1. ENTRIAMO IN TEMA: In
questo articolo parleremo di «apologetica»; essa è la difesa della verità
biblica nei confronti sia del paganesimo e dell’ateismo, sia di correnti di
pensiero all’interno del cristianesimo. [►
L’importanza dell’apologetica] In temi di usi e costumi
(come il Natale), alcuni vogliono portare avanti le loro tesi, risalendo alla
genesi storico-culturale, che avrebbe generato tale costume. È lo stesso
artificio di coloro, che affermano che non bisogna usare oggigiorno certe
parole, usando l’etimologia, perché esse avrebbero una provenienza
pagana. [►
Auguri tra incertezze e ideologia]
La questione, che qui ci preme, è specialmente la seguente: Dal punto di
vista apologetico, come deve porsi il cristianesimo biblico dinanzi a
fenomeni culturali, presenti in una zona, dove arriva l’Evangelo? I missionari
cristiani del primo secolo (apostoli) si ponevano in netta e aperta
contrapposizione contro i fenomeni culturali, che trovavano, oppure cercavano in
tale cultura un punto in comune, da cui iniziare l’annuncio
dell’Evangelo? (cfr. At 17). Essi annunciavano Gesù Cristo a prescindere, oppure
evidenziavano quegli aspetti, che erano
particolarmente sensibili per tale cultura religiosa? Ad esempio, laddove
c’era una grande influenza filosofica, che prometteva una «conoscenza» profonda
delle cose (gnosi), che cosa insegnava il missionario a tali discepoli, tentati
da tale cultura? (cfr. Col 2,2ss.8ss). Diceva egli le stesse cose in un contesto
di legalismo? (cfr. Rm 10,3s; Gal 5,1ss).
Quindi, qui non ci preme tanto il Natale quanto le argomentazioni usate per
screditarlo. Evidentemente chi usa tali argomenti desueti e incomprensibili
alla gente odierna, non si rende conto dell’attrazione, che le tradizioni pagane
esercitano sui neo-convertiti di ogni tempo, che sono abituati a certe cose da
generazioni. Essi si sentono improvvisamente come pesci fuor dell’acqua;
non hanno più radici culturali nell’ambiente, in cui si trovano, sebbene esso è
ancora fonte di grande attrazione, ma a loro non viene data alcuna alternativa
nel senso di radici in una «nuova cultura» cristiana. Ricondurre tutte le
cose a Cristo, non è una torbida macchinazione, ma un atto apologeticamente
positivo. Che poi nelle cose bisogna distinguere il grano dalla paglia, è
un’altra cosa. Se bisogna attaccare qualcosa con argomenti validi, bisogna
riferirsi ai
costumi deleteri odierni legati a una certa festa e non a presunte radici
ataviche della stessa, cose che la gente non comprende e di cui non vuol
saperne.
2. LE QUESTIONI: Ho
ricevuto il seguente contributo di Emiliano Musso: «Personalmente mi sono
recentemente trovato a fare un breve
video relativo agli elementi pagani incorporati nella festività del
Natale (che, come data, è anch’essa di derivazione extra-cristiana).
Da un certo punto di vista, sono sicuramente
d’accordo sulla secondarietà di tali elementi, quindi non sono per una
“condanna” a tutto campo. Però, d’altro canto, le persone sensibili al tema
religioso (quindi, non necessariamente credenti nel senso completo del termine)
si trovano spesso a seguire determinate usanze nella convinzione della
loro correttezza; e quindi credo che discutere dell’origine di tali consuetudini
sia utile a fornire materiale per la riflessione, restando poi fermo il
fatto che ciascuno agisce in base alla propria sensibilità personale».
{22-12-2010}
Emiliano Musso prendeva posizione riguardo all’articolo «L’albero
di Natale». Tale contributo doveva trovare posto nel tema «L’albero
di Natale? Parliamone», ma non essendo specifico all’albero di
Natale e trattando questioni tipiche di chi avversa il Natale con argomenti non
tanto correnti, ma con la genesi storico-culturale, vera o presunta che
sia, lo trattiamo qui extra. Consigliamo di vedere prima il
filmato proposto da tale lettore e poi di leggere le mie osservazioni.
Tale contributo è abbastanza equilibrato. Esso stride però col contenuto di tale
suo filmato, che è di tutt’altro tenore. Dopo aver visto tale filmato, mi è
venuto spontaneo scrivere i seguenti pensieri sul natale e l’apologetica
cristiana. Prendo da esso solo lo spunto per rispondere a tale tendenza
reattiva. Tali argomenti sono i soliti, che si possono trovare in altri articoli
e filmati dello stesso genere (cfr. «Natale?»
di Alfonso Quadro). Evito di elencare gli
argomenti, poiché molti di loro li menzionerò specialmente nel prossimo punto.
Premesso che Gesù non sia nato nel periodo natalizio, che non si sappia
il giorno del suo compleanno e che il 25 dicembre sia stato posto come data per
altri motivi, i quali oggigiorno sfuggono al 99,99999% della gente —
bisognerebbe essere contenti che in tale periodo natalizio, in un modo o
nell’altro, anche nel variegato «mondo» si parli specialmente di Gesù Cristo
e non di Zeus, di Krishna e dei tanti altri dèi, inventati dagli uomini e
che la storia ha seppellito, né di Buddha o di altre incarnazioni delle
divinità indù, le cui tombe sono conosciute, né di Maometto o di altri
personaggi che si sono presentati come emissari della Deità, morti e mai
risorti.
3. RICORRENZE PAGANE E APOLOGETICA
CRISTIANA: Che la ricorrenza della nascita di Gesù abbia
scalzato gli antichi miti, è da considerare una vittoria e non una
sconfitta! Gesù quale «Luce del mondo» (Gv 8,12; 9,5) ha scalzato il romano dio
«Sole invitto», l’orientale dio solare Mitra e il nordico dio
solare Yule; tali divinità erano un laccio per la gente, e le loro feste
erano una grande tentazione per i neo-convertiti, a causa delle loro radici
culturali. Per i discepoli era liberatorio sapere che è il Dio vivente che fa
sorgere il «sole della giustizia», che porta la guarigione al suo popolo (Mal
4,2).
Cristo quale risurrezione e vita (Gv 11,25) ha messo in ombra Saturno,
divinità romana dell’agricoltura e, perciò, di fecondità, abbondanza e
ricchezza; è il Dio vivente a dare agli uomini «cibo in abbondanza e letizia
nei vostri cuori» (At 14,17). È Cristo ad assicurare la vita ai suoi seguaci
oggi e la vita in perpetuo dalla risurrezione in poi.
Non saremmo certo contenti se nel mondo si festeggiassero ancora tali divinità
nel
solstizio d’inverno, momento in cui gli dèi della natura vennero (e
vengono!) evocati e celebrati con feste lascive. Probabilmente non ci si rende
conto del laccio, che costituiva il multiforme paganesimo; i riti di
propiziazione in tali periodi particolari erano accompagnati da sacrifici
umani e da orge sfrenate. È quindi sempre una mossa intelligente
mettere Cristo al centro d’ogni cosa. Ciò è conforme alla fede in Cristo
e al combattimento, che ci è preordinato: «Le armi della nostra guerra non
sono carnali, ma potenti nel cospetto di Dio a
distruggere le fortezze; così
distruggiamo i ragionamenti e ogni
altezza, che si eleva contro alla conoscenza di Dio, e
facciamo prigioniero ogni pensiero sotto all’ubbidienza di
Cristo» (2 Cor 10,4s). Gli apologeti cristiani sottrassero a tali
divinità le prerogative positive, di cui erano rivestiti, e affermavano che era
Gesù Cristo colui, che assicurava tutto ciò dinanzi a Dio Padre. Con la sua
morte in croce, Cristo ha vivificato e giustificato i credenti; egli «avendo
spogliato i principati e le
potestà, ne ha fatto un pubblico
spettacolo, trionfando su di loro per mezzo della croce» (Col
2,13ss). Tale atto di spogliamento delle divinità pagane è continuato mediante
l’annuncio dell’Evangelo e l’apologetica cristiana.
La predicazione cristiana non butta via il bambino con tutta l’acqua sporca, ma
distrugge gli aspetti deteriori di una cultura e nobilita gli aspetti
positivi, riconducendo tutto a Cristo. Esistono questioni inamovibili nella
dottrina, che se intaccate, meritano l’anatema divino; esistono però anche
questioni culturali, che bisogna ricondurre a Cristo. «Del rimanente,
fratelli, tutte le cose vere, tutte le cose onorevoli, tutte le cose giuste,
tutte le cose pure, tutte le cose amabili, tutte le cose di buona fama, quelle
in cui è qualche virtù e qualche lode, siano oggetto dei vostri pensieri»
(Fil 4,8).
4. LA GIUSTA OTTICA CULTURALE
DELL’APOLOGETICA CRISTIANA: La cosa curiosa in tali
argomentazioni è il fatto che quasi nessuno menziona che la più antica
celebrazione della natività di Gesù ricorreva il sei gennaio in Egitto, come
rimane in una buona parte del mondo cristiano odierno (chiese ortodosse, chiesa
copta, ecc.). Non a caso tale ricorrenza si chiamava «epifania», ossia
manifestazione di Gesù nel mondo mediante la sua nascita (è tragico che da
epifania sia sorta befana [►
Babbo Natale è morto, la Befana è a rischio]). Anche in occidente
tale festa ricorreva in origine a tale data, finché un vescovo di Roma la portò
al 25 di dicembre per motivi di opportunità, ossia per dissuadere i cristiani a
festeggiare il dio Sole, ribattezzando il già diffuso sei gennaio come visita
dei cosiddetti «re magi». Ora, sfido coloro, che vogliono risalire alle origini
storico-culturali del Natale occidentale (25-12) a farlo pure per l’epifania;
magari la loro fantasia troverà qualche aggancio, vero o presunto che sia, con
la cultura pagana d’oriente.
In ogni modo, la gente d’oggi non sa nulla delle radici storico-culturali del
Natale
occidentale, vere o presunte che siano. Penso che gli argomenti di chi voglia
dissuadere dal Natale e dintorni, se è sensato farlo, debbano avvenire non tanto
risalendo a radici culturali ataviche e a etimologie remote, ma partendo
dall’oggi, analizzando i costumi odierni alla luce della Scrittura.
Poiché sono questi gli argomenti che la gente d’oggi comprende. Da tanti secoli,
la gente celebra la nascita di Gesù come una data simbolica; ciò è parte della
cultura occidentale. Non si può rimuovere questo fatto, di là dalla data
effettiva, in cui Gesù è nato; si può considerarla una data simbolica.
Se bisogna attaccare
qualcosa, ciò riguarda, oltre al materialismo e consumismo sfrenati, che
accompagnano il Natale, specialmente gli aspetti legati all’idolatria
religiosa (venerazione di immagini, bacio di un bambinello, preghiere
rivolte a «Gesù bambino», eccetera), alla superstizione religiosa (p.es.
baciarsi sotto il vischio come buon auspicio e buona fortuna) e la mitologia
cristianizzata (p.es. Babbo Natale).
A me personalmente non interessa di per sé il Natale né alcuna altra festa del
calendario liturgico delle maggiori denominazioni. Tuttavia, più che scrivere
contro le feste del calendario, dovremmo preoccuparci che la gente si
ricordi della natività e della morte di Gesù; i cristiani dovrebbero
esercitarsi a predicare Cristo e il motivo della sua incarnazione: morire
sostitutivamente per gli uomini alfine di salvare chiunque crede in Lui! La
tendenza è che il Natale diventi soltanto la «festa dell’amore» e cose
del genere, e che tale periodo diventi l’occasione per infrangere i comandamenti
di Dio. Se «Gesù è lo stesso Cristo ieri, oggi, e in perpetuo»
(Eb 13,8), ossia due millenni fa, al presente e per sempre, non dovremmo avere
problemi di pensare a Lui tutto l’anno, indipendentemente dalla festa del
Natale, ma anche in tale periodo. Quando la gente è disposta a mettere Cristo
al centro, dovremmo incoraggiarla, di là dai fenomeni culturali e
tradizionali contingenti. Spetta a noi di dire alle persone chi è Gesù
Messia e quale sia stata la sua vita e la sua opera.
Se ci attacchiamo alle questioni contingenti (luci, alberi, presepi) e li
convinciamo che Gesù, storicamente parlando, non è nato il 25 dicembre, cha
abbiamo fatto di singolare? Crederanno per questo all’Evangelo? Un annuncio
reattivo, non ha mai giovato all’Evangelo. Il giudaismo al tempo di Gesù
celebrava feste, che non erano prescritte nella legge mosaica, e che si
arricchirono di elementi singolari; Cristo non fece campagne contro di esse, ma
usò l’occasione culturale per annunciare se stesso (cfr. festa delle luci e «io
sono la luce del mondo»; Gv 8,12; 9,5; 12,46). Gli apostoli sono
partiti da ciò che hanno trovato di positivo (At 17 altare del dio sconosciuto)
e hanno presentato un annuncio adatto a loro e salutare per loro. È più sensato
dire ai non-credenti: «Voglio parlarti di quel Gesù, di cui tu celebri la
nascita, ma di cui probabilmente non sai perché è nato!».
5. LA
COERENZA DELLA FEDE: La fede, per essere coerente con la
dottrina del NT, distingue fra centralità e periferia, fra le cose che bisogna
assolutamente credere, pena l’anatema biblico, e cose legate alle convinzioni e
alla cultura personale, chiaramente non contrari all’insegnamento biblico, ma in
cui si può agire secondo coscienza.
Io mi scrivo fra quelli
che non credono che nel nuovo patto sia prescritto un giorno specifico da
dedicare al Signore; in tutto il NT non trovo un comandamento esplicito riguardo
alla domenica o a un altro giorno. In ogni cultura bisogna verificare ciò, che è
più consono, per vivere in comunione con i fratelli (Israele sabato, mondo
musulmano venerdì, ecc.).
Alcuni affermano che
rifiutano il Natale, poiché esso è per loro ogni giorno da quando si sono
convertiti; magari sono gli stessi che reagiscono allergicamente a tale
ricorrenza. Sebbene io sia indifferente alla ricorrenze religiose, devo
mantenere una coerenza di fede. Infatti, se Gesù è nato nella mia vita
(ossia mi ha rigenerato mediante lo Spirito Santo), per coerenza lo posso
ricordare tutti i giorni nessuno escluso, quindi anche dal 24 al 31
dicembre, pensando alla sua incarnazione, alla sua morte, alla sua risurrezione
e
alla sua ascensione al cielo e anticipando
per la fede la sua venuta in gloria. Per i figli di Dio non c’è una «terra di
nessuno» sul calendario.
Poi, per il resto, bisogna mettere in pratica la
Parola di Dio che a proposito dei giorni da osservare e cose simili
recita come segue: «L’uno stima un
giorno più d’un altro; l’altro stima
tutti i giorni uguali; sia ciascuno
pienamente convinto nella propria mente. [...] Io so e son persuaso nel Signor
Gesù che nessuna cosa è impura in se stessa; però se uno stima che una cosa è
impura, per lui è impura. [...] Tu,
la convinzione che hai, serbala per
te stesso dinanzi a Dio. Beato colui che non condanna se stesso in quello, che
approva» (Rm 14,5.14.22).
Per me non esiste un giorno settimanale
speciale nel nuovo patto (possiamo rendere speciale qualsiasi giorno che usiamo
per il Signore), né tempi speciali durante l’anno. Eppure ci sono coloro
che osservano giorni e periodi speciali, e lo fanno per il Signore (cfr.
Rm 14,6ss). A me è comandato di non giudicarli in tali cose (vv. 10ss),
ma sia l’uno che l’altro abbiamo la libertà di fare secondo coscienza
in tali cose (vv. 16ss). I motivi per biasimare chi si chiama «fratello» e
per separarsi da lui sono ben altri (1 Cor 5,9-12).
►
Natale e apologetica cristiana? Parliamone
{Nicola Martella} (T)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Natale_apologetica_Avv.htm
24-12-2010; Aggiornamento: 30-12-2010 |