Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Le diversità possono essere una risorsa oppure diventano un problema.
 Ecco le parti principali:
■ Entriamo in tema (il problema)
■ Uniti nella verità
■ Le diversità quale risorsa
■ Le diversità e le divisioni
■ Aspetti connessi.
 
Il libro è adatto primariamente per conduttori di chiesa, per diaconi e per collaboratori attivi; si presta pure per il confronto fra leader e per la formazione dei collaboratori. È un libro utile per le «menti pensanti» che vogliano rinnovare la propria chiesa, mettendo a fuoco le cose essenziali dichiarate dal NT.

 

Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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IL PASTORATO FEMMINILE?

 

 di Nicola Martella

 

Qui di seguito parliamo della nomina pastorale di una donna. Anche in Italia in alcune chiese il pulpito si tinge di rosa. Sembra che tutto possa essere e possa farsi. Sui biglietti da visita di coppia ci si presenta, ad esempio, come pastore Carlo e pastora Fabia: una domenica predica l’uno e una domenica l’altra. Quando accadrà che la pastoressa, magari laureata in teologia, presenterà suo marito e dirà: «Mario fa il geometra e io mi occupo della chiesa»? Vengono messi in rete articoli, in cui gli autori fanno salti mortali versettologici e usano dialettica e allegorie per «dimostrare» che la Bibbia preveda e permetta che nella chiesa ci siano pastoresse, vescovesse, apostolesse, eccetera. Anche in Italia dai pulpiti si cimentano predicatrici, insegnanti donne, reverende, anziane e così via… e tutto col plauso delle comunità.

     Chi fa valere qualche dubbio al riguardo, passa per «spirito critico» e gli si intima addirittura di ravvedersi. Oppure gli si dice che non è tollerante o non è al passo con i tempi. È un segno dei tempi? È una resa dell’esegesi allo spirito del tempo? Ecco qui di seguito un esempio arrivatomi per posta elettronica.

 

 

1.  LA QUESTIONE: Da un pastore siciliano mi sono arrivati un paio d’inviti a partecipare alla «nomina pastorale» di sua figlia, diciannovenne in tale momento. Ecco alcuni stralci della dettagliata lettera: «[…] A 16 anni ha avuto un glorioso risveglio… […] I suoi genitori vedendo questo risveglio, avvenuto improvvisamente, hanno cominciato a inserirla nel ministero della predicazione e insegnamento convinti anche dalla sua unzione nel predicare e vista la sua innegabile chiamata al ministero.

     Il giorno che lei stessa ha dichiarato ai genitori il desiderio d’entrare nel ministero pastorale a tempo pieno. Grande è stata la loro gioia !

     Attualmente [...], predica, insegna, guida la riunione dei giovani, guida una riunione in casa e dirige la lode e l’adorazione suonando abilmente la tastiera, inoltre sostituisce i coniugi pastori quando sono assenti o in missione.

     Giorno 9/12/07 verrà confermata pastore davanti a tutta la chiesa e in presenza di diversi ministri per avere la benedizione nel lavoro, presso la chiesa "La Parola della fede" che guiderà assieme ai suoi genitori che hanno fondato quest’opera nel 1995.

     Per l’occasione, l’oratore speciale sarà il pastore [...] della chiesa "Cammino di fede" di Palermo». {02-12-2007}

 

 

2.  ANALISI DELLO SCRITTO: Nella lettera d’invito di tale pastore siciliano si parla in modo scontato di aver inserito la figlia sedicenne nel «ministero della predicazione e insegnamento», basando ciò sulla sua convinzione dell’«unzione nel predicare» della figlia e della «sua innegabile chiamata al ministero», ossia quello pastorale.

     Si noti che il giorno, in cui la ragazza dichiarò ai suoi genitori il «desiderio d’entrare nel ministero pastorale a tempo pieno», essi non investigarono le Scritture per appurare la legittimità biblica di tale richiesta, ma gioirono di ciò; questo significa che a monte c’era già una decisione e una prassi consolidata nella denominazione e nella famiglia.

     Si tratta di una moda, di una convinzione e di una prassi, venute dagli Stati Uniti: marito e moglie svolgono ambedue un ministero pubblico di guida della chiesa, di predicatori e d’insegnanti. Quindi non meraviglia che nella stessa denominazione anche la figlia predichi, insegni, eccetera nella chiesa locale e addirittura sostituisca i coniugi pastori «quando sono assenti o in missione». A giorni non farà solo la sostituta nella chiesa locale dei coniugi pastori, ma la «guiderà assieme ai suoi genitori».

     È interessante che tale comunità, fondato nel 1995, si chiama «La Parola della fede». Mi verrebbe da chiedere: «È possibile una fede nella Parola, senza una corretta esegesi?». Nel giorno di tale consacrazione interverrà come oratore il pastore della chiesa «Cammino di fede». Mi verrebbe da chiedere: «È possibile un cammino fede, senza una rigorosa esegesi?». Sembra che lì, in quella zona della Sicilia, questo sarebbe possibile.

 

 

3.  LETTERE: Prima che avvenisse tale cerimonia, per avere delle spiegazioni e avviare un confronto, ho scritto al pastore siciliano quanto segue: […] In questi giorni ho ricevuto già un paio di volte la notizia della consacrazione di tua figlia a predicatrice, ecc. Tempo fa ero già stato sul tuo sito e su quello della tua missione e ho letto le motivazioni di tali vostre convinzioni. Esse non mi hanno affatto convinto, anzi mi hanno alquanto turbato per l’infondatezza biblica. Si tratta d’una resa al modernismo e una specie di «femminismo cristianizzato», che poi viene farcito di versetti tolti dal loro contesto, e non d’una rigorosa e corretta esegesi. Sono anche rimasto turbato per la diffusione militante, che fate d’eventi del genere, con l’intento di creare probabilmente imitazioni che accreditino il vostro modo di fare.

     T’invito perciò a leggere il seguente articolo: «Ministeri preclusi alle donne» nel mio libro Generi e ruoli (Punto°A°Croce, Roma 1996), pp. 83-102. […]

 

Purtroppo tale pastore invece di rispondere nel merito, mi ha chiesto di togliere il suo indirizzo e-mail e di ravvedermi (!). Quindi apriamo le porte al relativismo, perché tutto va bene! In più ciò salva la pace e l’armonia familiare.

     Mi ha scritto anche l'altro pastore siciliano che farà da oratore durante la cerimonia, considerandomi «un tipo così giudicante». Quindi, secondo tale logica, può arrivarmi qualsiasi cosa per e-mail e io dovrei semplicemente tacere! È questa la logica evinta dalla Bibbia? Dovremmo tacere su ciò che avviene all’interno del cristianesimo in nome del «vogliamoci bene» e della tolleranza?

     Chi chiama a un confronto sulla Parola di Dio e a una corretta e rigorosa esegesi delle Scritture, viene tacciato come «spirito critico» e altro, ora dai massimalisti, ora dai liberali! Si vuole andare avanti solo per «prurito di udire»! (2 Tm 4,3). Che importa che Paolo insegnasse a «praticare il “non oltre quel che è scritto”»!? (1 Cor 4,6). Sembra che con un po’ di dialettica e versettologia, unita al legalismo per gli uni e al relativismo per gli altri, si possa far dire alla Scrittura ciò che si vuole.

     Sembra che oggi, basta aggiungere al proprio nome il titolo di «pastore», per poi poter dire ciò che si vuole, per considerarlo «biblico» e per propagarlo come tale. E tutti devono stare zitti e mosca! Altro che «operaio che non abbia a esser confuso, che tagli rettamente la parola della verità»! (2 Tm 2,15).

 

 

4.  PARTENDO DA SPARTA: Dove gli argomenti razionali, storici e biblici non arrivano, forse può aiutare un po’ di parodia; proviamo.

     Se il cristianesimo fosse nato a Sparta, la città ellenista così emancipata, e si fosse basato sulla cultura ellenista — e non nel giudaismo e all’interno della cultura biblica —, avremmo avuto anche scribe, Farisee, Sadducee, sacerdotesse, levitesse e rabbine. Gesù per par condicio avrebbe scelto sei apostoli e sei apostolesse. Magari a rinnegare Gesù ci avrebbe pensato Petra e, per tradirlo, Giuditta avrebbe complottato, intrigando piani con i membri donne del Sinedrio. Per sostituire la traditrice, in Atti 1 avrebbero presentato ai voti Giuseppina e Matteina (At 1,23ss).

     Per affiancare gli apostoli avrebbero eletto non «sette uomini» (At 6,3.5), ma — per equità e per evitare discriminazioni sessiste — quattro uomini e quattro donne. Barnaba per essere aiutato nella chiesa di Antiochia sarebbe andato a cercare Saula, la ex Farisea folgorata sulla via damacena, divenuta poi l’apostolessa Paola.

     Paolo avrebbe fatto gruppo con Barbara (non Barnaba) o con Silvana (non Sila) per andare in missione. Nella sua strategia missionaria Paolo avrebbe fatti eleggere per ciascuna chiesa anche delle anziane, raccomandando ufficialmente tali sorelle al Signore (At 14,23).

     Nel concilio interecclesiale di Gerusalemme Paolo e Barnaba avrebbero trovato anche apostolesse e anziane, oltre a Giacomina, la sorella meno conosciuta del Signore (At 15,4.13.22).

     Paolo e la sorella Timotea, scrivendo alla chiesa dei Filippesi, avrebbe nominato particolarmente le vescovesse e le diaconesse (Fil 1,1).

     L’apostolo, invece di scrivere due lettere a Timoteo, suo stretto collaboratore, gliene avrebbe scritta solo una, dedicando l’altra a Priscilla o a Febe. In essa avrebbe raccomandato i criteri per eleggere le vescovesse o anziane, ad esempio: «Bisogna dunque che la vescovessa sia irreprensibile, moglie di un solo marito», dando poi precisi precetti su come essere una buona moglie e madre (1 Tm 3,2ss). Poi avrebbe dato direttive anche per le diaconesse (v. 8ss), chiamandole a essere «donne che ritengano il mistero della fede in pura coscienza» (v. 9). Non avrebbe neppure mancato di dare direttive per i loro consorti: «Allo stesso modo, siano i mariti dignitosi, non maldicenti, sobri, fedeli in ogni cosa» (v. 11).

     Nell’epistola a Titina, Paolo le avrebbe raccomandato di costituire per ogni città delle anziane con queste caratteristiche personali: doveva trattarsi di una donna irreprensibile, moglie d’un solo marito, avente figli fedeli, ossia una vescovessa irreprensibile sotto tutti i punti di vista (1,5ss).

     Alla fine della sua carriera, Paolo da Mileto avrebbe mandato a chiamare anche le anziane della chiesa di Efeso (At 20,17), ribadendo che erano state costituite vescovesse per pascere la chiesa (v. 28).

     Paolo avrebbe parlato nella sua prima epistola a Teodora delle «anziane che tengono bene la presidenza» e specialmente di «quelle che faticano nella predicazione e nell’insegnamento» (1 Tm 5,17). Poi avrebbe dato direttive su come comportarsi quando sarebbero arrivate accuse contro una anziana (v. 19).

     Giacomo avrebbe raccomandato a chi era infermo di chiamare sia anziani che anziane della chiesa, perché pregassero su lui e l’ungessero d’olio (Gcm 5,14).

     Pietro avrebbe esortato da anziano le «anziane che sono fra voi» (1 Pt 5,1), raccomandando poi subito quelli più giovani a essere soggetti alle anziane (v. 5).

     Non avremmo una seconda epistola di Giovanni, ma Giovanna avrebbe scritto alla sua amica e collega pastoressa, cominciando così: «L’anziana alla signora eletta e ai suoi figli che io amo in verità». Similmente l’anziana apostolessa avrebbe scritto una prossima lettera alla diletta Gaia (3 Gv), criticando il comportamento della pastoressa Diotrefe (v. 9) ed elogiando quello della reverenda Demetria (v. 12).

     Infine, nell’Apocalisse Giovanni avrebbe visto intorno al trono dodici anziani e dodici anziane (Ap 4,4), i primi vestiti di bianco e le seconde di rosa, rappresentanti così rispettivamente la parte maschile e quella femminile della chiesa e specialmente i pastori maschi e femmine. Poi, nella visione della nuova Gerusalemme avrebbe visto il muro della città costituito da dodici fondamenti, sui quali ci sarebbero stati dodici nomi: sei degli apostoli e sei delle apostolesse (Ap 21,14); il colore dei nomi di queste ultime sarebbe stato più delicato dei primi.

 

Tutto questo sarebbe probabilmente accaduto, se il cristianesimo fosse nato a Sparta e si fosse basato sulla filosofia greca. In effetti, però, nacque a Gerusalemme e all’interno della cultura giudaica e si basava sulla teologia biblica. Peccato però che tanti cristiani si orientino nella loro comprensione biblica alla metropoli ellenista! È un segno dei tempi… un segno dei tempi della fine.

 

 

5.  POTENZIALE FEMMINILE: Esso è fuori discussione ed è grande e vasto. Si veda al riguardo «La donna che serve» in Generi e ruoli (Punto°A°Croce, Roma 1996), pp. 67-78; si veda pure «Il ministero della nubile», pp. 79-82.

     La questione è che non si può partire da aspetti funzionali dettati dalla società odierna o da ciò che riteniamo opportuno o meno, ma da una corretta e rigorosa esegesi contestuale (letteraria, storica, culturale, ecc.) della sacra Scrittura. Nel NT alla donna era permesso nell’assemblea solenne di pregare pubblicamente e di profetare (ossia di parlare sotto «ispirazione» sulla base della Parola letta in gruppo; p.es. testimoniare, esortare ecc.). Non le era permesso però di insegnare pubblicamente nell’assemblea solenne né di rivestire incarichi di autorità e di guida nella chiesa.

 

Il pastorato femminile? Parliamone 1 {Nicola Martella} (T)

Il pastorato femminile? Parliamone 2 {Nicola Martella} (T)

Donne conduttrici di chiesa? {Giovanni Fogato} (A)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Pastorato_femminile_UnV.htm

06-12-2007; Aggiornamento:

 

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