1. ENTRIAMO
IN TEMA:
Non ho nulla contro chi saluta il prossimo con «pace!», né tento
meno contro chi lo fa con me. Augurare del bene al prossimo, è sempre positivo.
Ho qualche problema con chi afferma che «pace!» sarebbe il saluto biblico, e
cioè l’unico veramente valido, e che, quindi, bisognerebbe usarlo assolutamente.
Chi non lo usa, sarebbe in qualche modo poco biblico, se non addirittura fuori
dottrina.
Perciò, non è mia intenzione polemizzare qui con chi usa il saluto «pace!». Per
me ognuno può usare il saluto, che più ritiene opportuno nel suo ambiente,
secondo la sua indole e la sua provenienza culturale e fideistica, basta che
rientri nel canone delle cose onorevoli (Fil 4,8). Chi saluta con «pace!», non
ha di più degli altri; chi non lo usa, non ha di meno.
Nella seguente analisi ci limitiamo al NT, essendo che ci interessa
sapere soltanto se «pace!» sia il saluto cristiano. Nell’AT troviamo una realtà
molto articolata e variegata, a seconda dei tempi, dei luoghi e delle
circostanze. Per una corretta analisi bisogna soltanto
limitarsi al saluto «pace (a te, a voi)!».
2. AUGURARE
PACE E DINTORNI:
Chiaramente nel NT esiste il saluto «pace!», molto usuale nel giudaismo,
ma meno di quanto ci si possa aspettare nel NT. Troviamo
eirḗnē soi «pace
a te!» (solo in 3 Gv 1,15) ed eirḗnē hymĩn
«pace a voi!». È solo di questi imperativi, usati per il saluto,
che si può fare conto per una corretta analisi; sarebbe qui fuorviante usare
altri brani, in cui si parla di pace (p.es. Gv 14,27; Ef 2,17).
Gli Evangeli non ci riportano nessun caso, in cui Gesù avesse usato il saluto
«pace (a te, a voi)!», mentre era in vita. Egli lo usò
solo dopo la sua risurrezione e lo rivolse ai suoi apostoli in una specifica
situazione, in cui essi erano nel lutto e nella costernazione (Lc 24,36; Gv
20,19s.26). Inoltre, Pietro, scrivendo ai Giudei cristiani augurò loro quanto
segue: «Pace a voi tutti, che siete in Cristo»
(1 Pt 5,14).
Nelle lettere troviamo altri tipi di saluti, ad esempio: «Grazia
a voi e pace
da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo»
(Rm 1,7; 1 Cor 1,3; 2 Cor 1,2; Gal 1,3; Ef 1,2; Fil 1,2; Col 1,2; 1 Ts 1,1; 2 Ts
1,2; Flm 1,3; cfr. Ap 1,4). Come si vede, l’enfasi maggiore sta sulla grazia
(accentuazione per posizione), il cui efflusso è la pace. Questa priorità si
trova anche qui: «Grazia e pace vi siano moltiplicate» (1
Pt 1,2); e qui: «Grazia e pace vi siano moltiplicate
nella conoscenza di Dio e di Gesù, il nostro Signore»
(2 Pt 1,2). Leggiamo pure: «Misericordia, pace e amore vi siano
moltiplicati!» (Gd 1,2).
Come si vede, il saluto «pace (a te, a voi)!» è statisticamente
bassissimo. Il saluto
«grazia a voi e pace…» è quello più ricorrente. Onestamente, oggigiorno, chi è
abituato a usare un tale saluto così o nella sua formula completa?
3. SALVE O
SALUTE:
Qui di seguito mi limito a mostrare che nel NT ci sono altri tipi
legittimi di saluto, che i cristiani rivolgevano gli uni agli altri. Gli apostoli e gli anziani con tutta la chiesa «scrissero
così…: “Gli apostoli e i fratelli anziani, ai fratelli di fra i Gentili, che
sono in Antiochia, in Siria e in Cilicia, salute…”»
(At 15,23). In greco troviamo qui chaírein (pres. inf. att., usato come
l’imp.); il verbo chaírō intende «rallegrarsi, essere contento; stare
bene, prosperare; compiacersi, felicitarsi; nelle lettere intende «salutare»,
ossia augurare salute (o prosperità)». Quindi tale saluto corrispondeva al
nostro «salve!», «salute [a te, a voi]!», «stammi bene!».
Questo tipo di saluto non di differenziava da quello che il tribuno romano mandò
al procuratore Felice: «Claudio Lisia, all’eccellentissimo governatore
Felice, salute» (At 23,26).
Perciò, quando gli scrittori del NT salutavano i loro destinatari o altri,
intendevano augurare loro salute. Ora, si potrebbe dire che la chiesa di
Gerusalemme scrisse così, perché si rivolgevano a credenti gentili e che tra
cristiani giudei si sarebbero salutati diversamente. Si noti che Giacomo,
scrivendo a Giudei cristiani, iniziò la sua lettera così: «Giacomo, servo di
Dio e del Signore Gesù Cristo, alle dodici tribù, che sono disperse nel mondo.
Salute!» (Gcm 1,1).
Qualcuno può obiettare che tale saluto si usasse solo per lettera, ma non nella
quotidianità. Un altro Giudeo, l’apostolo Giovanni, scriveva letteralmente: «Se
qualcuno viene a voi e non reca questa dottrina, non ricevetelo in casa e non
ditegli: “Salute!” [chaírein autõ mḕ léghete].
Infatti chi gli dice: “Salute!” [ho légōn autõ
chaírein], partecipa alle sue opere malvagie»
(2 Gv 1,10).
Si noti che la summenzionata lettera della chiesa di
Gerusalemme si concluse così: «State sani!» o «State bene!»
(v. 29); èrrōsthe
è il pf. imp. med. di rhṓnnumai «fortificare, rinforzare; prosperare».
Ancora oggigiorno ci si congeda con l’augurio «Statevi bene!».
4.
APPROFONDIMENTI:
Gesù, mandando i suoi discepoli in breve missione, ingiunse loro: «E
quando entrerete nella casa, salutatela» (aspázomai;
Mt 10,12). Qui Gesù non specificò quale fosse il saluto. Affermò soltanto
che la presenza dei discepoli avrebbe portato pace nella casa delle persone
degne (v. 13). Fu Luca a riportarci il tipo di saluto giudaico: «Pace
a questa casa!» (Lc 10,4).
Gesù aggiunse che scribi e farisei amavano i
saluti (sg.
aspasmós) nelle piazze, ma non specificò quale;
forse era proprio «Rabbì!» (Mt 23,7). Con molta probabilità, però, era lo
stesso che Giuda usò nel salutare Gesù nel Getsemani: «Ti saluto,
Rabbì!»,
dandogli anche un lungo bacio (Mt 26,49; chaĩre
«sii salutato!, salute!, salve a te!»; pres. imp. att. 2a
sg.). Gesù stesso, dopo la resurrezione lo usò, salutando le donne: «Vi
saluto!» (Mt 28,9; chaírete
«siate salutate!, salute!, salve a voi!»; pres. imp. att. 2a
sg.). Questo era il modo di salutarsi fra i seguaci di Gesù e con Gesù stesso;
tale saluto corrispondeva all’incirca al nostro «ciao!».
Quando le guardie si fecero beffe di Gesù, «cominciarono a salutarlo:
“Salve [o salute], Re dei Giudei”» (Mc
15,18; chaĩre).
Quindi, il saluto di Gesù e dei discepoli, non si differenziava da quello degli
altri.
«Salve (o salute)» (gr.
chaĩre)
fu usato anche dal messo celeste con Maria (Lc 1,28).
Nelle epistole del NT c’è la realtà del saluto o l’ingiunzione a salutare (aspázomai)
persone specifiche, ma in genere non è riportato il tipo di saluto (cfr. Rm
16,3-16.21ss; 1 Cor 16,19ss; 2 Cor 13,12; Fil 4,21s; Col 4,10-15.18; 2 Ts 3,17;
2 Tm 4,19.21; Tt 3,15; Flm 1,23s; Eb 13,24; 1 Pt 5,13; 2 Gv 1,13; 3 Gv 1,14), se
non la formula augurale di cui abbiamo parlato sopra («Grazia a voi e pace…»).
Sappiamo soltanto che il saluto reciproco dei fratelli poteva essere
accompagnato da un «santo bacio» (Rm 16,16; 2 Cor 13,12; 1 Ts 5,26) o «bacio
d’amore fraterno» (1 Pt 5,14); allora il saluto era solo tra persone dello
stesso sesso, a meno che non c’era una diretta parentela.
Come abbiamo visto, in alcune epistole il saluto era proprio questo: «Salute!»
(Gcm 1,1). Giovanni salutò Gaio, augurandogli «che in ogni cosa tu
stia bene e sia sano così, come sta bene l’anima tua»
(3 Gv 1,2; euodóomai lett. «avere una buona via»;
hyghiaínō «essere
sano o in buona salute»); in pratica è una
perifrasi esplicativa del normale «Salute!».
5. ASPETTI
CONCLUSIVI: Sinceramente, oggigiorno, chi è
abituato, entrando in una casa qualsiasi, a dire subito: «Pace
a questa casa!»?. Oppure, salutando i
credenti: «Pace a voi tutti, che siete in Cristo».
O anche: «Grazia e pace vi siano moltiplicate…». O addirittura: «Grazia
a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo».
E così via.
Come abbiamo visto sopra, il saluto «pace (a te, a voi)!» è statisticamente
bassissimo nel NT, mentre il saluto «grazia a voi e pace…» è quello più
ricorrente. Sinceramente, chi usa oggigiorno un tale saluto così o nella sua
formula integrale?
Abbiamo visto pure che il saluto «salve!» o «salute!» era molto
diffuso al tempo di Gesù e degli apostoli e molto ricorrente nel NT.
Ecco un’analogia scritturale per questioni legate alla cultura religiosa
d’appartenenza e alla libertà di coscienza. Come non bisogna
contristare o perdere un fratello per un cibo (Rm 14,15), non bisogna
farlo neppure per un saluto. Ciò, che si crede di avere come privilegio, non
deve diventare un orgoglioso strumento di biasimo verso un fratello (v. 16).
Come «il regno di Dio non consiste in vivanda né
in bevanda» (v. 17), non consiste neppure
in saluti formali, a cui ci si è abituati, ma esso «è giustizia, pace e
allegrezza nello Spirito Santo». La questione non è se dire «pace!» o meno,
per piacere a Dio, ma che i credenti cerchino le cose, che «contribuiscono
alla pace e alla mutua edificazione» (v. 19). Paradossalmente, come per
mantenere la propria ragione, si rischiava di «disfare, per un cibo, l’opera
di Dio», ponendo un intoppo dinanzi all’altro fratello (vv. 20s), similmente
ciò può anche avvenire con l’insistenza su un certo saluto, ritenuto «biblico» e
coercitivo per tutti. Valga qui la seguente esortazione, applicabile a tutte le
questioni di coscienza, in cui la Scrittura non dà un comando specifico: «Tu,
la convinzione, che hai, serbala per te stesso dinanzi a Dio. Beato colui che
non condanna se stesso in quello, che approva» (v. 22). Ma guai a pretendere
che la nostra convinzione, in cose del genere, debba essere coercitiva anche per
gli altri fratelli (v. 23), ponendo inutili intoppi sul loro cammino di fede
(cfr. v. 21).
►
«Pace!» è il saluto cristiano? Parliamone {Nicola Martella} (T)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Pace_saluto_UnV.htm
02-07-2014; Aggiornamento: 04-07-2014 |