Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Il sabato, l’anno sabbatico e il giubileo.

 

Ecco le parti principali:
■ Il patto, l'etica e il pensiero sabbatico
■ Il sabato nell’Antico Testamento, nel giudaismo, nel Nuovo Testamento e relative questioni odierne
■ L’estensione del sabato: l’anno sabbatico e lo jôbel nella Torà e nella storia
■ L’ideale e le funzioni teologiche risultanti
■ Excursus: Storia del giubileo cattolico
■ Le feste principali in Israele.

 

► Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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ASPETTI DELL’ETICA DEL NUOVO PATTO (Lc 6,20-39)

 

 di Francesco Di Franco - Nicola Martella

 

Leggendo il cosiddetto «sermone sul monte», alcuni hanno concluso che Gesù avesse insegnato un’etica per masochisti e fessi. Come capire diversamente il suo insegnamento relativo al fatto di farsi schiaffeggiare e di farsi rapinare? Altri hanno tratto da ciò la dottrina secondo cui i cristiani debbano necessariamente vivere in povertà e necessità per essere «veri» seguaci di Cristo. Altri ancora hanno attinto dalle parole di Gesù dei principi per la non-violenza e per il pacifismo quale movimento politico. Il «sermone sul monte» è una coperta che ognuno ha tirato dalla sua parte. C’è chi ha tratto da qui una «etica del bonismo», valida non solo per i rapporti interpersonali, ma anche per l’etica statale. Qui di seguito presento dapprima le riflessioni le riflessioni di un lettore e poi faccio seguire le mie… in attesa di altri interventi.

 

 

1. Le tesi {Francesco Di Franco}

2. Osservazioni e obiezioni {Nicola Martella}

 

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Francesco Di Franco formula qui di seguito una tesi interessante e cerca di dimostrarla. A essa risponde Nicola Martella con varie osservazioni e con un'analisi contestuale. Sia il lettore stesso ad approfondire ulteriormente le questioni e a trarre le sue eventuali conclusioni.

 

 

1. Le tesi {Francesco Di Franco}

 

Sono ormai 3 giorni che da quando ho sentito una predicazione sul sermone sul monte tratto da Luca 6 non riesco a far altro che a pensare a quest’argomento. Ho chiesto al Signore di darmi chiarimenti, ho letto in diversi commentari e siti evangelici. Credo che il Signore m’abbia messo nel cuore un pensiero che non ho però riscontrato in nessuno dei testi da me controllati.

     Gesù dice: «Ma a voi che ascoltate, io dico: “Amate i vostri nemici; fate del bene a quelli che v’odiano; 28benedite quelli che vi maledicono, pregate per quelli che v’oltraggiano. 29A chi ti percuote su una guancia, porgigli anche l’altra; e a chi ti toglie il mantello non impedire di prenderti anche la tunica. 30Dà a chiunque ti chiede; e a chi ti toglie il tuo, non glielo ridomandare”» (Lc 6,27-30).

     Molti commentari danno una spiegazione del suddetto brano secondo la visione cosiddetta «assolutistica», ma questa posizione per me sarebbe semplicemente sconvolgente. Infatti, se non devo ridomandare ciò che mi è stato tolto; beh, allora aboliamo le questure e, visto che ci siamo, anche la polizia; visto che non devo ridomandare, perche fare denuncia; e se non c’è denuncia, anche la polizia non ha motivo d’intervenire. E allora aboliamo anche l’esercito... infatti perché difendersi. Aboliamo altresì anche gli avvocati... visto che do in prestito qualcosa che non mi viene restituita, non c’è motivo d’andare in tribunale.

     E allora mi vengono in mente certe scene che vedevo in vecchi film del selvaggio far-west, carovane di pellegrini (potevano essere Mennoniti o Amish forse) che venivano assalite dai cowboy cattivi, i quali picchiavano gli anziani o violentavano le donne della comunità; e tutti gli uomini fermi guardavano la scena senza alzare un dito per difendere i loro cari. (Quando poi interveniva il cowboy buono, non della comunità, che prendeva invece le difese delle vittime... che sollievo.) E allora mi sono chiesto: Ma avevano forse ragione questi pellegrini? Signore, è forse questo quello che tu vuoi da me?

     Ho detto al Signore: Se è questo ciò che tu vuoi da me, come posso continuare a fare il lavoro che faccio, ossia l’agente di polizia locale, oppure come posso continuare a essere cristiano?

     Sono venuto a questa conclusione (spero che sia il Signore ad avermela suggerita — mia moglie sembra però non condividerla). Allora Gesù parlava a un auditorio che prima di tutto aspettava un Messia di tipo politico (uno che li avrebbe liberati dal dominio romano) e inoltre per tutti era chiaro un preciso modo d’agire, ossia quello di «occhio per occhio e dente per dente» (Questo modo di fare io lo vedo ancora nel mondo giudaico, fateci caso quando Israele subisce un attacco anche di tipo terroristico, la ritorsione militare scatta in automatico. Per loro la regola di «occhio per occhio e dente per dente» è ancora valida).

     Gesù non rinnega mai la Parola dell’AT, ma credo che con la sua venuta, egli abbia voluto fare capire agli uomini di Dio che qualcosa stava cambiando. Dio infatti con la venuta messianica di suo Figlio ha voluto dare agli uomini una seconda chance. Così Gesù ora ci chiede di non applicare più la regola della reazione immediata di «occhio per occhio e dente per dente» ma ci chiama ad avere un atteggiamento più misericordioso, un atteggiamento nella vita che ci spinge a dare una seconda chance agli altri.

     Quando Gesù dice di mostrare anche l’altra guancia... bene le guancie sono due e non c’è una terza guancia. Gesù dice se uno ti toglie il mantello dagli anche la tunica, anche qua c’è l’uno e il due... Gesù non chiede di dargli anche il mulo, il cavallo, la casa, il terreno, ecc. C’è un limite... il limite della seconda chance e solo quella.

     Gesù dice che se qualcuno ti toglie il tuo, non glielo ridomandare... Sì, ma nel limite precisato da Gesù stesso cioè il mantello e la tunica e non oltre.

     Insomma con la venuta di Cristo, il Padre ha dimostrato d’essere una persona che dà una seconda possibilità all’uomo. In questa seconda possibilità l’uomo può scegliere la salvezza o la condanna. Il Padre desidera che i suoi figli agiscano come Lui, che abbiano il suo stesso carattere.

     Il fatto di porre dei limiti alla non reazione non priva l’efficacia e la testimonianza del credente. Il mondo invece è sempre pronto a reagire violentemente al minimo sgarbo che riceve. Il dare una seconda chance a chi non la merita è perfettamente in grado di radunare carboni accesi sulla testa di chi non coglie questa seconda possibilità.

     Fratelli, fatemi sapere se potete condividere questi miei pensieri. {03-02-2008}

 

 

2. Osservazioni e obiezioni {Nicola Martella}

 

Entriamo in tema

     Non si può cominciare a citare una frase con una congiunzione, tanto meno avversativa («ma»), visto che segna la contrapposizione col precedente. Si noti quanto segue sul cosiddetto «sermone sul monte».

     ■ Si trattava della «legge del nuovo patto». Qui il Messia poneva le basi dell’etica della nuova alleanza.

     ■ Si trattava di un cambiamento di mentalità che Gesù pretendeva dai suoi discepoli in un mondo abituato a sfruttare i deboli, a usare materialismo e ricchezze come metro di misura e senso di vita, a esercitare prevaricazione e sopruso come mezzo di forza, a essere prigioniero dello schema «amico (da amare) – nemico (da odiare)» e così via.

     ■ Qui non venne alimentato il masochismo dei perdenti. Al contrario, il punto di forza veniva dal fatto che, aspirando al regno messianico, i discepoli di Gesù («beati voi», «voi») potevano esercitare il perdono e la misericordia verso coloro che erano prigionieri della mentalità del mondo. Si trattava di agire in virtù del fatto di possedere già il diritto al «regno di Dio» (= il regno messianico alla fine dei tempi): «il Regno di Dio è vostro» (v. 20).

     ■ Gesù non ingiunse di ricercare cose negative e umilianti e una patologica ricerca della sofferenza, ma metteva i discepoli dinanzi al realismo: tranne che per brevi periodi e di situazioni locali particolari, la stragrande maggioranza di tutti i cristiani durante tutta la storia della chiesa hanno avuto una condizione di indigenza, spesso proprio a causa del Signore e del suo regno: povertà (v. 20), fame (v. 21), lacrime (v. 21), angherie e vessazioni (v. 22), eccetera. Nessuno è felice per le cose negative che gli avvengono, ma sapere che, sopportando tutto ciò per il «Figlio dell’uomo» (ossia il Messia), il proprio premio è grande nei cieli (ossia nel Regno di Dio; v. 23), ciò diventa una fonte di consolazione, di speranza e di felicità preventiva. Si pensi a quanti credenti furono perseguitati dall’Inquisizione. Si pensi a quanti cristiani dovettero abbandonare beni e proprietà, perché banditi o perché perseguitati (cfr. gli anabattisti) e dovettero emigrare in terre lontane.

     ■ Si veda il contrasto fra i discepoli, a cui Gesù parlava, e gli altri, ossia i Giudei che non erano seguaci di Gesù, ma loro avversari: «I padri loro facevano lo stesso ai profeti», ossia li perseguitavano (v. 23) e «i padri loro facevano lo stesso con i falsi profeti» (v. 26), ossia dicevano bene di loro. In tal modo, le parole di Gesù non si possono separare dalla contingenza in cui parlò. Il contrasto fu fatto da Gesù anche con i ricchi, che vivevano una vita agiata e spensierata; essi non avevano nessuna speranza futura, ma solo la consolazione del presente (vv. 24ss; cfr. Gcm 2,5ss; 5,1ss).

 

L’etica per i tempi difficili

     ■ Gesù non propose qui una «etica normale», ossia per i tempi di pace e tranquillità della chiesa (cfr. At 2,47; 1 Tm 2,2), ma una «etica per tempi di crisi», ossia di tribolazione. Gesù annunciò tempi imminenti di persecuzione dei suoi discepoli giudaici da parte di altri Giudei e dei loro capi: «…vi metteranno le mani addosso e vi perseguiteranno, dandovi in mano delle sinagoghe e mettendovi in prigione, traendovi dinanzi a re e governatori, a motivo del mio nome» (Lc 21,12). La minaccia sarebbe venuta dagli stessi parenti che non erano seguaci di Gesù (Mt 10,21ss). Le cose avvennero così e le prime persecuzioni si ebbero proprio per mano dei Giudei che non riconoscevano Gesù come Messia (At 8,1ss; 9,4s; 11,19; 13,50).

     ■ Se non si capisce che qui si tratta effettivamente di una «etica per tempi di crisi», si snatura il cristianesimo e lo si rende una religione masochistica. Dove c’è uno Stato di diritto ed è possibile esercitare i propri diritti, si può far uso della propria libertà e della propria responsabilità. Paolo si appellò al fatto che in quanto cittadino romano non poteva essere frustato, se non dopo una condanna (At 22,25ss). Egli fece uso del suo diritto di cittadino romano di appellarsi a Cesare, quale giudice supremo (At 25,11s.21; 28,19). La sottomissione alle autorità ha come fine proprio la creazione di un clima in cui il diritto sia prevalente (Rm 13,1ss). A tal fine viene ingiunto di pregare per le autorità (1 Tm 2,1ss) e di avere un atteggiamento positivo verso di loro e nella società in genere quale segno di contrasto rispetto all’etica del mondo (Tt 3,1ss; 1 Pt 2,13ss).

     ■ In tempi di persecuzione, il diritto viene abolito per i perseguitati. Per tali periodi particolari, Gesù insegnò l’atteggiamento giusto e il comportamento ottimale. Avendo già il diritto al regno di Dio, garantito dal Messia, si possono considerare i vessatori, i nemici e persecutori alla luce della fine dei tempi: i miserabili sono loro che non hanno speranza!

     ■ Il giusto atteggiamento: All’interno dell’«etica per tempi difficili» Gesù ingiunse un atteggiamento controcorrente: amare, fare del bene, benedire e pregare, e cioè verso i vessatori e persecutori (Lc 6,27s). Non si tratta solo della cosiddetta «potenza degli impotenti» (non-violenza), ma del principio propositivo, secondo cui bisogna vincere il male col bene in vista della parusia del Messia e quale essenza dell’etica del nuovo patto. È nella logica del mondo di amare chi ti ama, di odiare chi ti odia e di rendere male per male, vendicandosi (Rm 12,17ss). Paolo, seguendo il pensiero di Gesù, ingiunse invece di cedere il posto all’ira di Dio e a soccorrere il nemico che è caduto in pericolo di vita (vv. 19s), concludendo: «Non essere vinto dal male, ma vinci il male con il bene» (v. 21). Nei casi estremi, si veda l’atteggiamento di Stefano, quando fu messo a morte (At 7,60); fu simile a quello di Gesù in croce (Lc 23,34).

     ■ Il giusto comportamento: Abbiamo detto che in tempi di persecuzione, il diritto dei perseguitati viene calpestato. Gesù aveva insegnato «l’etica del valore progressivo»: «La vita è più del nutrimento, e il corpo è più del vestito» (Lc 12,23). Chi non tiene presente questa scala di valori, rischia di perdere presto la vita (bene immateriale) a causa di beni materiali. Reagire a chi percuote su una guancia (Lc 6,29a), in tempi di persecuzione può significare mettere a repentaglio la stessa vita; l’ingiunzione «porgigli anche l’altra» non è masochismo né sfida indebita all’oltraggiatore, ma significa non reagire per nulla. Dove può essere a rischio la stessa vita, non vale la pena di opporsi con forza a chi vuol togliergli il mantello (v. 29b); l’ingiunzione «non impedire di prenderti anche la tunica» significa non reagire in alcun modo per non mettere a repentaglio la tua vita.

 

La nuova mentalità

     ■ Inoltre, Gesù ingiunse ai suoi discepoli un’etica non orientata al materialismo (Lc 6,30) Molti conflitti nascono intorno alle cose che si posseggono. Le male bestie si chiamano avidità, avarizia, rivendicazione, contraccambio. Qui non si trattava di essere «fessi», ma di agire controcorrente in vista dell’avvento del regno di Dio.

     Gesù instillò nei suoi discepoli una nuova etica, secondo cui bisogna trattare gli altri come vorremmo che trattassero noi nella stessa situazione (v. 31; cfr. vv. 37s). Vorremmo essere amati anche da chi non ci ama (v. 32). In situazioni di necessità, vorremmo che ci facessero del bene anche coloro, a cui non abbiamo avuto occasione di farlo (v. 33). In situazioni di bisogno, vorremmo che qualcuno ci prestasse qualcosa, pur sapendo che non possiamo dargli al momento alcuna garanzia (v. 34). L’etica del nuovo patto deve necessariamente spaccare i vecchi schemi corporativistici dei «peccatori», poiché ciò è richiesto dall’etica del regno. In tal modo si mostrerà di essere «figli dell’Altissimo» e di assomigliare a Lui, il Padre, che misericordioso ed «è benigno verso gli ingrati e malvagi» (vv. 35s).

     Si tratta quindi di un cambiamento di mentalità in vista del regno di Dio e del premio che Dio darà. I discepoli possono anticipare già all’oggi ciò che sarà normale nel regno del Messia. Si tratta di passare dalla reazione per contrapposizione all’azione positiva dettata dalla ricerca del bene del prossimo; si tratta di passare dallo spirito corporativistico a una longanimità scevra da steccati e interessi di parte, per amore del prossimo e in vista dell’avvento del regno. Si tratta di passare da una mentalità da rivalità, arrivismo e faida a una «etica di libertà e responsabilità».

     Espresso positivamente, ciò significa trattare gli altri così come vorremmo che trattassero noi nella stessa situazione (v. 31). Espresso negativamente, ciò significa non fare agli altri ciò che non vorremmo fosse fatto a noi nella stessa situazione (v. 37). Secondo Gesù questa è la via vincente, essendo la via di Dio e del suo regno (v. 38a). Egli riassunse l’etica del nuovo patto riguardo ai rapporti interpersonali così: «Con la misura con cui misurate, sarà rimisurato a voi» (v. 38b).

 

Qualche nota finale

     Qui riporto qualche nota al margine. Mi sorprende sempre di nuovo che si parli con distacco di un «Messia di tipo politico», aspettato a quel tempo dai suoi contemporanei, come se ce ne fosse un altro non politico. Il termine «messia» significa «unto» e intende «unto a re». Non esiste quindi un messia religioso, ma solo un Messia-Re che viene per regnare.

     Viene citato in modo ricorrente l’espressione «occhio per occhio e dente per dente» come se fosse la quintessenza dell’arbitrio e della rappresaglia illimitata. Chi conosce il suo contesto originale nella legge mosaica, sa che Dio aveva dato questo principio di legalità proprio per mettere fine all’ingiustizia dei prepotenti che pretendevano di mettere a morte qualcuno per un occhio o per un dente. Qui c’è il principio della rivendicazione commisurata al danno subito, che è alla base del moderno diritto.

 

Per l’approfondimento di alcuni aspetti, menzionati in questo articolo, si veda la seguente letteratura:

     ■ Nicola Martella (a cura di), Escatologia biblica essenziale. Escatologia 1 (Punto°A°Croce, Roma 2007): «La dimensione terrena del regno», pp. 95-100; «Le due fasi del regno», pp. 160-169; «Il regno messianico», pp. 273-283; «La storicità del regno messianico», pp. 284-296.

     ■ Nicola Martella, Manuale teologico dell’AT (Punto°A°Croce, Roma 2002): «Etica», p. 158; «Regno escatologico», pp. 298s; «Richieste di Jahwè», pp. 300s.

     ■ Nicola Martella, Matteo, l’evangelista dei giudei (Punto°A°Croce, Roma 1999): «II. La legge del regno (5-7)», pp. 14-20.

 

 

Etica per tempi facili e difficili {Nicola Martella} (T)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Etica_NT-Lc6,20-39_Sh.htm

11-02-2008; Aggiornamento: 13-02-2008

 

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