Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

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IL LAVORO E L’ETICA BIBLICA

 

 di Nicola Martella

 

Tempo fa incontrai un credente che lavorava nella FIAT di Melfi e mi ha parlò delle difficoltà dei lavoratori, delle agitazioni, dei turni estenuanti, dei problemi con la ditta e, ad esempio, della mancanza di rinnovamento del contratto, scaduto ormai da anni. Non pensavo che le cose diventassero così drammatiche come invece appresi poi anche dagli organi di comunicazione. Rimasi sbalordito di vedere scene in cui la polizia caricava e picchiava i lavori che manifestavano pacificamente davanti ai cancelli dell’azienda. Quanto grande dev’essere stata l’esasperazione di tali lavoratori!

     Dinanzi a tali fatti, pensai: ritorniamo così alle scene degli anni Cinquanta del secolo scorso? Ritorniamo alle pesanti contrapposizioni sociali? Se le cose stessero così, addio solidarietà sociale, addio progresso e addio «fratelli d’Italia» dell’Inno di Mameli!

     Informandomi sulla situazione in quella fabbrica, scoprii che il contratto era scaduto da quattro anni. Sebbene le persone arrivassero alle sei di mattina a lavorare (alcune persone distanti dovevano alzarsi alle tre di notte per esserci!), si sentivano spesso dire dai capi di tornarsene a casa, perché non c’era lavoro. E tutto ciò avveniva, rimanendo essi, tra altre cose, senza salario, senza cassa integrazione e senza garanzie per il loro futuro!

     Mi chiesi: in situazioni come queste, come possono fare padri e madri di famiglia a tirare avanti la baracca? Non resteranno esasperati e disperati? Far caricare dalla polizia persone che stanno a mani nude, non alimenta alquanto i conflitti sociali? La gente disse in tale occasione che proprio non se lo aspettava e non aveva fatto nulla per difendersi. Chissà come si sentirono coloro che, già infreddoliti e inzuppati per la pioggia battente, ricevettero le botte, si fecero male o finirono all’ospedale! Eppure essi stavano chiedendo soltanto i loro diritti, sanciti dalla nostra Costituzione.

     Che cosa chiedevano i lavoratori di tale ditta e del suo indotto? Ecco qui di seguito i loro punti programmatici. l 1) Poiché a una produttività maggiore degli impianti del loro stabilimento corrisponde a un salario inferiore rispetto agli altri stabilimenti, essi chiedono l’equiparazione del salario. l 2) Poiché essi hanno dodici giorni consecutivi di lavoro notturno con maggiorazioni inferiori a quelle del resto del gruppo, chiedono il miglioramento dei turni di lavoro. l 3) Poiché essi sono stati colpiti da 9.000 provvedimenti disciplinari in tre anni, il tutto per motivi futili, essi chiedono la difesa della dignità e dei diritti dei lavoratori. l 4) Infine essi chiedono il ripristino di un clima più disteso tra i lavoratori all’interno della fabbrica.

     Quando le lessi, mi sembravano richieste onorevoli e non eccessive. Ciò si accorda con i principi del cristianesimo. La sacra Scrittura afferma che l’amore cristiano non gode dell’ingiustizia (1 Cor 13,6), da qualunque parte essa venga. Come cristiani non possiamo tirarci fuori dalle questioni sociali. Dio faceva scrivere al profeta Geremia ai Giudei dispersi allora in Medio Oriente (6° sec. a.C.): «Cercate il bene della città… e pregate l’Eterno per essa; poiché dal bene d’essa dipende il vostro bene» (Gr 29,7). Anche l’apostolo Paolo si auspicava che i credenti possano «condurre una vita tranquilla e quieta, in ogni devozione e onestà» (1 Tm 2,2).

     Se si ritiene giusto mobilitarsi per i diritti civili delle minoranze, per i discriminati, per le foche del Canada in estinzione o per varie ingiustizie del mondo, è bene adoperarsi anche per la pacificazione sociale e per soluzioni umane e ragionevoli. I conflitti sociali alimentano da sempre altre ingiustizie e violenze, danno mano libera a forze caotiche e destabilizzanti… e tutto ciò porta soltanto a tanto male, a un regresso sociale e a tante sofferenze. L’inutile ricerca dello scontro e dell’inasprimento del confronto non porterà mai nessun bene o benessere. Coloro che si mordono e si divorano a vicenda, saranno consumati gli uni dagli altri (Gal 5,15). Chi causa delle falle nella nave, deve mettere in conto di affondare con essa.

     Secondo Gesù Cristo l’operaio è degno del suo nutrimento (Mt 10,10) e chi lavora dev’essere il primo a godere della sua parte di frutti (1 Cor 9,7.10). Se effettivamente sono state fatte delle promesse di miglioramenti salariali e di condizioni di vita nelle fabbriche, i datori di lavoro se vogliono onorare Dio fanno bene a mantenere la loro parola. Secondo la Scrittura, il riguardo del Signore è per chi «se ha giurato, fosse anche a suo danno, non muta parere» (Sal 15,4).

     Bisogna tener presente che Dio compare come testimone e difensore degli svantaggiati e degli sfruttati. L’Eterno dice: «Io m’accosterò a voi per il giudizio e, senza indugio, io sarò testimone contro… quelli che giurano il falso, contro quelli che frodano l’operaio del suo salario, che opprimono la vedova e l’orfano, che fanno torto allo straniero…» (Mal 3,5). Gesù stesso lanciò la sua minaccia contro i ricchi che godono la vita, sfruttando i loro operai (Lc 6,24ss); lo stesso fecero i suoi apostoli (Gcm 2,6s).

     Dio onora coloro che cercano la pace e si dispongono a risolvere i problemi, discutendoli in maniera pacifica. È convinzione biblica che la pace (anche quella sociale) sia il frutto dell’esercizio della giustizia (Is 32,17; Gcm 3,18). Gesù ha chiamato felici quelli che s’adoperano alla pace (Mt 5,9).

     Infine, ricordiamo ai datori di lavoro che il Signore ha comandato di dare ai loro operai «ciò che è giusto ed equo», sapendo che renderanno conto a Dio quale «Padrone nel cielo» (Col 4,1). l Dio comanda altresì agli operai cristiani di fare il proprio dovere verso i loro padroni, dando loro l’onore che spetta alla loro posizione, lavorando con semplicità di cuore e temendo il Signore (Col 3,22; 1 Tm 6,1s). Ciò significa che il lavoratore, che teme Dio, dev’essere sottomesso all’autorità che la legge riconosce al suo datore di lavoro, deve concorrere al raggiungimento degli obiettivi della ditta, non deve frodare l’azienda e deve mostrare sempre una piena lealtà (Tt 2,9s). L’operaio, che si dice cristiano, tiene presente in tutto ciò anche la sua ricerca dell’onore di Dio (1 Pt 2,18s).

 

     n Per approfondire ulteriormente queste riflessioni si veda particolarmente il seguente articolo (oltre che all’intera opera): Nicola Martella, «Il patto e la sua etica», Šabbât (Punto°A°Croce, Roma 1999), pp. 6-11. € 12,91.

     n Una prima versione di quest’articolo è comparsa col titolo «I lavoratori della FIAT di Melfi» su «Oltre» (EPA Media, Aversa aprile 2004), pp. 4s.

 

► URL di origine: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Lavoro_etica-Sh.htm

07-04-2007; Aggiornamento:

 

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