Carissimo fratello,
la saluto fraternamente. La ringrazio per gli studi che precedentemente lei ha
sviluppato alla mia richiesta. Grazie, sono stati veramente utili. Con la
presente, spero di non impegnarla notevolmente.
Le chiedo un’analisi dettagliata esegetica del Salmo 22,3-4. Infatti, in
determinati ambienti entusiastici di natura neo-pentecostali lo citano
per avvalorare la tesi che «Dio abita (o dimora) nelle lodi del suo popolo». In
tal modo, di conseguenza, hanno trasformato la liturgia evangelica in un
avanspettacolo assordante con musica al limite del sopportabile, parlare in
lingue pubblicamente a ogni costo, schiamazzi, cantilene estatiche, ripetizione
ossessiva delle medesime parole e cantici pilotati.
Lei conosce bene la situazione e le chiedo quest’analisi, perché sono convinto
che il testo, da me citato, non asserisca che «Dio abita (o dimora) nelle
lodi...», ma che
Dio si compiace delle lodi del suo popolo e ivi v’è la sua presenza! Dio
accetta la lode di un cuore sincero e non strumentalizza alcuno. Inoltre,
leggendo la Riveduta, la Nuova Riveduta, la Diodati e la versione Cei - Uelci,
mi accorgo che «abita / dimora» non è menzionato. La saluto con affetto. {Elia
Rossi – Abbiategrasso; 23-04-2012} |
1. ENTRIAMO IN TEMA: Il
Salmo 22 è lungamente trattato sul mio sito: ►
Salmo 22 — «Perché mi hai abbandonato?» {Desiderio Bereani}; ci sono varie
parti e i versi menzionati si trovano nella seconda parte.
Come al solito, chi ha una ideologia religiosa, cerca brani oscuri per
accreditarla. Il Salmo 22,3 [4] è uno di essi.
Tale verso ha ispirato le persone a dire, a commento, tante cose
spiritualistiche, perlopiù senza fondamento esegetico; ad esempio le seguenti,
che ho trovato in rete dopo una breve ricerca.
■ «La lode diventa il tempio nel quale Dio abita in mezzo al suo popolo»
(qui).
I termini «lode» e «tempio», però, non ricorrono mai né in ebraico (AT), né in
greco (NT). Oltre a ciò, come ha evidenziato Stefano per il tempio: «Dio non
abita in costruzioni fatte da mano d’uomo» (At 7,48); ciò vale sia per
quelle materiali, sia per quelle ideali. Dio un tempio già ce l’ha, ed è
scritto: «Ma venuto Cristo, Sommo Sacerdote dei futuri beni, egli, attraverso
il tabernacolo più grande e più perfetto, non fatto con mano, vale a dire non di
questa creazione…» (Eb 9,11).
■ «Il Signore abita in mezzo alla mia lode. Cioè, il Signore si manifesta mentre
noi lo lodiamo. La parola abitare significa “vivere dentro, dimorare dentro”.
Perciò questa fu una rivelazione al mio cuore: che l’onnipotente Signore
dimori, viva, si manifesti in mezzo alla mia lode. […] Nella versione
inglese del Salmo 22,3 “Il Signore abita in mezzo alle nostre lodi di Israele”;
cioè il Signore abita in mezzo alle nostre lodi e se tu fossi cieco e nudo e
quant’altro, il Signore ascolterebbe la tua lode nel silenzio di te stesso,
poiché il Signore dimora, abita, risiede in te da sempre» (qui).
È una visione tipicamente spiritualista quella, secondo cui l’Onnipotente venga
a vivere dentro l’uomo o alle cose che egli fa. La sorgente di tutto ciò non è
la sacra Scrittura, ma il misticismo estatico, l’umanesimo cristianizzato. Di
Dio è scritto, invece, come del «beato e unico Sovrano, il Re dei re e Signor
dei signori, il quale solo possiede l’immortalità e abita una luce
inaccessibile; il quale nessun uomo ha veduto né può vedere; al quale siano
onore e potenza eterna» (1 Tm 6,15s).
Tale citazione proviene dal
cattolico
Giuseppe Savazzi, fan di Teresa di Calcutta, «membro del Rotary Club» e
autonominato «Sua Santità Patriarca Profeta Elia, battezzato sul monte Athos,
sacerdote e monaco missionario, evangelista, unzione e consacrazione ricevuta
dallo Spirito Santo» (qui).
Ho ritrovato tale citazione pressoché letteralmente
nel primo capitolo del seguente libro: Don
Gosset, C’è dinamite nella lode (Editrice
Uomini Nuovi;
qui). Quindi vediamo come le concezioni
carismaticiste influenzino con la loro «quasi teologia» (o «pressapochismo
teologico») molta gente, creando connessioni ideologiche bizzarre e commistioni
pericolose.
■ Ci sono siti ispirati allo spiritualismo esoterico, all’esoterismo
cristianizzato, allo spiritualismo mariano e simili, in cui si fa continua
commistione fra cristianesimo (spesso mariano) e spiritualismo mistico, se non
esoterismo; in essi si cita continuamente tale verso e si afferma, in presunti
«messaggi dal cielo», che Dio (Cristo o la madonna) abiterebbe in chi loda, anzi
in tutti gli uomini (p.es.
qui).
■ A tale verso vengono associate idee religiose, apparentemente innocue, ma che
in realtà rappresentano un «di più» rispetto a ciò, che è veramente scritto.
«“Eppure tu sei il Santo, siedi circondato dalle lodi d’Israele” (Salmo 22,3).
Dio ama le lodi dei Suoi figli ed è una Sua promessa per noi che Lui
dimori in mezzo alle lodi del Suo popolo. Quando noi eleviamo insieme le nostre
lodi, Dio è presente. Ci sono tante testimonianze di persone che hanno avvertito
la presenza di Dio in un modo tangibile durante la lode o che hanno avuto
visioni del Trono di Dio nel Santuario in cui erano riunite per lodare il
Suo nome» (qui).
Come si vede, si usa tale verso per attestare una inesistente
promessa di Dio; infatti, quest’ultima, per essere tale, deve avere
normalmente Dio come soggetto parlante e deve essere chiara nel contenuto, ma
non troviamo nulla di tutto ciò nella Bibbia. Inoltre, si strumentalizza tale
verso per avvalorare presunte «visioni del Trono di Dio nel Santuario» da
parte di contemporanei. Abbiamo già citato sopra 1
Timoteo 6,15s; si vedano altri versi simili come Giovanni 1,18. L’unico, a cui
Dio ha dato la visione del trono, è nella Bibbia l’apostolo Giovanni (Ap 4,1ss).
Paolo fu rapito soltanto fino al terzo cielo, nel Paradiso (2 Cor 12,2s), che
non è il luogo del santuario celeste. Oltre a questi due apostoli, non c’è
evidenza nella Bibbia che altri possano avere tale visione dopo il tempo
apostolico e oggigiorno. Se si analizzano i contenuti di tali presunte visioni,
ci si renderà conto di molte sfasature teologiche. Si veda qui per
l’approfondimento
in Nicola Martella (a cura di), Escatologia fra legittimità e abuso.
Escatologia 2 (Punto°A°Croce, Roma 2007), l’articolo «Visioni
dell’aldilà», pp. 313-328.
2. ANALIZZIAMO IL TESTO:
Diamo uno sguardo al testo ebraico e ad alcune traduzione, per renderci conto
dei problemi di questo testo.
■ Ebraico:
וְאַתָּה
קָדֹושׁ יֹושֵׁב תְּהִלֹּות יִשְׂרָאֵל
■ Ebraico traslitterato: We’attāh qādôš jôšeb tehillôt
Jiserā’el.
■ Diodati:
E pur tu sei il Santo, il Permanente, le lodi
d’Israele.
■ Cei: Eppure tu
abiti la santa dimora, tu, lode d’Israele.
■ Riveduta: Eppure tu
sei il Santo, che siedi circondato dalle lodi d’Israele.
■ Nuova Riveduta:
Eppure tu sei il Santo, siedi circondato dalle lodi d’Israele.
■ Nuova Diodati:
Eppure tu sei il Santo, che dimori nelle lodi
d’Israele.
■
Elberfelder antica: Eppure tu sei santo, tu, che
dimori tra le lodi d’Israele.
■
Elberfelder revisionata: Eppure tu sei santo, tu,
che dimori [tra] le lodi d’Israele; nota alternativa: Tu troneggi come
Santo, tu, lode d’Israele.
■ Lutero:
Ma tu sei santo, tu, che dimori tra le lodi
d’Israele.
In rete si trova anche altri adattamenti, ad
esempio il seguente: «Eppure tu sei il Santo, tu siedi in trono fra le
lodi d’Israele».
Controllando il testo ebraico, prendo atto che tra il
primo lemma (we’attāh) e il
secondo (qādôš) manca il verbo, ma c’è
un verbo al terzo posto (jôšeb). Tra il
terzo e il quarto lemma (jôšeb - tehillôt
Jiserā’el) manca un pronome, che
introduca una frase secondaria, o una preposizione qualsiasi (p.es. «tra»). Di
questo problema si sono resi conto Diodati, la CEI, e la revisione della tedesca
Elberfelder, specialmente nella nota.
3. IL CHIARIMENTO ESEGETICO:
Di per sé si tratta di tre dichiarazioni disgiunte e unite a senso, il
cui soggetto è ‘attāh, pronome personale, che è accentuato in ebraico (i
pronomi personali non si usano abitualmente in ebraico, se non per accentuare o
come segnaposto per il verbo essere) e che bisogna tradurre o «proprio tu», o
«tu sei».
Il termine che, a mio parere, è il perno della questione, è il terzo lemma, il
verbo
jôšeb. Diodati lo considerò un participio del verbo «permanere»; la
Nuova Elberfelder lo considera come forma del verbo «troneggiare, sedere». La
CEI lo rende con abitare e intende per santo il «luogo santo».
C’è da notare che tutte e tre i lemmi (qādôš - jôšeb - tehillôt
Jiserā’el) hanno un unico soggetto, il pronome iniziale, che
sottintende il verbo essere. Quindi, a parer mio, Diodati è colui che, in
qualche modo, è arrivato il più vicino possibile alla traduzione corretta
dell’ebraico. La realtà espressa è triplice:
■ We’attāh qādôš: Ma tu sei santo
■
[’attāh] jôšeb: [sei] troneggiante
■
[’attāh] tehillôt Jiserā’el: [sei] le lodi
d’Israele.
Ora la forma verbale jôšeb è effettivamente il participio attivo
del verbo jāšab «sedersi, troneggiare». Ad esempio, ricorre l’espressione
sedersi e alzarsi (Dt 6,7; Sal 139,2). Il participio jôšeb è anche un
termine rituale legato al santuario nell’espressione jôšeb
hakkerubîm
«troneggiante i cherubini» (ossia sovrastante, al di sopra e più glorioso di
loro; in italiano viene aggiunta un preposizione per far capire meglio): «l’arca
del Dio degli eserciti, che troneggia [sopra] i cherubini»
(1 Sm 4,4); «o tu che troneggi [sopra] i cherubini»
(Sal 80,1). Il significato specifico di «troneggiare» è mostrato dal
parallelismo sinonimico nel Salmo 99,1:
«L’Eterno regna: tremino i popoli;
egli troneggia sopra i cherubini: la terra
è scossa».
Tale parallelo fra
troneggiare [sopra] i cherubini e regnare su tutti i regni della terra si trova
anche in Isaia 37,16.
Nel Salmo 22,3
jôšeb è con molta probabilità un richiamo a tale immagine di Dio, che nel
tempio era visto spiritualmente troneggiante sull’arca del patto sopra i due
cherubini; quando Dio si manifestava sull’arca del patto, Egli regnava su
Israele e tra il popolo e giudicava tra giusti ed empi, per dare a ognuno
secondo le sue opere.
C’è di più l’espressione ebraica «salire / insediarsi
sul trono» significa semplicemente «regnare» (1 Re 1,46; 2,12; Est 1,2; Ger
22,4). Per cui jôšeb significa anche «regnante (anche questo è un
participio), sovrano, dominatore». In Amos 1,5 ci sono tre eufemismi per
designare il dominatore di un luogo: «catenaccio», «regnante» e
«detentore dello scettro»; perciò, bisogna tradurre
correttamente questo brano come segue: «Spezzerò il catenaccio di Damasco,
sterminerò il regnante [jôšeb] di
Biqat-Awèn e il detentore dello scettro di Bet-Eden; e il popolo di Aram andrà
schiavo a Kir» (Am 1,5); similmente
anche nel v. 8: «Estirperò da Asdòd il regnante [jôšeb]
e da Askalon il detentore dello scettro». Anche in Isaia 10,13 i
«troneggianti» intende i «regnanti»: ««Ho
abbattuto… i troneggianti».
4. ASPETTI CONCLUSIVI
■
Traduzione letterale: «Ma tu sei santo, troneggiante, le lodi d’Israele».
■
Traduzione letteraria: «Ma tu sei santo, colui che troneggia [o regna],
l’oggetto delle lodi d’Israele».
■ Questioni aperte: Certamente ci si può chiedere se «jôšeb tehillôt
Jiserā’el», in analogia a espressioni simili sopra esposte, non si
possa tradurre «troneggiante le lodi d’Israele». Si osservi al riguardo quanto
segue: ▪ 1. Ciò che teoricamente è possibile, deve pure avere un senso; c’è un
solo brano in cui «trono» (e suoi derivati) e «lode» sono connessi insieme (Ap
19,5; cfr. 5,13), ma non esprime nulla del genere. ▪ 2. Non si deve voler trarre
da un brano oscuro o da un’espressione marginale in tale salmo un’intera
dottrina così imperante in ambienti entusiastici. ▪ 3. Il Salmo 22 è un testo di
profondo lamento in una situazione estrema della vita, e tale espressione nel v.
3 [4] è solo un dettaglio; inoltre, essa non si trova in nessun’altra parte
della Scrittura.
■
Spiegazione contestuale: Davide si sentiva abbandonato da Dio e profondeva
il suo lamento dinanzi a Lui, sentendosi inascoltato (v. 1). Tale silenzio di
Dio era per lui un tormento, giorno e notte (v. 2). Perciò, il salmista si
appellò nuovamente a Dio, elencando quelle qualità, che erano importanti per lui
in quel momento (v. 3) e ricordando l’esperienza positiva dei padri, quando
invocarono l’intervento di Dio (vv. 4s). Poi tornò al suo lamento personale (v.
6ss).
Stando così le
cose, tale ideologia musicofila e da avanspettacolo entusiastico
non ha nulla a che vedere con questo salmo, il cui tenore è tutt’altro. I
costruttori di ideologie religiose si attaccano sempre a dettagli e a
espressioni spesso oscure o secondarie, e li interpretano a loro piacimento, per
avvalorare le loro creature dottrinarie.
►
Dio abita nelle lodi da avanspettacolo? Parliamone
{Nicola Martella} (T)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Dio_abita_lodi_Car.htm
11-06-2012; Aggiornamento: 14-06-2012 |