
Adesso ha conosciuto un ragazzo del mondo, che sicuramente la ama e la rispetta;
così si sono ufficialmente fidanzati e hanno già fissato la data delle nozze a
giugno.
Ora il punto è che, essendo confrontati come chiesa per la prima volta con un
fatto di questo genere, il consiglio deve prendere una posizione al riguardo.
Noi siamo in quattro nel consiglio e da quello che sembra io e forse l’anziano
siamo i soli a pensare ed essere convinti che lei risposandosi commetterebbe
adulterio e poi come se non bastasse con un non credente. Hai capito il punto?
Potresti, osservando questo caso, darmi un’ulteriore chiarimento? Ti ringrazio e
t’auguro la benedizione del Signore. Pace. {Pietro Stracuzzi; 29-02-2008}
La risposta ▲
È sempre difficile
giudicare casi che non si conosce personalmente, interrogando tutte le persone
in causa. Devo quindi fidarmi che i fatti siano stati illustrati con precisione
e oggettività.
Secondo quanto conosco della Scrittura, il caso di tale donna rientra nell’eccezione
fatta da Gesù: «Chiunque manda via la moglie,
a eccezione di una parola [o fatto] di fornicazione, la fa essere
adultera; e chiunque sposa colei ch’è mandata via, commette adulterio» (Mt
5,32). Qui Gesù intendeva quanto era scritto in Dt 24,1, dove il testo recita
«parola (o cosa di nudità» (tradotto impropriamente con «qualcosa di
vergognoso»). Non si trattava di adulterio, per il quale c’era la pena di morte,
ma di un linguaggio o di atteggiamenti licenziosi. Questo era un motivo
sufficiente per mandare via la moglie con un atto di divorzio e di risposarsi (a
parte il fatto che allora c’era la poligamia).
Come si afferma il marito di tale donna non solo era un fornicatore, ma un
adultero. Al tempo di Gesù, un tale uomo sarebbe stato messo a morte e la
donna sarebbe stata libera di sposarsi. A ciò si aggiunga che, nonostante il
perdono della moglie, egli ha continuato nella sua condotta adultera e, infine,
ha rotto la relazione con lei, sebbene avessero una figlia comune. Questa è
rottura del patto matrimoniale e, quindi, perfidia. «L’Eterno è testimone fra
te e la moglie della tue giovinezza, verso la quali ti conduci perfidamente,
benché ella sia la tua compagna, la donna del tuo patto» (Mal 2,14).
Nel caso normale era la morte a mettere fine al patto matrimoniale. Aveva lo
stesso effetto l’adulterio, visto che a quel tempo era considerato un atto degno
di morte. Come abbiamo visto, già parole o atteggiamenti di fornicazione (quindi
senza consumazione adulterina) permetteva di separarsi dal coniuge sfrontato e
di risposarsi senza peccare.
Un altro elemento è che fatti precedenti alla conversione non devono
essere addebitati per il futuro del credente: «Se qualcuno è in Cristo, egli
è una nuova creazione; il vecchio è passato, ecco è diventato nuovo» (2 Cor
5,17). La libertà di contrarre un nuovo legame (nel Signore) — dopo la
conversione e un previo fallimento matrimoniale — viene ribadito anche altrove:
«Ognuno rimanga nella vocazione in cui [o per cui] fu chiamato. 21Sei
tu stato chiamato essendo schiavo? Non curartene, ma se puoi divenir libero è
meglio valerti dell’opportunità. […] 27Sei tu legato a una moglie?
Non cercar d’esserne sciolto. Sei tu sciolto da moglie? Non cercare moglie.
28Se però prendi moglie, non pecchi…». Paolo affermò, quindi, che se
nel momento della conversione una persona era sposata (legata), non deve cercare
di divorziare (essere sciolta). Se era già divorziata (sciolta), per motivi
pratici da lui elencati, avrebbe fatto bene a non cercare moglie; tuttavia, se
in tali circostanze, si risposava, non peccava.
Quanto all’altro aspetto, ossia il legame di un credente con un non credente,
esso è biblicamente molto grave. Paolo consigliò a chi si convertiva già avendo
un coniuge non credente, di non separarsi. Questa era una novità rispetto a ciò
che comandava la legge mosaica. Secondo l’apostolo, le cose cambiavano se era
l’incredulo a separarsi; allora la parte credente non era più sottoposta al
giogo matrimoniale con tale non credente, ma era nuovamente libera (1 Cor
7,12-15).
Che un credente sposasse un incredulo, non solo non era previsto, ma era
assolutamente condannato. Con la conversione cambia il rapporto verso il mondo,
l’esistenza e Dio: «Colui che è stato
chiamato nel Signore, essendo schiavo, è un affrancato del Signore;
parimente colui che è stato chiamato essendo libero, è schiavo di Cristo» (1
Cor 7,22). Chi non ubbidisce ai suoi comandamenti, mostra di non conoscere Dio.
Per il credente tutto deve avvenire «nel Signore», ossia in modo conforme alla
sua volontà, così anche il nuovo matrimonio; a una vedova è detto: «Ella è
libera di maritarsi a chi vuole, purché
sia nel Signore» (1 Cor 7,39).
Inoltre, sebbene io non voglia discutere la bontà di una persona non credente,
la sua onestà e la sua capacità d’amare, si fa sempre bene a ubbidire
incondizionatamente ai comandamenti del Signore, senza pensare che nel proprio
caso Dio farà un’eccezione. «Non vi mettete con gli infedeli sotto un giogo
che non è per voi. Perché quale comunanza v’è egli fra la giustizia e
l’iniquità? O qual comunione fra la luce e le tenebre? 15E quale
armonia fra Cristo e Beliar? O che v’è di comune tra il fedele e l’infedele?
16E quale accordo fra il tempio di Dio e gl’idoli? Poiché noi siamo
il tempio del Dio vivente…» (2 Cor 6,14). Questo principio vale per
qualsiasi giogo comune fra credente e infedele (= senza fede personale in
Cristo), quindi anche e soprattutto per un giogo così intimo come il matrimonio.
Secondo il mio modesto parere, in quest’ultimo caso ci sono gli estremi per
ammonire seriamente tale credente da parte del Signore e, in caso di
insensibilità verso la volontà di Dio e di irremovibilità, bisogna esercitare la
disciplina di chiesa. Le guide di chiesa non possono impedire la libertà e
le scelte dei singoli credenti, ma devono esercitare il loro dovere di
sorveglianti e guide del gregge, di cui sono responsabili (anche di là dalle
etichette che portano). L’ubbidienza alla Parola mostra, in fin dei conti, il
confine fra «credenti» (aderenti a una fede) e «nati di nuovo» (rigenerati da
Dio). «Chiunque è generato da Dio non commette peccato, perché il Suo seme
dimora in lui; e non può peccare perché è nato da Dio» (1 Gv 3,9). «Noi
sappiamo che chiunque è generato da Dio non persevera nel peccato; ma il
generato da Dio lo preserva, e il maligno non lo tocca» (1 Gv 5,18). Qui si
decide chi si è veramente e che cosa si voglia essere dinanzi a Dio.
Per l’approfondimento della tematica, consiglio di leggere nel mio libro
Tenerezza e fedeltà,
(Punto°A°Croce, Roma 1998), l'articolo «Divorzio e seconde
nozze», pp. 138-151; a ciò si aggiungano gli articoli connessi sul matrimonio. |
►
Credente divorziato e penitente
{Nicola Martella} (D)
►
Divorzio 1: Atto estremo per uscire da un
labirinto? {Nicola Martella} (T)
►
Divorzio 2: Interrogativi e tesi a confronto
{Nicola Martella} (T)
►
Divorzio e ministero {Nicola
Martella} (T)
►
Divorzio e nuove nozze in Luca 16,18
{Argentino Quintavalle} (A)
►
Divorzio e seconde nozze {Nicola
Martella} (D)
►
Motivi biblicamente legittimi per il
divorzio {Bartolomeo Ciociola - Nicola Martella} (T/A)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Rimatrimonio_con_infedele_GeR.htm
01-03-2008; Aggiornamento: 03-03-2008
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