1. ENTRIAMO IN TEMA (Nicola
Martella): Su che cosa sia il Natale, le opinioni possono alquanto divergere.
Anch’esso, come tutte le tradizioni della cristianità, può essere una scatola
scintillante che ognuno riempie così come gli aggrada. In film sentimentali e
sdolcinati si parla dello «spirito del Natale» come se fosse una cosa a sé, una
specie di magia suscitata da un presunto «Babbo Natale», mentre si
aspetta presto la sua controfigura femminile: la Befana. Alcuni sospettano che
sia oramai solo una festa tenuta in piedi dall’associazione di commercianti,
come tutte le altre del resto. Per non poca gente il Natale (come altre
festività della cristianità) diventa occasione per infrangere tutti e dieci i
massimi comandamenti di Dio. Altri non vedono nessuna contraddizione fra andare
prima alla messa di Natale (per quelli che ancora ci vanno), dove baciano un
«bambinello» di legno o di gesso, e poi andare a sfogarsi in gozzoviglie,
inebriamenti e dissolutezze morali.
Il Natale è quindi una scatola vuota, che ognuno riempie come vuole. Per alcuni
è spesso solo un’occasione per mostrarsi «più buono» del solito. Per altri sarà
l’occasione per commettere nefandezze inaudite.
Abbiamo visto che per non poche persone il Natale diventa occasione per fare
tutt’altro che pensare a Gesù di Nazareth, che nacque in una stalla per
diventare il Salvatore del mondo. L’apostolo Paolo sintetizzò così la missione
di Cristo: «Infatti voi conoscete la grazia del Signor nostro Gesù Cristo, il
quale, essendo ricco, divenne povero per causa vostra, affinché voi, mediante la
sua povertà, diveniate ricchi» (2 Corinzi 8,9). O espresso diversamente,
affermò in un altro contesto che il Messia Gesù «era in forma di Dio e non
reputò rapina l’essere uguale a Dio. Egli però annichilì se stesso e prese forma
di schiavo, essendo diventato in similitudine degli uomini; e trovato
nell’esteriore come un uomo, abbassò se stesso e si fece ubbidiente fino a
morte, e a morte di croce» (Filippesi 2,6ss). Come si vede, la nascita e la
morte del Messia erano l’una in funzione dell’altra.
2. LA NASCITA CHE È RIMASTA NELLA STORIA
(Vincenzo Russillo): Qui di seguito mi ripropongo di ricostruire la nascita di
Gesù, cercando di delineare il vero senso di tale evento.
Cos’è oggi
quest’evento?
Oggi il Natale da molti non è festeggiato più in modo semplice, ma s’usa fare
grandi festeggiamenti. Le case sono addobbate soprattutto con l’albero, spesso
artificiale, che viene abbellito con palline variopinte e con luci sfavillanti.
Le vetrine dei negozi risplendono di molte luci e di fili argentati e dorati. Le
strade principali sono abbellite da numerose luminarie a forma di stelle comete,
fiocchi, campane, stelle. La sera di Natale le famiglie si riuniscono e fanno
una grande cena, il così detto «cenone natalizio». A Natale inoltre, la cosa che
mette più in attesa i giovani è lo scambio di regali. Così si legge ad esempio
in Wikipedia.
Da questo breve testo possiamo trarre alcune conclusioni. Questa ricorrenza è
divenuta un festa folkloristica, intrisa non di rado di credenze pagane. Poi
oggi si cade in un’altra tentazione quella del consumismo sfrenato (del «dio
denaro»).
Cosa c’è di sbagliato in tutto ciò? Non mi propongo d’entrare direttamente in
merito a tutte le questioni sollevate. Ma ci tengo a evidenziare che in queste
gozzoviglie e festini, ci si è dimenticato di proclamare chi è Cristo e cosa ha
fatto per noi.
La Bibbia cosa
dice?
La nascita di Cristo era stata preannunciata settecento anni prima della sua
venuta dal profeta Isaia. Già infatti nel Vecchio Testamento era stato
annunciato: «Poiché un bambino ci è nato, un figlio ci è stato dato, e il
dominio riposerà sulle sue spalle; sarà chiamato Consigliere ammirabile, Dio
potente, Padre eterno, Principe della pace […]» (Isaia 9,5).
La Bibbia ci conferma che il Figlio di Dio si è fatto carne (Luca 1,35) e ha
vissuto in mezzo agli uomini (Giovanni 1,14).
Gli Evangeli sinottici ci dicono pochissimo sulla nascita del Cristo. Non era
importante il giorno specifico, ma il motivo per cui era stato mandato sulla
Terra. Egli stesso disse: «Poiché il Figlio dell’uomo è venuto per cercare e
salvare ciò che era perduto» (Lc 19,10).
Il Messia aveva il seguente scopo: «Dio infatti non ha mandato il proprio
Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma affinché il mondo sia salvato per
mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato ma chi non crede è già
condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio»
(Giovanni 3,17-18).
In quel revival annuale in cui vediamo un Gesù bambino che viene alla luce o
ancor peggio, tra la confusione di dolci e regali, viene spesso tralasciato il
messaggio importantissimo che nostro Signore ci ha voluto affidare.
Spinti da tradizioni, sempre meno cristiane, seguiamo la massa che preferisce il
Babbo Natale, anziché apprendere il messaggio salvifico che comincia con una
nascita in vista della croce. Questo è deleterio, Gesù ci mise in guardia dalle
tradizioni degli uomini: «Avendo tralasciato il comandamento di Dio
v’attenete alla tradizione degli uomini» (Marco 7,8). Solo tramite il
sacrificio dell’Agnello siamo salvati e non grazie alle tradizioni.
Davanti a tanto sfarzo e opulenza, il nostro Signore Gesù avrebbe esclamato: «Portate
via di qui queste cose; smettete di fare della casa del Padre mio una casa di
mercato» (Giovanni 2,16). Egli infatti non approvava che si mischiasse il
commercio con la religione.
Conclusioni
La Sacra Scrittura ci dice chiaramente che non serve un giorno particolare, per
festeggiare la nascita di Cristo. Bisogna festeggiare, ogni giorno questo
evento. Poiché il Salvatore è nato nel cuore di ciascun credente. Il vero
significato della venuta del Cristo è l’amore di Dio verso l’uomo. Infatti
Giovanni disse: «Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo
unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita
eterna. Infatti Dio non ha mandato suo Figlio nel mondo per giudicare il mondo,
ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui» (Giovanni 3,16s).
Dio è amore (1 Giovanni 4,8) e si è fatto uomo, per salvarci. Tale è il vero
significato del venuta del Cristo. Questo ricordo dovrebbe essere rinnovato
quotidianamente, e ciò dovrebbe spingere poi a diffondere il messaggio che
unisce Betlemme al Calvario, oltre che a ricordarsi delle persone più bisognose.
Perché anche Gesù ha donato la sua vita preoccupandosi di noi: «Dio invece
mostra la grandezza del proprio amore per noi in questo: che, mentre eravamo
ancora peccatori, Cristo è morto per noi» (Romani 5,8).
3. ASPETTI CONCLUSIVI
(Nicola Martella): Di là da ciò che uno pensa del Natale — festa pagana
cristianizzata, festa cristiana paganizzata e commercializzata o altro —
ricordarsi del Signore Gesù tutti i giorni, quindi anche a Natale, non è
sbagliato in sé. Il problema è che nella nostra società post-moderna si celebra,
in genere, una festa di compleanno senza il festeggiato. Magari gli uni vanno
alla messa di Natale, poi però non hanno nella quotidianità nessun rapporto
personale col Messia Gesù, che è nato a Betlemme, è morto in croce, è risorto ed
è un Signore e Salvatore vivente. Altri non hanno più neppure sentimenti
religiosi, ma il Natale è (come altre feste del calendario) l’occasione per
«darci dentro» e per sfogarsi, ognuno a modo suo.
Tempo fa ho composto il seguente motto: «È triste vedere quanta gente si chiama
“cristiana”, pur non essendolo. Chi porta tale etichetta sulla “scatola”, deve
necessariamente contenere dentro un vero seguace di Cristo, altrimenti è un
plagio». Chiaramente ciò non deve accadere solo a Natale, ma deve diventare uno
stile di vita.
Se si facessero dei sondaggi in giro, si prenderebbe atto che, fra coloro che
sanno che il Natale ha a che fare in qualche modo con la nascita di Gesù, molti
di loro non sanno perché Gesù è nato e, inoltre, non hanno nessun
rapporto personale con Lui nella vita concreta. Giorni fa ho letto una strofa di
un inno tedesco di Johann Scheffler che ho tradotto e adattato come segue:
«Se Cristo fosse nato in
Betlemme mille volte, saresti perduto se nato non fosse in te».
Chiudo con una nota umoristica, sebbene pregna di verità. Un pastore evangelico,
sapendo il mio passato «travaglio
del natale», ha concluso la sua lettera con quest’ironia: «Dio ti
benedica, e se non t’offende, noi non abbiamo mai celebrato un Natale! ☺». Non
potevo che dargli pan per focaccia, scrivendogli quanto segue: Caro fratello,
rispondo alla tua ironia come segue: se hai fatto dei voti (natalizi), scioglili
pure. Riguardo al Natale, ci saranno sempre due convincimenti differenti, come
al tempo del NT c’erano riguardo allo
šabbāt e affini: «L’uno stima un giorno più d’un altro; l’altro stima
tutti i giorni uguali; sia ciascuno pienamente convinto nella propria mente»
(Romani 14,5). Io m’ascrivo alla seconda categoria, ma rispetto quelli della
prima, sapendo che «chi ha riguardo al giorno, lo fa per il Signore» (v.
6). Verrò a controllare se lo celebrerete con l’albero o senza, se farete
«digiuno e preghiera» o se vi rimpinzerete
e se i regali li riceverà il Festeggiato, a cui s'ascrive il compleanno, o gli
altri. ☺☺☺
►
Natale: un compleanno senza il festeggiato? Parliamone
{Nicola Martella} (T)
►
Il travaglio del natale
{Nicola Martella} (A)
►
Partecipazione al «travaglio del natale»
{Nicola Martella} (T)
►
Scrupoli natalizi e di fine anno
{Nicola Martella} (D)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Natale_senza-festeggiato_Avv.htm
19-12-2008; Aggiornamento: 21-12-2008
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