Un giovane credente in Cristo
ha sentito il bisogno di parlarmi dei dolori di crescita sul suo
cammino spirituale. Già in passato mi aveva parlato e presentato la situazione
di sua madre, spesso insoddisfatta e infelice. Ella è spesso un «banco di prova»
per la fede di questo giovane cristiano, che vuol essere fedele al Signore e
alla sua Parola. Spesso è oggetto dell'acredine e della critica pungente della
madre (e degli altri famigliari), specialmente perché essa alterna contrastanti
sentimenti e atteggiamenti verso Dio e la fede biblica.
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1. Le questioni
{Innocenzo Palmita, ps.}
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Caro Nicola, shalom. In questi giorni ho avuto un po’ di problemi
sempre con mia madre. Sono stati giorni molto travagliati, perché se l’è presa
con me senza motivo. O meglio, ogni tanto, va sul tuo sito per leggere gli
articoli e in particolare si è soffermata a leggere un mio scritto. Era molto
contenta, perché dice di condividere ciò che scrivo. Ma a un certo punto mi
dice: «Mi da fastidio che citi sempre la Bibbia, scrivi sempre “Mt” o “Lc”,
eccetera. Mi sembri un prete…».
Ti dirò che sono rimasto sbalordito, anche se ricordandomi le parole di Gesù,
comprendo meglio e non mi stupisco: «E sarete odiati da tutti a causa del
nome mio…» [Mt 10,22; 24,9, N.d.R.]. La mia reazione è stata veemente,
ovvero sono stato impulsivo e non mi sono comportato da cristiano… ma non
capisco perché le dia così tanto fastidio che io mi sia convertito a Cristo.
Alla fine, dopo che non ci siamo rivolti la parola per tre giorni, mi ha detto:
«Sei libero di fare ciò che vuoi…». Le ho cercato di spiegare con calma che io
seguo la Parola di Dio, perché è il messaggio che Lui ci ha voluto lasciare, per
vivere bene la nostra vita. Conclusione sua? Io sono uno spirito libero; e poi
chi mi dice che la Bibbia è giusta, che non dice fesserie o che non sia un libro
come gli altri?! Insomma siamo alle solite… Purtroppo basta un nulla che cambia
di nuovo idea. Devo dirti che evangelizzare è difficile, quando si è di fronte a
persone cocciute!
Perdonami per questo sfogo; mi ritrovo a «combattere» anche con colei, dalla
quale vorrei comprensione… spero che Cristo la illumini. Fraterni saluti in Gesù
Messia… {Innocenzo Palmita, ps.; 26 agosto 2009}
2. Osservazioni e riflessioni
{Nicola Martella}
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Conosco in prima persona cose simili, vissute in famiglia dopo la mia
conversione a Cristo, durante la mia adolescenza. Oltre a ciò ho avuto molte
tribolazioni a scuola e fra i miei coetanei, proprio a causa della fede in Gesù.
Per mia esperienza voler avere comprensione da un parente stretto
riguardo alla fede in Cristo, se è avverso a essa, è come chiedere a un cieco
nato di tollerarci e di non crederci pazzo, se crediamo all’esistenza dei
colori. Quindi, quanto al rapporto del lettore con sua madre, ha tutta la mia
comprensione, conoscendo da vicino molte avversità in famiglia a causa di
Cristo. Con genitori e parenti bisogna avere molta longanimità e chiara coerenza
di condotta. Ciò significa pure tagliare il sottile e invisibile «cordone
ombelicale» che ci lega a loro e interfacciarsi unicamente a Cristo. Solo allora
li si potrà altresì aiutare veramente, non dipendendo più da loro.
A volte, prima che un parente stretto e avverso all’Evangelo apra il cuore alla
verità biblica e si converta, passano molti anni o addirittura alcuni decenni.
Un discepolo
vive primariamente in funzione di Cristo e non dei suoi parenti e di ciò che
faranno loro. Io stesso, andai via di casa a 15 anni, anche perché m’era
difficile seguire al 100% Cristo in famiglia e nell’avverso ambiente, in cui
vivevo. Avevo preferito farmi guidare da Cristo, seguendo la sua chiamata,
sebbene ciò significò per me abbandonare la sicurezza della famiglia. Passarono
tantissimi anni prima che mia madre e poi mio padre si convertissero
all’Evangelo. Intanto io ne avevo fatta di strada, seguendo le orme di Gesù
Messia.
Quanto al rapporto con i propri genitori (e parenti in genere), bisogna tener
presente i
seguenti aspetti.
■ Con i parenti stretti bisogna lavorare a lunga scadenza. Essi sono spesso le
persone più dure e più critiche. I parenti non solo sono
spiritualmente ciechi, ma spesso sono coloro che avversano di più i discepoli,
che vogliono essere coerenti con la santa chiamata di Cristo; anche con Gesù i
suoi parenti non sono andati per il sottile, quando Egli antepose la volontà di
Dio alla loro e la chiamata divina agli interessi familiari. Quindi verso di
loro bisogna usare proprio tutto il frutto dello Spirito (Gal 5), e altresì
coerenza di condotta e chiarezza. Spesso essi non credono che abbiamo «imparato,
per quanto concerne la... condotta di prima, a spogliare... [noi stessi]
del vecchio uomo, che si corrompe seguendo le passioni ingannatrici» e che
siamo veramente rinnovati nello spirito della nostra mente e abbiamo rivestito
l’uomo nuovo (Ef 4,22ss). I seguaci di Cristo sono, per certi aspetti, i
«sorvegliati speciali» dei parenti increduli, e questi ultimi si esercitano a
mettere sotto il naso dei credenti ogni pur piccolo errore o piccola debolezza.
Per questo i discepoli di Cristo devono avere «una buona condotta fra
i pagani» e praticare «buone opere» (1 Pt 2,12). Essi devono essere
specialmente «d’esempio... nel parlare, nella condotta, nell’amore, nella
fede, nella castità» (1 Tm 4,12) e mostrare una condotta santa (1 Pt 1,15s;
2 Pt 3,11). L’intelligenza del credente sta nel mostrare, specialmente in
famiglia, «con la buona condotta le sue opere in
mansuetudine di sapienza» (Gcm 3,13), quindi con accortezza. Ciò vale
quando una donna si converte, avendo un marito incredulo (1 Pt 3,1s); ciò vale
anche per qualunque credente in un ambiente di pagani o increduli (vv. 15s).
■ I doveri di figlio rimangono. È scritto: «Se uno non provvede ai
suoi, e principalmente a quelli di casa sua, ha rinnegato la fede ed è peggiore
dell’incredulo» (1 Tm 5,8). Si noti che qui si parla dei doveri d’un
credente verso i suoi familiari altresì credenti (in particolare la vedova
credente). In ogni modo, anche Gesù ingiunse d’onorare padre e madre, ossia
praticamente facendosi carico di loro (Mt 15,4); e lo stesso fece l’apostolo
Paolo (Ef 6,2). Sulla croce Gesù fece il suo dovere di figlio e affidò al suo
discepolo Giovanni l’incombenza di provvedere per le necessità di base di sua
madre; ed è scritto: «E da quel momento, il discepolo la prese in casa sua»,
ossia se ne fece carico fino alla sua morte (Gv 19,26s). Tali doveri di figlio
adulto, che è chiamato a provvedere per i suoi genitori, non significano però
che sul piano morale e spirituale bisogna fare ciò che vogliono i genitori.
■ È evidente che Satana userà sempre di nuovo le persone più care per
farci deviare dal cammino. Se gli stretti familiari di Gesù lo credevano
probabilmente fuori di senno ed erano andati a prenderselo, farà altrettanto
oggigiorno per screditare i discepoli e il messaggio di Gesù.
■ Anche Gesù fu posto dinanzi a una scelta e disse: «Chi è mia madre,
e chi sono i miei fratelli?» (Mt 12,48). Egli identificò la sua nuova
famiglia con i suoi discepoli (v. 49), adducendo questa motivazione: «Poiché
chiunque avrà fatta la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli mi è fratello
e sorella e madre» (v. 50); Gesù intendeva «quelli che ascoltano la
parola di Dio e la mettono in pratica» (Lc 8,21).
Ciò vale anche per ogni vero discepolo: fintantoché non capirà che la «famiglia
del Signore» è più importante di quella naturale, non potrà alzare più di tanto
la «mongolfiera» della sua vita, a causa della zavorra che lo trattiene.
■ Gesù portando nel giudaismo (e nell’umanità) l’Evangelo del regno, disse: «Non
sono venuto a mettere pace, ma spada» (Mt 10,34). E mise i suoi seguaci in
guardia: «I nemici dell’uomo saranno quelli stessi di casa sua»
(v. 36). È quindi una pia illusione che i propri parenti increduli si
comporteranno diversamente; infatti il diavolo userà particolarmente loro, che
ci conoscono, come spranga per scardinare la nostra vita.
■ Dobbiamo onorare padre e madre, ma non dobbiamo permettere loro di
distoglierci dal cammino dietro a Cristo. Chi antepone i doveri filiali a
quelli di discepolo, non è degno di Cristo (Mt 8,21s). Perciò Gesù pose coloro,
che lo volevano seguire, dinanzi a una scelta di base: «Chi ama padre
o madre più di me, non è degno di me; e chi ama figlio o figlia più di me, non è
degno di me; e chi non prende la sua croce e non viene dietro a me, non è degno
di me» (Mt 10,37s).
■ I discepoli di Cristo fanno bene a tenere una giusta distanza (e
vicinanza) verso genitori, famiglia e parenti. Gesù «morì per tutti, affinché
quelli che vivono non vivano più per loro stessi, ma per colui che è morto e
risuscitato per loro. Talché, da ora in poi, noi non conosciamo più alcuno
secondo la carne» (2 Cor 5,15s). Sebbene i legami familiari rimangono, per i
credenti non costituiscono più una dipendenza. I seguaci del Messia sono oramai
una «nuova creazione»: il vecchio è sostituito dal nuovo (v. 17).
■ Per un discepolo di Cristo che cosa deve avere più urgenza: i doveri di
figlio o quelli di servo di Dio? Gesù non lasciò dubbi. A chi voleva prima
seppellire il padre — probabilmente aspettando che prima morisse — per poi
seguire Gesù, Egli gli mise dinanzi l’urgenza dell’annuncio del regno di Dio (Lc
9,59s). A chi voleva accomiatarsi prima debitamente da quelli di casa sua —
rischiando di farsi convincere altrimenti — Gesù disse: «Nessuno che abbia
messo la mano all’aratro e poi riguardi indietro, è adatto al regno di Dio»
(vv. 61s).
Da tutto ciò
consegue che convertirsi a Cristo, significa anche convertirsi dai
propri familiari, se sono increduli. I propri parenti possono essere, a volte,
per i discepoli di Cristo una grande fonte di pericolo per la coerenza nella
sequela (faccio notare che, a volte, anche i genitori credenti sono un
ostacolo al ministero a pieno tempo per il Signore, sebbene ci sia una chiara
vocazione!). La mancanza di chiarezza di fede e di coerenza di condotta
nel cristiano non solo porteranno a fraintendimenti, a sospetti e a
incomprensioni da parte dei parenti, ma impediranno ai credenti di essere
veramente una testimonianza per i loro familiari. Questi ultimi sono in genere i
giudici più implacabili e gli ostacoli più raffinati a una fede coerente. Solo
chi ha preso una sana distanza dai suoi parenti, potrà veramente servire
Dio in piena libertà e li potrà evangelizzare in modo obiettivo e coerente.
3. Altre considerazioni
{Innocenzo Palmita, ps.}
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Caro Nicola,
innanzitutto grazie per il supporto che mi hai fornito con il tuo articolo. A
volte mi sento solo e affronto questi momenti con la preghiera. Non è sempre
facile, stare lontano dal sostegno dei fratelli ma Cristo passo dopo passo mi
sta dimostrando tutto il suo amore. Quanto ai miei genitori, non sono del
tutto ostili al fatto che abbia scelto di seguire nostro Signore. Certo molte
mie scelte non le condividono (ti ricorderai il problema con la mia ex-ragazza)
e su questo sorgono molti scontri. Poiché loro da cristiani all’acqua di rose,
non riescono a capire che un seguace di Cristo deve essere integerrimo e
incorruttibile ogni giorno e in ogni scelta.
Per farti capire, la mentalità (per fortuna non della mia famiglia) d’alcune
persone ti racconto un evento. Un giorno due signore, amiche da tempo,
s’incontrano al mercato. Una fa all’altra: «Sei diventata evangelica! E come è
potuto succedere…?!». Io facevo da spettatore ed ero quasi annichilito, poiché
l’altra signora credente era atterrita dallo stupore dettato dall’ignoranza e
dal pregiudizio. Ricordo che, alla fine, alzò i tacchi e la lasciò lì a parlare
da sola.
Questo piccolo aneddoto delinea un po’ lo stato d’animo di chi crede a un certo
«sistema». Mi sia permessa una breve divagazione: io, pur essendo stato
cattolico, mi preoccuperei di quelli che baciano le statue o che credono alle
visioni di santi o madonne.
Tornando però al tema, voglio farti capire perché a volte la mia calma è messa
a dura prova. Un giorno, ero per i fatti miei a leggere, quando sentii mia
madre che mi chiamava. Ad un certo punto (consigliata da mio fratello, agnostico
in erba), mi dice: «Mosè vide Dio (= teofania), ma chi lo dice che non era
invece Satana?». Non mi soffermo a illustrare la mia risposta, ma devo dire che
spesso trovano qualunque argomento per mettere a dura prova la mia fede, anche
con domande banali come questa. Te ne potrei elencare a migliaia, ma ti posso
assicurare che, anziché scalfire la mia fede, la rafforzano sempre di più.
Non posso che ringraziarti per le parole di sostegno, che servono a vivificare
la mia fede. Per quanto riguarda il mio cammino, non posso che ricordare che
anche Gesù era odiata in casa sua (Matteo 13,57); e quindi continuo a
perseverare, come ci sta scritto nelle Sacre Scritture: «Gesù allora
disse a quei Giudei che avevano creduto in lui: “Se perseverate nella mia
parola, siete veramente miei discepoli”» [Gv 8,31]. {16 novembre 2009}
►
Dolori di crescita fra carne e Spirito
{Nicola Martella} (D)
►
Problemi di crescita d’un credente novello
{Nicola Martella} (D)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Parenti_avversano_cristiano_EdF.htm
02-09-2009; Aggiornamento: 19-11-2009
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