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1.
Entriamo in tema
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2. Il
travaglio in Germania
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3. Il
travaglio a casa mia
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4.
Dalla reazione all’azione
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5. Libero è
chi concede libertà
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6. Aspetti
conclusivi |
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1.
ENTRIAMO IN TEMA:
Qui di seguito non voglio parlare delle doglie avute da Mariam di Nazaret,
quando partorì il suo primogenito (Lc 2,5ss). Ma del «travaglio» che abbiamo noi
cristiani col natale, sia che ne seguiamo la tradizione, sia che la osteggiamo —
praticando l’uno o l’altro comportamento per convinzione, per convenzione o per
partito preso.
Anticipiamo il fatto che cristiani dello stesso movimento danno
risposte più o meno differenti, a seconda che si trovino in Italia o
all’estero o addirittura in due zone differenti della stessa nazione.
La situazione italiana viene gravata anche dal fatto che i movimenti
evangelici, nati con Risveglio dell’Ottocento, essendo perlopiù osteggiati e
perseguitati da parte della denominazione dominante, si posero in modo
critico e antagonista rispetto a tutto ciò che veniva praticato nel
cattolicesimo. I credenti evangelici del nord Europa (maggioranza
protestante) e dell’est europeo (maggioranza ortodossa), avendo avuto
un’altra storia e un altro tipo di rapporto verso la denominazione lì
dominante, hanno sviluppato un altro atteggiamento verso le stesse cose,
come ad esempio il natale.
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2.
IL TRAVAGLIO IN GERMANIA:
Per capire come il natale sia stato un grande problema nella mia vita,
bisogna prima seguire i miei sviluppi nell’infanzia e come essi hanno poi
condizionato e reso drammatico il mio incontro con una realtà evangelica
tedesca molto differente da quella conosciuta precedentemente, in cui i
«fronti» erano chiari: c’era la tradizione cattolica e l’antagonismo
evangelico.
Quando ero bambino, mio padre a natale tornava a casa dalla Germania con le
valigie piene di cioccolate e doni e tale periodo era per noi una festa di
famiglia. Sebbene come famiglia fossimo abbastanza critici verso il clero
per fatti di storia familiare e politica (ma non verso la fede in Dio),
facevamo il presepe. Qualche volta andai anch’io a baciare il «Bambinello»,
quando il prete lo presentava ai fedeli. Cercavo Dio con serietà. Quando mi
feci la prima comunione, ero solo. Un giorno raccolsi dei gigli dei campi e
li volevo portare alla «Madonna». Il sacrestano e quanti erano con lui mi
presero in giro, dicendo anche con sarcasmo che la «Madonna» voleva i gigli
veri non quell’erbaccia. Pensai, ecco la religione dominante è qualcosa
per «borghesi», non per noi «proletari» e povera gente.
Un giorno trovai un trattato per strada e conobbi così il messaggio
dell’Evangelo, feci una serie di corsi per corrispondenza e approfondii la
mia conoscenza della verità. Avevo circa dodici anni, quando accettai Gesù
quale Salvatore e Signore. Solo in seguito conobbi gli evangelici.
Essendo essi una minoranza e avendo subito varie angherie da parte del clero
locale, il loro atteggiamento era di pieno contrasto verso la denominazione
dominante. Certo avevano ragione riguardo al «Bambinello» di gesso o di
legno, che la gente andava a baciare: era idolatria. Per estensione si
rifiutava il natale come «festa pagana». Il natale veniva semplicemente
rimosso. Ricevere gli auguri di natale era sentito quasi come un affronto;
in ogni modo si preferiva rifiutarli. Il periodo di natale diventava un «non
tempo», qualcosa da rimuovere. Gli argomenti contro il natale erano quelli
classici. E pensavo che tutti gli evangelici del mondo avessero gli stessi e
non festeggiassero il natale. Se qualche chiesa evangelica avesse mai
festeggiato il natale, non poteva essere «giusta». Con questi
pensieri me ne andai via di casa a 15 anni e nelle Marche non avevo una
chiesa evangelica che mi aiutasse a chiarire questa problematica. Avevo la
Bibbia. Per il resto mi attenevo a quanto mi era stato inculcato.
Quando da giovanotto mi recai in Germania, mi dovetti confrontare con
un’altra realtà. Nello stesso locale si incontrava la chiesa ospitante,
quella tedesca, e la chiesa italiana. Quest’ultima era come quella che
conoscevo in Italia, ossia contro il natale, quella tedesca si incontrava la
sera del 24 dicembre per fare un culto natalizio. Con i pregiudizi
anticattolici che mi portavo dentro in modo viscerale, mi sono subito
chiesto se questi «strani» cristiani, che festeggiavano il natale, fossero
veramente credenti, o se non avessero ormai assunto una mentalità del
mondo. Sì, i tedeschi erano un po’ freddi per noi mediterranei, ma
per il resto la Parola era predicata biblicamente, avevano la «sana
dottrina», facevano opere di bene e, pur essendo un centinaio, sostenevano
7-8 missionari. Ma come si accordava tutto ciò col festeggiamento del natale
che, come mi era stato inculcato, era una festa pagana cristianamente
adattata? Al riguardo il mio disagio era grande, ma finché stavo con gli
Italiani il problema era contenuto: strani cristiani evangelici tedeschi!
Sì, anche nell’innario italiano c’era «Notte benigna, notte tranquilla…», ma
noi non lo cantavamo né in Italia né in Germania.
Il problema si acuì, quando mi fidanzai con una ragazza tedesca. Arrivato
natale, tutta la sua famiglia si radunò in salotto. Furono cantati inni
natalizi, diversi pregarono e ringraziarono per la nascita di Gesù, il
capofamiglia fece leggere un brano sulla natività e diede un breve pensiero,
qualcuno lesse o una storia natalizia o una poesia… Io tacevo, assistevo a
tutto con incredulità e disagio: era tutto bello, ma dovevo
rimuoverlo perché era una ricorrenza pagana cristianizzata! C’era
addirittura l’albero di natale! Poi si scambiarono reciprocamente dei doni,
ce n’era anche uno per me. Per me era un altro mondo: per certi aspetti mi
attraeva (anche senza ammetterlo?), per altri aspetti mi metteva a disagio:
non ero abitato, avevo la coscienza sporca che stavo facendo qualcosa di
sbagliato verso il Signore. Non trovavo nessuna sintesi: tutto era troppo
radicato nelle mie viscere.
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3.
IL TRAVAGLIO A CASA MIA:
La storia natalizia all’interno del mio matrimonio e della mia famigliola
può mostrare in modo esemplare che cosa può succedere, quando due
convinzioni e due tradizioni vengono a incontrarsi e, purtroppo, a
scontrarsi.
Una volta sposati, il nostro contesto divenne per i primi anni quello delle
chiese italiane in Germania; come si sa, una enclave tende a essere più
conservatrice nelle tradizioni degli stessi connazionali in patria. Quando
iniziava il tempo dell’avvento, partivano le «trattative sindacali» di mia
moglie, che in modo diplomatico cercava di addolcire la mia intransigenza e
di concedere a lei e ai figli che nascevano almeno «qualcosa» del natale.
Con l’avvento cominciava il nostro travaglio, i nostri musi lunghi e i
nostri mal di pancia. Nei primi anni succedeva che uno piangeva da una parte
e uno dall’altra, certo senza farlo vedere all’altro.
Nelle estenuanti trattative prima del 24 dicembre venivano vagliati, in modo
controverso, gli argomenti pro e contro il natale, e ognuno cercava di
guadagnare qualche centimetro di territorio.
Io |
Mia moglie |
— La festa è stata inventata per sostituire una ricorrenza pagana
scomoda |
— Sì, ma oggigiorno il significato è altro: vogliamo pensare alla
nascita di Gesù |
— Gesù non è nato per nulla il 24 dicembre, ma probabilmente in
primavera |
— Non fa nulla, ma lì vogliamo pensare particolarmente al miracolo
dell’incarnazione |
— Per un credente ogni giorno dev’essere natale |
— E allora, perché non il 24 dicembre? |
— Non dobbiamo adeguarci alla mentalità del mondo |
— Ma noi vogliamo semplicemente onorare il Signore |
— Il natale è tutto un consumismo, che io odio. E poi, che centra
l’albero… |
— Ma noi possiamo cercare di fare in modo differente. Possiamo anche
rinunciare all’albero… |
— …e i regali? Se, come tu dici, è il compleanno di Gesù, perché vi
scambiate i doni fra voi? |
— Perché Dio ci ha fatto un gran dono, Gesù, e noi ci rallegriamo e
facciamo doni agli altri. Se questo è il problema, io e i figli ci
scambieremo i regali, mandati da nonni e zii, in un altro momento… |
— Perché dobbiamo insegnare ai figli una tradizione inventata dagli
uomini? |
— Perché dobbiamo traumatizzare i nostri figli su una cosa, dove non
c’è nulla di male e che onora il Signore? |
— Dovrei fare qualcosa che è contro le mie convinzioni? |
— Perché vuoi togliermi ciò che per me è una delle cose più belle
dell’anno? |
— «Tutto quello, che non viene da convinzione, è peccato» (Rm
14,23). |
— «Tutto è puro per quelli che sono puri» (Tt 1,15). |
Sapevo che mia moglie aveva molte ragioni. Nella Bibbia c’erano tradizioni
negative, che venivano combattute, ma anche tradizioni positive, che pur non
essendo state codificate nella «Legge di Mosè», erano praticate da Israele.
Poiché studiavo teologia, ben sapevo che durante il corso della storia erano
state inaugurate feste che andavano di là da quelle comandate dalla Legge:
la festa dei Purim (non fu Dio a comandarla ma Ester e Mardocheo), Channukka
o festa dell’inaugurazione del tempio (comandata dai Maccabei), la festa del
lutto nazionale a ricordo della distruzione di Gerusalemme eccetera. Anche
Gesù e i discepoli, da buoni giudei hanno celebrato tali feste. Ben sapevo
che i cristiani avevano la libertà di celebrare le feste espressamente
comandate (cfr. 1 Cor 5,7). Ma anche di avere la libertà di stabilirne delle
nuove, in conformità con la Bibbia (p.es. in Germania: la festa del
ringraziamento o della raccolta in autunno, la festa della Riforma,
Pentecoste).
Ben sapevo quello che Paolo aveva raccomandato ai Filippesi: «Del
rimanente, fratelli,
tutte le cose vere,
tutte le cose onorevoli,
tutte le cose giuste,
tutte le cose pure,
tutte le cose amabili,
tutte le cose di buona fama, quelle
in cui è qualche virtù e qualche lode, siano oggetto dei vostri pensieri»
(Fil 4,8).
Sulla «libertà cristiana» scoprii quanto detto da Paolo («ogni cosa» 1 Cor
6,12; 10,23). Ma una cosa è conoscere delle verità, altra cosa è
«realizzarle» e diventare cosciente dei risvolti pratici. Avevo pure
scoperto che durante la festa dei Purim — «un giorno di gioia, di conviti e
di festa» — fu comandato ai giudei di mandare dei regali gli uni agli altri
e di fare dei doni ai bisognosi (Est 9,19.22).
Con la mente afferravo tutto ciò. Riconoscevo che il mio atteggiamento
contro il natale era perlopiù un atteggiamento anti-cattolico. Sapevo che
stavo nella «reazione» e che dovevo passare a un atteggiamento positivo di
«azione». Ma c’è stato sempre un blocco irrazionale nelle mie viscere che mi
ha impedito l’ultimo passo, fino ad oggi… Era come un «super-io» che mi
controllava (l’istruzione avuta nella chiesa d’origine), avevo l’impressione
di «tradire» una specie di «patto», di commettere una specie di «peccato
originale». Devo aggiungere che nella mia famiglia d’origine non mi è stato
mai insegnato veramente a saper festeggiare, non ricordo neppure un
compleanno che fosse stato festeggiato. In genere non amo le feste, né tanto
meno di essere festeggiato. L’educazione familiare è stata qui molto
determinante; poi, essendo andato per la mia via da 15 anni in poi, non ci
fu più tempo per impararlo. Così le feste, invece di rendermi gioioso, mi
danno disagio e malinconia. Ma era questo che dovevo trasmettere ai miei
figli? Dovevano essi pagare per un’educazione familiare (e anche ecclesiale)
deficitaria? Non era giusto.
Ciò che è radicato nelle viscere non si fa risolvere così facilmente,
specialmente se si lega a una certa dose di orgoglio e di durezza di cuore.
Ma sapevo che per amore verso mia moglie e verso i miei figli dovevo
raggiungere un «equilibrio» con loro, un compromesso. Allora accettai di
radunarci di natale per leggere insieme un brano della Scrittura e per
spiegarlo ai nostri figli, per cantare magari uno-due inni e per ringraziare
il Signore per la sua nascita. I bambini avevano forse imparato una poesia
all’asilo o a scuola. Mia moglie rinunciava per contropartita specialmente
all’albero e che io fossi presente nel momento dello scambio dei doni.
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4.
DALLA REAZIONE ALL’AZIONE:
Devo ammettere che il problema «natale» non l’ho del tutto risolto nella mia
vita. Ciò che dice la ragione non s’armonizza con ciò che dettano le viscere
(il subconscio, il super-io, l’irrazionale). Molti anni fa, a casa di miei
parenti evangelici, vennero i miei cugini cattolici, allora ragazzi, e
fecero gli auguri di natale, dando a ognuno la mano. Questo mio parente alzò
le mani e disse: «Mi dispiace, ma non posso accettare i vostri auguri!». Ci
rimasero proprio male quei poveri ragazzi. Pensai lì per lì: a quelli, come
sono stati feriti, non potrà mai più presentare l’Evangelo! Quando vennero
da me, sussurrai un «buon natale», ripromettendomi di spiegare loro in una
situazione meno drammatica che cosa fosse il vero significato del natale.
Con un’altra coppia di missionari ci accordammo di lavorare insieme nella
costruzione di una nuova chiesa locale. Essi avrebbero voluto festeggiare
insieme il natale con la chiesa nascente. Ma non mi sentivo libero di farlo.
Noi due leader avevamo un tacito accordo: ciò, dove non siamo ambedue
pienamente d’accordo, si rimanda. Così fu anche per il natale. Demmo però
libertà che ognuno poteva fare in privato secondo convinzione e coscienza
(Rm 14,5ss).
In ogni modo, passammo dalla reazione all’azione. Il periodo di natale
divenne l’occasione per far conoscere Gesù, poiché la gente era
particolarmente sensibile e disposta. La Scrittura ci raccomanda di
approfittare delle occasioni (Ef 5,16) e di fare del bene (Gal 6,10). Così
distribuivamo agli amici e conoscenti pacchetti dono, in cui c’erano dei
dolcini, un calendario o una porzione della Scrittura. Le donne credenti
della chiesa organizzavano un «tè delle donne» pre-natalizio. Abbiamo anche
proiettato film nella sala e fatto altre attività per far conoscere alla
gente quel Gesù che essi dicevano di festeggiare. Di là dalla «libertà
personale» e dalle proprie convinzioni (o convenzioni o anti-convenzioni),
non si può trascurare l’annunzio dell’Evangelo, costi quel che costi: «Pur
essendo libero da tutti, mi sono fatto servo a tutti, per guadagnarne il
maggior numero… E tutto faccio a motivo dell’Evangelo, alfine d’esserne
partecipe anch’io» (1 Cor 9,19-23).
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5.
LIBERO È CHI CONCEDE LIBERTÀ:
Che gli evangelici dello stesso movimento avessero un altro modo di
rapportarsi col natale, lo avevo imparato nel nord Europa. Dove il
cattolicesimo non è predominante, c’è un atteggiamento più «rilassato» su
certe cose, non si butta via il bambino con tutta l’acqua sporca e si ha un
rapporto diverso anche verso alcune tradizioni. In quegli anni di
edificazione della chiesa locale, alcuni giovani romeni cercarono comunione
fraterna fra di noi. Ci vollero anni, prima di scoprire che per loro il
natale era qualcosa di particolare. Togliere loro il natale era come
privarli della mamma. Venni a sapere che durante tale periodo ogni giorno
fanno altre cose. Oltre alla veglia di natale, vanno a cantare inni a
conoscenti a fratelli impossibilitati di uscire di casa. Durante il culto
del 25 dicembre recitano, ad esempio, brani della Bibbia e poesie scritte a
Gesù. Per me era come scoprire un altro mondo. Noi non eravamo abituati a
ciò, ma che sofferenza per tali credenti romeni tra questi «strani» credenti
italiani!
Capii che, di là dalle proprie limitazioni, libero è solo chi concede
libertà. Contattai questi fratelli e dissi loro che potevano usare la sala
(non avevano neppure ardito di farlo!) per celebrare il natale secondo le
loro convinzioni e tradizioni. «Non possiamo derubarvi di ciò che vi è caro,
sebbene noi non siamo abituati». La pietra che cadde dal loro cuore si sentì
a tre miglia di distanza! Era come se avessero vinto la lotteria o
riabbracciati i genitori o la fidanzata lasciati in patria.
Questo fu il primo passo verso un «natale ecclesiale»: la costituzione di
una chiesa romena nella nostra sala. Mi chiesero la sala per la domenica
successiva. Per farla breve, il loro numero crebbe, e fu necessario che si
radunassero in alternativa ai nostri incontri. Oggigiorno la chiesa romena
nella nostra sala conta circa un centinaio di persone. Ha proprie guide ed è
autonoma.
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6.
ASPETTI CONCLUSIVI:
Ammetto che il travaglio col natale non è ancora terminato nella mia vita.
Ho cercato di mostrare un cammino fra dubbi e certezze, fra convenzioni e
anti-convenzioni, fra tradizioni e anti-tradizioni tradizionalizzate, fra
ciò che dice la ragione e ciò che è radicato nelle viscere. Vorrei imparare
a fare le cose per vera convinzione, nella «libertà dei figli di Dio», nella
«libertà dello Spirito», per onorare il Signore, e non per partito preso e
per atteggiamento ideologico. Non è facile scrollarsi di dosso le «tare»
ereditate. Solo Dio può guarirci dalla durezza del nostro cuore e dalla
nostra debolezza.
Sui giorni da osservare o meno ci possono essere convinzioni differenti: «L’uno
stima un giorno più d’un altro. L’altro stima tutti i giorni uguali. Sia
ciascuno pienamente convinto nella propria mente. Chi ha riguardo al giorno,
lo fa per il Signore… Ma tu, perché
giudichi il tuo fratello? E anche tu, perché disprezzi il tuo fratello?
Poiché tutti compariremo davanti al tribunale di Dio… Io so e sono persuaso
nel Signor Gesù che
nessuna cosa è impura in se stessa. Però se uno stima che una cosa è
impura, per lui è impura» (Rm 14,5s.10.14).
Attualmente abbiamo una «cellula missionaria» ad alcuni chilometri da casa
mia e partecipiamo anche a un’opera missionaria in Tivoli (a circa 25 Km da
qui). Attualmente ci sono nel gruppo due famiglie romene. Uno dei due
fratelli romeni, che era presente ultimamente anche nella cellula, ha detto
in modo scontato: «A natale potremmo incontrarci insieme… Mio figlio ha già
imparato un salmo a memoria…». Con imbarazzo velato, ho calato gli occhi e
mi sono stato zitto. L’altro missionario, con cui collaboro, ha detto
spontaneamente che è una buona idea. Che succederà questo natale…?
■ Per
approfondire ulteriormente queste riflessioni si veda particolarmente il
seguente articolo (oltre che all’intera opera): Nicola Martella,
«Circostanze dell’avvento del Messia»,
Offensiva intorno a Gesù
2: «E voi, chi dite ch’io
sia?» (Punto°A°Croce, Roma 2000), pp. 88-92.
■ Una versione ridotta di quest’articolo dal
titolo «Il travaglio del natale» è comparsa su «Oltre» (EPA
Media, Aversa dicembre 2005), pp. 22s. |
►
Partecipazione al «travaglio del natale»
{Nicola Martella} (T)
►
Scrupoli natalizi e di fine anno {Nicola Martella} (D)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Natale_travaglio_OiG.htm
2006; Aggiornamento: 08-12-2009 |