Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

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Offensiva intorno a Gesù 1

 

Prassi di chiesa

 

 

 

 

«Chi dice la gente ch’io sia?» — Offensiva intorno a Gesù 1: È ciò che dicono gli altri su Gesù.

Ecco le parti principali:
■ Gesù nei mass-media
■ Gesù fra teologia e filosofia
■ Gesù fra filosofia e ideologia
■ Gesù fra ideologie e religioni
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«E voi, chi dite ch’io sia?» — Offensiva intorno a Gesù 2: È ciò che la Bibbia dice su Gesù.

Ecco le parti principali:
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 Offensiva intorno a Gesù 2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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IL TRAVAGLIO DEL NATALE

 

 di Nicola Martella

 

1. Entriamo in tema

2. Il travaglio in Germania

3. Il travaglio a casa mia

4. Dalla reazione all’azione

5. Libero è chi concede libertà

6. Aspetti conclusivi

 

Clicca sulle frecce iniziali per andare avanti e indietro.

 

 

1.  ENTRIAMO IN TEMA: Qui di seguito non voglio parlare delle doglie avute da Mariam di Nazaret, quando partorì il suo primogenito (Lc 2,5ss). Ma del «travaglio» che abbiamo noi cristiani col natale, sia che ne seguiamo la tradizione, sia che la osteggiamo — praticando l’uno o l’altro comportamento per convinzione, per convenzione o per partito preso.

     Anticipiamo il fatto che cristiani dello stesso movimento danno risposte più o meno differenti, a seconda che si trovino in Italia o all’estero o addirittura in due zone differenti della stessa nazione.

     La situazione italiana viene gravata anche dal fatto che i movimenti evangelici, nati con Risveglio dell’Ottocento, essendo perlopiù osteggiati e perseguitati da parte della denominazione dominante, si posero in modo critico e antagonista rispetto a tutto ciò che veniva praticato nel cattolicesimo. I credenti evangelici del nord Europa (maggioranza protestante) e dell’est europeo (maggioranza ortodossa), avendo avuto un’altra storia e un altro tipo di rapporto verso la denominazione lì dominante, hanno sviluppato un altro atteggiamento verso le stesse cose, come ad esempio il natale.

 

 

2.  IL TRAVAGLIO IN GERMANIA: Per capire come il natale sia stato un grande problema nella mia vita, bisogna prima seguire i miei sviluppi nell’infanzia e come essi hanno poi condizionato e reso drammatico il mio incontro con una realtà evangelica tedesca molto differente da quella conosciuta precedentemente, in cui i «fronti» erano chiari: c’era la tradizione cattolica e l’antagonismo evangelico.

     Quando ero bambino, mio padre a natale tornava a casa dalla Germania con le valigie piene di cioccolate e doni e tale periodo era per noi una festa di famiglia. Sebbene come famiglia fossimo abbastanza critici verso il clero per fatti di storia familiare e politica (ma non verso la fede in Dio), facevamo il presepe. Qualche volta andai anch’io a baciare il «Bambinello», quando il prete lo presentava ai fedeli. Cercavo Dio con serietà. Quando mi feci la prima comunione, ero solo. Un giorno raccolsi dei gigli dei campi e li volevo portare alla «Madonna». Il sacrestano e quanti erano con lui mi presero in giro, dicendo anche con sarcasmo che la «Madonna» voleva i gigli veri non quell’erbaccia. Pensai, ecco la religione dominante è qualcosa per «borghesi», non per noi «proletari» e povera gente.

     Un giorno trovai un trattato per strada e conobbi così il messaggio dell’Evangelo, feci una serie di corsi per corrispondenza e approfondii la mia conoscenza della verità. Avevo circa dodici anni, quando accettai Gesù quale Salvatore e Signore. Solo in seguito conobbi gli evangelici. Essendo essi una minoranza e avendo subito varie angherie da parte del clero locale, il loro atteggiamento era di pieno contrasto verso la denominazione dominante. Certo avevano ragione riguardo al «Bambinello» di gesso o di legno, che la gente andava a baciare: era idolatria. Per estensione si rifiutava il natale come «festa pagana». Il natale veniva semplicemente rimosso. Ricevere gli auguri di natale era sentito quasi come un affronto; in ogni modo si preferiva rifiutarli. Il periodo di natale diventava un «non tempo», qualcosa da rimuovere. Gli argomenti contro il natale erano quelli classici. E pensavo che tutti gli evangelici del mondo avessero gli stessi e non festeggiassero il natale. Se qualche chiesa evangelica avesse mai festeggiato il natale, non poteva essere «giusta». Con questi pensieri me ne andai via di casa a 15 anni e nelle Marche non avevo una chiesa evangelica che mi aiutasse a chiarire questa problematica. Avevo la Bibbia. Per il resto mi attenevo a quanto mi era stato inculcato.

     Quando da giovanotto mi recai in Germania, mi dovetti confrontare con un’altra realtà. Nello stesso locale si incontrava la chiesa ospitante, quella tedesca, e la chiesa italiana. Quest’ultima era come quella che conoscevo in Italia, ossia contro il natale, quella tedesca si incontrava la sera del 24 dicembre per fare un culto natalizio. Con i pregiudizi anticattolici che mi portavo dentro in modo viscerale, mi sono subito chiesto se questi «strani» cristiani, che festeggiavano il natale, fossero veramente credenti, o se non avessero ormai assunto una mentalità del mondo. Sì, i tedeschi erano un po’ freddi per noi mediterranei, ma per il resto la Parola era predicata biblicamente, avevano la «sana dottrina», facevano opere di bene e, pur essendo un centinaio, sostenevano 7-8 missionari. Ma come si accordava tutto ciò col festeggiamento del natale che, come mi era stato inculcato, era una festa pagana cristianamente adattata? Al riguardo il mio disagio era grande, ma finché stavo con gli Italiani il problema era contenuto: strani cristiani evangelici tedeschi! Sì, anche nell’innario italiano c’era «Notte benigna, notte tranquilla…», ma noi non lo cantavamo né in Italia né in Germania.

     Il problema si acuì, quando mi fidanzai con una ragazza tedesca. Arrivato natale, tutta la sua famiglia si radunò in salotto. Furono cantati inni natalizi, diversi pregarono e ringraziarono per la nascita di Gesù, il capofamiglia fece leggere un brano sulla natività e diede un breve pensiero, qualcuno lesse o una storia natalizia o una poesia… Io tacevo, assistevo a tutto con incredulità e disagio: era tutto bello, ma dovevo rimuoverlo perché era una ricorrenza pagana cristianizzata! C’era addirittura l’albero di natale! Poi si scambiarono reciprocamente dei doni, ce n’era anche uno per me. Per me era un altro mondo: per certi aspetti mi attraeva (anche senza ammetterlo?), per altri aspetti mi metteva a disagio: non ero abitato, avevo la coscienza sporca che stavo facendo qualcosa di sbagliato verso il Signore. Non trovavo nessuna sintesi: tutto era troppo radicato nelle mie viscere.

 

 

3.  IL TRAVAGLIO A CASA MIA: La storia natalizia all’interno del mio matrimonio e della mia famigliola può mostrare in modo esemplare che cosa può succedere, quando due convinzioni e due tradizioni vengono a incontrarsi e, purtroppo, a scontrarsi.

     Una volta sposati, il nostro contesto divenne per i primi anni quello delle chiese italiane in Germania; come si sa, una enclave tende a essere più conservatrice nelle tradizioni degli stessi connazionali in patria. Quando iniziava il tempo dell’avvento, partivano le «trattative sindacali» di mia moglie, che in modo diplomatico cercava di addolcire la mia intransigenza e di concedere a lei e ai figli che nascevano almeno «qualcosa» del natale. Con l’avvento cominciava il nostro travaglio, i nostri musi lunghi e i nostri mal di pancia. Nei primi anni succedeva che uno piangeva da una parte e uno dall’altra, certo senza farlo vedere all’altro.

     Nelle estenuanti trattative prima del 24 dicembre venivano vagliati, in modo controverso, gli argomenti pro e contro il natale, e ognuno cercava di guadagnare qualche centimetro di territorio.

 

Io

Mia moglie

— La festa è stata inventata per sostituire una ricorrenza pagana scomoda

— Sì, ma oggigiorno il significato è altro: vogliamo pensare alla nascita di Gesù

— Gesù non è nato per nulla il 24 dicembre, ma probabilmente in primavera

— Non fa nulla, ma lì vogliamo pensare particolarmente al miracolo dell’incarna­zione

— Per un credente ogni giorno dev’essere natale

— E allora, perché non il 24 dicembre?

— Non dobbiamo adeguarci alla mentalità del mondo

— Ma noi vogliamo semplicemente onorare il Signore

— Il natale è tutto un consumismo, che io odio. E poi, che centra l’albero…

— Ma noi possiamo cercare di fare in modo differente. Possiamo anche rinunciare all’albero…

— …e i regali? Se, come tu dici, è il compleanno di Gesù, perché vi scambiate i doni fra voi?

— Perché Dio ci ha fatto un gran dono, Gesù, e noi ci rallegriamo e facciamo doni agli altri. Se questo è il problema, io e i figli ci scambieremo i regali, mandati da nonni e zii, in un altro momento…

— Perché dobbiamo insegnare ai figli una tradizione inventata dagli uomini?

— Perché dobbiamo traumatizzare i nostri figli su una cosa, dove non c’è nulla di male e che onora il Signore?

— Dovrei fare qualcosa che è contro le mie convinzioni?

— Perché vuoi togliermi ciò che per me è una delle cose più belle dell’anno?

— «Tutto quello, che non viene da convinzione, è peccato» (Rm 14,23).

— «Tutto è puro per quelli che sono puri» (Tt 1,15).

 

Sapevo che mia moglie aveva molte ragioni. Nella Bibbia c’erano tradizioni negative, che venivano combattute, ma anche tradizioni positive, che pur non essendo state codificate nella «Legge di Mosè», erano praticate da Israele. Poiché studiavo teologia, ben sapevo che durante il corso della storia erano state inaugurate feste che andavano di là da quelle comandate dalla Legge: la festa dei Purim (non fu Dio a comandarla ma Ester e Mardocheo), Channukka o festa dell’inaugurazione del tempio (comandata dai Maccabei), la festa del lutto nazionale a ricordo della distruzione di Gerusalemme eccetera. Anche Gesù e i discepoli, da buoni giudei hanno celebrato tali feste. Ben sapevo che i cristiani avevano la libertà di celebrare le feste espressamente comandate (cfr. 1 Cor 5,7). Ma anche di avere la libertà di stabilirne delle nuove, in conformità con la Bibbia (p.es. in Germania: la festa del ringraziamento o della raccolta in autunno, la festa della Riforma, Pentecoste).

     Ben sapevo quello che Paolo aveva raccomandato ai Filippesi: «Del rimanente, fratelli, tutte le cose vere, tutte le cose onorevoli, tutte le cose giuste, tutte le cose pure, tutte le cose amabili, tutte le cose di buona fama, quelle in cui è qualche virtù e qualche lode, siano oggetto dei vostri pensieri» (Fil 4,8).

     Sulla «libertà cristiana» scoprii quanto detto da Paolo («ogni cosa» 1 Cor 6,12; 10,23). Ma una cosa è conoscere delle verità, altra cosa è «realizzarle» e diventare cosciente dei risvolti pratici. Avevo pure scoperto che durante la festa dei Purim — «un giorno di gioia, di conviti e di festa» — fu comandato ai giudei di mandare dei regali gli uni agli altri e di fare dei doni ai bisognosi (Est 9,19.22).

     Con la mente afferravo tutto ciò. Riconoscevo che il mio atteggiamento contro il natale era perlopiù un atteggiamento anti-cattolico. Sapevo che stavo nella «reazione» e che dovevo passare a un atteggiamento positivo di «azione». Ma c’è stato sempre un blocco irrazionale nelle mie viscere che mi ha impedito l’ultimo passo, fino ad oggi… Era come un «super-io» che mi controllava (l’istruzione avuta nella chiesa d’origine), avevo l’impressione di «tradire» una specie di «patto», di commettere una specie di «peccato originale». Devo aggiungere che nella mia famiglia d’origine non mi è stato mai insegnato veramente a saper festeggiare, non ricordo neppure un compleanno che fosse stato festeggiato. In genere non amo le feste, né tanto meno di essere festeggiato. L’educazione familiare è stata qui molto determinante; poi, essendo andato per la mia via da 15 anni in poi, non ci fu più tempo per impararlo. Così le feste, invece di rendermi gioioso, mi danno disagio e malinconia. Ma era questo che dovevo trasmettere ai miei figli? Dovevano essi pagare per un’educazione familiare (e anche ecclesiale) deficitaria? Non era giusto.

     Ciò che è radicato nelle viscere non si fa risolvere così facilmente, specialmente se si lega a una certa dose di orgoglio e di durezza di cuore. Ma sapevo che per amore verso mia moglie e verso i miei figli dovevo raggiungere un «equilibrio» con loro, un compromesso. Allora accettai di radunarci di natale per leggere insieme un brano della Scrittura e per spiegarlo ai nostri figli, per cantare magari uno-due inni e per ringraziare il Signore per la sua nascita. I bambini avevano forse imparato una poesia all’asilo o a scuola. Mia moglie rinunciava per contropartita specialmente all’albero e che io fossi presente nel momento dello scambio dei doni.

 

 

4.  DALLA REAZIONE ALL’AZIONE: Devo ammettere che il problema «natale» non l’ho del tutto risolto nella mia vita. Ciò che dice la ragione non s’armonizza con ciò che dettano le viscere (il subconscio, il super-io, l’irrazionale). Molti anni fa, a casa di miei parenti evangelici, vennero i miei cugini cattolici, allora ragazzi, e fecero gli auguri di natale, dando a ognuno la mano. Questo mio parente alzò le mani e disse: «Mi dispiace, ma non posso accettare i vostri auguri!». Ci rimasero proprio male quei poveri ragazzi. Pensai lì per lì: a quelli, come sono stati feriti, non potrà mai più presentare l’Evangelo! Quando vennero da me, sussurrai un «buon natale», ripromettendomi di spiegare loro in una situazione meno drammatica che cosa fosse il vero significato del natale.

     Con un’altra coppia di missionari ci accordammo di lavorare insieme nella costruzione di una nuova chiesa locale. Essi avrebbero voluto festeggiare insieme il natale con la chiesa nascente. Ma non mi sentivo libero di farlo. Noi due leader avevamo un tacito accordo: ciò, dove non siamo ambedue pienamente d’accordo, si rimanda. Così fu anche per il natale. Demmo però libertà che ognuno poteva fare in privato secondo convinzione e coscienza (Rm 14,5ss).

     In ogni modo, passammo dalla reazione all’azione. Il periodo di natale divenne l’occasione per far conoscere Gesù, poiché la gente era particolarmente sensibile e disposta. La Scrittura ci raccomanda di approfittare delle occasioni (Ef 5,16) e di fare del bene (Gal 6,10). Così distribuivamo agli amici e conoscenti pacchetti dono, in cui c’erano dei dolcini, un calendario o una porzione della Scrittura. Le donne credenti della chiesa organizzavano un «tè delle donne» pre-natalizio. Abbiamo anche proiettato film nella sala e fatto altre attività per far conoscere alla gente quel Gesù che essi dicevano di festeggiare. Di là dalla «libertà personale» e dalle proprie convinzioni (o convenzioni o anti-convenzioni), non si può trascurare l’annunzio dell’Evangelo, costi quel che costi: «Pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo a tutti, per guadagnarne il maggior numero… E tutto faccio a motivo dell’Evangelo, alfine d’esserne partecipe anch’io» (1 Cor 9,19-23).

 

 

5.  LIBERO È CHI CONCEDE LIBERTÀ: Che gli evangelici dello stesso movimento avessero un altro modo di rapportarsi col natale, lo avevo imparato nel nord Europa. Dove il cattolicesimo non è predominante, c’è un atteggiamento più «rilassato» su certe cose, non si butta via il bambino con tutta l’acqua sporca e si ha un rapporto diverso anche verso alcune tradizioni. In quegli anni di edificazione della chiesa locale, alcuni giovani romeni cercarono comunione fraterna fra di noi. Ci vollero anni, prima di scoprire che per loro il natale era qualcosa di particolare. Togliere loro il natale era come privarli della mamma. Venni a sapere che durante tale periodo ogni giorno fanno altre cose. Oltre alla veglia di natale, vanno a cantare inni a conoscenti a fratelli impossibilitati di uscire di casa. Durante il culto del 25 dicembre recitano, ad esempio, brani della Bibbia e poesie scritte a Gesù. Per me era come scoprire un altro mondo. Noi non eravamo abituati a ciò, ma che sofferenza per tali credenti romeni tra questi «strani» credenti italiani!

     Capii che, di là dalle proprie limitazioni, libero è solo chi concede libertà. Contattai questi fratelli e dissi loro che potevano usare la sala (non avevano neppure ardito di farlo!) per celebrare il natale secondo le loro convinzioni e tradizioni. «Non possiamo derubarvi di ciò che vi è caro, sebbene noi non siamo abituati». La pietra che cadde dal loro cuore si sentì a tre miglia di distanza! Era come se avessero vinto la lotteria o riabbracciati i genitori o la fidanzata lasciati in patria.

     Questo fu il primo passo verso un «natale ecclesiale»: la costituzione di una chiesa romena nella nostra sala. Mi chiesero la sala per la domenica successiva. Per farla breve, il loro numero crebbe, e fu necessario che si radunassero in alternativa ai nostri incontri. Oggigiorno la chiesa romena nella nostra sala conta circa un centinaio di persone. Ha proprie guide ed è autonoma.

 

 

6.  ASPETTI CONCLUSIVI: Ammetto che il travaglio col natale non è ancora terminato nella mia vita. Ho cercato di mostrare un cammino fra dubbi e certezze, fra convenzioni e anti-convenzioni, fra tradizioni e anti-tradizioni tradizionalizzate, fra ciò che dice la ragione e ciò che è radicato nelle viscere. Vorrei imparare a fare le cose per vera convinzione, nella «libertà dei figli di Dio», nella «libertà dello Spirito», per onorare il Signore, e non per partito preso e per atteggiamento ideologico. Non è facile scrollarsi di dosso le «tare» ereditate. Solo Dio può guarirci dalla durezza del nostro cuore e dalla nostra debolezza.

     Sui giorni da osservare o meno ci possono essere convinzioni differenti: «L’uno stima un giorno più d’un altro. L’altro stima tutti i giorni uguali. Sia ciascuno pienamente convinto nella propria mente. Chi ha riguardo al giorno, lo fa per il Signore… Ma tu, perché giudichi il tuo fratello? E anche tu, perché disprezzi il tuo fratello? Poiché tutti compariremo davanti al tribunale di Dio… Io so e sono persuaso nel Signor Gesù che nessuna cosa è impura in se stessa. Però se uno stima che una cosa è impura, per lui è impura» (Rm 14,5s.10.14).

     Attualmente abbiamo una «cellula missionaria» ad alcuni chilometri da casa mia e partecipiamo anche a un’opera missionaria in Tivoli (a circa 25 Km da qui). Attualmente ci sono nel gruppo due famiglie romene. Uno dei due fratelli romeni, che era presente ultimamente anche nella cellula, ha detto in modo scontato: «A natale potremmo incontrarci insieme… Mio figlio ha già imparato un salmo a memoria…». Con imbarazzo velato, ho calato gli occhi e mi sono stato zitto. L’altro missionario, con cui collaboro, ha detto spontaneamente che è una buona idea. Che succederà questo natale…?

 

   ■ Per approfondire ulteriormente queste riflessioni si veda particolarmente il seguente articolo (oltre che all’intera opera): Nicola Martella, «Circostanze dell’avvento del Messia», Offensiva intorno a Gesù 2: «E voi, chi dite ch’io sia?» (Punto°A°Croce, Roma 2000), pp. 88-92.

   ■ Una versione ridotta di quest’articolo dal titolo «Il travaglio del natale» è comparsa su «Oltre» (EPA Media, Aversa dicembre 2005), pp. 22s.

 

Partecipazione al «travaglio del natale» {Nicola Martella} (T)

Scrupoli natalizi e di fine anno {Nicola Martella} (D)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Natale_travaglio_OiG.htm

2006; Aggiornamento: 08-12-2009

 

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