Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

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Le diversità possono essere una risorsa oppure diventano un problema.
 Ecco le parti principali:
■ Entriamo in tema (il problema)
■ Uniti nella verità
■ Le diversità quale risorsa
■ Le diversità e le divisioni
■ Aspetti connessi.
 
Il libro è adatto primariamente per conduttori di chiesa, per diaconi e per collaboratori attivi; si presta pure per il confronto fra leader e per la formazione dei collaboratori. È un libro utile per le «menti pensanti» che vogliano rinnovare la propria chiesa, mettendo a fuoco le cose essenziali dichiarate dal NT.

 

Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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QUANTI «DONI» RICEVE OGNI CREDENTE?

 

 di Nicola Martella

 

 

1. ENTRIAMO IN TEMA: In realtà, non ricordo di essermi posto la questione di quanti doni un credente possa ricevere o che ci sia un limite numerico. A chi me lo chiedesse, risponderei: Tanti quanti bastano per servire in una certa situazione e per adempiere a una certa funzione ministeriale; in ogni modo, come minimo uno prevalente. Alcune tesi, che ho letto da qualche parte, mi hanno fatto riflettere nuovamente sulla questione. In pratica, si afferma che ogni credente può avere un solo «dono» spirituale di numero, né di più e né di meno. Presento dapprima tale tesi, poi riporto la mia risposta.

 

 

2. UN SOLO «DONO» PER CIASCUNO?

     ■ La tesi: In 1 Corinzi 12,7-11 Dio ha dato a ogni credente un dono, come ha voluto, e cioè a ognuno uno solo. Quindi, si tratta della proporzione di uno a uno: un credente un dono, non di più di uno solo di numero.

     Evidentemente tale credente non è l’unico a pensarla così. In un sito «apostolico» si legge sullo stesso brano della possibilità del dono unico: «Il carisma è un dono di grazia e tutti potrebbero avere un unico carisma, un unico dono».

 

     ▬ La risposta: In tale brano il termine «dono» non esiste, ma si parla di fanérōsis tū pneúmatos «manifestazione dello Spirito». Poi segue un elenco formale; esso serve a elencare le differenti manifestazioni date dall’unico Spirito e a evidenziare che ogni credente ne possiede almeno una. Alla fine, il verso 11, riconnettendosi al verso 7, recita: «Ma tutte queste cose le opera quell’unico e medesimo Spirito, distribuendo particolarmente a ciascuno, come vuole»; qui il termine «dono» non compare in greco.

     Tale trattazione di Paolo derivava dal fatto che nella chiesa di Corinto si erano accreditati i cosiddetti pneumatofori, ossia i «detentori dello Spirito», i quali si vantavano di avere particolari carismi e potenza, mettendo in ombra gli altri e coloro, che ritenevano di non averne alcuno. Paolo ribadì, invece, che lo Spirito è sovrano di dare le sue manifestazioni come, a chi e nella quantità che vuole; e che nessuno è privo di almeno una di tali manifestazioni. Precedentemente (vv. 4ss) aveva parlato delle «diversità di carismi» (diairéseis charismátōn), delle «diversità di servizi» (diairéseis diakoniõn) e delle «diversità di operazioni» (diairéseis energhēmátōn). Faccio notare che il termine greco chárisma non significa semplicemente «dono», ma intende «grazia, favore, azione (manifestazione, ecc.) di grazia». Qui sia «diversità» sia «carismi» sono al plurale.

 

 

3. TIMOTEO AVEVA UN SOLO «DONO»?

     ■ La tesi: Paolo aveva esortato Timoteo a rimanere a Efeso per mettere a posto alcune questioni dottrinali (1 Tm 1,3). E per svolgere bene quest’incarico doveva ravvivare il dono, che aveva ricevuto (2 Tm 1,6). Quindi, Timoteo possedeva un unico dono fra i tanti disponibili.

     Ho letto in rete che alcuni, volendo identificare tale unico «carisma» con qualcosa di più alto e riflettendo sul fatto che, nelle alterne vicende della vita (e nella vecchiaia), non è sempre possibile vivere la propria funzione ministeriale, lo identificano con quello della «comunione-amore», che vale per tutte le stagioni (cfr. p.es. qui). Altri lo identificano con la spiritualità o la «fraternità spirituale (o carità)», spesso di un gruppo particolare, da cui derivano vocazione, comunione e missione di carità (cfr. p.es. qui). Altri parlano del carisma come «un unico dono dello Spirito», e cioè sarebbe la «spiritualità apostolica» o «spiritualità educativa» (cfr. p.es. qui). Tuttavia, Paolo intendeva proprio questo?

 

     ▬ La risposta: Un brano più contiguo a 1 Tm 1,3 è 1 Tm 4,14, che recita: «Non trascurare il carisma, che è in te». Si noti che in tale contesto si parla particolarmente d’insegnamento (vv. 13.16). La domanda è la seguente: Timoteo sapeva solo insegnare? Si noti che nel verso 13 si parla anche di esortazione (e di anágnōsis «conoscenza» mediante la lettura), che appartiene a un’altra categoria (cfr. 1 Cor 14,3).

     Perché allora Paolo parlò di «carisma» al singolare? (cfr. anche 2 Tm 1,6). Lo fece perché il termine greco chárisma non significa propriamente «dono», ma «azione di grazia» e addirittura solo «grazia» (cháris).

     È evidente che per esplicare un servizio o una funzione ministeriale di primo piano, si necessita di vari carismi e non soltanto di uno di numero. Un missionario (apóstolos), ad esempio, per piantare una nuova realtà ecclesiale in una nuova zona dev’essere capace di evangelizzare, discepolare, istruire, esortare e così via.

     Torniamo alla domanda del principio: Timoteo possedeva un unico dono e sapeva esplicare una sola funzione ministeriale? La risposta è no. Paolo esortò il suo collaboratore a esercitare varie funzioni, per le quali si necessita di talenti, facoltà e competenze differenti. «Annunzia la Parola, insisti a tempo e fuor di tempo, riprendi, sgrida, esorta con grande pazienza e sempre istruendo» (2 Tm 4,2). «Ma tu sii sobrio in ogni cosa, soffri afflizioni, fa’ l’opera di evangelista, il tuo servizio» (2 Tm 4,5). «Queste cose insegna e a esse esorta» (1 Tm 6,2; cfr. Tt 2,15 + «riprendi con ogni autorità»). È evidente che Timoteo esercitasse varie funzioni, a cui corrispondevano differenti «doni» spirituali.

 

 

4. EXCURSUS SU CHÁRISMA: Il termine chárisma non esiste nel greco classico né in quello koiné, ossia nel greco parlato al tempo del NT; si trattava di un neologismo di Paolo (lo usò 16 volte), che si accreditò nelle chiese e che anche Pietro usò una sola volta. Bisogna tener presente che lo spettro semantico di cháris «grazia» è molto vasto: «grazia, bellezza, piacevolezza, gentilezza, incanto, amabilità; gioia, festività, letizia, gaudio, delizia, piacere, diletto; gratitudine, riconoscenza; ecc.». Sebbene Paolo usasse tale termine per il favore divino, preferì caratterizzarlo con un termine derivato specifico. Mentre cháris «grazia» compare nel NT soltanto al singolare e intende l’aspetto generale, chárisma «azione di grazia» intende (al sg. e al pl.) l’attuazione pratica della grazia nei singoli credenti.

     Perciò, tradurre chárisma con «dono» è limitativo e, a volte, equivoco. Ad esempio, in Romani 1,11 chárisma è da tradurre con «grazia» e non «dono»; sarebbe stato presuntuoso che Paolo scrivesse a credenti sconosciuti, per offrire loro ulteriori doni spirituali, mentre si trattava della grazia concreta derivante dall’edificazione comune (v. 12). Lo stesso vale per Romani 5,15, dove chárisma «azione di grazia», cháris «grazia» (di Dio) e dōreà en cháriti «dono in grazia», come pure drēma «dono, generosità, beneficenza» e chárisma «azione di grazia» (v. 16), sono semplicemente sinonimi; si noti qui che i termini greci per «dono» sono dōreà e drēma. Si veda pure Romani 6,23: la grazia di Dio è concretamente la vita eterna per il singolo. In 2 Corinzi 1,11 viene tradotto in italiano con «favore, beneficio»; in greco ricorre la locuzione tò eis hēmãs chárisma «la grazia nei nostri confronti» (cfr. vv. 12.15 cháris). In 1 Corinzi 7,7 è riferito alla differente grazia di sposarsi o di rimanere celibi. Chárisma «azione di grazia» e cháris «grazia» sono sinonimi in 1 Pietro 4,10; il primo termine intende la grazia ricevuta concretamente dal singolo, mentre il secondo termine intende quella generale.

 

 

5. ASPETTI CONCLUSIVI: Come si vede, è facile capire fischi per fiaschi, partendo da una tesi preconcetta e usando poi versi biblici per corroborarla, trascurando per altro in essi il significato reale dei termini greci.

     I servitori menzionati nel NT esplicavano funzioni ministeriali differenti, che non si possono ridurre a un solo «dono», ma a una varietà. Mi limito a un esempio eloquente: Paolo. Egli definì se stesso annunciatore (kẽryx), missionario (apóstolos «mandato, incaricato»), insegnante (didáskalos) dei Gentili (1 Tm 2,7; 2 Tm 1,11). Il primo termine riguarda l’annuncio dell’Evangelo (1 Tm 1,11; 2 Tm 4,17). È evidente che Paolo non possedesse soltanto un «dono» dello Spirito, ma che la «grazia» (cháris) di Dio si manifestasse in una «azione di grazia» (chárisma) ricca e a largo spettro.

 

Quanti «doni» riceve ogni credente? Parliamone {Nicola Martella} (T)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Doni_x-credente_UnV.htm

02-11-2013; Aggiornamento: 07-11-2013

 

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