2. ALCUNI PRINCIPI ETICI:
Ecco qui di seguito alcuni principi generali che possono aiutare noi
cristiani biblici a orientarci nel mondo nelle scelte che facciamo noi o nel
valutare quelle altrui.
■ Le proprie preferenze non sono tutto: Esistono
delle legittime opinioni personali su cose non pienamente rivelate, ma bisogna
nutrirle nel rispetto di quelle altrui (Rm 14). Il medesimo Spirito ha dato
carismi differenti (1 Cor 12,4.11) e una diversa chiamata (Tt 3,13 Zena faceva
il legista); anche le doti naturali o il proprio mestiere (Col 4,14 Luca era
medico) possono essere usate per la gloria di Dio e per l’avanzamento del suo
regno.
■ Non tutto è illecito: «E
qualunque cosa
facciate, in parola o in opera, fate ogni cosa nel nome del Signor Gesù,
rendendo grazie a Dio Padre per mezzo di lui» (Col 3,17). Bisogna però
separarsi da tutto ciò che diviene una dipendenza: «Ogni cosa m’è lecita, ma
non ogni cosa è utile. Ogni cosa m’è lecita, ma io
non mi lascerò dominare da cosa
alcuna» (1 Cor 6,12; 10,23).
■ Non solo bianco e nero: «Del rimanente,
fratelli, tutte le cose
vere, tutte le cose
onorevoli, tutte le cose giuste,
tutte le cose pure, tutte le cose
amabili, tutte le cose di buona
fama, quelle in cui è qualche
virtù e qualche
lode, siano oggetto dei vostri pensieri» (Fil 4,8).
L’Evangelo può portare luce e sale nella variegata cultura e nobilitare ciò che
c’è.
■ Non si deve voler uscire dal mondo: «V’ho
scritto nella mia epistola di
non mischiarvi
coi fornicatori; non del tutto però
coi fornicatori di questo mondo, o con gli avari e i rapaci, e con gli idolatri;
perché altrimenti dovreste uscire dal mondo; ma quel che v’ho scritto è di
non mischiarvi
con alcuno che, chiamandosi fratello, sia un fornicatore, o un avaro, o un
idolatra, o un oltraggiatore, o un ubriacone, o un rapace; con un tale non
dovete neppure mangiare» (1 Cor 5,9ss). Il problema maggiore sono i falsi
fratelli nelle chiese e non tanto i cristiani fedeli nei vari ambiti del mondo.
■ Separarsi non dal mondo ma dal male: Daniele
non rinunciò a essere un funzionario del re persiano, rifiutò solo di fare
compromessi; così fecero i suoi tre amici. In tal modo furono di grande
testimonianza per la corte persiana. I re (e regni) passarono, ma lui rimase
come una luce luminosa.
■ Non prestarsi al male: Nel male sia ideologico
sia pragmatico si può scivolare lentamente. Si fa quindi bene a non farsi
indottrinare con falsi contenuti dottrinari né a coinvolgere in pratiche
chiaramente contrarie alla fede biblica. Bisogna sottrarsi da tutte quelle
attività che alimentano di per sé la concupiscenza in sé stessi e negli
altri (Rm 6,12). L'unico antidoto al riguardo è ubbidire «di cuore a quel
tenore d’insegnamento che v’è stato trasmesso» e comportarsi da «servi
della giustizia» (vv. 17s). Nello sport e in altre attività della vita vale
quindi questo principio: «Non prestate le vostre membra come strumenti
d’iniquità al peccato; ma presentate voi stessi a Dio come di morti fatti
viventi, e le vostre membra come strumenti di giustizia a Dio... al servizio
della giustizia per la vostra santificazione» (vv. 13.19; cfr. Rm 12,1s).
■ L’austerità di uno sport non impedisce la
carnalità: Bisogna rifiutare filosofie ingannevoli. Inoltre ogni tipo
di sport, quanto austero possa essere l’allenamento, non rende la «carne»
sottomessa. «Nessuno a suo talento vi derubi del vostro premio per via
d’umiltà e di culto degli inviati, affidandosi alle proprie visioni, gonfiato di
nullità dalla mente della sua carne. […] …le quali [cose] hanno, è vero, una
sembianza di sapienza nella venerazione volontaria e nell’umiltà e nel
trattamento austero del corpo, [quindi] non in una certa valorizzazione, [ma]
nella soddisfazione della carne» (Col 2,18.23). Qui sono importanti il
discernimento e le motivazioni, per non diventare prigionieri e dipendenti di
qualcosa e di qualcuno. Ciò vale chiaramente per lo sport come per altre
discipline e per altri aspetti della vita, dove c’è il pericolo concreto di
capitare nelle mani di fuorvianti e ingannevoli maestri e di mettere false
priorità nella propria vita.
■ Esiste un compito a chi è dato: Esso è per
gente matura, con i carismi necessari e con una chiamata specifica, oltre che
con la passione per tale ambito specifico. «Pur essendo libero da tutti, mi
sono fatto
servo a tutti, per guadagnarne il
maggior numero; e coi Giudei, mi sono fatto Giudeo, per guadagnare i Giudei; con
quelli che sono sotto la legge, mi sono fatto come uno sotto la legge (benché io
stesso non sia sottoposto alla legge),
per guadagnare
quelli che sono sotto la legge; con quelli che sono senza legge, mi sono fatto
come se fossi senza legge (benché io non sia senza legge riguardo a Dio, ma
sotto la legge di Cristo), per guadagnare quelli che sono senza legge. Coi
deboli mi sono fatto debole,
per guadagnare
i deboli; mi faccio ogni cosa a tutti, per salvarne a ogni modo alcuni. E
faccio tutto a motivo dell’Evangelo, alfine d’esserne partecipe anch’io»
(1 Cor 9,19-23; vv. 24-27 sport come metafora). Paolo aveva «l’ambizione di
predicare l’Evangelo là dove Cristo non fosse già stato nominato» (Rm
15,20). Perché quindi non tra gli sportivi, se il Signore chiama a essere da
sportivo o da allenatore sale e luce in tale ambito?
■ Ogni servo ha il suo padrone: «Chi sei tu
che giudichi il domestico altrui? Se sta in piedi o se cade è cosa che riguarda
il suo padrone; ma egli sarà tenuto in piè, perché il Signore è potente da farlo
stare in piè» (Rm 14,4; cfr. vv. 7-13). In questioni non chiaramente
rivelate, possiamo dissentire dalle convinzioni altrui, ma non per questo esse
sono sbagliate.
■ Rifiutare i compromessi: Persone mature,
dovunque siano e qualunque cosa facciano, non sono «più dei bambini,
sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina, per la frode degli
uomini, per l’astuzia loro nelle arti
seduttrici dell’errore» (Ef 4,13s). Ciò vale sia per le insane
ideologie sia per le insane pratiche. Ho detto sopra che Daniele e i
suoi amici rifiutarono i compromessi, sebbene ciò costò loro molto. Il rischio
in ogni attività umana è di perdere il primo amore per il Signore (Ap 2,4) e di
diventare tiepidi verso di Lui (Ap 3,15ss).
■ Ogni mela può avere il suo verme: Laddove un
credente cade nel peccato o si svia, che sia sportivo o meno, bisogna ammonirlo
ed esortarlo con umiltà e fargli recuperare la via giusta (Gcm 5,19s). «Ora,
fratelli miei, sono io pure persuaso, a riguardo vostro, che anche voi siete
ripieni di bontà, ricolmi d’ogni conoscenza, capaci anche d’ammonirvi a vicenda»
(Rm 15,14; 1 Ts 5,14). Uomini faziosi esistono fra gli sportivi e non; se non
accetta la riprensione, bisogna schivarlo (Tt 3,10).
3. ALTRI PUNTI DA PONDERARE:
Certamente ci si potrebbe chiedere se un credente debba fare il militare di
carriera, l’esattore delle tasse o il calciatore professionista, se debba
lavorare per un’agenzia che riscuote crediti, per le pompe funebri e così via.
Non è qui il luogo dove dare risposta a tutti ciò. Mi limiterò ad alcuni pochi
punti come stimolo alla riflessione.
Nell’attesa del Messia-Re e del suo regno, gli apostoli non intendevano
stravolgere le società correnti, in cui l’Evangelo stava radicandosi; ma per
mezzo di quest’ultimo, che rigenerava le persone, intendevano nobilitare ciò che
c’era di buono (Fil 4,8), ammonire riguardo al male e separare i discepoli dalle
cose chiaramente contrarie alla sana dottrina.
Anche Giovanni Battista, in attesa del Messia, fu interrogato dai soldati
riguardo a come comportarsi nel loro mestiere, per così corrispondere all’etica
del regno di Dio. Egli non ingiunse loro di smettere di fare tale mestiere, ma
diede loro queste direttive: «Non fate estorsioni, né opprimete alcuno con
false denuncie e accontentatevi della vostra paga» (Lc 3,14). Per capire
ciò, bisogna tener presente che, a quei tempi, i soldati facevano anche funzioni
di polizia. Non so se a qualcuno verrebbe in mente di abrogare oggigiorno i
Carabinieri, visto che sono un corpo militare con funzioni anche di polizia,
oppure di scoraggiare un credente a fare il carabiniere. Anche i pubblicani, gli
esattori delle tasse per conto dei Romani, chiesero che cosa dovessero fare per
piacere a Dio, e anche a loro il battista diede delle direttive (vv. 12s).
In genere gli apostoli non solo non parlarono male dei soldati, ma li
presero a modello sia la loro disciplina (2 Tm 2,3s), sia anche il rapporto fra
chi assoldava e chi faceva il soldato (1 Cor 9,7; cfr. v. 11). Come abbiamo
ricordato, lo stesso accadde per certi tipi di sport (1 Cor 9,24-27; 2 Tm 2,5).
Gesù chiamò i suoi seguaci «sale della terra» e «luce
del mondo» (Mt 5,13ss). Ciò vale per i cristiani qualunque mestiere essi
facciano. Il sale rischia di diventare insipido e, quindi, inutile (v. 13). Chi
ha la luce, rischia di nasconderla. Allora come già detto le attività umane,
invece di diventare un campo in cui distinguersi per fede, timor di Dio ed etica
biblica (Fil 2,15), diventano una «religione sostitutiva»; allora, oltre
a essere fine a se stesse, rendono pure dipendenti (1 Cor 6,12).
►
Etica cristiana e rapporto col mondo
{Nicola Martella} (D)
►
Etica cristiana nel mondo? Parliamone
{Nicola Martella} (T)
►
Etica del lavoro quale banco di prova della fede
{Nicola Martella} (D)
►
Il lavoro e l’etica biblica
{Nicola Martella} (A)
►
L’astuzia e la morale
{Nicola Martella} (D)
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L’etica della libertà e della responsabilità
{Nicola Martella} (A)
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La morale dei cristiani
{Nicola Martella} (T)
►
La pratica della giustizia {Nicola Martella} (T)