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DIO ABITA NELLE LODI DA AVANSPETTACOLO?

 

 di Nicola Martella

 

Carissimo fratello, la saluto fraternamente. La ringrazio per gli studi che precedentemente lei ha sviluppato alla mia richiesta. Grazie, sono stati veramente utili. Con la presente, spero di non impegnarla notevolmente.

     Le chiedo un’analisi dettagliata esegetica del Salmo 22,3-4. Infatti, in determinati ambienti entusiastici di natura neo-pentecostali lo citano per avvalorare la tesi che «Dio abita (o dimora) nelle lodi del suo popolo». In tal modo, di conseguenza, hanno trasformato la liturgia evangelica in un avanspettacolo assordante con musica al limite del sopportabile, parlare in lingue pubblicamente a ogni costo, schiamazzi, cantilene estatiche, ripetizione ossessiva delle medesime parole e cantici pilotati.

     Lei conosce bene la situazione e le chiedo quest’analisi, perché sono convinto che il testo, da me citato, non asserisca che «Dio abita (o dimora) nelle lodi...», ma che Dio si compiace delle lodi del suo popolo e ivi v’è la sua presenza! Dio accetta la lode di un cuore sincero e non strumentalizza alcuno. Inoltre, leggendo la Riveduta, la Nuova Riveduta, la Diodati e la versione Cei - Uelci, mi accorgo che «abita / dimora» non è menzionato. La saluto con affetto. {Elia Rossi – Abbiategrasso; 23-04-2012}

 

 

1.  ENTRIAMO IN TEMA: Il Salmo 22 è lungamente trattato sul mio sito: ► Salmo 22 — «Perché mi hai abbandonato?» {Desiderio Bereani}; ci sono varie parti e i versi menzionati si trovano nella seconda parte.

     Come al solito, chi ha una ideologia religiosa, cerca brani oscuri per accreditarla. Il Salmo 22,3 [4] è uno di essi.

     Tale verso ha ispirato le persone a dire, a commento, tante cose spiritualistiche, perlopiù senza fondamento esegetico; ad esempio le seguenti, che ho trovato in rete dopo una breve ricerca.

     ■ «La lode diventa il tempio nel quale Dio abita in mezzo al suo popolo» (qui). I termini «lode» e «tempio», però, non ricorrono mai né in ebraico (AT), né in greco (NT). Oltre a ciò, come ha evidenziato Stefano per il tempio: «Dio non abita in costruzioni fatte da mano d’uomo» (At 7,48); ciò vale sia per quelle materiali, sia per quelle ideali. Dio un tempio già ce l’ha, ed è scritto: «Ma venuto Cristo, Sommo Sacerdote dei futuri beni, egli, attraverso il tabernacolo più grande e più perfetto, non fatto con mano, vale a dire non di questa creazione…» (Eb 9,11).

     ■ «Il Signore abita in mezzo alla mia lode. Cioè, il Signore si manifesta mentre noi lo lodiamo. La parola abitare significa “vivere dentro, dimorare dentro”. Perciò questa fu una rivelazione al mio cuore: che l’onnipotente Signore dimori, viva, si manifesti in mezzo alla mia lode. […] Nella versione inglese del Salmo 22,3 “Il Signore abita in mezzo alle nostre lodi di Israele”; cioè il Signore abita in mezzo alle nostre lodi e se tu fossi cieco e nudo e quant’altro, il Signore ascolterebbe la tua lode nel silenzio di te stesso, poiché il Signore dimora, abita, risiede in te da sempre» (qui). È una visione tipicamente spiritualista quella, secondo cui l’Onnipotente venga a vivere dentro l’uomo o alle cose che egli fa. La sorgente di tutto ciò non è la sacra Scrittura, ma il misticismo estatico, l’umanesimo cristianizzato. Di Dio è scritto, invece, come del «beato e unico Sovrano, il Re dei re e Signor dei signori, il quale solo possiede l’immortalità e abita una luce inaccessibile; il quale nessun uomo ha veduto né può vedere; al quale siano onore e potenza eterna» (1 Tm 6,15s).

     Tale citazione proviene dal cattolico Giuseppe Savazzi, fan di Teresa di Calcutta, «membro del Rotary Club» e autonominato «Sua Santità Patriarca Profeta Elia, battezzato sul monte Athos, sacerdote e monaco missionario, evangelista, unzione e consacrazione ricevuta dallo Spirito Santo» (qui). Ho ritrovato tale citazione pressoché letteralmente nel primo capitolo del seguente libro: Don Gosset, C’è dinamite nella lode (Editrice Uomini Nuovi; qui). Quindi vediamo come le concezioni carismaticiste influenzino con la loro «quasi teologia» (o «pressapochismo teologico») molta gente, creando connessioni ideologiche bizzarre e commistioni pericolose.

     ■ Ci sono siti ispirati allo spiritualismo esoterico, all’esoterismo cristianizzato, allo spiritualismo mariano e simili, in cui si fa continua commistione fra cristianesimo (spesso mariano) e spiritualismo mistico, se non esoterismo; in essi si cita continuamente tale verso e si afferma, in presunti «messaggi dal cielo», che Dio (Cristo o la madonna) abiterebbe in chi loda, anzi in tutti gli uomini (p.es. qui).

     ■ A tale verso vengono associate idee religiose, apparentemente innocue, ma che in realtà rappresentano un «di più» rispetto a ciò, che è veramente scritto. «“Eppure tu sei il Santo, siedi circondato dalle lodi d’Israele” (Salmo 22,3). Dio ama le lodi dei Suoi figli ed è una Sua promessa per noi che Lui dimori in mezzo alle lodi del Suo popolo. Quando noi eleviamo insieme le nostre lodi, Dio è presente. Ci sono tante testimonianze di persone che hanno avvertito la presenza di Dio in un modo tangibile durante la lode o che hanno avuto visioni del Trono di Dio nel Santuario in cui erano riunite per lodare il Suo nome» (qui). Come si vede, si usa tale verso per attestare una inesistente promessa di Dio; infatti, quest’ultima, per essere tale, deve avere normalmente Dio come soggetto parlante e deve essere chiara nel contenuto, ma non troviamo nulla di tutto ciò nella Bibbia. Inoltre, si strumentalizza tale verso per avvalorare presunte «visioni del Trono di Dio nel Santuario» da parte di contemporanei. Abbiamo già citato sopra 1 Timoteo 6,15s; si vedano altri versi simili come Giovanni 1,18. L’unico, a cui Dio ha dato la visione del trono, è nella Bibbia l’apostolo Giovanni (Ap 4,1ss). Paolo fu rapito soltanto fino al terzo cielo, nel Paradiso (2 Cor 12,2s), che non è il luogo del santuario celeste. Oltre a questi due apostoli, non c’è evidenza nella Bibbia che altri possano avere tale visione dopo il tempo apostolico e oggigiorno. Se si analizzano i contenuti di tali presunte visioni, ci si renderà conto di molte sfasature teologiche. Si veda qui per l’approfondimento in Nicola Martella (a cura di), Escatologia fra legittimità e abuso. Escatologia 2 (Punto°A°Croce, Roma 2007), l’articolo «Visioni dell’aldilà», pp. 313-328.

 

 

2.  ANALIZZIAMO IL TESTO: Diamo uno sguardo al testo ebraico e ad alcune traduzione, per renderci conto dei problemi di questo testo.

     ■ Ebraico: וְאַתָּה קָדֹושׁ יֹושֵׁב תְּהִלֹּות יִשְׂרָאֵל

     ■ Ebraico traslitterato: We’attāh qādôš jôšeb tehillôt Jiserā’el.

     ■ Diodati: E pur tu sei il Santo, il Permanente, le lodi d’Israele.

     ■ Cei: Eppure tu abiti la santa dimora, tu, lode d’Israele.

     ■ Riveduta: Eppure tu sei il Santo, che siedi circondato dalle lodi d’Israele.

     ■ Nuova Riveduta: Eppure tu sei il Santo, siedi circondato dalle lodi d’Israele.

     ■ Nuova Diodati: Eppure tu sei il Santo, che dimori nelle lodi d’Israele.

     ■ Elberfelder antica: Eppure tu sei santo, tu, che dimori tra le lodi d’Israele.

     ■ Elberfelder revisionata: Eppure tu sei santo, tu, che dimori [tra] le lodi d’Israele; nota alternativa: Tu troneggi come Santo, tu, lode d’Israele.

     ■ Lutero: Ma tu sei santo, tu, che dimori tra le lodi d’Israele.

 

In rete si trova anche altri adattamenti, ad esempio il seguente: «Eppure tu sei il Santo, tu siedi in trono fra le lodi d’Israele».

     Controllando il testo ebraico, prendo atto che tra il primo lemma (we’attāh) e il secondo (qādôš) manca il verbo, ma c’è un verbo al terzo posto (jôšeb). Tra il terzo e il quarto lemma (jôšeb - tehillôt Jiserā’el) manca un pronome, che introduca una frase secondaria, o una preposizione qualsiasi (p.es. «tra»). Di questo problema si sono resi conto Diodati, la CEI, e la revisione della tedesca Elberfelder, specialmente nella nota.

 

 

3.  IL CHIARIMENTO ESEGETICO: Di per sé si tratta di tre dichiarazioni disgiunte e unite a senso, il cui soggetto è ‘attāh, pronome personale, che è accentuato in ebraico (i pronomi personali non si usano abitualmente in ebraico, se non per accentuare o come segnaposto per il verbo essere) e che bisogna tradurre o «proprio tu», o «tu sei».

     Il termine che, a mio parere, è il perno della questione, è il terzo lemma, il verbo jôšeb. Diodati lo considerò un participio del verbo «permanere»; la Nuova Elberfelder lo considera come forma del verbo «troneggiare, sedere». La CEI lo rende con abitare e intende per santo il «luogo santo».

     C’è da notare che tutte e tre i lemmi (qādôš - jôšeb - tehillôt Jiserā’el) hanno un unico soggetto, il pronome iniziale, che sottintende il verbo essere. Quindi, a parer mio, Diodati è colui che, in qualche modo, è arrivato il più vicino possibile alla traduzione corretta dell’ebraico. La realtà espressa è triplice:

     ■ We’attāh qādôš: Ma tu sei santo

     ■ [’attāh] jôšeb: [sei] troneggiante

     ■ [’attāh] tehillôt Jiserā’el: [sei] le lodi d’Israele.

 

Ora la forma verbale jôšeb è effettivamente il participio attivo del verbo jāšab «sedersi, troneggiare». Ad esempio, ricorre l’espressione sedersi e alzarsi (Dt 6,7; Sal 139,2). Il participio jôšeb è anche un termine rituale legato al santuario nell’espressione jôšeb hakkerubîm «troneggiante i cherubini» (ossia sovrastante, al di sopra e più glorioso di loro; in italiano viene aggiunta un preposizione per far capire meglio): «l’arca del Dio degli eserciti, che troneggia [sopra] i cherubini» (1 Sm 4,4); «o tu che troneggi [sopra] i cherubini» (Sal 80,1). Il significato specifico di «troneggiare» è mostrato dal parallelismo sinonimico nel Salmo 99,1:

          «L’Eterno regna: tremino i popoli;

          egli troneggia sopra i cherubini: la terra è scossa».

 

Tale parallelo fra troneggiare [sopra] i cherubini e regnare su tutti i regni della terra si trova anche in Isaia 37,16.

     Nel Salmo 22,3 jôšeb è con molta probabilità un richiamo a tale immagine di Dio, che nel tempio era visto spiritualmente troneggiante sull’arca del patto sopra i due cherubini; quando Dio si manifestava sull’arca del patto, Egli regnava su Israele e tra il popolo e giudicava tra giusti ed empi, per dare a ognuno secondo le sue opere.

     C’è di più l’espressione ebraica «salire / insediarsi sul trono» significa semplicemente «regnare» (1 Re 1,46; 2,12; Est 1,2; Ger 22,4). Per cui jôšeb significa anche «regnante (anche questo è un participio), sovrano, dominatore». In Amos 1,5 ci sono tre eufemismi per designare il dominatore di un luogo: «catenaccio», «regnante» e «detentore dello scettro»; perciò, bisogna tradurre correttamente questo brano come segue: «Spezzerò il catenaccio di Damasco, sterminerò il regnante [jôšeb] di Biqat-Awèn e il detentore dello scettro di Bet-Eden; e il popolo di Aram andrà schiavo a Kir» (Am 1,5); similmente anche nel v. 8: «Estirperò da Asdòd il regnante [jôšeb] e da Askalon il detentore dello scettro». Anche in Isaia 10,13 i «troneggianti» intende i «regnanti»: ««Ho abbattuto… i troneggianti».

 

4.  ASPETTI CONCLUSIVI

     ■ Traduzione letterale: «Ma tu sei santo, troneggiante, le lodi d’Israele».

     ■ Traduzione letteraria: «Ma tu sei santo, colui che troneggia [o regna], l’oggetto delle lodi d’Israele».

     ■ Questioni aperte: Certamente ci si può chiedere se «jôšeb tehillôt Jiserā’el», in analogia a espressioni simili sopra esposte, non si possa tradurre «troneggiante le lodi d’Israele». Si osservi al riguardo quanto segue: ▪ 1. Ciò che teoricamente è possibile, deve pure avere un senso; c’è un solo brano in cui «trono» (e suoi derivati) e «lode» sono connessi insieme (Ap 19,5; cfr. 5,13), ma non esprime nulla del genere. ▪ 2. Non si deve voler trarre da un brano oscuro o da un’espressione marginale in tale salmo un’intera dottrina così imperante in ambienti entusiastici. ▪ 3. Il Salmo 22 è un testo di profondo lamento in una situazione estrema della vita, e tale espressione nel v. 3 [4] è solo un dettaglio; inoltre, essa non si trova in nessun’altra parte della Scrittura.

     ■ Spiegazione contestuale: Davide si sentiva abbandonato da Dio e profondeva il suo lamento dinanzi a Lui, sentendosi inascoltato (v. 1). Tale silenzio di Dio era per lui un tormento, giorno e notte (v. 2). Perciò, il salmista si appellò nuovamente a Dio, elencando quelle qualità, che erano importanti per lui in quel momento (v. 3) e ricordando l’esperienza positiva dei padri, quando invocarono l’intervento di Dio (vv. 4s). Poi tornò al suo lamento personale (v. 6ss).

 

Stando così le cose, tale ideologia musicofila e da avanspettacolo entusiastico non ha nulla a che vedere con questo salmo, il cui tenore è tutt’altro. I costruttori di ideologie religiose si attaccano sempre a dettagli e a espressioni spesso oscure o secondarie, e li interpretano a loro piacimento, per avvalorare le loro creature dottrinarie.

 

Dio abita nelle lodi da avanspettacolo? Parliamone {Nicola Martella} (T)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Dio_abita_lodi_Car.htm

11-06-2012; Aggiornamento: 14-06-2012

 

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