Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Riuscire nella vita

 

 

 

 

In prima linea — Entrare nella breccia 1:

   Qui sono contenuti i principi di cura d’anime generale. Ecco le parti principali:
■ Gli aspetti generali
■ La consulenza
■ Gli aspetti dottrinali
■ I problemi della consulenza

 

Fare fronte — Entrare nella breccia 2:

   Si tratta della consulenza specifica al problema dell’occultismo. Eccole parti principali:
■ Consulenza specifica
■ Approfondimento delle problematiche
■ Aspetti critici
■ Fatti, casi ed eventi
■ Dizionarietto dei termini
■ Fogli d’analisi
■ Excursus: Rimostranze verso fratelli  

 

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PERDONO E GIUSTIZIA

 

 di Nicola Martella

 

La questione della lettrice

La risposta

 

Non è mia intenzione entrare in una discussione fra fratelli all’interno di una realtà ecclesiale locale, né prendere partito per qualcuno. D’altro canto, è stata richiesta la mia opinione da un lettore e uno dei servizi offerto dal sito «Fede controcorrente» è di rispondere ai quesiti posti. Confido nella maturità dei fratelli che quanto qui detto non verrà usato in modo strumentale per questioni e situazioni che non conosco. Le mie riflessioni vogliono rappresentare solo un approfondimento biblico, su cui riflettere.

 

Senza il perdono la giustizia schiaccia in modo implacabile, senza dare una possibilità di redimersi, dopo aver scontato la giusta pena dei propri atti. Il perdono senza giustizia crea caratteri deboli, furbi e menzogneri, interessati solo al proprio vantaggio, al piacere personale e a minimizzare le eventuali conseguenze di una sanzione, magari impietosendo il prossimo, generalizzando la colpa o trasferendola su altri. Il perdono presume la pratica della giustizia. Ad ambedue bisogna educare, e cioè specialmente in famiglia.

 

 

La questione della lettrice  

 

Ciao Nicola, come sai sono una tua affezionata lettrice. Ho cercato nel tuo sito se ci fosse un tema dedicato esclusivamente al perdono, ma non mi sembra d’averlo trovato. Qualora ci fosse, ti prego d’indicarmelo. Altrimenti, vorrei da te una risposta, se possibile, in relazione al perdono.

     Secondo la tua interpretazione della Bibbia, bisogna perdonare sempre, anche se chi ci ha fatto del male non si pente, e neanche smette con il suo comportamento, o si deve perdonare solo nel caso l’altro chieda scusa e sia pentito?

     Nella Bibbia ci sono alcuni passi in cui il perdono è messo in relazione con la richiesta di scuse o il pentimento, e altri no. Perciò sono confusa. {Giuseppina Gatta; 08-12-2007}

 

 

La risposta ▲

 

 

1.  ENTRIAMO IN TEMA: Effettivamente sul sito c’è ancora poco sul «perdono». Ho trovato solo questi due riferimenti: ▪ 1) In un articolo sul «Padre nostro»; ▪ 2) ▪ In un articolo nel «Dizionario biblico». Per l’approfondimento rimando alla seguente letteratura:

     ■ Trattazione teologica: Nicola Martella, «Perdono», Manuale teologico dell’Antico Testamento (Punto°A°Croce, Roma 2002), p. 270; cfr. qui «Perdonare», pp. 269s.

     ■ Trattazione pastorale: Nicola Martella, Entrare nella breccia (Punto°A°Croce, Roma 1996). Qui ci sono riferimenti pastorali al problema del perdonare, del non volerlo fare o del non riuscire a farlo. Uno dei casi pastorali è creato proprio dall’incapacità di perdonare o dall’indisponibilità a farlo (pp. 35.37), mentre la capacità di farlo è un segno del rinnovamento divino avvenuto nel credente (pp. 149s). Viene altresì mostrata l’importanza dell’esercizio del perdono e come il consulente possa aiutare al riguardo (pp. 85s.238). Un aspetto pastorale importante è arrivare alla confessione del peccato al Signore e la conferma del perdono da parte del consulente (pp. 243-247).

 

 

2.  ALCUNI ASPETTI DEL PERDONO: Il tema del perdono è molto vasto. Qui sintetizzo alcuni aspetti nell’intento di stimolare la riflessione e il dibattito.

     ■ La soglia di tolleranza: Il termine «longanimità» designa il «respiro lungo» che si dovrebbe avere, prima di mettere una soglia di sbarramento e dire: «Fin qui e non oltre». Ci sono aspetti del carattere, abitudini, modi di fare, reazioni tipiche e altro, verso cui all’interno di una connessione esistenziale (coppia, famiglia, gruppo) si cerca di usare benevolenza, sapendo che ognuno ha le sue «ombre».

     La longanimità da sola o accanto all’amore, oltre a essere un tratto del carattere divino (Is 63,9; Gr 15,15; Rm 2,4; 9,22; 1 Tm 1,16), è una caratteristica del cristiano fedele (2 Cor 6,6; Gal 5,22; Ef 4,2; Col 3,12).

     Per amore del Signore, della sua opera, del bene comune, della speranza di un cambiamento e di obiettivi più grandi si può cercare di coprire molte cose col manto dell’amore. «Chi copre le trasgressioni si procura amore, ma chi sempre vi torna su, disunisce gli amici migliori» (Pr 17,9). «Soprattutto, abbiate amore intenso gli uni per gli altri, perché l’amore copre moltitudine di peccati» (1 Pt 4,8)

     Ognuno deve valutare se stesso, prima di fare delle rimostranze all’altro. A volte può succedere che alcuni, che si sentono offesi per qualcosa e lo dicono alla persona interessata, si sentono rispondere tra altre cose: «Il fatto che io non abbia detto niente di questo o di quello, non significa che non c’è stato alcun problema, ma ho ritenuto esercitare la longanimità per quieto vivere e per amore verso il Signore!». Può succedere quindi che le cose sopportate dall’altro siano molto più gravi di quelle oggetto del rimprovero dell’uno.

 

     ■ Saggezza richiesta: Questo non vuol dire che non bisogna affrontare alcuni di questi aspetti, al momento opportuno. Bisogna però valutare se vale sempre la pena, visto che si può rischiare di tappare un buco facendone un altro più grande; per rendere l’idea della questione o per difendersi, il tutto può finire poi nel fare in lunghe liste di tic, di cattive abitudini, di lati oscuri del carattere dell’altro. Gli animi potrebbero finire per inacerbirsi di più. Si fa bene a cercare al riguardo il momento opportuno, a trattare caso per caso, evitando di presentare all’altro un cumulo di «ombre», e a non usare al riguardo generalizzazioni (sempre, tutto, mai, ogni volta).

     All’interno di una famiglia cristiana si riesce a volte meglio mettendo delle regole generali e verificando la loro attuazione (diritti e doveri, sanzioni). Lo stesso vale per una comunità, mirando a preservare l’ordine e il decoro (1 Cor 14,40) mediante alcune regole generali suggerite dalla conduzione e discusse insieme (ad esempio nel caso in cui alcuni pregano in un incontro molte volte, non lasciando spazio agli altri; che cosa fare quando…). Al riguardo fanno bene le predicazioni pastorali di edificazione, esortazione (quindi anche ammonizione) e consolazione (quindi anche incoraggiamento; cfr. 1 Cor 14,3).

 

     ■ Il recupero: Questo è un aspetto importante. La devozione mal capita può portare qualcuno a separarsi dagli altri, qualora essi non giungano al livello che il primo ha stabilito. Questo è il caso dei Farisei, termine che significa i «separati». Così succede che coloro che si sentono dei «giusti», frequentino solo altri «giusti». Per fare ciò si sottopongono con sacrificio a pesanti regole dettate dalla tradizione particolare. Perciò disprezzano coloro che non sono come loro. Sono medici che curano solo se stessi. Perciò Gesù disse a scribi e Farisei: «Ora andate e imparate che cosa significhi: “Voglio misericordia, e non sacrificio”. Infatti io non sono venuto a chiamare dei giusti, ma dei peccatori» (Mt 9,13). Poco più in là Gesù citò lo stesso verso dell’AT, aggiungendo che se essi sapessero che cosa significasse ciò, non avrebbero «condannato gli innocenti» (Mt 12,7).

     Gesù stesso fu un esempio di un credente dedito al recupero degli emarginati e dei falliti. Tale intento verso il prossimo si può spiegare con queste sue parole rivolte all’adultera: «Neppure io ti condanno; va’ e non peccare più» (Gv 8,11).

     Giacomo concluse la sua epistola con una raccomandazione di recuperare chi si è sviato (Gcm 5,19s). Similmente fece Giovanni (1 Gv 5,16ss).

 

     ■ Perdono e sanzione: Un errore della religiosità e della morale correnti è quello di pensare che quando si accorda il perdono, decada la sanzione. Questo è un grave danno per la morale stessa, per il carattere delle persone, per la pedagogia, per la giustizia, eccetera. Ciò crea persone deboli e una concezione del perdono che è frutto dell’umanesimo e non del pensiero biblico: ▪ 1) Senza sanzione, le persone che trasgrediscono ricadranno presto nella stessa cosa, ma sfrutteranno la bontà altrui o un «senso cristiano» falsamente inteso; ▪ 2) Senza sanzione, nella parte lesa si alimentano risentimenti e sensi di colpa; infatti la mancanza di giustizia e la reiterazione degli stessi atti da parte dell’altro creano dapprima amarezza nella parte lesa (per l’ingiustizia subita) e poi sensi di colpa (per i sentimenti covati).

     Anche per Dio l’accordo del perdono e la punizione del colpevole e della sua iniquità non sono contraddizioni (Nu 14,18). Guardando al periodo nel deserto, dopo l’uscita dall’Egitto, il salmista disse in preghiera a Dio: «Tu fosti per loro un Dio perdonatore, benché tu punissi le loro male azioni» (Sal 99,8).

 

     ■ Giustizia e perdono: Essi formano un binomio inscindibile. I rapporti umani senza regole e senza conseguenze concrete per gli atti d’ingiustizia, sono destinati a fallire. L’abuso perpetuato per lungo tempo da uno e sopportato altresì dall’altro, può portare a un punto critico di rottura irreversibile. Si fa quindi bene a non accumulare le cose, ma a risolverle punto per punto.

     Per ottenere il perdono, bisogna richiederlo confessando il peccato (Sal 32,5). Ciò presume che sia avvenuto al riguardo un ravvedimento e che il pentimento sia accompagnato dal proposito di non reiterare il dolo. Solo sulla base della giustizia è possibile una vera riconciliazione che purifichi i rapporti e li rinnovi.

     Gesù insegnò: «Badate a voi stessi! Se il tuo fratello pecca, riprendilo; e se si pente, perdonagli» (Lc 17,3). Si noti sia la riprensione sia il pentimento. Gesù stesso mostrò che, nonostante i propositi sinceri, si possa cadere nella stessa cosa più volte (v. 4); ma anche qui viene evidenziato il pentimento.

     Come detto, l’elargizione del perdono può essere connessa a una sanzione e alla richiesta di riparazione del danno materiale o morale (Lv 5,16). Senza una tale base, il reo sarà portato a reiterare il dolo (debolezza personale, sistema indulgente) e il danneggiato continuerà a covare risentimenti e sensi di colpa.

 

     ■ La via della giustizia: Dopo aver valutato se l’impresa valga la candela, fra credenti si deve cercare di risolvere prima personalmente le cose. Se ciò non sarà possibile a causa dell’indisponibilità dell’altro, la parte lesa fa bene a coinvolgere altri, ossia una o due persone di fiducia con caratteristiche di saggezza ed equilibrio. Se anche questa via non va in porto, si coinvolgerà la chiesa nelle persone dei conduttori. In caso di irremovibilità da parte del reo, la chiesa può arrivare a delle sanzioni confacenti al caso (ammonizione privata, riprensione pubblica, privazione di ministeri, fuori comunione).

     Gesù insegnò ai suoi seguaci: «Se poi il tuo fratello ha peccato contro di te, va’ e riprendilo fra te e lui solo. Se t’ascolta, avrai guadagnato il tuo fratello; 16ma, se non t’ascolta, prendi con te ancora una o due persone, affinché ogni parola sia confermata per bocca di due o tre testimoni. 17E se rifiuta d’ascoltarli, dillo all’assemblea; e se rifiuta di ascoltare anche l’assemblea, sia egli per te come il pagano e il pubblicano» (Mt 18,15ss).

     Nei casi in cui la persona coinvolta sia non-credente, bisognerà procedere in modo simile. Specialmente se sono parenti, è importante la funzione di terze persone sagge, neutrali e affidabili. La tendenza ad approfittarsi dei parenti è maggiore per persone deboli all’interno di un sistema indulgente.

 

     ■ Genitori e figli: La famiglia è il campo in cui si educa alla giustizia o all’ingiustizia, al perdono o al conflitto. Qui affronto questo caso particolare che è fonte di tante amarezze, delusioni e sconfitte a causa di una giustizia o di un perdono erroneamente compresi.

     In genere sono certi figli ad approfittarsi dei genitori per i propri interessi. Può succedere che tale comportamento ingiusto della persona cara, porti a una diversa valutazione delle cose da parte dei due coniugi, ad esempio due genitori nei confronti di un figlio. Se non si pratica qui una via di giustizia, si rischia di minare anche il rapporto coniugale. Nel caso di un chiaro dolo (p.es. un figlio adulto ruba in casa; usa continuamente bugie), può succedere che un coniuge voglia perdonare sempre, mentre l’altro solo in caso di un vero e sincero ravvedimento. In tali casi, si rischia di creare non solo risentimenti (e conseguenti sensi di colpa) verso il figlio reo, ma anche verso il coniuge indulgente. I danni che tale atteggiamento può portare a lunga scadenza, sono immaginabili.

     Tali genitori potranno intervenire in modo efficace, solo se compariranno dinanzi a tale figlio come un’unità (i figli sono esperti nell’usare tali disparità); perciò fanno bene a trovare una linea comune, anche se ciò significherà un onorevole compromesso. Quando un figlio si approfitta dei genitori per i propri interessi e questi ultimi fanno finta di nulla o minimizzano, trovando continue attenuanti, essi non fanno veramente bene al figlio. In tal modo si alleano con la debolezza del figlio e la sua tendenza all’ingiustizia, invece che con i suoi punti di forza e con il suo senso di giustizia. In certi casi, tale connivenza travolgerà anche i genitori, sia per un danno materiale di grande entità, sia per le conseguenze personali ed esistenziali, in cui sprofonderanno a causa di tale figlio.

     Anche verso i figli si possono mettere sanzioni. Se un figlio adulto, ad esempio, ruba in casa dei genitori, si possono coinvolgere persone comuni che possono aiutare. Già il fatto che altri sappiano, può impedire che il reato avvenga di nuovo. Si possono cambiare le chiavi di casa, impedendo che il figlio ne abbia un paio. Si può impedire al figlio di andare e venire come gli fa comodo. E così via. Chiaramente bisogna valutare di caso in caso. In certi casi, quando tale figlio nega l’evidenza dei fatti, si può metterlo alla prova con l’aiuto di persone fidate, creando un caso che lo smascheri. Nei casi estremi, per aiutare tale figlio a ravvedersi, si può anche arrivare a diffidarlo o a denunciarlo.

     All’interno della teocrazia d’Israele per casi estremi (figlio caparbio e ribelle, disubbidiente ai genitori, ghiotto e ubriacone) c’era la possibilità che i genitori si rivolgessero agli anziani della sua città per chiedere d’intervenire; in tali casi la sanzione poteva arrivare fino alla morte per lapidazione (Dt 21,18-21). Chiaramente i genitori disperati avranno ammonito il figlio diverse volte, facendo riferimento a tale eventualità. La chiesa non è una teocrazia, ma tale esempio mostra in che situazione disperata dei genitori possano trovarsi con figli dissoluti. Oggigiorno ci sono situazioni disperate in cui i genitori sono tiranneggiati da figli dissoluti e il tutto finisce non di rado in tragedia: un genitore disperato che ammazza un tale figlio dopo l’ennesimo abuso, oppure un figlio che ammazza i suoi genitori nel raptus o per mettere le mani sul patrimonio.

 

     ■ Educare alla giustizia: Prima di tutto ciò si fa bene a prevenire, invece di dover poi curare (con risultati incerti). La prevenzione giusta è che i figli vengano per tempo educati alla giustizia, all’ordine e al decoro, senza delegare nulla agli altri (società, scuola, chiesa, associazioni, clan d’amici, mass-media, ecc.). «Ogni scrittura ispirata da Dio» non mira solo alla salvezza dell’anima degli uomini, ma è «utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia» (2 Tm 3,16). Se da una parte bisogna indicare la via di salvezza, dall’altra bisogna ammaestrare alla giustizia, formando così la coscienza etica. Questo è un antico tema nella Parola di Dio (Pr 9,9; cfr. Tt 2,12) ed è abbinato specialmente alla persona di Dio (Sal 25,9) e del Messia (Is 42,1).

     Solo in un sistema che mira alla giustizia, sarà possibile creare una gestione del perdono, sia richiesto da chi fallisce, sia dato da chi è stato offeso. Perdonare significa riaccettare in comunione, riconciliare a sé. L’elargizione del perdono premette però un vero ravvedimento, la richiesta del perdono, l’avvenuta riparazione del danno materiale e morale e l’impegno a non reiterare più lo stesso.

     L’apostolo Paolo insegnava in un caso specifico: «Ora se qualcuno ha causato tristezza... 6Basta a quel tale la riprensione inflittagli dalla maggioranza; 7affinché ora, al contrario, dovreste piuttosto perdonarlo e confortarlo, che talora non abbia a rimanere sommerso da eccessiva tristezza. 8Perciò vi prego di confermargli l’amore vostro» (2 Cor 2,5-8; cfr. v. 11).

     In cose di un certo rilievo una richiesta solo formale di perdono senza un vero cambiamento, porterà alla creazione di un sistema debole di giustizia e a persone senza carattere morale. Tali persone, invece di ravvedersi, cercheranno di compensare le proprie debolezze con la dialettica: generalizzando (siamo tutti peccatori), facendo una lista degli errori altrui o delle offese personalmente subite da parte di altri, indicando l’ingiustizia del sistema (società, famiglia, chiesa, ecc.), e così via.

     Per educare alla giustizia, il ferro si batte finché è caldo (Pr 22,6). E al riguardo hanno un grande ruolo la famiglia (2 Tm 1,5) e la chiesa locale (1 Tm 3,15), specialmente i conduttori (Tt 1,9).

 

Perdono e giustizia? Parliamone

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Perdono_giustizia_EnB.htm

16-12-2007; Aggiornamento: 31-01-2008

 

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