Leggendo il cosiddetto «sermone sul
monte», alcuni hanno concluso che Gesù avesse insegnato un’etica per masochisti
e fessi. Come capire diversamente il suo insegnamento relativo al fatto di farsi
schiaffeggiare e di farsi rapinare? Altri hanno tratto da ciò la dottrina
secondo cui i cristiani debbano necessariamente vivere in povertà e necessità
per essere «veri» seguaci di Cristo. Altri ancora hanno attinto dalle parole di
Gesù dei principi per la non-violenza e per il pacifismo quale movimento
politico. Il «sermone sul monte» è una coperta che ognuno ha tirato dalla sua
parte. C’è chi ha tratto da qui una «etica del bonismo», valida non solo per i
rapporti interpersonali, ma anche per l’etica statale. Qui di seguito presento
dapprima le riflessioni le riflessioni di un lettore e poi faccio seguire le
mie… in attesa di altri interventi. |
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Francesco Di Franco
formula qui di seguito una tesi interessante e cerca di dimostrarla. A essa
risponde Nicola Martella con varie osservazioni e con un'analisi contestuale.
Sia il lettore stesso ad approfondire ulteriormente le questioni e a trarre le
sue eventuali conclusioni.
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1. Le tesi
{Francesco Di Franco}
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Sono ormai 3 giorni
che da quando ho sentito una predicazione sul sermone sul monte tratto da Luca 6
non riesco a far altro che a pensare a quest’argomento. Ho chiesto al Signore di
darmi chiarimenti, ho letto in diversi commentari e siti evangelici. Credo che
il Signore m’abbia messo nel cuore un pensiero che non ho però riscontrato in
nessuno dei testi da me controllati.
Gesù dice: «Ma a voi che ascoltate, io dico: “Amate i vostri nemici; fate del
bene a quelli che v’odiano;
28benedite
quelli che vi maledicono, pregate per quelli che v’oltraggiano.
29A
chi ti percuote su una guancia, porgigli anche l’altra; e a chi ti toglie il
mantello non impedire di prenderti anche la tunica.
30Dà
a chiunque ti chiede; e a chi ti toglie il tuo, non glielo ridomandare”» (Lc
6,27-30).
Molti commentari danno una spiegazione del suddetto brano secondo la visione
cosiddetta «assolutistica», ma questa posizione per me sarebbe semplicemente
sconvolgente. Infatti, se non devo ridomandare ciò che mi è stato tolto; beh,
allora aboliamo le questure e, visto che ci siamo, anche la polizia; visto che
non devo ridomandare, perche fare denuncia; e se non c’è denuncia, anche la
polizia non ha motivo d’intervenire. E allora aboliamo anche l’esercito...
infatti perché difendersi. Aboliamo altresì anche gli avvocati... visto che do
in prestito qualcosa che non mi viene restituita, non c’è motivo d’andare in
tribunale.
E allora mi vengono in mente certe scene che vedevo in vecchi film del selvaggio
far-west, carovane di pellegrini (potevano essere Mennoniti o Amish forse) che
venivano assalite dai cowboy cattivi, i quali picchiavano gli anziani o
violentavano le donne della comunità; e tutti gli uomini fermi guardavano la
scena senza alzare un dito per difendere i loro cari. (Quando poi interveniva il
cowboy buono, non della comunità, che prendeva invece le difese delle vittime...
che sollievo.) E allora mi sono chiesto: Ma avevano forse ragione questi
pellegrini? Signore, è forse questo quello che tu vuoi da me?
Ho detto al Signore: Se è questo ciò che tu vuoi da me, come posso continuare a
fare il lavoro che faccio, ossia l’agente di polizia locale, oppure come posso
continuare a essere cristiano?
Sono venuto a questa conclusione (spero che sia il Signore ad avermela suggerita
— mia moglie sembra però non condividerla). Allora Gesù parlava a un auditorio
che prima di tutto aspettava un Messia di tipo politico (uno che li avrebbe
liberati dal dominio romano) e inoltre per tutti era chiaro un preciso modo
d’agire, ossia quello di «occhio per occhio e dente per dente» (Questo
modo di fare io lo vedo ancora nel mondo giudaico, fateci caso quando Israele
subisce un attacco anche di tipo terroristico, la ritorsione militare scatta in
automatico. Per loro la regola di «occhio per occhio e dente per dente» è ancora
valida).
Gesù non rinnega mai la Parola dell’AT, ma credo che con la sua venuta, egli
abbia voluto fare capire agli uomini di Dio che qualcosa stava cambiando. Dio
infatti con la venuta messianica di suo Figlio ha voluto dare agli uomini una
seconda chance. Così Gesù ora ci chiede di non applicare più la regola della
reazione immediata di «occhio per occhio e dente per dente» ma ci chiama ad
avere un atteggiamento più misericordioso, un atteggiamento nella vita che ci
spinge a dare una seconda chance agli altri.
Quando Gesù dice di mostrare anche l’altra guancia... bene le guancie sono due e
non c’è una terza guancia. Gesù dice se uno ti toglie il mantello dagli
anche la tunica, anche qua c’è l’uno e il due... Gesù non chiede di dargli anche
il mulo, il cavallo, la casa, il terreno, ecc. C’è un limite... il limite della
seconda chance e solo quella.
Gesù dice che se qualcuno ti toglie il tuo, non glielo ridomandare... Sì, ma nel
limite precisato da Gesù stesso cioè il mantello e la tunica e non oltre.
Insomma con la venuta di Cristo, il Padre ha dimostrato d’essere una persona che
dà una seconda possibilità all’uomo. In questa seconda possibilità l’uomo può
scegliere la salvezza o la condanna. Il Padre desidera che i suoi figli agiscano
come Lui, che abbiano il suo stesso carattere.
Il fatto di porre dei limiti alla non reazione
non priva l’efficacia e la testimonianza del credente. Il mondo invece è sempre
pronto a reagire violentemente al minimo sgarbo che riceve. Il dare una seconda
chance a chi non la merita è perfettamente in grado di radunare carboni accesi
sulla testa di chi non coglie questa seconda possibilità.
Fratelli, fatemi sapere se potete condividere questi miei pensieri. {03-02-2008}
2. Osservazioni e obiezioni
{Nicola Martella}
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Entriamo in tema
Non si può cominciare a citare una frase con una congiunzione, tanto meno
avversativa («ma»), visto che segna la contrapposizione col precedente. Si noti
quanto segue sul cosiddetto «sermone sul monte».
■ Si trattava della «legge del nuovo patto». Qui il Messia poneva le basi
dell’etica della nuova alleanza.
■ Si trattava di un cambiamento di mentalità che Gesù pretendeva dai suoi
discepoli in un mondo abituato a sfruttare i deboli, a usare materialismo e
ricchezze come metro di misura e senso di vita, a esercitare prevaricazione e
sopruso come mezzo di forza, a essere prigioniero dello schema «amico (da amare)
– nemico (da odiare)» e così via.
■ Qui non venne alimentato il masochismo dei perdenti. Al contrario, il punto di
forza veniva dal fatto che, aspirando al regno messianico, i discepoli di Gesù
(«beati voi», «voi») potevano esercitare il perdono e la misericordia verso
coloro che erano prigionieri della mentalità del mondo. Si trattava di agire in
virtù del fatto di possedere già il diritto al «regno di Dio» (= il regno
messianico alla fine dei tempi): «il Regno di Dio è vostro» (v. 20).
■ Gesù non ingiunse di ricercare cose negative e umilianti e una patologica
ricerca della sofferenza, ma metteva i discepoli dinanzi al realismo: tranne che
per brevi periodi e di situazioni locali particolari, la stragrande maggioranza
di tutti i cristiani durante tutta la storia della chiesa hanno avuto una
condizione di indigenza, spesso proprio a causa del Signore e del suo regno:
povertà (v. 20), fame (v. 21), lacrime (v. 21), angherie e vessazioni (v. 22),
eccetera. Nessuno è felice per le cose negative che gli avvengono, ma sapere
che, sopportando tutto ciò per il «Figlio dell’uomo» (ossia il Messia), il
proprio premio è grande nei cieli (ossia nel Regno di Dio; v. 23), ciò diventa
una fonte di consolazione, di speranza e di felicità preventiva. Si pensi a
quanti credenti furono perseguitati dall’Inquisizione. Si pensi a quanti
cristiani dovettero abbandonare beni e proprietà, perché banditi o perché
perseguitati (cfr. gli anabattisti) e dovettero emigrare in terre lontane.
■ Si veda il contrasto fra i discepoli, a cui Gesù parlava, e gli altri, ossia i
Giudei che non erano seguaci di Gesù, ma loro avversari: «I padri loro
facevano lo stesso ai profeti», ossia li perseguitavano (v. 23) e «i
padri loro facevano lo stesso con i falsi profeti» (v. 26), ossia dicevano
bene di loro. In tal modo, le parole di Gesù non si possono separare dalla
contingenza in cui parlò. Il contrasto fu fatto da Gesù anche con i ricchi, che
vivevano una vita agiata e spensierata; essi non avevano nessuna speranza
futura, ma solo la consolazione del presente (vv. 24ss; cfr. Gcm 2,5ss; 5,1ss).
L’etica per i
tempi difficili
■ Gesù non propose qui una «etica normale», ossia per i tempi di pace e
tranquillità della chiesa (cfr. At 2,47; 1 Tm 2,2), ma una «etica per tempi
di crisi», ossia di tribolazione. Gesù annunciò tempi imminenti di
persecuzione dei suoi discepoli giudaici da parte di altri Giudei e dei loro
capi: «…vi metteranno le mani addosso e vi perseguiteranno, dandovi in mano
delle sinagoghe e mettendovi in prigione, traendovi dinanzi a re e governatori,
a motivo del mio nome» (Lc 21,12). La minaccia sarebbe venuta dagli stessi
parenti che non erano seguaci di Gesù (Mt 10,21ss). Le cose avvennero così e le
prime persecuzioni si ebbero proprio per mano dei Giudei che non riconoscevano
Gesù come Messia (At 8,1ss; 9,4s; 11,19; 13,50).
■ Se non si capisce che qui si tratta effettivamente di una «etica per tempi di
crisi», si snatura il cristianesimo e lo si rende una religione masochistica.
Dove c’è uno Stato di diritto ed è possibile esercitare i propri diritti,
si può far uso della propria libertà e della propria responsabilità. Paolo si
appellò al fatto che in quanto cittadino romano non poteva essere frustato, se
non dopo una condanna (At 22,25ss). Egli fece uso del suo diritto di cittadino
romano di appellarsi a Cesare, quale giudice supremo (At 25,11s.21; 28,19). La
sottomissione alle autorità ha come fine proprio la creazione di un clima in cui
il diritto sia prevalente (Rm 13,1ss). A tal fine viene ingiunto di pregare per
le autorità (1 Tm 2,1ss) e di avere un atteggiamento positivo verso di loro e
nella società in genere quale segno di contrasto rispetto all’etica del mondo
(Tt 3,1ss; 1 Pt 2,13ss).
■ In tempi di persecuzione, il diritto viene abolito per i perseguitati.
Per tali periodi particolari, Gesù insegnò l’atteggiamento giusto e il
comportamento ottimale. Avendo già il diritto al regno di Dio, garantito dal
Messia, si possono considerare i vessatori, i nemici e persecutori alla luce
della fine dei tempi: i miserabili sono loro che non hanno speranza!
■ Il giusto atteggiamento: All’interno dell’«etica per tempi difficili»
Gesù ingiunse un atteggiamento controcorrente: amare, fare del bene, benedire e
pregare, e cioè verso i vessatori e persecutori (Lc 6,27s). Non si tratta solo
della cosiddetta «potenza degli impotenti» (non-violenza), ma del principio
propositivo, secondo cui bisogna vincere il male col bene in vista della parusia
del Messia e quale essenza dell’etica del nuovo patto. È nella logica del mondo
di amare chi ti ama, di odiare chi ti odia e di rendere male per male,
vendicandosi (Rm 12,17ss). Paolo, seguendo il pensiero di Gesù, ingiunse invece
di cedere il posto all’ira di Dio e a soccorrere il nemico che è caduto in
pericolo di vita (vv. 19s), concludendo: «Non essere vinto dal male, ma vinci
il male con il bene» (v. 21). Nei casi estremi, si veda l’atteggiamento di
Stefano, quando fu messo a morte (At 7,60); fu simile a quello di Gesù in croce
(Lc 23,34).
■ Il giusto comportamento: Abbiamo detto che in tempi di persecuzione, il
diritto dei perseguitati viene calpestato. Gesù aveva insegnato «l’etica del
valore progressivo»: «La vita è più del nutrimento, e il corpo è più del
vestito» (Lc 12,23). Chi non tiene presente questa scala di valori, rischia
di perdere presto la vita (bene immateriale) a causa di beni materiali. Reagire
a chi percuote su una guancia (Lc 6,29a), in tempi di persecuzione può
significare mettere a repentaglio la stessa vita; l’ingiunzione «porgigli
anche l’altra» non è masochismo né sfida indebita all’oltraggiatore, ma
significa non reagire per nulla. Dove può essere a rischio la stessa vita, non
vale la pena di opporsi con forza a chi vuol togliergli il mantello (v. 29b);
l’ingiunzione «non impedire di prenderti anche la tunica» significa non
reagire in alcun modo per non mettere a repentaglio la tua vita.
La nuova
mentalità
■ Inoltre, Gesù ingiunse ai suoi discepoli un’etica non orientata al
materialismo (Lc 6,30) Molti conflitti nascono intorno alle cose che si
posseggono. Le male bestie si chiamano avidità, avarizia, rivendicazione,
contraccambio. Qui non si trattava di essere «fessi», ma di agire controcorrente
in vista dell’avvento del regno di Dio.
Gesù instillò nei suoi discepoli una nuova etica, secondo cui bisogna
trattare gli altri come vorremmo che trattassero noi nella stessa situazione (v.
31; cfr. vv. 37s). Vorremmo essere amati anche da chi non ci ama (v. 32). In
situazioni di necessità, vorremmo che ci facessero del bene anche coloro, a cui
non abbiamo avuto occasione di farlo (v. 33). In situazioni di bisogno, vorremmo
che qualcuno ci prestasse qualcosa, pur sapendo che non possiamo dargli al
momento alcuna garanzia (v. 34). L’etica del nuovo patto deve necessariamente
spaccare i vecchi schemi corporativistici dei «peccatori», poiché ciò è
richiesto dall’etica del regno. In tal modo si mostrerà di essere «figli
dell’Altissimo» e di assomigliare a Lui, il Padre, che misericordioso ed «è
benigno verso gli ingrati e malvagi» (vv. 35s).
Si tratta quindi di un cambiamento di mentalità
in vista del regno di Dio e del premio che Dio darà. I discepoli possono
anticipare già all’oggi ciò che sarà normale nel regno del Messia. Si tratta di
passare dalla reazione per contrapposizione all’azione positiva dettata dalla
ricerca del bene del prossimo; si tratta di passare dallo spirito
corporativistico a una longanimità scevra da steccati e interessi di parte, per
amore del prossimo e in vista dell’avvento del regno. Si tratta di passare da
una mentalità da rivalità, arrivismo e faida a una «etica di libertà e
responsabilità».
Espresso positivamente, ciò significa trattare gli altri così come
vorremmo che trattassero noi nella stessa situazione (v. 31). Espresso
negativamente, ciò significa non fare agli altri ciò che non vorremmo fosse
fatto a noi nella stessa situazione (v. 37). Secondo Gesù questa è la via
vincente, essendo la via di Dio e del suo regno (v. 38a). Egli riassunse l’etica
del nuovo patto riguardo ai rapporti interpersonali così: «Con la misura con
cui misurate, sarà rimisurato a voi» (v. 38b).
Qualche nota
finale
Qui riporto qualche nota al margine. Mi sorprende sempre di nuovo che si parli
con distacco di un «Messia di tipo politico», aspettato a quel tempo dai
suoi contemporanei, come se ce ne fosse un altro non politico. Il termine
«messia» significa «unto» e intende «unto a re». Non esiste quindi un messia
religioso, ma solo un Messia-Re che viene per regnare.
Viene citato in modo ricorrente l’espressione «occhio per occhio e dente
per dente» come se fosse la quintessenza dell’arbitrio e della
rappresaglia illimitata. Chi conosce il suo contesto originale nella legge
mosaica, sa che Dio aveva dato questo principio di legalità proprio per mettere
fine all’ingiustizia dei prepotenti che pretendevano di mettere a morte qualcuno
per un occhio o per un dente. Qui c’è il principio della rivendicazione
commisurata al danno subito, che è alla base del moderno diritto.
Per l’approfondimento di alcuni aspetti, menzionati in questo articolo, si veda
la seguente letteratura:
■ Nicola Martella (a cura di), Escatologia biblica essenziale.
Escatologia 1 (Punto°A°Croce,
Roma 2007): «La dimensione terrena del regno», pp. 95-100; «Le due fasi del
regno», pp. 160-169; «Il regno messianico», pp. 273-283; «La storicità del regno
messianico», pp. 284-296.
■ Nicola Martella, Manuale teologico dell’AT (Punto°A°Croce, Roma 2002):
«Etica», p. 158; «Regno escatologico», pp. 298s; «Richieste di Jahwè», pp. 300s.
■ Nicola Martella, Matteo, l’evangelista dei giudei (Punto°A°Croce, Roma
1999): «II. La legge del regno (5-7)», pp. 14-20.
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Etica per tempi facili e difficili {Nicola Martella} (T)
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Etica_NT-Lc6,20-39_Sh.htm
11-02-2008; Aggiornamento: 13-02-2008
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