Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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   Qui sono contenuti i principi di cura d’anime generale. Ecco le parti principali:
■ Gli aspetti generali
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   Si tratta della consulenza specifica al problema dell’occultismo. Eccole parti principali:
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■ Dizionarietto dei termini
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QUAND’ERO IN DISTRETTA, TU MI HAI MESSO AL LARGO

 

 di Nicola Martella

 

 

1.  L’ANALISI BIBLICA: Qui, nel Salmo 4,1, il contrasto è fra ciò che è stretto e ciò che è largo. Il termine ebraico ṣar indica qualcosa di stretto (Pr 23,27 pozzo stretto) o, com’è scritto, «un luogo stretto, dove non c’era modo di volgersi né a destra né a sinistra» (Nu 22,26). Chi ha una «forza ristretta» nel giorno dell’avversità (Pr 24,10), è rimasto senza risorse e sarà preda dello scoraggiamento. In ebraico dire «[è] stretto per me» (ṣar lî), significava «sono messo alle strette; sono in distretta», ossia «sono nell’angoscia (sventura, pericolo, ecc.)» (nella mia d. [= Sal 18,6; cfr. Sal 66,14; 102,2 dì della mia d.]; Dt 4,30 nella tua d.; 2 Sm 22,7 Is 25,4 nella sua d. [cfr. 2 Cr 15,4]; Is 26,16 nella loro d. [cfr. Sal 106,44; Os 5,15]). Distretta è sinonimo di angosce (Sal 107,6.13.19.28; Gb 15,24 + paura), di tribolazione (Sal 119,143), di amarezza (Gb 7,11), di angustia (Gb 36,16), del giorno di battaglia e guerra (Gb 38,23). Tale termine indica, perciò, il pericolo, l’angoscia e la sventura (Sal 4,1; 32,7). Si parla letteralmente della «distretta di spirito» (ṣar rûa; Gb 7,11 it. angoscia).

     Il termine ebraico rāḥab significa «rendere largo, ampio; allargare, ampliare» (p.es. Is 54,2 casa; Is 57,8 letto; Es 34,24 regno; Dt 12,20 confini); significa pure «dare (nuovo) spazio» (Gn 26,22 per prosperare). Trarre fuori al largo significava liberare (Sal 18,19; cfr. Dt 33,20). L’espressione «Tu hai allargato la via ai miei passi» (Sal 18,36), significava «Tu mi hai dato stabilità, spianandomi la via».

     Similmente al Salmo 4,1 ci si esprime in Giobbe 36,16: «Allora Egli avrebbe condotto pure te dal morso della distretta in un luogo ampio senza restrizione, e l’allestimento della tua tavola sarebbe piena di grasso [= cibi succulenti]».

 

 In questa opera Tobias Michael illustrava l’uscita di un uomo dalla distretta, che era costituito allora dal muro di Berlino, il quale separava i tedeschi dell’est da quelli dell'ovest, e l’entrata nel largo della libertà, dove non bisognava più temere per la propria incolumità e dove ognuno poteva scegliere il proprio destino.

 

 

 

2.  UNA MIA PARTICOLARE ESPERIENZA: Negli ultimi mesi, mia moglie e io eravamo stati molto sotto pressione per vari problemi. Sembrava come se il nemico avesse mobilitato molte schiere contro di noi e contro la chiesa locale, specialmente mostrandosi come Calunniatore (gr. diábolos). Abbiamo avuto spesso il cuore pesante, abbiamo pianto dinanzi al Signore. A me sono tornati i frequenti mal di testa e mia moglie si è fatta tante notti in bianco. Eppure siamo stati presenti agli incontri di chiesa e alle cellule bibliche e abbiamo esplicato i nostri doveri ministeriali.

     Poi venne quel mercoledì; io e mia moglie avevamo la nostra cellula di discepolato. Eravamo alquanto scossi. Eppure quei credenti, giovani nella fede, aspettavano che li ammaestrassi; non mi potevo trarre indietro. Con la mia «distretta di spirito» e il cuore piangente aprimmo la Parola al brano indicato dal libretto di studio: 2 Cronache 20,1-30. Ecco i fatti in breve. I nemici di Giosafat, re di Giuda, si erano coalizzati contro di lui e stavano per attaccarlo (vv. 1s). Egli, sebbene nella paura, cercò la faccia del Signore, convocò un’assemblea solenne, lo pregò e lo adorò (vv. 3-13). Dio gli mandò un proclamatore e gli fece dire: «questa non è battaglia vostra, ma di Dio» (vv. 15), Egli promise loro liberazione e aggiunse: «l’Eterno sarà con voi» (v. 17). Ci fu adorazione (vv. 18s). Il giorno dopo Giosafat ingiunse al popolo di credere alle promesse di Dio (v. 20). Invece di mettere davanti all’esercito i soldati più forti, mise i cantori, che cantavano all’Eterno canti di gioia e di lode (v. 22). Quando arrivarono, il problema l’aveva risolto Dio stesso: gli avversari si erano uccisi fra loro e avevano lasciato sul terreno una grande quantità di bottino (vv. 22-25). Essi chiamarono quel luogo «Valle di Benedizione», e lì benedissero l’Eterno (v. 26). Tornarono a Gerusalemme allo stesso modo, ma liberi dai loro nemici, pieni di ricchezze e ricolmi d’allegrezza (vv. 27s).

     Riflettemmo insieme che il nostro attuale nemico non è fatto di uomini, come al tempo di Giosafat. È scritto: «Infatti, la nostra lotta non è contro sangue e carne, ma contro i principati, contro le potestà, contro i dominatori universali di questa oscurità, contro le [forze] spirituali della malvagità nei [luoghi] sopraccelesti» (Ef 6,12). Giosafat (= l’Eterno giudica) e il popolo di Giuda sono un’immagine di Cristo e dell’assemblea del nuovo patto. Come Dio combatté per il suo popolo, così fece anche Gesù sulla croce per noi. È scritto che Cristo, «avendo spogliato i principati e le potestà ne ha fatto un pubblico spettacolo, trionfando su di loro per mezzo della croce» (Col 2,15). Con la sua opera avvenne il riscatto, «affinché, mediante la morte, distruggesse colui che aveva l’impero della morte, cioè il Calunniatore [gr. diábolos], e liberasse tutti quelli che per il timore della morte erano per tutta la vita soggetti a schiavitù» (Eb 2,15s).

     Ero così commosso, che tale commozione toccò anche gli altri cuori. Chiaramente, come ho già detto, il nemico comune era il Calunniatore (o diavolo) e le sue potenze malefiche (Ef 6,11ss). Invitai ognuno degli astanti ad applicare tale brano alle nostre vite e a cercare almeno una promessa nella Bibbia per la loro vita attuale. Ci fu tanta edificazione e consolazione.

     Quel giovedì sera io e mia moglie ci recammo come sempre anche alla nostra cellula di studio biblico. Il brano di studio era Efesini 3,20s. Anche lì il Signore ci parlò potentemente. Paolo scrisse che Dio «può fare oltre le cose, smisuratamente più di quelle che chiediamo o pensiamo» (v. 20). Leggemmo come brano correlato 2 Corinzi 3,18, in cui è espresso che noi, mentre contempliamo «la gloria del Signore, a viso scoperto, come in uno specchio [= rame levigato, quindi non chiaro], siamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, così come da parte del Signore, dello Spirito». Ecco la soluzione: guardare al Signore glorioso e non ai problemi! Inoltre, leggemmo pure 2 Cor 4,6, dove si parla di far «brillare la luce della conoscenza della gloria di Dio, che rifulge nel volto di Gesù Cristo». Ecco la soluzione: guardare al volto di Gesù e farsi irradiare dalla luce, che Egli riflette!

     Quella mattina avevo anche preparato un messaggio dal titolo «La croce quale unico mezzo di guarigione». In essa considerai anche Filippesi 3, in cui scrivevo di Paolo e del suo lungo curriculum etnico, religioso, devozionale, carrieristico e così via (Fil 3,4ss). Quando poi Paolo incontro Cristo, le cose che sul bilancio stavano prima tra i guadagni o vantaggi (kérdos), dovette spostarle sulla colonna delle perdite o dei danni (zēmía; v. 7). Di fronte alla eccellenza della conoscenza di Cristo Gesù, tutto si svalutò improvvisamente, e tutti i suoi passati pregi divennero carta straccia, come quando arriva l’inflazione. Con i nuovi occhi reputò tutti quei investimenti falliti come tanta spazzatura (v. 8).

     Quella sera, rientrato a casa alle 22 dallo studio biblico, sebbene molto stanco, mi ero rimesso a lavorare. Dopo un po’ sentii la lode salirmi nel cuore, unita a una pace e a una consolazione inaudite, che mi superavano (Fil 4,7). Mi misi ad adorare il Signore e sentivo una gioia nel cuore; esso mi sobbalzava nel petto come vitelli da stalla, che vengono liberati per la prima volta nei prati; si realizzò per me Malachia 4,2: «Per voi che temete il mio nome si leverà il sole della giustizia, e la guarigione sarà nelle sue ali; e voi uscirete e salterete, come vitelli di stalla». Riconobbi nuovamente che in Cristo «sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della conoscenza» (Col 2,3). Abbiamo tutto pienamente in Lui (Col 2,10). In Lui siamo «benedetti di ogni benedizione spirituale nei luoghi sopraccelesti» (Ef 1,3). Dinanzi alla «eccellenza della conoscenza di Cristo Gesù», tutto diventava una voce debitoria (danno) e tanta spazzatura (Fil 3,8).

     Non so, pur avendo molti problemi personali ed altri intorno a me, che dovevo ancora affrontare, era come se fossi stato immediatamente guarito. Sentivo una gioia e una consolazione, che bruciava tutto in me e che mi faceva vedere le cose dalla prospettiva della croce e del trono di Dio. Mi rimisi a lavorare. Quando poi, tardissimo, andai a letto stanco morto, ricominciò a scoppiarmi dentro la lode, il cuore si rimise a danzare di gioia e di consolazione; per ore e ore non riuscivo a prendere sonno. La mattina dopo, pur essendo annebbiato di mente, mi sentivo ancora guarito, pieno di gioia e di consolazione. Mi ripetevo un canto, che è tratto da Nehemia 8,10: «La gioia dell’Eterno è la vostra forza» (cfr. Fil 3,1 «Rallegratevi nel Signore»; 4,4).

     Ero disposto a fare tutta la volontà di Dio, qualunque cosa avvenisse. Sapevo che il diavolo sarebbe venuto al contrattacco, ma ero consapevole che il Signore mi aveva guarito. Ero disposto ad affrontare tutti i problemi, che si presentassero, permettendo al Signore di agire. Mi ero arreso a Lui. Sapevo che qualsiasi cosa potesse arrivare, nulla mi avrebbe tolto più la sua gioia, la sua pace e la sua consolazione.

     Sebbene il mio cuore fosse triste per la mia pochezza, le mie miserie e i problemi intorno a me, mi bastava guardare al Signore, per sentire nuovamente tale gioia e consolazione. Adorando Dio, volevo che il mio cuore continuasse a sobbalzare d’allegrezza nel Signore e che potessi far trasparire da tutti i pori tale gioia nel Signore.

     Vedendo la mia insufficienza di peccatore e la sufficienza del Signore, volevo dire a ognuno dei fratelli: «Mi scuso con te, se non ti ho manifestato quell’amore, quell’attenzione, quella cura e quella stima, che tu necessitavi. Ti amo nel Signore. Il mio cuore, oggi, salta troppo di gioia e di consolazione, perché esso possa essere sfiorato da altro. Esponiamoci insieme alla luce, che rifugge dal volto di Gesù, adoriamolo insieme ora, intercediamo qui l’uno per l’altro e sperimentiamo insieme la guarigione del Signore!».

     Esposto alla luce di tale guarigione divina, volevo dire ad altri: «Scusami, se ho fallito nei tuoi riguardi. Non sempre sono stato quello, che avrei dovuto essere e voluto essere. Faccio mie le parole di Davide: “Sono stato concepito nel peccato” (Sal 51,5). Mi associo alla confessione di Paolo: “Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, dei quali io sono il primo” (1 Tm 1,15; cfr. 1 Cor 15,8ss). Vieni, esponiamoci insieme alla grazia del Signore!».

 

{Testo scritto il 10-04-2015; corrisponde a quanto ho esposto a voce nel mio sermone del 12-04}

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Distret_larg_EnB.htm

22-04-2015; Aggiornamento:

 

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