1. LE QUESTIONI: Ciao,
fratello. È da tanto tempo che volevo chiederti un consiglio. Mi chiedevo cosa
passa nella mente di un uomo, quando non reagisce alle dolcezze della
propria moglie.
Una volta, un fratello mi disse: «Tu tratti Gino come un credente, ma non
lo è... Da lui non ti puoi aspettare determinati comportamenti». È giusto,
allora mi chiedo quanto sia difficile dare attenzioni, dimostrare in
mille modi il proprio affetto.
Vorrei fare alcuni esempi di quello, che dico e faccio con Gino. Sarò sincera
perché ho bisogno di un fratello, maschio, che conosce la mente degli uomini,
che mi dica se sono fuori di testa oppure no. Ultimamente sto leggendo il
libro dei 40 giorni, quello tratto dal film del pompiere. Fin dal primo
giorno, l’autore suggeriva di non rispondere di traverso, poi di essere gentili,
di assecondare le sue decisioni anche se non ti piacciono, di fare qualcosa di
carino (come per esempio massaggiare i piedi, preparare il dolce preferito,
mettere in ordine il suo armadio), comprare qualcosa che gli ricordasse che
durante la giornata l’hai pensato, fare una semplice telefonata per chiedere se
si può essere utile in qualcosa, scrivere un biglietto che gli ricordava di
averlo sposato per scelta e che dopo tanto tempo quella scelta era ancora
confermata e felice, e così via.
Allora mi chiedo come si può restare in silenzio davanti a tali
comportamenti (fatti tutti giorno dopo giorno)?
Senza perdere la calma, penso che le risposte possono essere due: ▪ 1. Lui non
ci ha fatto caso, perché distratto da altre cose (silenzio anche quando
vado dalla parrucchiera, metto un tacco alto o cambio trucco); ▪ 2. Ci ha fatto
caso, apprezza, ma non verbalizza.
In entrambi i casi non è corretto. Allora una sera gli faccio un
esempio: «Un giorno tu porti a mia madre un cesto, ricco di leccornie,
grande e infiocchettato ma, essendo lei in bagno, tu lo appoggi all’ingresso. Se
lei uscendo ti salutasse senza accennare al regalo, tu cosa penseresti? ▪ 1. Che
non ci ha fatto caso; ▪ 2. Che è una persona insensibile. Allora per sapere
quale delle due risposte è giusta, le dici: “Guardi cosa ti ho portato!”. “Ah!
Grazie”, fa lei e passa ad altro». «Caro Gino, tu come ci resteresti? Ti
ricordo che a te piace che ti si facciano grandi feste! Proprio tu, quando fai
qualcosa (p.es. quando cucini), chiedi spesso come è venuta, sebbene io ti abbia
già ripetuto più volte con calore e partecipazione che è ottima. Lui, alla fine
dell’esempio mi dice che ho ragione, poi però tutto va avanti come prima.
Ora regna un po’ di confusione nel mio cuore:
■ Da una parte, la Bibbia mi dice che è buono interagire con proprio
coniuge, che è buono avere con lui comunione passionale, che è bello scambiarsi
tenerezze.
■ Dall’altra parte, la Bibbia m’insegna ad amare senza pretendere nulla
in cambio, che l’amore vero è quello disinteressato, come quello di Gesù che amò
perfino chi lo stava uccidendo... Allora sono io che sto sbagliando,
aspettandomi qualcosa?
Non sto crescendo nella direzione giusta, nelle direzione biblica, se nel mio
cuore cerco un po’ di gratificazione!? La gratifica non la dobbiamo
cercare negli uomini, ma in Gesù; e allora come fare? Come si può conciliare le
due cose?
Io non pretendo che Gino cambi; sono un po’ rassegnata a un relazione
piatta, senza rapporti passionali. Il nostro rapporto non è noioso, ma in esso
mi sento una come tante, non mi sento speciale, unica... Tu cosa ne pensi?
{Giulia Ghisa, ps.;16-12-2010}
2. LE RISPOSTE: Se non
ricordo male, avevo già parlato di cose del genere con questa lettrice ma, come
vedo, esse ritornano. Ecco alcuni semplici appunti di orientamento, che possono
aiutarla.
■ È vero, non deve trattare il marito come un «rigenerato», ma solo come
un simpatizzante. A un figlio di Dio si può richiedere la coerenza di fede e
l’ubbidienza, a un simpatizzante bisogna essere una buona testimonianza e
aspettare che si converta.
■ I modelli importati come «Fire proof» (a prova di fuoco) sono
interessanti, ma quando li si vuole applicare come «ricetta», che funziona e
guarisce, si può rimanere delusi; ci si accorge che certe cose funzionano
soltanto nel contesto culturale originario. In altri contesti, tale ricettario
potrebbe alimentare il martirio dell’uno, che si dà da fare, e l’egoismo
dell’altro, che si adatta al bene del coniuge senza porsi troppe domande.
■ Quando si parla della vita e della dinamica di coppia, bisogna stare attenti
alle
facili ricette universali, poiché ogni coppia ha una sua miscela di
caratteri e temperamenti, una sua dinamica, un suo equilibrio, una sua intesa o
«complicità», e così via.
■ In una coppia due possono avere la stessa indole ed essere ambedue
intellettuali o pragmatici, idealisti o razionalisti, dinamici o flemmatici,
passionali (romantici) o distaccati (stitici di sentimenti), e così via. Oppure
si può essere del tutto dissimili. Essere simili aiuta in tante
cose, ma nel complesso si potrebbe fare acqua, poiché nessuno compensa gli
aspetti mancanti nell’altro e si può andare alla deriva insieme. Essere
diversi
può essere problematico, potendo essere gli interessi abbastanza distanti e la
voglia di fare cose insieme poca; ma se ci si arrangia e concerta insieme e si
vede la diversità altrui come risorsa, tenendo in equilibrio autodeterminazione
e rispetto altrui, si può creare una grande intesa.
■ Tornando alle cure unilaterali tipo «Fire proof», quantunque esse
possano essere nobili, possono non sortire gli effetti desiderati. Uno dei
problemi è che l’altro non ne sa nulla e non si pone il problema. Specialmente
l’uomo potrebbe adattarsi presto al bene fatto dalla moglie e prenderlo per
scontato.
Quindi, in passo importante, dopo aver investito «a fondo perduto», è
verbalizzare
ciò che si intende, comunicarlo al proprio partner. Poiché, magari, l’uno si fa
martire, ma l’altro non lo sa o non se ne fa pensiero.
■ Una delle cose più difficili nelle relazioni umane, quindi anche nella coppia,
è la
comunicazione. Alcuni hanno un certo «pudore» a comunicare al proprio
coniuge che cosa vogliono; vorrebbero che l’altro intuisse i propri desideri, ma
non è sempre così, specialmente se l’altro è diverso da noi. Per questo si fa
bene a comunicare all’altro ciò che si vuole. Ad esempio, in una coppia in cui
un coniuge è passionalmente una «stufa» e l’altro «ghiacciolo», quest’ultimo non
si dà pena, mentre il primo soffre per mancanza di coccole. Il primo passo in
tutte le cose, in cui l’altro ha un bisogno o una debolezza, è comunicarlo
all’altro e, se necessario, stabilire insieme una regola per ogni cosa. Anche
riguardo ai rapporti coniugali si può addivenire insieme a un «minimo
sindacabile»; può apparire non romantico, ma una regola aiuta e poi, magari,
l’appetito vien mangiando. In ogni modo, comunque si faccia, bisogna comunicare
all’altro il proprio bisogno, quando l’altro ha un’altra indole.
■ In genere il
quadro è opposto: uomini sessualmente caldi e donne più fredde. Il
conflitto è spesso fra uomini, che fanno richieste e rivendicazioni passionali,
e donne che sublimano nei figli o in altre cose. Avere una «donna tutta
dolcezze» sarebbe il sogno di tanti uomini. Un uomo con poca vitalità
sessuale ha chiaramente un problema ed esso può risiedere in vari settori: a
livello fisico (poco testosterone, calo della libido), psichico (insoddisfazione
del rapporto coniugale), esistenziale (fallimenti, preoccupazioni, ecc.),
mentale (depressione), eccetera. Tali aspetti possono anche essere combinati fra
loro. Di caso in caso, bisogna stabilire quale sia la diagnosi del soggetto.
Anche qui il dialogo è importante per stabilire le cause.
Una volta stabilita la vera causa di tanta refrattarietà
dell’altro alle proprie attenzioni, si potrà cercare insieme una soluzione.
Magari tale causa non è (ancora) cosciente a chi ha il problema. Oppure,
c’è qualcosa che egli ritiene d’essere «indicibile» e incomunicabile
all’altro. Magari è qualcosa del passato che blocca, un comportamento del suo
coniuge al momento o qualche altra cosa, che costituisce tale misterioso
«segreto». Alcuni, non sono abituati a essere trattati così bene, nutrono
il sospetto che dietro a tali «dolci manovre» ci sia qualcosa o qualche
strategia, con cui si può venir manipolati. In altri casi non c’è proprio nulla,
ma le persone semplicemente
non sono abituate per cultura familiare a recepire «smancerie» del genere,
impermeabili come sono manco le sentono, e se le vedono pensano che si tratti di
un tic del coniuge, che bisogna sopportare. Quindi, non solo bisogna fare il
bene al proprio coniuge, ma bisogna accertarsi che capisca che cosa sta
succedendo. Inutile trasmettere un programma, se l’altro ha la radio rotta o è
sintonizzato su un’altra frequenza.
■ Inoltre, bisogna accettare che l’altro sia diverso da noi. Se uno è
intellettuale ha un coniuge pragmatico, non ci potrà fare discorsi filosofici,
poiché, pur ascoltandoti, dopo un po’ s’annoia o va in tilt. Se uno è molto
attivo e ha un coniuge più riflessivo o flemmatico, potrà spingere quanto vuole
all’azione, ma dopo un po’ all’altro mancherà il fiato per troppa attività e
desidererà trovare un «luogo di rifugio» con se stesso. E così via. Se si è
abbastanza diversi, è una pia illusione voler fare tutto insieme. In tali casi
si fa bene ad accettare l’altro così com’è e cercare insieme una via onorevole
per coniugare insieme autodeterminazione e comunione, libertà personale e legame
comune, diritti e doveri. Sebbene alcune cose saranno costanti, chiaramente
tutto ciò dovrà essere rivisto di tempo in tempo.
■ Nell’amore coniugale ci sono sempre differenti aspetti. Si fanno alcune
cose per
dovere, poiché si è entrati nel patto con l’altro. Si fanno altre cose
semplicemente per il bene, che si vuole all’altro. Si investe nell’altro
a fondo perduto, sapendo che è un investimento per il bene comune. Si ha
anche il diritto di reclamare una contropartita o una compensazione,
visto che è un patto comune e un cammino comune; se uno diventa vittima (chi
sempre dà) e l’altro carnefice (chi sempre prende, senza un ritorno di fiamma),
la corda primo o poi si spezza. Nel matrimonio c’è sia il sacrificio personale
per il bene comune (rinunce, impegno, ecc.), sia la reciprocità di
diritti e doveri.
Quando ci si sposa, si consegna il proprio corpo nelle mani del coniuge e ognuno
si impegna a dare all’altro ciò, che è dovuto (1 Cor 7,3ss). Certo ciò vale
specialmente fra due credenti, ma si può applicare tale principio a ogni
matrimonio. Il matrimonio è il luogo dove realizzare la propria
gratificazione, certo non a spesse di quella dell’altro.
■ Per uscire dalla rassegnazione, bisogna stabilire chi si è e che cosa
si vuole, chi è il coniuge e che cosa vuole lui; bisogna che ognuno lo sappia
dall’altro. Se l’altro è «freddo» e «stitico di sentimenti», bisogna capire
perché, che cosa lo blocca e che cosa fare per dargli nuova fiamma. Se l’altro è
insensibile e ingrato, bisogna risalire alle cause; come detto, magari
non ne è consapevole, oppure la sua cultura gli detta che è così che bisogna
fare. Alcuni sono stati educati che mostrare i propri sentimenti è per
persone deboli. Altri pensano che mostrare ciò, che si è, renda vulnerabili;
e questo schema mentale viene usato anche nel matrimonio. È possibile dare la
medicina
appropriata al caso, soltanto dopo aver stabilita una corretta diagnosi.
Se non si riesce da soli, bisogna trovare chi possa dare un aiuto. Il problema è
che gli uomini sono restii a dire ad altri i fatti propri. A volte, però, può
aiutare un dialogo spontaneo con coppie mature e preparate.
■ È difficile mettere insieme sotto lo stesso giogo un bue e un asino,
vista la loro differente natura. Ciò vale già per l’indole differente. Poi
rimane il problema della fede. Allora bisogna trovare il modo per «arrangiarsi»,
per tirare la corda dalla stessa parte e perseguire obiettivi comuni. Un
credente accetterà le esortazioni e i comandi del Signore, il non-credente e il
simpatizzante si comporterà differentemente: l’uno tollera, l’altro «abbozza»
dando ogni tanto delle frecciate, l’altro ancora non ne vuol sapere e ce poi chi
va sulle barricate.
■ In tali casi è meglio essere realisti; e spesso è più utile la
strategia dei piccoli passi. Se si pigia troppo sul pedale dell’acceleratore,
può succedere che l’altro coniuge si spaventi e chieda di fermare l’auto per
proseguire a piedi. Chi è saggio, usa il discernimento, si mette al ritmo
dell’altro coniuge per guadagnarlo e, interagendo intelligentemente con lui,
crea le occasioni (o usa quelle, che avvengono), in cui l’altro si senta libero
di pigiare sul pedale dell’acceleratore sia della fede, sia della passione.
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Mogli-calor_marit-ghiacci_GeR.htm
20-10-2010; Aggiornamento: 11-05-2013 |