Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Dall’avvento alla parusia

 

Apologetica

 

 

 

 

La prima parte del «Panorama del NT» porta il titolo «Dall’avvento alla parusia», ossia dalla prima alla seconda venuta del Signor Gesù. Questo titolo evidenzia la tensione in cui erano posti i cristiani del primo secolo (e noi oggi). Essi guardavano indietro all’incarnazione, ai patimenti e alla risurrezione di Gesù quale Messia (primo avvento) e guardavano parimenti avanti alla manifestazione del Signore, del suo regno e della sua salvezza. Il termine «avvento» mette quindi in evidenza l’abbassamento del Messia , mentre «parusia» (gr. parousía «venuta, arrivo») evidenzia la manifestazione gloriosa del Signore alla fine dei tempi. Questo è altresì l’uso che si fa di questi due termini nella teologia.

   Ecco le sezioni dell'opera:
■ Aspetti introduttivi
■ Gesù di Nazaret
■ Gli Evangeli
■ Dall’ascensione alla fine dei tempi
■ Aspetti conclusivi

 

► Vedi al riguardo la Recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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IL NATALE E L’APOLOGETICA CRISTIANA

 

 di Nicola Martella

 

 

1.  ENTRIAMO IN TEMA: In questo articolo parleremo di «apologetica»; essa è la difesa della verità biblica nei confronti sia del paganesimo e dell’ateismo, sia di correnti di pensiero all’interno del cristianesimo. [ L’importanza dell’apologetica] In temi di usi e costumi (come il Natale), alcuni vogliono portare avanti le loro tesi, risalendo alla genesi storico-culturale, che avrebbe generato tale costume. È lo stesso artificio di coloro, che affermano che non bisogna usare oggigiorno certe parole, usando l’etimologia, perché esse avrebbero una provenienza pagana. [ Auguri tra incertezze e ideologia]

     La questione, che qui ci preme, è specialmente la seguente: Dal punto di vista apologetico, come deve porsi il cristianesimo biblico dinanzi a fenomeni culturali, presenti in una zona, dove arriva l’Evangelo? I missionari cristiani del primo secolo (apostoli) si ponevano in netta e aperta contrapposizione contro i fenomeni culturali, che trovavano, oppure cercavano in tale cultura un punto in comune, da cui iniziare l’annuncio dell’Evangelo? (cfr. At 17). Essi annunciavano Gesù Cristo a prescindere, oppure evidenziavano quegli aspetti, che erano particolarmente sensibili per tale cultura religiosa? Ad esempio, laddove c’era una grande influenza filosofica, che prometteva una «conoscenza» profonda delle cose (gnosi), che cosa insegnava il missionario a tali discepoli, tentati da tale cultura? (cfr. Col 2,2ss.8ss). Diceva egli le stesse cose in un contesto di legalismo? (cfr. Rm 10,3s; Gal 5,1ss).

     Quindi, qui non ci preme tanto il Natale quanto le argomentazioni usate per screditarlo. Evidentemente chi usa tali argomenti desueti e incomprensibili alla gente odierna, non si rende conto dell’attrazione, che le tradizioni pagane esercitano sui neo-convertiti di ogni tempo, che sono abituati a certe cose da generazioni. Essi si sentono improvvisamente come pesci fuor dell’acqua; non hanno più radici culturali nell’ambiente, in cui si trovano, sebbene esso è ancora fonte di grande attrazione, ma a loro non viene data alcuna alternativa nel senso di radici in una «nuova cultura» cristiana. Ricondurre tutte le cose a Cristo, non è una torbida macchinazione, ma un atto apologeticamente positivo. Che poi nelle cose bisogna distinguere il grano dalla paglia, è un’altra cosa. Se bisogna attaccare qualcosa con argomenti validi, bisogna riferirsi ai costumi deleteri odierni legati a una certa festa e non a presunte radici ataviche della stessa, cose che la gente non comprende e di cui non vuol saperne.

 

 

2.  LE QUESTIONI: Ho ricevuto il seguente contributo di Emiliano Musso: «Personalmente mi sono recentemente trovato a fare un breve video relativo agli elementi pagani incorporati nella festività del Natale (che, come data, è anch’essa di derivazione extra-cristiana). Da un certo punto di vista, sono sicuramente d’accordo sulla secondarietà di tali elementi, quindi non sono per una “condanna” a tutto campo. Però, d’altro canto, le persone sensibili al tema religioso (quindi, non necessariamente credenti nel senso completo del termine) si trovano spesso a seguire determinate usanze nella convinzione della loro correttezza; e quindi credo che discutere dell’origine di tali consuetudini sia utile a fornire materiale per la riflessione, restando poi fermo il fatto che ciascuno agisce in base alla propria sensibilità personale». {22-12-2010}

     Emiliano Musso prendeva posizione riguardo all’articolo «L’albero di Natale». Tale contributo doveva trovare posto nel tema «L’albero di Natale? Parliamone», ma non essendo specifico all’albero di Natale e trattando questioni tipiche di chi avversa il Natale con argomenti non tanto correnti, ma con la genesi storico-culturale, vera o presunta che sia, lo trattiamo qui extra. Consigliamo di vedere prima il filmato proposto da tale lettore e poi di leggere le mie osservazioni.

     Tale contributo è abbastanza equilibrato. Esso stride però col contenuto di tale suo filmato, che è di tutt’altro tenore. Dopo aver visto tale filmato, mi è venuto spontaneo scrivere i seguenti pensieri sul natale e l’apologetica cristiana. Prendo da esso solo lo spunto per rispondere a tale tendenza reattiva. Tali argomenti sono i soliti, che si possono trovare in altri articoli e filmati dello stesso genere (cfr. «Natale?» di Alfonso Quadro). Evito di elencare gli argomenti, poiché molti di loro li menzionerò specialmente nel prossimo punto.

     Premesso che Gesù non sia nato nel periodo natalizio, che non si sappia il giorno del suo compleanno e che il 25 dicembre sia stato posto come data per altri motivi, i quali oggigiorno sfuggono al 99,99999% della gente — bisognerebbe essere contenti che in tale periodo natalizio, in un modo o nell’altro, anche nel variegato «mondo» si parli specialmente di Gesù Cristo e non di Zeus, di Krishna e dei tanti altri dèi, inventati dagli uomini e che la storia ha seppellito, né di Buddha o di altre incarnazioni delle divinità indù, le cui tombe sono conosciute, né di Maometto o di altri personaggi che si sono presentati come emissari della Deità, morti e mai risorti.

 

 

3.  RICORRENZE PAGANE E APOLOGETICA CRISTIANA: Che la ricorrenza della nascita di Gesù abbia scalzato gli antichi miti, è da considerare una vittoria e non una sconfitta! Gesù quale «Luce del mondo» (Gv 8,12; 9,5) ha scalzato il romano dio «Sole invitto», l’orientale dio solare Mitra e il nordico dio solare Yule; tali divinità erano un laccio per la gente, e le loro feste erano una grande tentazione per i neo-convertiti, a causa delle loro radici culturali. Per i discepoli era liberatorio sapere che è il Dio vivente che fa sorgere il «sole della giustizia», che porta la guarigione al suo popolo (Mal 4,2).

     Cristo quale risurrezione e vita (Gv 11,25) ha messo in ombra Saturno, divinità romana dell’agricoltura e, perciò, di fecondità, abbondanza e ricchezza; è il Dio vivente a dare agli uomini «cibo in abbondanza e letizia nei vostri cuori» (At 14,17). È Cristo ad assicurare la vita ai suoi seguaci oggi e la vita in perpetuo dalla risurrezione in poi.

     Non saremmo certo contenti se nel mondo si festeggiassero ancora tali divinità nel solstizio d’inverno, momento in cui gli dèi della natura vennero (e vengono!) evocati e celebrati con feste lascive. Probabilmente non ci si rende conto del laccio, che costituiva il multiforme paganesimo; i riti di propiziazione in tali periodi particolari erano accompagnati da sacrifici umani e da orge sfrenate. È quindi sempre una mossa intelligente mettere Cristo al centro d’ogni cosa. Ciò è conforme alla fede in Cristo e al combattimento, che ci è preordinato: «Le armi della nostra guerra non sono carnali, ma potenti nel cospetto di Dio a distruggere le fortezze; così distruggiamo i ragionamenti e ogni altezza, che si eleva contro alla conoscenza di Dio, e facciamo prigioniero ogni pensiero sotto all’ubbidienza di Cristo» (2 Cor 10,4s). Gli apologeti cristiani sottrassero a tali divinità le prerogative positive, di cui erano rivestiti, e affermavano che era Gesù Cristo colui, che assicurava tutto ciò dinanzi a Dio Padre. Con la sua morte in croce, Cristo ha vivificato e giustificato i credenti; egli «avendo spogliato i principati e le potestà, ne ha fatto un pubblico spettacolo, trionfando su di loro per mezzo della croce» (Col 2,13ss). Tale atto di spogliamento delle divinità pagane è continuato mediante l’annuncio dell’Evangelo e l’apologetica cristiana.

     La predicazione cristiana non butta via il bambino con tutta l’acqua sporca, ma distrugge gli aspetti deteriori di una cultura e nobilita gli aspetti positivi, riconducendo tutto a Cristo. Esistono questioni inamovibili nella dottrina, che se intaccate, meritano l’anatema divino; esistono però anche questioni culturali, che bisogna ricondurre a Cristo. «Del rimanente, fratelli, tutte le cose vere, tutte le cose onorevoli, tutte le cose giuste, tutte le cose pure, tutte le cose amabili, tutte le cose di buona fama, quelle in cui è qualche virtù e qualche lode, siano oggetto dei vostri pensieri» (Fil 4,8).

 

 

4.  LA GIUSTA OTTICA CULTURALE DELL’APOLOGETICA CRISTIANA: La cosa curiosa in tali argomentazioni è il fatto che quasi nessuno menziona che la più antica celebrazione della natività di Gesù ricorreva il sei gennaio in Egitto, come rimane in una buona parte del mondo cristiano odierno (chiese ortodosse, chiesa copta, ecc.). Non a caso tale ricorrenza si chiamava «epifania», ossia manifestazione di Gesù nel mondo mediante la sua nascita (è tragico che da epifania sia sorta befana [ Babbo Natale è morto, la Befana è a rischio]). Anche in occidente tale festa ricorreva in origine a tale data, finché un vescovo di Roma la portò al 25 di dicembre per motivi di opportunità, ossia per dissuadere i cristiani a festeggiare il dio Sole, ribattezzando il già diffuso sei gennaio come visita dei cosiddetti «re magi». Ora, sfido coloro, che vogliono risalire alle origini storico-culturali del Natale occidentale (25-12) a farlo pure per l’epifania; magari la loro fantasia troverà qualche aggancio, vero o presunto che sia, con la cultura pagana d’oriente.

     In ogni modo, la gente d’oggi non sa nulla delle radici storico-culturali del Natale occidentale, vere o presunte che siano. Penso che gli argomenti di chi voglia dissuadere dal Natale e dintorni, se è sensato farlo, debbano avvenire non tanto risalendo a radici culturali ataviche e a etimologie remote, ma partendo dall’oggi, analizzando i costumi odierni alla luce della Scrittura. Poiché sono questi gli argomenti che la gente d’oggi comprende. Da tanti secoli, la gente celebra la nascita di Gesù come una data simbolica; ciò è parte della cultura occidentale. Non si può rimuovere questo fatto, di là dalla data effettiva, in cui Gesù è nato; si può considerarla una data simbolica. Se bisogna attaccare qualcosa, ciò riguarda, oltre al materialismo e consumismo sfrenati, che accompagnano il Natale, specialmente gli aspetti legati all’idolatria religiosa (venerazione di immagini, bacio di un bambinello, preghiere rivolte a «Gesù bambino», eccetera), alla superstizione religiosa (p.es. baciarsi sotto il vischio come buon auspicio e buona fortuna) e la mitologia cristianizzata (p.es. Babbo Natale).

     A me personalmente non interessa di per sé il Natale né alcuna altra festa del calendario liturgico delle maggiori denominazioni. Tuttavia, più che scrivere contro le feste del calendario, dovremmo preoccuparci che la gente si ricordi della natività e della morte di Gesù; i cristiani dovrebbero esercitarsi a predicare Cristo e il motivo della sua incarnazione: morire sostitutivamente per gli uomini alfine di salvare chiunque crede in Lui! La tendenza è che il Natale diventi soltanto la «festa dell’amore» e cose del genere, e che tale periodo diventi l’occasione per infrangere i comandamenti di Dio. Se «Gesù è lo stesso Cristo ieri, oggi, e in perpetuo» (Eb 13,8), ossia due millenni fa, al presente e per sempre, non dovremmo avere problemi di pensare a Lui tutto l’anno, indipendentemente dalla festa del Natale, ma anche in tale periodo. Quando la gente è disposta a mettere Cristo al centro, dovremmo incoraggiarla, di là dai fenomeni culturali e tradizionali contingenti. Spetta a noi di dire alle persone chi è Gesù Messia e quale sia stata la sua vita e la sua opera.

     Se ci attacchiamo alle questioni contingenti (luci, alberi, presepi) e li convinciamo che Gesù, storicamente parlando, non è nato il 25 dicembre, cha abbiamo fatto di singolare? Crederanno per questo all’Evangelo? Un annuncio reattivo, non ha mai giovato all’Evangelo. Il giudaismo al tempo di Gesù celebrava feste, che non erano prescritte nella legge mosaica, e che si arricchirono di elementi singolari; Cristo non fece campagne contro di esse, ma usò l’occasione culturale per annunciare se stesso (cfr. festa delle luci e «io sono la luce del mondo»; Gv 8,12; 9,5; 12,46). Gli apostoli sono partiti da ciò che hanno trovato di positivo (At 17 altare del dio sconosciuto) e hanno presentato un annuncio adatto a loro e salutare per loro. È più sensato dire ai non-credenti: «Voglio parlarti di quel Gesù, di cui tu celebri la nascita, ma di cui probabilmente non sai perché è nato!».

 

 

5.  LA COERENZA DELLA FEDE: La fede, per essere coerente con la dottrina del NT, distingue fra centralità e periferia, fra le cose che bisogna assolutamente credere, pena l’anatema biblico, e cose legate alle convinzioni e alla cultura personale, chiaramente non contrari all’insegnamento biblico, ma in cui si può agire secondo coscienza.

     Io mi scrivo fra quelli che non credono che nel nuovo patto sia prescritto un giorno specifico da dedicare al Signore; in tutto il NT non trovo un comandamento esplicito riguardo alla domenica o a un altro giorno. In ogni cultura bisogna verificare ciò, che è più consono, per vivere in comunione con i fratelli (Israele sabato, mondo musulmano venerdì, ecc.).

     Alcuni affermano che rifiutano il Natale, poiché esso è per loro ogni giorno da quando si sono convertiti; magari sono gli stessi che reagiscono allergicamente a tale ricorrenza. Sebbene io sia indifferente alla ricorrenze religiose, devo mantenere una coerenza di fede. Infatti, se Gesù è nato nella mia vita (ossia mi ha rigenerato mediante lo Spirito Santo), per coerenza lo posso ricordare tutti i giorni nessuno escluso, quindi anche dal 24 al 31 dicembre, pensando alla sua incarnazione, alla sua morte, alla sua risurrezione e alla sua ascensione al cielo e anticipando per la fede la sua venuta in gloria. Per i figli di Dio non c’è una «terra di nessuno» sul calendario.

     Poi, per il resto, bisogna mettere in pratica la Parola di Dio che a proposito dei giorni da osservare e cose simili recita come segue: «L’uno stima un giorno più d’un altro; l’altro stima tutti i giorni uguali; sia ciascuno pienamente convinto nella propria mente. [...] Io so e son persuaso nel Signor Gesù che nessuna cosa è impura in se stessa; però se uno stima che una cosa è impura, per lui è impura. [...] Tu, la convinzione che hai, serbala per te stesso dinanzi a Dio. Beato colui che non condanna se stesso in quello, che approva» (Rm 14,5.14.22).

     Per me non esiste un giorno settimanale speciale nel nuovo patto (possiamo rendere speciale qualsiasi giorno che usiamo per il Signore), né tempi speciali durante l’anno. Eppure ci sono coloro che osservano giorni e periodi speciali, e lo fanno per il Signore (cfr. Rm 14,6ss). A me è comandato di non giudicarli in tali cose (vv. 10ss), ma sia l’uno che l’altro abbiamo la libertà di fare secondo coscienza in tali cose (vv. 16ss). I motivi per biasimare chi si chiama «fratello» e per separarsi da lui sono ben altri (1 Cor 5,9-12).

 

Natale e apologetica cristiana? Parliamone {Nicola Martella} (T)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Natale_apologetica_Avv.htm

24-12-2010; Aggiornamento: 30-12-2010

 

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