Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Manuale Teologico dell’AT

 

Missione

 

 

 

 

Dopo una introduzione alle problematiche della teologia dell’AT, segue il dizionario teologico dell’AT.

   Ecco le parti principali dell’introduzione alla teologia dell’AT:
■ Il compito e l’oggetto della Teologia dell’AT
■ Le posizioni teologiche più ricorrenti
■ I patti e gli altri approcci
■ Contro l’appiattimento storico e teologico dell’AT.

 

Al dizionario teologico dell’AT sono acclusi un registro delle voci e un registro ragionato delle stesse detto «percorsi teologici».

 

► Vedi al riguardo le recensioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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DINAMICHE PATOGENE NEL RAPPORTO

FRA MISSIONARI E CONDUTTORI

 

 di Nicola Martella

 

 

1.  ENTRIAMO IN TEMA: La seguente trattazione si innesta sull’articolo «Piano personale e istituzionale dei conduttori: Disciplina e abuso di potere nella chiesa» e sul tema di discussione derivato.

     La fonte di ogni arbitrio è certamente il cuore dell’uomo, che si tratti di missionari fondatori o di conduttori di chiesa. La cosa peggiore è la carnalità rivestita di apparente spiritualità, per così portare meglio avanti le proprie ambizioni.

     Per tali motivi, ci sono certamente casi in cui i missionari diventano essi stessi fonte di rischio e di problemi per le chiese fondate. In altri casi, la situazione è diametralmente opposta, diventando essi vittime di persone che, una volta diventati conduttori, usano la loro posizione di potere per soggiogare o allontanare i missionari fondatori.

     Chiaramente le variabili sono tante. Il nostro intento è di rendere consapevoli della problematica. Ciò permetterà di prepararsi a tempo alla transizione fra l’epoca gestita dal missionario (fase di edificazione) e quella gestita poi dai conduttori (fase di stabilizzazione).

     Anche la vita di una chiesa locale ha varie stagioni; di ciò devono essere consapevoli tutte le parti coinvolte in una chiesa locale. Ciò, che non dovrà mai mancare, è la stima e la gratitudine della chiesa locale verso coloro che hanno investito parte della loro vita e delle loro risorse per fondare l’opera locale.

     Come nei rapporti naturali di una famiglia, così anche nella chiesa locale si possono sviluppare varie patologie nei rapporti fra missionari fondatori e nuovi conduttori di chiesa. È certamente brutto che una comunità resti prematuramente orfana dei «genitori». Lo è anche quando questi ultimi vengono messi da parte, togliendo loro ogni voce in capitolo nella chiesa da loro fondata. Chiaramente qualcosa di patogeno c’è anche laddove i genitori pretendano che i figli, oramai adulti, debbano continuare a sottostare alla loro patria potestà. Neppure l’opera di Dio necessita di figli ingrati e di padri padroni.

 

 

2.  MISSIONARI CHE SONO FONTE DI PROBLEMI

     ■ 2.1. Ho conosciuto missionari fondatori di chiese che, per rimanere i primi della classe a lunga scadenza, hanno tenuto i credenti, in qualche modo, come bambini nella fede e dipendenti da loro stessi. La loro paura era evidentemente che un giorno la chiesa potesse fare a meno di loro e altri li scavalcassero. In tal modo, hanno appeso al chiodo il loro mandato di missionario fondatore di chiese e hanno rivestito i panni di conduttore unico a tempo indeterminato, spesso fino alla pensione. Invece di essere allenatori di collaboratori, che presto lo avrebbero affiancato e avrebbero preso un giorno il suo posto, si sono trasformati in addomesticatori, che hanno fatto dipendere tutto da loro.

 

     ■ 2.2. Ho conosciuto missionari con un spiccato dono di evangelista che, dopo aver sparato tutta la polvere di conoscenza, che avevano, erano dinanzi a un’alternativa: alimentare la chiesa sempre con le stesse cose, magari con l’aiuto di simbolismi e allegorie, oppure pensare oltre. Dato il carisma di tali missionari, essi tenevano spesso le chiese in un continuo «stress evangelistico», trascurando la cura pastorale e l’addestramento.

     A qualcuno di loro, che mi ha chiesto un consiglio, ho detto che aveva due alternative. La prima era tenere tutti in tale «tensione evangelistica» quale sua mira principale, lasciandoli però bambini nella fede e nella conoscenza. In tal caso, prima o poi, quando sarebbe emerso qualcuno con un dono d’insegnamento, lui lo avrebbe visto come un avversario; e lui stesso, per mantenere la leadership, avrebbe rovinato l’opera, da lui iniziata.

     Gli dissi che l’altra alternativa è che lui, considerando il suo carisma di evangelista e vedendo il suo tempo concluso, pensasse come Barnaba nei confronti di Saulo, chiamando un insegnante della Parola ad aiutarlo; oppure che lui preparasse dei collaboratori o li facesse preparare in corsi biblici connessi a scuole bibliche e a seminari. Aggiunsi che allora lui si sarebbe potuto dedicare all’opera di evangelizzazione connessa alla chiesa fondata o avrebbe potuto fondare un’altra opera un po’ più in là, magari con l’aiuto dell’attuale chiesa.

 

     ■ 2.3. Un altro caso è quello di un missionario che riconosce sì conduttori locali, ma che rimane in loco come una specie di «super-conduttore», una sorta di «conduttore-missionario». Di là della sua buona volontà, la tendenza sarà sempre quella di trattate i nuovi conduttori come i suoi «diaconi». Volenti o nolenti, egli vorrà avere sempre l’ultima parola e l’opzione di cambiare le decisioni prese. A ciò si associa anche l’eventualità che la famiglia di tale «conduttore-missionario», avendo partecipato alla fondazione della comunità, prenda per scontato la propria ingerenza in pressoché tutte le decisioni ecclesiali. In tal caso i conflitti sono prevedibili e anche l’eventualità che, a lungo andare, i rapporti fra missionario e conduttori si logoreranno e che tale chiesa locale si spaccherà.

 

 

3.  CONDUTTORI CHE ACCENTRANO OGNI POTERE: I casi, che trattiamo qui, riguardano l’opposto di quelli del punto precedente. Chiaramente sono soltanto alcuni, visto che gli scenari possono avere molte variabili.

     ■ 3.1. Nel giorno, in cui un missionario fondatore fa riconoscere conduttori locali, ha due possibilità. La prima, di cui abbiamo parlato sopra, è quella di rimanere sul posto come una specie di «conduttore senior» (spesso con poteri speciali), con tutti i rischi connessi. L’altra alternativa è di ritirarsi dal ruolo attivo di guida della comunità, per rimanere per un certo tempo in essa come figura paterna e consigliere. Qui s’innescano imprevedibili meccanismi. Ad esempio, come è successo a diversi missionari di mia conoscenza, quest’ultimi vengono messi completamente da parte, da un giorno all’altro, da neo-conduttori pieni di orgoglio e ingratitudine e desiderosi d’imporre finalmente alla comunità la propria «linea» e di dimostrare le proprie capacità, senza qualcuno che ostacoli i loro intenti.

 

     ■ 3.2. Un caso particolare lo abbiamo trattato nell’articolo «Travaglio d’un missionario per conduttori con abuso di potere», scritto come esperienza personale. Tale caso riguarda le ambizioni e le prevaricazioni di conduttori di una chiesa esistente verso un missionario, che sta fondando una chiesa in una zona limitrofe. Ecco in sintesi le questioni. Tale missionario ha descritto come sia stato oggetto di una «dialettica malata», viste le mire e le ambizioni di conduttori di chiesa, con cui ha collaborato per una certa parte. Essi pretendevano che il missionario si sottomettesse a loro e che essi dovessero avere la guida anche dell’opera missionaria, iniziata da lui autonomamente a circa 20 chilometri dalla loro chiesa locale. Il conflitto e il travaglio erano perciò programmati.

     Vista la sua amara esperienza, questo missionario ha confrontato tali conduttori con Diotrefe, a causa del primato, che quest’ultimo cercava di avere, e dell’arbitrio, che esercitava nella chiesa locale (3 Gv 1,8s). Gli «accentratori di potere» non hanno in genere una «visione organica» dell’opera di Dio ma, come detto, nutrono una «dialettica malata». In genere, s’innestano in un’opera già fondata da altri e, dopo avere esautorato questi ultimi, cercano di mantenere il proprio primato e di estenderlo a spese d’altri, in questo caso portando tribolazione nella vita di un missionario, dedito a un’opera di fondazione autonoma. La cosa triste è quando tali manovre della carne vengano presentate con indebite spiritualizzazioni e con singolari interpretazioni.

 

 

4.  ASPETTI CONCLUSIVI: Come abbiamo accennato sopra, un aspetto importante, da non trascurare, è la cosiddetta transizione, ossia il tempo necessario al missionario per passare la conduzione della chiesa in mano a credenti locali. Allora si presentano vari scenari patogeni, di cui presento i seguenti.

     ■ Transizione inesistente: Il missionario, dopo aver profuso molte energie nel fondare la comunità, lascia il campo abbastanza improvvisamente per sopravvenute difficoltà (personali, familiari, economiche, ecc.). Egli non ha avuto ancora il tempo per preparare in modo adeguato i futuri conduttori. Quelli, che lui elegge in fretta e furia, si sentono impreparati per tale compito e forse anche gli altri non sono pronti a riconoscerli come guide della chiesa. I conflitti sono immaginabili.

 

     ■ Transizione troppo breve: I collaboratori fanno continuamente pressione sul missionario perché possano diventare conduttori, sebbene egli non li veda ancora pronti e vorrebbe fare ancora un certo cammino insieme a loro per portarli a maggiore maturità. La pressione si fa così alta, che alla fine cede. Come è successo in casi a me conosciuti, tali neo-conduttori hanno poi messo il missionario da parte, esautorandolo di ogni ministero e d’ogni onore e praticamente emarginandolo. Gli scenari possibili sono immaginabili.

 

     ■ Transizione troppo lunga: Di ciò ne abbiamo parlato sopra. Il missionario rimane praticamente il conduttore unico della chiesa locale, poiché i suoi collaboratori, comunque li si chiami (responsabili, anziani, ecc.), rispondono a lui. Qualunque cosa facciano o organizzino tali collaboratori, essi sperimentano che il «missionario-conduttore» potrà far valere il suo veto. Già qui ci si può rendere conto che nel tempo si accumula abbastanza magma dentro il vulcano, che pare quieto, e, quando esploderà, farà abbastanza danno.

     In casi particolari, a me conosciuti, è successo che i missionari di due distinte chiese libere sono stati conduttori indiscussi fino alla fine, quando sono andati in pensione. Un anno prima di ciò, hanno cercato di creare una conduzione collegiale fra i loro collaboratori. Tali missionari avevano trasmesso con loro esempio una conduzione monocratica, che era entrata nello stile di vita della comunità; e finché essi rimasero in loco, funsero come da coperchio su una pentola a pressione. Dopo la loro partenza, però, è successo che tali neo-conduttori erano del tutto impreparati a prendere decisioni collegiali, conoscendo solo la conduzione monocratica. Perciò, per prima cosa nacque un’aspra contesa per stabilire chi dovesse essere il «pastore» e quali gli «anziani». Il risultato fu la spaccatura di ognuna di tali due distinte chiese in vari gruppi, a danno dell’opera.

 

Le fonti di conflitto fra missionari fondatori e conduttori hanno tante cause, come abbiamo visto. Abbiamo anche ribadito che la causa principale è il cuore dell’uomo, laddove si fa dominare dalla carnalità, sebbene poi venga rivestita di presunta «spiritualità». Un altro motivo è il fatto che non c’è stata finora una riflessione accurata su tali temi e alcuni, missionari o conduttori che siano, non sanno come trattare tali questioni in modo organico; allora la questione viene trattata come una coperta, che ognuno cerca di tirare dalla sua parte. L’intento di tutti questi scritti è proprio il tentativo di creare una giusta consapevolezza nel merito.

     Alla fine di questa trattazione, mi preme ribadire ancora una volta che nessuno, sia egli missionario o conduttore, è al di sopra d’ogni critica e giudizio. L’istanza, a cui bisogna rendere conto, è diversa: il conduttore dovrà rendere conto alla chiesa locale, in cui ministra; il missionario fondatore dovrà rendere conto alla chiesa e/o alla missione mandanti. Gli addebiti fatti non possono essere basati su presunte intenzioni, sul carattere di una persona, sull’assunto che in fondo ognuno è peccatore né su presunti sentimenti reattivi (risentimenti, ecc.), ma su fatti concreti, oggettivi e accertabili.

 

Dinamiche patogene nel rapporto fra missionari e conduttori? Parliamone {N. Martella} (T)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Dinam-patog_miss-cond_MT_AT.htm

10-11-2010; Aggiornamento: 12-11-2010

 

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