Tempo fa incontrai un
credente che lavorava nella FIAT di Melfi e mi ha parlò delle difficoltà dei
lavoratori, delle agitazioni, dei turni estenuanti, dei problemi con la ditta e,
ad esempio, della mancanza di rinnovamento del contratto, scaduto ormai da anni.
Non pensavo che le cose diventassero così drammatiche come invece appresi poi
anche dagli organi di comunicazione. Rimasi sbalordito di vedere scene in cui
la polizia caricava e picchiava i lavori che
manifestavano pacificamente davanti ai cancelli dell’azienda. Quanto grande
dev’essere stata l’esasperazione di tali lavoratori!
Dinanzi a tali fatti, pensai: ritorniamo così alle scene degli anni Cinquanta
del secolo scorso? Ritorniamo alle pesanti contrapposizioni sociali? Se le cose
stessero così, addio solidarietà sociale, addio progresso e addio «fratelli
d’Italia» dell’Inno di Mameli!
Informandomi sulla situazione in quella fabbrica, scoprii che il contratto era
scaduto da quattro anni. Sebbene le persone arrivassero alle sei di mattina a
lavorare (alcune persone distanti dovevano alzarsi alle tre di notte per
esserci!), si sentivano spesso dire dai capi di tornarsene a casa, perché non
c’era lavoro. E tutto ciò avveniva, rimanendo essi, tra altre cose, senza
salario, senza cassa integrazione e senza garanzie per il loro futuro!
Mi
chiesi: in situazioni come queste, come possono fare padri e madri di famiglia a
tirare avanti la baracca? Non resteranno esasperati e disperati? Far caricare
dalla polizia persone che stanno a mani nude, non alimenta alquanto i conflitti
sociali? La gente disse in tale occasione che proprio non se lo aspettava e non
aveva fatto nulla per difendersi. Chissà come si sentirono coloro che, già
infreddoliti e inzuppati per la pioggia battente, ricevettero le botte, si
fecero male o finirono all’ospedale! Eppure essi stavano chiedendo soltanto i
loro diritti, sanciti dalla nostra Costituzione.
Che
cosa chiedevano i lavoratori di tale ditta e del suo indotto? Ecco qui di
seguito i loro punti programmatici.
l 1) Poiché a una produttività maggiore degli
impianti del loro stabilimento corrisponde a un salario inferiore rispetto agli
altri stabilimenti, essi chiedono l’equiparazione del salario.
l 2) Poiché essi hanno dodici giorni consecutivi di
lavoro notturno con maggiorazioni inferiori a quelle del resto del gruppo,
chiedono il miglioramento dei turni di lavoro. l 3) Poiché essi sono stati colpiti da 9.000 provvedimenti disciplinari in
tre anni, il tutto per motivi futili, essi chiedono la difesa della dignità e
dei diritti dei lavoratori.
l 4) Infine essi
chiedono il ripristino di un clima più disteso tra i lavoratori all’interno
della fabbrica.
Quando le lessi, mi sembravano richieste onorevoli e non eccessive. Ciò si
accorda con i principi del cristianesimo. La sacra Scrittura afferma che l’amore
cristiano non gode dell’ingiustizia (1 Cor 13,6), da qualunque parte essa venga.
Come cristiani non possiamo tirarci fuori dalle questioni sociali. Dio faceva
scrivere al profeta Geremia ai Giudei dispersi allora in Medio Oriente (6° sec.
a.C.): «Cercate il bene della città… e pregate l’Eterno
per essa; poiché dal bene d’essa dipende il vostro bene» (Gr 29,7).
Anche l’apostolo Paolo si auspicava che i credenti possano «condurre
una vita tranquilla e quieta, in ogni devozione e onestà» (1 Tm 2,2).
Se
si ritiene giusto mobilitarsi per i diritti civili delle minoranze, per i
discriminati, per le foche del Canada in estinzione o per varie ingiustizie del
mondo, è bene adoperarsi anche per la pacificazione sociale e per soluzioni
umane e ragionevoli. I conflitti sociali alimentano da sempre altre ingiustizie
e violenze, danno mano libera a forze caotiche e destabilizzanti… e tutto ciò
porta soltanto a tanto male, a un regresso sociale e a tante sofferenze.
L’inutile ricerca dello scontro e dell’inasprimento del confronto non porterà
mai nessun bene o benessere. Coloro che si mordono e si divorano a vicenda,
saranno consumati gli uni dagli altri (Gal 5,15). Chi causa delle falle nella
nave, deve mettere in conto di affondare con essa.
Secondo Gesù Cristo l’operaio è degno del suo nutrimento (Mt 10,10) e chi lavora
dev’essere il primo a godere della sua parte di frutti (1 Cor 9,7.10). Se
effettivamente sono state fatte delle promesse di miglioramenti salariali e di
condizioni di vita nelle fabbriche, i datori di lavoro se vogliono onorare Dio
fanno bene a mantenere la loro parola. Secondo la Scrittura, il riguardo del
Signore è per chi «se ha giurato, fosse anche a suo danno, non
muta parere» (Sal 15,4).
Bisogna tener presente che Dio compare come testimone e difensore degli
svantaggiati e degli sfruttati. L’Eterno dice: «Io
m’accosterò a voi per il giudizio e, senza indugio, io sarò testimone contro…
quelli che giurano il falso, contro quelli che frodano l’operaio del suo
salario, che opprimono la vedova e l’orfano, che fanno torto allo straniero…»
(Mal 3,5). Gesù stesso lanciò la sua minaccia contro i ricchi che godono la
vita, sfruttando i loro operai (Lc 6,24ss); lo stesso fecero i suoi apostoli
(Gcm 2,6s).
Dio
onora coloro che cercano la pace e si dispongono a risolvere i problemi,
discutendoli in maniera pacifica. È convinzione biblica che la pace (anche
quella sociale) sia il frutto dell’esercizio della giustizia (Is 32,17; Gcm
3,18). Gesù ha chiamato felici quelli che s’adoperano alla pace (Mt 5,9).
Infine, ricordiamo ai
datori di lavoro
che il Signore ha comandato di dare ai loro operai «ciò che è giusto ed equo», sapendo
che renderanno conto a Dio quale «Padrone nel cielo» (Col 4,1). l Dio comanda altresì agli
operai
cristiani di fare il proprio dovere verso i loro padroni, dando loro l’onore che
spetta alla loro posizione, lavorando con semplicità di cuore e temendo il
Signore (Col 3,22; 1 Tm 6,1s). Ciò significa che il lavoratore, che teme Dio,
dev’essere sottomesso all’autorità che la legge riconosce al suo datore di
lavoro, deve concorrere al raggiungimento degli obiettivi della ditta, non deve
frodare l’azienda e deve mostrare sempre una piena lealtà (Tt 2,9s). L’operaio,
che si dice cristiano, tiene presente in tutto ciò anche la sua ricerca
dell’onore di Dio (1 Pt 2,18s).
n
Per
approfondire ulteriormente queste riflessioni si veda particolarmente il
seguente articolo (oltre che all’intera opera): Nicola Martella, «Il patto e la
sua etica»,
Šabbât
(Punto°A°Croce, Roma
1999), pp. 6-11. € 12,91.
n Una prima versione di
quest’articolo è comparsa col titolo «I lavoratori della FIAT di Melfi» su
«Oltre» (EPA
Media, Aversa aprile 2004), pp. 4s. |
► URL di origine: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Lavoro_etica-Sh.htm
07-04-2007; Aggiornamento:
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