Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Le diversità possono essere una risorsa oppure diventano un problema.
 Ecco le parti principali:
■ Entriamo in tema (il problema)
■ Uniti nella verità
■ Le diversità quale risorsa
■ Le diversità e le divisioni
■ Aspetti connessi.
 
Il libro è adatto primariamente per conduttori di chiesa, per diaconi e per collaboratori attivi; si presta pure per il confronto fra leader e per la formazione dei collaboratori. È un libro utile per le «menti pensanti» che vogliano rinnovare la propria chiesa, mettendo a fuoco le cose essenziali dichiarate dal NT.

 

Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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L’ETICA DELLA LIBERTÀ E DELLA RESPONSABILITÀ

 

 di Nicola Martella

 

Relativismo o opinioni differenti?

   Sovente si confonde il «relativismo della verità» con la differenza di opinione su alcune questioni di seconda categoria, ossia su cose dove la Scrittura o lascia libertà, o non si esprime in modo chiaro, o non affronta. Perciò tali credenti pensano che se su una certa questione si hanno opinioni e convinzioni differenti, si relativizza la verità. Non di rado, coloro che pensano così, ritengono di avere al riguardo l’opinione giusta, la convinzione biblica. Essi si sentono «ortodossi»: gli unici. Ritengono che la loro ermeneutica sia inattaccabile e la loro interpretazione sia quella normativa. Per questo o si isolano su una torre di avorio o danno bacchettate a tutti. Per loro parole come dialogo e confronto sono «male bestie» e vie che portano immancabilmente nel baratro del pluralismo. Non viene loro in mente che il dialogo, il confronto e l’ammaestramento reciproco fra cristiani (Mal 3,16; Col 3,16), basato sul timore di Dio e sulla Parola, sia un processo di ricerca della verità e della volontà di Dio oggi (Fil 4,8) e di rinnovamento spirituale (Rm 12,2; Ef 4,23s).

 

Convinzioni bibliche legittime

   Il relativismo della verità è qualcosa da riconoscere e combattere. L’apostolo Paolo lanciò il suo anatema contro un «altro Cristo» e un «altro Evangelo» (Gal 1,6ss). Egli mise in guardia contro la filosofia menzognera, le tradizioni e le dottrine degli uomini (Fil 2,8.22). Presentò anche un cristianesimo militante.

     L’apostolo Paolo, che ebbe la grazia di ascoltare «parole ineffabili» (2 Cor 12,4), confessò che per tante cose non abbiamo la piena rivelazione della verità: «Poiché ora vediamo come in uno specchio [= rame lucidato], in modo oscuro, ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in parte, ma allora conoscerò appieno, come anche sono stato appieno conosciuto» (1 Cor 13,12). Sulle verità fondamentali, il Signore ci ha dato piena luce. Se Dio avesse rivelato tutto chiaramente, non ci sarebbero opinioni differenti su alcuni aspetti. L’onestà e l’amore per la verità ci deve portare a riconoscere questo.

     Ci sono poi aspetti che derivano dalla percezione culturale, dottrinale e etnica di provenienza. Paolo parlò di convinzioni differenti nelle variegate situazioni ecclesiali di Roma («chiese in casa», Rm 16). Egli non chiese ai credenti di uniformarsi a una sola opinione, ma concesse al singolo cristiano di poter nutrire una convinzione personale dinanzi a Dio (Rm 14,22), di essere «pienamente convinto nella propria mente» (v. 5) e di riconoscere (e rispettare) parimenti le convinzioni degli altri credenti che fanno o non fanno una certa cosa «per il Signore» (v. 6) — nell’ottica di non mettere un inciampo dinanzi al credente debole e (v. 13) di ricordarsi che ognuno renderà conto al Signore (vv. 10.12). Questa è «l’etica della libertà e della responsabilità», di cui la Scrittura mi convince. Questa è una cosa diversa dal «relativismo della verità», anzi è un atto di umiltà dinanzi al fatto che non abbiamo la completa rivelazione della verità, che avverrà al ritorno di Cristo (1 Cor 13,8s.12).

 

Il relativismo nel cristianesimo oggi

   Il problema attuale delle chiese e nelle chiese non è la differenza di opinioni su alcuni temi, ma soprattutto i seguenti aspetti: ▪ 1) il materialismo (consumismo); ▪ 2) la mondanità; ▪ 3) la mancanza della ricerca personale della volontà di Dio, ma l’aderenza a sovrastrutture ideologiche e a casistiche di comportamento; ▪ 4) la mancanza di consacrazione personale; ▪ 5) la pigrizia spirituale e intellettuale; ▪ 6) il ripiegamento su se stessi, invece di pensare a un mondo che ha bisogno dell’Evangelo e di risposte; ▪ 7) eccetera.

     Perché non si può vivere nel rispetto, nella comunione e nella collaborazione, nonostante opinioni diverse su alcuni temi di seconda categoria? Temi come bicchierini o calici, la preghiera della donna, i giorni da osservare, la frequenza della Cena del Signore, il numero dei conduttori, l’ordine di sedersi in sala e varie cose del genere valgono veramente la pena di scavare trincee tra fratelli? Alcune chiese si sono spaccate su tali cose. Un’analisi delle chiese di un certo tipo (p.es. «chiese dei Fratelli») nel mondo mostra che sono del tutto diverse fra loro nelle risposte che danno a queste cose, nel modo di organizzarsi, di agire e di essere presente nella società. Perché in Italia dev’essere tutto così pesante e difficile? Perché alcuni fratelli pensano di avere l’unico «monopolio dell’ortodossia»?

 

Una testimonianza locale

   Quando nella nostra chiesa arrivarono i fratelli delle Assemblee romene, essi soffrivano in silenzio per tante cose che qui trovarono diverse dalle pratiche delle loro chiese d’origine. Quando il numero di questi fratelli divenne abbastanza grande e venni casualmente a sapere che soffrivano per il natale, che noi non festeggiavamo, dissi loro: «Fratelli, noi per il clima di reazione alla denominazione predominante, in cui sono vissuti i nostri padri spirituali, osteggiati proprio da essa, non abbiamo sviluppato una tale convenzione. Ma è ingiusto che soffriate per non poter festeggiare quella che per voi è la festa più grande e più bella dell’anno. Prendete la sala e fatelo». Per loro era come se avessero visto un miracolo del Signore. Chiesero la sala anche la prossima domenica. Da lì è nata una chiesa che oggi annovera circa 100 membri. Essi festeggiano la pasqua, la pentecoste, il giorno del ringraziamento (festa autunnale della raccolta) e altre feste con molta solennità. Nonostante la nostra diversità, abbiamo una bella comunione.

 

Un problema vecchio quanto la chiesa stessa

   Tutte le esortazioni all’unità dello Spirito (Ef 4,3), al pari consentimento (Rm 12,16; 2 Cor 13,11) e al rispetto dei fratelli (Rm 12,10; Fil 2,3s) sarebbero state superflue nel NT, se i credenti fossero stati di una sola opinione, cultura, formazione, sensibilità dottrinale e devozionale, eccetera. Gli scrittori del NT non affermarono che dobbiamo diventare uno «yogurt omogeneizzato», ma di provare che cosa piaccia al Signore oggi, di farsi condurre dallo Spirito, invece di assoggettarsi a una legge (casistica) fatta dagli uomini (Gal 5,18) e di camminare per lo Spirito, esercitandosi nel frutto dello Spirito (Gal 5,22ss). È una dottrina di libertà e responsabilità (Gcm 1,25; 2,12). Ciò si accorda con le indicazioni etiche di Paolo: sebbene tutto mi sia lecito, non tutto è utile e concorre al mio bene (1 Cor 6,12), non tutto edifica e concorre al bene comune (1 Cor 10,23s). Siamo esortati a vivere in novità di vita (Rm 6,4) e non secondo vecchie e nuove casistiche (Gal 5,1; Col 6,20s). È un cristianesimo militante, che permette di avere convinzioni personali (Rm 14,5s.14) senza usarle come «cavallo di battaglia» contro altri fratelli (Rm 14,22s), ma restando aperti per il dialogo e le correzioni.

 

Il bisogno di dialogo dei cristiani oggi

   C’è bisogno di interlocutori con cui fare un cammino insieme. I lunghi silenzi, la mancanza di dialogo, l’indifferenza, la concentrazione su se stessi e altre cose scoraggiano. Se si vuole, tutto può ricominciare, se ci si basa su quell’«etica della libertà e della responsabilità» che coniuga l’amore con la verità e che è aperta al confronto reciproco, senza prevaricazioni, sulla base dell’esegesi della Parola. Possono sembrare desideri e sogni, ma a volte ci sono i miracoli.

     Ciò che ci unisce come cristiani, che amano la sola Scrittura, è più di quanto possa mai dividerli. Bisogna essere sempre disposti al dialogo e a eventuali correzioni.

 

Il tatuaggio: fregio o peggio?

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Etica_della_liberta_UnV.htm

07-04-2007; Aggiornamento:

 

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