Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Le diversità possono essere una risorsa oppure diventano un problema.
 Ecco le parti principali:
■ Entriamo in tema (il problema)
■ Uniti nella verità
■ Le diversità quale risorsa
■ Le diversità e le divisioni
■ Aspetti connessi.
 
Il libro è adatto primariamente per conduttori di chiesa, per diaconi e per collaboratori attivi; si presta pure per il confronto fra leader e per la formazione dei collaboratori. È un libro utile per le «menti pensanti» che vogliano rinnovare la propria chiesa, mettendo a fuoco le cose essenziali dichiarate dal NT.

 

Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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INNI CHE EVITO DI CANTARE

 

 di Nicola Martella

 

 

1.  ENTRIAMO IN TEMA: Scrivendo questo articolo, premetto che sono grato per i tanti credenti che hanno scritto inni biblici, ossia che rispecchiano la sana dottrina, che si evince chiaramente dalla sacra Scrittura. Qui di seguito parlerò di alcuni inni e canti, che io evito di cantare, ciò non ha nulla a che fare con le persone degli autori né con la loro attività complessiva, ma soltanto agli aspetti di cui parlerò. Ciò non mette in dubbio la loro moralità, il loro amore per il Signore e per la Scrittura e la loro devozione. Lo scopo è di accendere una riflessione comune, perché possiamo fare meglio.

     Chiaramente non canterei nessun canto in cui si invoca una qualsiasi persona, che non sia Dio onnipotente o Gesù Cristo. Non canterei neppure nessun canto, in cui lo Spirito Santo venga invocato e pregato. Chiaramente lo Spirito Santo è una delle tre persone della Deità, ma il suo attuale ministero è presso il credente (Rm 8,26s), Egli non è il destinatario di preghiere e invocazioni. In tutto il NT non esiste nulla del genere e neppure serve la scusante che, essendo lo Spirito Santo Dio, invocando l’uno, invochiamo anche l’altro. Il compito attuale dello Spirito di Dio non è quello di ricevere preghiere e invocazioni a sé, ma di creare il culto santo a Dio e l’adorazione di Cristo con sospiri ineffabili. Per un maggiore approfondimento rimando all’articolo «Pregare lo Spirito Santo?».

     A ciò si aggiunga che tutti gli inni, in cui si invoca l’avvento dello Spirito («Vieni, Spirito Santo…»), sono dottrinalmente sbagliati. Infatti lo Spirito di Dio è venuto ed è stato manifestato storicamente in terra a Pentecoste (At 2). Inoltre, Gesù disse allora ai discepoli di aspettare a Gerusalemme finché non fosse manifestato (Lc 24,49; At 1,4s), non che essi ne invocassero l’avvento. Anche dopo Pentecoste, non esiste nessun brano in cui venga insegnato l’invocazione o l’evocazione dello Spirito di Dio. Nel libro dell’Apocalisse lo Spirito Santo è rappresentato dai «sette Spiriti che sono davanti al suo trono» (Ap 1,4; 4,5); essi sono i «sette Spiriti di Dio» e appartengono all’Agnello (Ap 3,1). Giovanni vide l’Agnello, che aveva «sette occhi» (onniveggenza), i quali vengono spiegati così: «Sono i sette Spiriti di Dio, mandati per tutta la terra» (Ap 5,6); in tal senso, lo Spirito Santo è l’ambasciatore e il rappresentante di Cristo nel mondo. Tutte le invocazioni, presenti nell’Apocalisse, valgono perciò solo per l’Onnipotente («Colui che siede sul trono») e per il suo Messia (l’Agnello; Ap 4,9s; 5,13; 6,16; 7,15; 21,5). È lo Spirito che invoca Cristo insieme alla chiesa di venire a regnare in terra! (Ap 22,17).

     L’unica eccezione sono nel NT le formule di benedizioni trinitarie: «La grazia del Signor Gesù Cristo e l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi» (2 Cor 13,13). Qui, comunque non c’è un’invocazione allo Spirito.

 

 

2.  ALCUNI ESEMPI CONCRETI

 

2.1.  SALI IN ALTO?: Ricordo che molti anni or sono, durante una riunione devozionale con gli studenti nell’istituto biblico (Ibei) di Roma, in cui avevo la responsabilità della conduzione quel giorno, furono proposti alcuni canti, alcuni dei quali nuovi. A un certo punto, sbottai e dissi: «Questo inno non lo canto!». Gli studenti rimasero perplessi e già con gli occhi mi interrogavano sul motivo. Tale canto recitava, a un certo punto: «Sali in alto e regna su noi». Dissi agli astanti: «Gesù è già salito in alto ed è seduto sul trono di Dio. Perciò tale invocazione è sbagliata». Feci mutar il testo come segue: «Tu dall’alto, sì regna su noi». Così cantammo poi tale inno anche nella nostra comunità.

 

2.2.  L’INNO DEGLI IGNARI?: Un altro inno, che non canterei mai così, come sta, si intitola «Gloria all’Eterno» e nella prima strofa recita:

 

Originale

 

Revisione suggerita

Quando io vedo il sole apparire, non mi domando perché lui sta là. Quando io vedo il mare ondeggiare, no, non mi chiedo perché lo fa. E nel vedere le nubi che danno l’acqua del cielo non resto a guardare. Ma mi inginocchio e comincio a pregare: Grazie Signore, grazie Signor.

 

Quando io vedo il sole apparire, mi domando perché lui sta là. Quando io vedo il mare ondeggiare, sì, io mi chiedo perché lo fa. E nel vedere le nubi che danno l’acqua del cielo non resto a guardare. Ma mi inginocchio e comincio a pregare: Grazie Signore, grazie Signor.

 

Lo stesso vale per la seconda strofa. Le intenzioni dell’autore saranno state buone, ma secondo alcuni di noi si trasmetteva qui agli altri l’impressione che la fede sia per gli ignoranti. Io e un credente biologo ci trovammo concordi che noi ci chiedevamo spesso la ragione delle cose e come, sebbene poi non restiamo soltanto a guardare, ma adoriamo il Signore per le cose da Lui create. Ho cercato l’autore in rete, ma non l’ho trovato; gli avrei chiesto di emendare così il testo di questo bell’inno.

 

2.3.  ESSERE O DIVENTARE?: Un altro inno molto bello, ma che non canto è «Il tempio di Dio», che nel coro recita:

 

Originale

 

Revisione suggerita

Il tempio di Dio voglio essere io, sentirmi ripieno di te; morire davvero al mondo che lontano mi porta da te.

 

Da tempio di Dio voglio vivere io, sentirmi ripieno di te; morire davvero al mondo che rifiuto per Cristo, mio Re.

 

Così come sta, è un canto adatto soltanto per chi si deve ancora convertire, ma non per coloro che già sono tempio di Dio (1 Cor 3,16s; 2 Cor 6,16) o dello Spirito (1 Cor 6,19) e suggellati dallo Spirito Santo per il giorno della redenzione (Ef 1,13; 4,30). Inoltre il finale è troppo negativo per un ritornello. Perciò suggerisco i cambiamenti proposti. Chiaramente la prima strofa è adatta specialmente a chi si vuole ancora convertire, specialmente il secondo verso: «Col sangue del Figliuolo tuo cancella tu la schiavitù che mi separa da te, la vergogna che io non sopporto più; sono pronto mi pento Signor». Chi ha già accettato Gesù, non può ancora cantare tale strofa, ma tutt’al più ricordare come è stato allora, quando ha accettato Cristo come personale Signore e Salvatore della sia vita.

     Ricordo che, quando tale inno fu introdotto nella nostra comunità, piacendo a tanti come melodia, poiché mi appariva troppo mistico, vi aggiunsi una strofa finale che recitava così: «Voglio portar il tuo giogo su di me, voglio obbedir interamente al tuo voler: cercarti, ascoltarti, servirti ognor; ora, puoi trasformar il mio cuor».

     Noi ci accordammo a cantare tale inno appunto come ricordo della nostra conversione e come invito ai non-credenti a cantare così. In rete ho trovato testo e accordi (qui). Su una pagina (qui) l’autore è indicato come «D. Gianno»; non lo conosco, ma se potessi dialogare con lui, gli farei tali suggerimenti, per rendere migliore un inno molto bello e suggestivo.

 

2.4.  CROCE CHE SANGUINA ANCOR?: Un altro bell’inno, che ha un gran neo è «Su quel colle fatal». Si può dare venia alla troppa mistica della croce, presente nell’inno, visto che è molto cristologico. In rete ho trovato testo e accordi (qui) e un video (qui). Visto che si tratta di una traduzione (The Old Rugged Cross), si poteva adattare meglio tale inno alla sacra Scrittura.

 

Originale

 

Revisione suggerita

Ora guardo a quel legno lassù

Rozza croce che sanguina ancor

Essa accolse il mio caro Gesù

Per offrirgli la morte e il dolor

 

Ora penso a quel legno lassù

Rozza croce che sanguinò allor

Essa accolse il mio caro Gesù

Per offrirgli la morte e il dolor

 

Infatti, non esiste una croce sul Calvario che si possa ancora guardare, né essa sanguina ancora. Cristo, versando il suo sangue, «è entrato, una volta per sempre, nel santuario, avendo acquistata una redenzione eterna» (Eb 9,12). Quindi, non veniamo invitati ad andare la Golgota, ma abbiamo direttamente, per fede, «libertà d’entrare nel santuario in virtù del sangue di Gesù» (Eb 10,19).

 

 

3.  ASPETTI CONCLUSIVI: I canti sono stati da sempre la via per inculcare la dottrina nelle menti delle persone, e questo in bene e in male. È quindi molto importante verificare ciò che cantiamo. Si possono introdurre false dottrine e mezze verità proprio con inni e cantici, poi la ripetizione farà calare la soglia d’attenzione, finché qualcosa diventa convenzione. Riformulando un vecchio proverbio, si potrebbe dire: «Dimmi cosa canti e ti dirò chi sei».

     Tutto ciò significa che i conduttori di chiesa devono stare molto attenti a ciò che fanno cantare nelle loro comunità, verificando i testi uno a uno.

     Ciò significa pure che i cantautori, che scrivono spesso sotto impulso, in un momento particolare della loro vita, fanno bene a far verificare i loro testi da dei credenti maturi e conoscitori di teologia e dottrina bibliche. Se credono che i loro testi e le loro musiche siano tanto direttamente ispirati dallo Spirito Santo, oltre a essere sprovveduti, mostrano un orgoglio di fondo, che risulterà a danno loro e di chi li ascolterà o canterà i loro canti.

     Nella cosiddetta ispirazione innologica — non è da confondere con l’ispirazione biblica — entrano in gioco vari elementi: lo stato d’animo del momento, l’indole dell’autore, le esperienze del periodo, sia positive, sia negative, le «provocazioni» concrete da cui parte l’impulso o «ispirazione», le «contaminazioni» mediante un inno altrui, magari in un’altra lingua o provenienti da altri ambienti. A volte, sono degli accordi che girano in testa per giorni, a cui poi si dà polpa con un testo proprio o altrui. Altre volte si parte da un testo proprio o altrui, ispirato dalla lettura biblica o dall’esperienza e poi vi si aggiunge una musica conosciuta o una improvvisata. Col tempo si lima qui e là. Quindi, guai a credere che, sentendosi «ispirati», si sia infallibili!

     Sopra ho riportato soltanto alcuni esempi. Forse gli stessi lettori ne possono suggerire altri e dirci quali siano gli inni che essi eviterebbero di cantare o che non canterebbero mai.

 

Inni che evito di cantare! Parliamone {Nicola Martella} (T)

 

L’ispirazione innologica {Nicola Martella} (T)

Musica equivoca fra sacro e profano {Nicola Martella} (D)

Testo e musica dello Spirito Santo 1 {Nicola Martella} (T)

Testo e musica dello Spirito Santo 2 {Nicola Martella} (T)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Inni_non-cantare_UnV.htm

12-07-2010; Aggiornamento: 20-07-2010

 

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