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«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Le diversità possono essere una risorsa oppure diventano un problema.
 Ecco le parti principali:
■ Entriamo in tema (il problema)
■ Uniti nella verità
■ Le diversità quale risorsa
■ Le diversità e le divisioni
■ Aspetti connessi.
 
Il libro è adatto primariamente per conduttori di chiesa, per diaconi e per collaboratori attivi; si presta pure per il confronto fra leader e per la formazione dei collaboratori. È un libro utile per le «menti pensanti» che vogliano rinnovare la propria chiesa, mettendo a fuoco le cose essenziali dichiarate dal NT.

 

Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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«PACE!» È IL SALUTO CRISTIANO?

 

 di Nicola Martella

 

1. ENTRIAMO IN TEMA: Non ho nulla contro chi saluta il prossimo con «pace!», né tento meno contro chi lo fa con me. Augurare del bene al prossimo, è sempre positivo. Ho qualche problema con chi afferma che «pace!» sarebbe il saluto biblico, e cioè l’unico veramente valido, e che, quindi, bisognerebbe usarlo assolutamente. Chi non lo usa, sarebbe in qualche modo poco biblico, se non addirittura fuori dottrina.

     Perciò, non è mia intenzione polemizzare qui con chi usa il saluto «pace!». Per me ognuno può usare il saluto, che più ritiene opportuno nel suo ambiente, secondo la sua indole e la sua provenienza culturale e fideistica, basta che rientri nel canone delle cose onorevoli (Fil 4,8). Chi saluta con «pace!», non ha di più degli altri; chi non lo usa, non ha di meno.

     Nella seguente analisi ci limitiamo al NT, essendo che ci interessa sapere soltanto se «pace!» sia il saluto cristiano. Nell’AT troviamo una realtà molto articolata e variegata, a seconda dei tempi, dei luoghi e delle circostanze. Per una corretta analisi bisogna soltanto limitarsi al saluto «pace (a te, a voi)!».

 

2. AUGURARE PACE E DINTORNI: Chiaramente nel NT esiste il saluto «pace!», molto usuale nel giudaismo, ma meno di quanto ci si possa aspettare nel NT. Troviamo eirḗnē soi «pace a te!» (solo in 3 Gv 1,15) ed eirḗnē hymĩn «pace a voi!». È solo di questi imperativi, usati per il saluto, che si può fare conto per una corretta analisi; sarebbe qui fuorviante usare altri brani, in cui si parla di pace (p.es. Gv 14,27; Ef 2,17).

     Gli Evangeli non ci riportano nessun caso, in cui Gesù avesse usato il saluto «pace (a te, a voi)!», mentre era in vita. Egli lo usò solo dopo la sua risurrezione e lo rivolse ai suoi apostoli in una specifica situazione, in cui essi erano nel lutto e nella costernazione (Lc 24,36; Gv 20,19s.26). Inoltre, Pietro, scrivendo ai Giudei cristiani augurò loro quanto segue: «Pace a voi tutti, che siete in Cristo» (1 Pt 5,14).

     Nelle lettere troviamo altri tipi di saluti, ad esempio: «Grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo» (Rm 1,7; 1 Cor 1,3; 2 Cor 1,2; Gal 1,3; Ef 1,2; Fil 1,2; Col 1,2; 1 Ts 1,1; 2 Ts 1,2; Flm 1,3; cfr. Ap 1,4). Come si vede, l’enfasi maggiore sta sulla grazia (accentuazione per posizione), il cui efflusso è la pace. Questa priorità si trova anche qui: «Grazia e pace vi siano moltiplicate» (1 Pt 1,2); e qui: «Grazia e pace vi siano moltiplicate nella conoscenza di Dio e di Gesù, il nostro Signore» (2 Pt 1,2). Leggiamo pure: «Misericordia, pace e amore vi siano moltiplicati!» (Gd 1,2).

     Come si vede, il saluto «pace (a te, a voi)!» è statisticamente bassissimo. Il saluto «grazia a voi e pace…» è quello più ricorrente. Onestamente, oggigiorno, chi è abituato a usare un tale saluto così o nella sua formula completa?

 

3. SALVE O SALUTE: Qui di seguito mi limito a mostrare che nel NT ci sono altri tipi legittimi di saluto, che i cristiani rivolgevano gli uni agli altri.

     Gli apostoli e gli anziani con tutta la chiesa «scrissero così…: “Gli apostoli e i fratelli anziani, ai fratelli di fra i Gentili, che sono in Antiochia, in Siria e in Cilicia, salute…”» (At 15,23). In greco troviamo qui chaírein (pres. inf. att., usato come l’imp.); il verbo chaírō intende «rallegrarsi, essere contento; stare bene, prosperare; compiacersi, felicitarsi; nelle lettere intende «salutare», ossia augurare salute (o prosperità)». Quindi tale saluto corrispondeva al nostro «salve!», «salute [a te, a voi]!», «stammi bene!».

     Questo tipo di saluto non di differenziava da quello che il tribuno romano mandò al procuratore Felice: «Claudio Lisia, all’eccellentissimo governatore Felice, salute» (At 23,26).

     Perciò, quando gli scrittori del NT salutavano i loro destinatari o altri, intendevano augurare loro salute. Ora, si potrebbe dire che la chiesa di Gerusalemme scrisse così, perché si rivolgevano a credenti gentili e che tra cristiani giudei si sarebbero salutati diversamente. Si noti che Giacomo, scrivendo a Giudei cristiani, iniziò la sua lettera così: «Giacomo, servo di Dio e del Signore Gesù Cristo, alle dodici tribù, che sono disperse nel mondo. Salute!» (Gcm 1,1).

     Qualcuno può obiettare che tale saluto si usasse solo per lettera, ma non nella quotidianità. Un altro Giudeo, l’apostolo Giovanni, scriveva letteralmente: «Se qualcuno viene a voi e non reca questa dottrina, non ricevetelo in casa e non ditegli: “Salute!” [chaírein autõ mḕ léghete]. Infatti chi gli dice: “Salute!” [ho légōn autõ chaírein], partecipa alle sue opere malvagie» (2 Gv 1,10).

     Si noti che la summenzionata lettera della chiesa di Gerusalemme si concluse così: «State sani!» o «State bene!» (v. 29); èrrōsthe è il pf. imp. med. di rhṓnnumai «fortificare, rinforzare; prosperare». Ancora oggigiorno ci si congeda con l’augurio «Statevi bene!».

 

4. APPROFONDIMENTI: Gesù, mandando i suoi discepoli in breve missione, ingiunse loro: «E quando entrerete nella casa, salutatela» (aspázomai; Mt 10,12). Qui Gesù non specificò quale fosse il saluto. Affermò soltanto che la presenza dei discepoli avrebbe portato pace nella casa delle persone degne (v. 13). Fu Luca a riportarci il tipo di saluto giudaico: «Pace a questa casa!» (Lc 10,4).

     Gesù aggiunse che scribi e farisei amavano i saluti (sg. aspasmós) nelle piazze, ma non specificò quale; forse era proprio «Rabbì!» (Mt 23,7). Con molta probabilità, però, era lo stesso che Giuda usò nel salutare Gesù nel Getsemani: «Ti saluto, Rabbì!», dandogli anche un lungo bacio (Mt 26,49; chaĩre «sii salutato!, salute!, salve a te!»; pres. imp. att. 2a sg.). Gesù stesso, dopo la resurrezione lo usò, salutando le donne: «Vi saluto!» (Mt 28,9; chaírete «siate salutate!, salute!, salve a voi!»; pres. imp. att. 2a sg.). Questo era il modo di salutarsi fra i seguaci di Gesù e con Gesù stesso; tale saluto corrispondeva all’incirca al nostro «ciao!».

     Quando le guardie si fecero beffe di Gesù, «cominciarono a salutarlo: “Salve [o salute], Re dei Giudei”» (Mc 15,18; chaĩre). Quindi, il saluto di Gesù e dei discepoli, non si differenziava da quello degli altri.

     «Salve (o salute)» (gr. chaĩre) fu usato anche dal messo celeste con Maria (Lc 1,28).

     Nelle epistole del NT c’è la realtà del saluto o l’ingiunzione a salutare (aspázomai) persone specifiche, ma in genere non è riportato il tipo di saluto (cfr. Rm 16,3-16.21ss; 1 Cor 16,19ss; 2 Cor 13,12; Fil 4,21s; Col 4,10-15.18; 2 Ts 3,17; 2 Tm 4,19.21; Tt 3,15; Flm 1,23s; Eb 13,24; 1 Pt 5,13; 2 Gv 1,13; 3 Gv 1,14), se non la formula augurale di cui abbiamo parlato sopra («Grazia a voi e pace…»). Sappiamo soltanto che il saluto reciproco dei fratelli poteva essere accompagnato da un «santo bacio» (Rm 16,16; 2 Cor 13,12; 1 Ts 5,26) o «bacio d’amore fraterno» (1 Pt 5,14); allora il saluto era solo tra persone dello stesso sesso, a meno che non c’era una diretta parentela.

     Come abbiamo visto, in alcune epistole il saluto era proprio questo: «Salute!» (Gcm 1,1). Giovanni salutò Gaio, augurandogli «che in ogni cosa tu stia bene e sia sano così, come sta bene l’anima tua» (3 Gv 1,2; euodóomai lett. «avere una buona via»; hyghiaínō «essere sano o in buona salute»); in pratica è una perifrasi esplicativa del normale «Salute!».

 

5. ASPETTI CONCLUSIVI: Sinceramente, oggigiorno, chi è abituato, entrando in una casa qualsiasi, a dire subito: «Pace a questa casa!»?. Oppure, salutando i credenti: «Pace a voi tutti, che siete in Cristo». O anche: «Grazia e pace vi siano moltiplicate…». O addirittura: «Grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo». E così via.

     Come abbiamo visto sopra, il saluto «pace (a te, a voi)!» è statisticamente bassissimo nel NT, mentre il saluto «grazia a voi e pace…» è quello più ricorrente. Sinceramente, chi usa oggigiorno un tale saluto così o nella sua formula integrale?

     Abbiamo visto pure che il saluto «salve!» o «salute!» era molto diffuso al tempo di Gesù e degli apostoli e molto ricorrente nel NT.

     Ecco un’analogia scritturale per questioni legate alla cultura religiosa d’appartenenza e alla libertà di coscienza. Come non bisogna contristare o perdere un fratello per un cibo (Rm 14,15), non bisogna farlo neppure per un saluto. Ciò, che si crede di avere come privilegio, non deve diventare un orgoglioso strumento di biasimo verso un fratello (v. 16). Come «il regno di Dio non consiste in vivanda né in bevanda» (v. 17), non consiste neppure in saluti formali, a cui ci si è abituati, ma esso «è giustizia, pace e allegrezza nello Spirito Santo». La questione non è se dire «pace!» o meno, per piacere a Dio, ma che i credenti cerchino le cose, che «contribuiscono alla pace e alla mutua edificazione» (v. 19). Paradossalmente, come per mantenere la propria ragione, si rischiava di «disfare, per un cibo, l’opera di Dio», ponendo un intoppo dinanzi all’altro fratello (vv. 20s), similmente ciò può anche avvenire con l’insistenza su un certo saluto, ritenuto «biblico» e coercitivo per tutti. Valga qui la seguente esortazione, applicabile a tutte le questioni di coscienza, in cui la Scrittura non dà un comando specifico: «Tu, la convinzione, che hai, serbala per te stesso dinanzi a Dio. Beato colui che non condanna se stesso in quello, che approva» (v. 22). Ma guai a pretendere che la nostra convinzione, in cose del genere, debba essere coercitiva anche per gli altri fratelli (v. 23), ponendo inutili intoppi sul loro cammino di fede (cfr. v. 21).

 

«Pace!» è il saluto cristiano? Parliamone {Nicola Martella} (T)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Pace_saluto_UnV.htm

02-07-2014; Aggiornamento: 04-07-2014

 

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