Ho numerato le sue varie affermazioni, per rispondervi
meglio.
▬ Le questioni (Matteo
Ricciotti):
■ 1.
Che cosa significa: casistica
particolareggiata di certi comportamenti rituali o etici o le tradizioni
ecclesiali particolari?
■ 2.
Che cosa significa: adesione a determinate convenzioni
(dottrinali, rituali, etici, ecclesiali) o sovrastrutture ideologiche e
omogeneizzazione del gruppo rispetto alle stesse?
■ 3.
Se per la prima domanda faccio veramente fatica a spiegarmelo per
la sua genericità, intuisco per la seconda che si tratti di coloro, che hanno
uno spirito settario che tende al controllo della vita dei membri,
dettando regole di comportamento? Un po’ come succede tra i testimoni della
torre di guardia?
▬ Le risposte
(Nicola Martella):
■ 1.
Sotto il concetto di «sana dottrina»
si nascondono tante cose che non hanno direttamente a che fare con il chiaro
insegnamento biblico, ma con la tradizione e la convenzione di gruppo. La «casistica»
è una lista di cose che un «vero cristiano» fa o non fa; il contenuto dipende
dal contesto culturale ed ecclesiastico. Ad esempio, in America un «vero
cristiano» non beve vino, qui in Italia non fuma o non festeggia il natale,
ecc.
■ 2.
Si tratta di canoni dottrinali ed etici, impostati all’inizio di un movimento,
in quella data contingenza storica e culturale (p.es. per i «Fratelli» nel 19°
sec.). Col tempo queste convinzioni sono state «biblicizzate» (p.es. donne di
qua e uomini di là; si canta senza strumenti; si legge solo la traduzione «X»;
donne senza pantaloni, ecc.). Anche passando tanti decenni, tale canone di
convenzioni biblicizzate
decide chi sia «ortodosso» e chi no. Lo stesso vale sul piano delle
convenzioni dottrinali,
nate non al tempo apostolico, ma durante il corso della storia; ciò vale anche
per il modo di
gestire gli incontri, i
culti, la «liturgia» adottata, il passare canestri per le offerte, il modo di
sedersi in sala, chi prega e chi no.
Eccetera.
■ 3. Non solo. Alcuni gruppi, invece di rinnovarsi sulla base della Scrittura,
cercando che cosa sia buono e opportuno per il nostro tempo, sacralizzano le strutture, che hanno, gli usi e i costumi
che praticano, credendoli «biblici» a priori. Ciò può essere, ad esempio, quanto
segue: la domenica è il giorno del Signore e chi lo viola, pecca (invece, Rm
14,5); il nostro modo di radunarci nelle sale (!) è quello della chiesa
primitiva (invece, Rm 16 «chiese in casa»); fare tutte le domeniche la cena del
Signore corrisponde alla pratica della chiesa primitiva (invece, «rompere il
pane» = «mangiare»; Gr 16,7; Lc 24,30; At 20,11); l’orientamento di una rivista
di denominazione è considerato la «linea biblica» (invece è l’espressione delle
opinioni del gruppo di persone che lo gestisce); eccetera. Vedi al riguardo il
libro curato da me «Uniti nella verità, come affrontare le diversità».
Seconda tornata
▬ Le questioni (Matteo
Ricciotti):
Sì, adesso mi è chiaro e concordo con te. Purtroppo la
biblicizzazione delle tradizioni degli uomini è una piaga che si trasmette
di generazione in generazione. Ci troviamo a confrontarci spesso con gruppetti
omogeneizzati dalle stesse formalità esteriori, proprio come tu hai detto
e che vogliono omogeneizzare tutti.
▬ Le risposte
(Nicola Martella):
Sono contento che mi hai capito e che concordi con me. È proprio
triste, quando si stabilisce una convenzione su tradizioni biblicizzate,
ritenendo che sia la via biblica. Può succedere come accadde ai Farisei mediante
uno «scivolare» continuo e progressivo, aggiungendo «precetto dopo
precetto». Infine, Gesù dovette rimproverarli di trasgredire al chiaro comando
di Dio per amor di tradizione, con la quale addirittura si mette fuori uso la
Parola di Dio! (Mt 15,3; Mc 7,8s). Per questo bisogna vegliare verso
quelli di fuori e quelli di dentro, badando a se stessi e alla sana dottrina (1
Tm 4,16).
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Dottrina_convenzioni_UnV.htm
25-04-2007; Aggiornamento: 18-06-2012