1. ENTRIAMO IN TEMA: Qui di seguito trattiamo tutto ciò, che
va sotto i nomi più diversi come «messa in fuori comunione»,
«scomunica», «provvedimento di disciplina», «allontanamento dalla chiesa»,
«interdizione», «anatema», «espulsione» e simili. Quali sono i motivi
validi
secondo la Bibbia, perché venga preso un «provvedimento di disciplina» o
qualcuno venga messo «fuori comunione»?
Si noti dapprima che concetti come «fuori comunione»,
«scomunica», «mettere sotto disciplina» e altri simili non compaiono
mai nella Bibbia. Si parla di espulsione
dalla sinagoga (Gv 9,22; 12,42), ma mai da una chiesa. C’era il caso, in cui un
conduttore di chiesa gestiva la comunità in modo così autarchico, che impediva
che si ricevessero l’apostolo Giovanni, i credenti a lui connessi e i
predicatori itineranti (3 Gv 1,9s). Un «provvedimento di disciplina» dev’essere
l’atto estremo, dopo aver tentato tute le altre vie. Chi usa con
facilità questo strumento, si rende colpevole e danneggia l’opera di Dio.
2. TERMINOLOGIA BIBLICA: Ecco qui di seguito il linguaggio,
che si usa normalmente nella Bibbia al riguardo.
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«Sarà reciso
di mezzo al popolo» e simili (Gn 17,14; Es 12,15.19).
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«Sarà
sterminato di mezzo al popolo» e simili (Es 30,33.38; 31,14; Lv
7,14s.25.27; 17,4.9.14; 18,29; 19,8; 20,17s; 22,3; 23,29; Nu 9,13; 15,30s;
19,13).
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«Diverrà un
oggetto di maledizione in mezzo al suo popolo» (Nu 5,21.27).
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«L’interdetto» era causa di maledizione (Dt 7,25s idoli); chi
se ne appropriava, scadeva lui stesso nell’interdetto (Gs 6,18; 1 Cr 2,7) e
diventava causa di giudizio per altri (Gs 7,1.11-15; 22,20).
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La «maledizione» formale era proclamata pubblicamente (Gn 9,25;
27,29; Dt 27,15-26; Gs 6,26; 1 Sm 14,24; 26,19; Gr 20,14s; cfr. Lv 26; Dt 27).
■ C’era
«l’anatema» (Es 22,20; 1 Cor 12,3; 16,22; Gal 1,8s)
■ Si parlava di
«legare» davanti a Dio (Mt 16,19; 18,18)
■ Ricorre l’espressione
«dare in man di Satana» (1 Cor 5,5; 1 Tm 1,20)
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Paolo ingiunse di
togliere il «malvagio» di mezzo alla comunione dei credenti,
evitando addirittura di mangiare con lui, nel caso in cui costui, pur «chiamandosi
fratello, sia un fornicatore, o un avido, o un idolatra, o un oltraggiatore, o
un ubriacone, o un rapace» (1 Cor 5,11s).
Chiaramente si può
trattare di questioni e atti completamente differenti l’uno
dall’altro. Oltre a quanto detto sopra, si notino i casi
in cui, al tempo dell’AT, tali interventi divini o del popolo dovevano scattare
in seguito all’infrazione di una specifica norma rituale, dottrinale o morale
(Lv 18,29): mancanza di circoncisione (Gn 17,14), mangiare pane lievitato
durante gli azzimi (Es 12,15.19), produzione e uso del profumo del santuario
fuori delle norme (Es 30,33.38), profanazione del sabato (Es 31,14), mangiare
della carne sacrificale in stato d’impurità rituale (Lv 7,14s), mangiare grasso
delle vittime (Lv 7,25), mangiare sangue (Lv 7,25.27; 17,14), sacrificare in un
luogo diverso dal santuario (Lv 17,4.9), mangiare del sacrificio fuori tempo
massimo (Lv 19,8), rapporti sessuali illegittimi (Lv 20,17), rapporti sessuali
durante i corsi mestruali (Lv 20,18), accostarsi alle cose sante in stato
d’impurità (Lv 22,3), mancanza di penitenza il giorno delle espiazioni (Lv
23,29), astensione dal celebrare la Pasqua (Nu 9,13), peccare con deliberazione
(Nu 15,30s), disattenzione della norma di purificazione dopo la contaminazione
con un morto (Nu 19,13). In base alla decisione presa dalla chiesa in armonia
con lo Spirito di Dio nel concilio interecclesiale di Gerusalemme la stragrande
maggioranza di queste e di altre norme rituali non sono più ingiuntive per i
credenti non-giudei (At 15,28s; 21,25).
3. LA VIA SALUTARE DA PERCORRERE: Bisogna che un conduttore
di chiesa tenga presente i seguenti aspetti nel processo per
arrivare a un provvedimento di disciplina.
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Non agire con precipitazione, ma solo dopo un periodo di
preghiera e di riflessione e dopo aver coinvolto altri per avere consiglio.
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Agisci con dei
provvedimenti graduali e crescenti, e non improvvisi e
drastici.
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Non mettere fuori comunione nessuno, se prima non hai cercato di curarlo,
recuperarlo, esortarlo, eccetera.
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Non usare la tua posizione di autorità a tuo vantaggio o per
colpire chi dissente da te su qualche cosa; domani anche altri potrebbero fare
la stessa cosa con te.
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Non usare la
Bibbia a tuo arbitrio, ma poniti con umiltà dinanzi a essa,
accettandola come autorità e disponendoti a ricevere la sua correzione, dove Dio
ti parlerà.
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Non pensare che la tua opinione coincida con la verità, se la
Bibbia non dichiara chiaramente qualcosa di preciso al riguardo o se permette di
avere al riguardo opinioni differenti (cfr. Rm 14).
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Non confondere la tua percezione culturale delle cose con ciò
che è «biblico».
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Non mettere fuori comunione nessuno sul piano dottrinale, a meno che l’altro non
predichi un «altro Cristo», un «altro Evangelo», l’idolatria, la falsa profezia
o un’altra dottrina che contrasta con una verità biblica centrale
chiaramente dichiarata (p.es. la salvezza per grazia mediante la fede; Dio quale
unico creatore di tutte le cose).
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Non mettere fuori comunione nessuno sul piano morale, a meno che ciò non rientri
chiaramente nei casi descritti con precisione dal NT.
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Non usare un provvedimento di fuori comunione come mezzo per colpire i
tuoi avversari. Questo atto, oltre a essere ingiusto, discrediterebbe
proprio te.
■ Un provvedimento di fuori comunione
serve per mettere qualcuno fuori della comunione della chiesa locale. Se viene
emesso contro chi se ne è già andato dalla comunità, diventa
un’arma spuntata. Chi lo usa, passa per sprovveduto, che conosce poco la
Scrittura. Sarebbe come voler espellere dall’esercito quel militare, che si è
già congedato.
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Tieni presente che, quando un conduttore mette qualcuno fuori comunione, ammette
così indirettamente di essere stato incapace di gestire una
situazione.
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Ricordati che prevenire è meglio che curare. Dove hai fallito
tu, se la situazione è arrivata fino a tale punto?
4. I PASSI CONCRETI: I passi disciplinari
dovrebbero essere i seguenti.
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Come conduttore comincia con esortazione, ammonimento o avvertimento verbale a
livello personale.
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Se non avesse effetto, passa poi a esortazione, ammonimento o avvertimento
verbale, coinvolgendo il consiglio di chiesa o una loro
rappresentanza.
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Se anche questo non avesse effetto, passa poi a un intervento formale
scritto d’esortazione, di ammonimento o di avvertimento.
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Infine, quando tutti gli interventi non portano i risultati attesi, passa a un
intervento formale scritto quale «provvedimento di disciplina».
In esso, però, non essere generico, ma descrivi con precisione
l’oggetto della questione, la durata di tale provvedimento, la natura di
quest’ultimo, i passi specifici che si attende che l’altro faccia per
ristabilire la comunione, la persona con cui tenere o prendere contatto in caso
di necessità.
5. PUNTI DA PONDERARE:
Qui trattiamo al margine la questione della riconciliazione. Ci sono divisioni
basate su un danno oggettivo, altre dipendono da divergenze di
vedute. Non si può trattare tutti i casi allo stesso modo. Oltre all’aspetto del recupero del
fratello (Gcm 5), chiunque egli sia, c’e anche l’aspetto che la riconciliazione
non necessita di vincitori e vinti, ma è nel Signore, lasciando
a Lui di decidere su cose, che è difficile definire a distanza di tempo,
specialmente quanto si tratta di opinioni, di atteggiamenti e forse di sfoghi
caratteriali dovuti al momento di polemica. Il perdono non si
basa sempre sulla capitolazione dell’altro (specialmente in questioni di
opinioni), ma specialmente sulla volontà di chi è stato ferito o si ritiene di
esserlo stato. Chi è stato realmente ferito, può chiedere a Dio di non imputare
le conseguenze della colpa ai colpevoli (At 7,60; 2 Tm 4,16); quando ciò accade,
è prova che la misericordia e la grazia di Dio hanno trionfato nella nostra
vita. Questo è ciò che ha fatto anche Dio verso i colpevoli (2 Cor 5,19ss). In
tal modo, si toglie anche a Satana ogni possibilità di illuderci con una «giustizia
propria», che ci ponga illusoriamente al sicuro (1 Cor 10,12). Anzi,
quando si rimane con un cuore duro, si può essere ritenuti responsabili
da Dio di ciò, che accade a un fratello, messo sotto disciplina per un motivo
grave e specifico, se lasciato a lungo in tale stato, sebbene si sia pentito (2
Cor 2,5-11). Con umiltà dobbiamo riconoscere che il metro che stabiliamo per
altri, può essere poi proprio quello, che sarà usato per noi stessi (Mt 7,2).
Certamente un segno del pentimento è la disponibilità a fare opere degne del
ravvedimento, ristabilendo la giustizia e
riparando al male fatto. Da cristiani dobbiamo contribuire alla
riconciliazione
di cuore tra fratelli in Cristo. Penso che chi vuole riconciliarsi veramente con
un altro fratello — di là se ha offeso o è la parte offesa, se è rivestito
d’autorità o subisce un provvedimento — debba fare all’altro «ponti
d’oro». Chiaramente la vera pace è sempre l’efflusso della
giustizia (Is 32,17; Gcm 3,18); è sbagliato trattare il giusto come
fosse empio, e viceversa (Mal 3,18). Tuttavia, dove uno si pente e
ripara al male fatto, non ci sono più impedimenti al perdono e alla
riconciliazione. Ora, laddove non ci sono fatti veramente specifici, che
hanno portato a una divisione, nella riconciliazione non bisogna voler rivangare
il passato, per stabilire vincitori e vinti, ma bisogna aprire primariamente le
proprie viscere all’altro, accoglierlo in Cristo, assicurargli
l’amore, il perdono e il sostegno. Poi, se proprio dovrà accadere, in seguito si
potrà approfondire alcuni aspetti, non per far nuovamente polemica, ma — in uno
spirito di preghiera — per permettere una maggiore e completa guarigione
di ambedue le parti.
►
Caduta e pentita, ma non accettata dalla chiesa {Nicola Martella} (D)
►
Uso e abuso della disciplina ecclesiale {Nicola Martella} (D)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Fuori_comunione_UnV.htm
24-11-2006;
Aggiornamento: 28-01-2016 |