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■ Le diversità e le divisioni
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Il libro è adatto primariamente per conduttori di chiesa, per diaconi e per collaboratori attivi; si presta pure per il confronto fra leader e per la formazione dei collaboratori. È un libro utile per le «menti pensanti» che vogliano rinnovare la propria chiesa, mettendo a fuoco le cose essenziali dichiarate dal NT.

 

Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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DIFENDERE IL NATALE CON SINGOLARI ARGOMENTI

 

 a cura di Nicola Martella

 

 

1.  LA SINGOLARE RICOSTRUZIONE: Qui non mi interessano le polemiche odierne sul Natale fra fautori e negazionisti. Al riguardo rimando all’articolo «Natale e apologetica cristiana» e ad altri scritti indicati in esso. Qui si tratta di una verità storica. Discuto una singolare ricostruzione della data della Natività di Gesù. Non si può sostenere una tesi con falsi argomenti o prove discutibili.

     Qualcuno mi ha segnalato il seguente breve articolo, nell’intento di dimostrare l’attendibilità del 25 Dicembre quale vera data della nascita di Gesù. Lo riporto così come viene proposto, adeguando solo il formato.

 

Il mito delle origini pagane del Natale

 

Basandosi sulla propria profonda ed estesa ricerca, Tighe sostiene che la data del 25 Dicembre «sia sorta dagli sforzi dei primi cristiani latini di determinare la data storica della morte di Cristo». Egli arriva anche al punto di sostenere che la festa pagana del 25 Dicembre della «“Nascita del Sole Invitto”... fu certamente un tentativo di creare una data pagana alternativa verso una festa, che aveva già un qualche significato per i cristiani romani».

       Il Prof. Tighe spiega: «Nella tradizione giudaica al tempo di Cristo, vi era un credo di quello che loro definivano età integrale- cioè il fatto che i profeti fossero morti nello stesso giorno del loro concepimento o della loro nascita. I primi cristiani profusero molte energie per determinare l’esatta data della morte di Cristo. Facendo ricorso a fonti storiche, i cristiani del primo o secondo secolo, stabilirono che la data del 25 Marzo fosse stata quella della crocifissione. Poco dopo, il 25 Marzo divenne, anche, la data condivisa del concepimento di Cristo.

       Così, aggiungendo nove mesi - il periodo standard di una gravidanza - alla data del 25 Marzo, i cristiani determinarono il 25 Dicembre come data della nascita di Cristo. [...]» (fonte; si legga qui il resto dello scritto in inglese; grassetto nostro).

 

Chi ha proposto tale scritto in un social network ha concluso come segue: «Ecco risolto il presunto mito pagano del Natale. In realtà, una data profondamente radicata nella tradizione profetica giudaico-cristiana dei primi secoli del cristianesimo».

 

 

2.  OSSERVAZIONI E OBIEZIONI: Il Natale mi lascia abbastanza indifferente, e questo vale nei riguardi sia degli assertori, sia dei negazionisti. Gli argomenti di questi ultimi sono conosciuti. Ogni tanto leggo presunte prove degli assertori del Natale. La seguente tesi è proprio bizzarra e nelle argomentazioni fa acqua da tutte le parti.

     E dovremmo credere a questa «favola giudaica»? Tale prof. William Tighe chi è? Che competenza ha? Che cosa ha scritto? Dove sono le fonti delle sue argomentazioni? A tali domande invano si cercheranno risposte su tale scritto.

 

2.1.  C’ERA PRIMA IL CULTO DEL SOLE O IL NATALE IL 25 DICEMBRE?: In pratica, «c’era prima l’uovo o la gallina?». Ecco che cosa ha fatto William Tighe: ha ribaltato l’argomentazione, affermando che la festa della «Nascita del Sole Invitto» (per esteso: «Giorno di nascita del dio Sole Invitto») sarebbe nata come alternativa pagana alla festa, che i cristiani romani celebravano riguardo alla natività di Gesù! Tale tesi è inverosimile e indimostrata.

     Il culto del «dio Sole» era praticato già da millenni in tutto il mondo e continuò a essere praticato, fino ad oggi, dappertutto e in vari modi. Al tempo di Gesù e degli apostoli, la società romana era profondamente pagana già da molti secoli, mentre il cristianesimo era una minoranza; tale società rimase pagana, anche dopo la presunta cristianizzazione per mezzo dei cosiddetti imperatori cristiani. Da almeno l’epoca di Caracalla (188-217), gli imperatori si fecero ritrarre sulle monete con la corona del dio Sole; così fece lo stesso Costantino (274-337). Tale culto solare era associato a quello dell’antico dio romano Marte e del dio Mitra di più recente acquisizione; anche Giove e Apollo erano identificati con il sole.

Il culto del dio Sole aveva ancestrali radici negli antichi culti d’Oriente e d’Egitto. Come fosse diffuso il culto del dio Sole nell’impero romano, è mostrato dal fatto che gli era dedicato un giorno settimanale: il Dies Solis «il giorno del Sole» (cfr. Sonntag in Germania, Sunday in inglese). Nel 383 fu l’editto di Teodosio che stabilì che il Dies Solis fosse chiamato anche Dies Dominicus «giorno del Signore», diventato poi Domenica. E fu questo imperatore che nel 380 stabilendo il cristianesimo come unica religione di stato mise fine a ogni altro tipo di culto, compresa la religione del Sol invictus.

 

     Ancora nel 460 papa Leone I constatava rattristato: «È così tanto stimata questa religione del Sole che alcuni cristiani, prima di entrare nella Basilica di San Pietro in Vaticano, dopo aver salito la scalinata, si volgono verso il Sole e piegando la testa si inchinano in onore dell’astro fulgente. Siamo angosciati e ci addoloriamo molto per questo fatto che viene ripetuto per mentalità pagana. I cristiani devono astenersi da ogni apparenza di ossequio a questo culto degli dèi» (Papa Leone I, 7° sermone tenuto nel Natale del 460 - XXVII-4).

     Alla fine del XII secolo, il vescovo siriano Jacob Bar-Salibi scrisse: «Era costume dei pagani celebrare al 25 dicembre la nascita del Sole, in onore del quale accendevano fuochi come segno di festività. Anche i cristiani prendevano parte a queste solennità. Quando i dotti della chiesa notarono che i cristiani erano fin troppo legati a questa festività, decisero in concilio che la “vera” Natività doveva essere proclamata in quel giorno» (Ramsay MacMullen, Christianity and Paganism in the Fourth to Eighth Centuries [Yale, 1997], p. 155).

 

2.2.  L’ETÀ INTEGRALE?: Quali sono le presunte fonti di una sedicente «età integrale»? A persone pensanti pare sensato che un martire muoia lo stesso giorno, in cui è stato concepito? Su tale bufala si dovrebbe basare tutto il ragionamento e le presunte prove di una nascita messianica nel 25 Dicembre? E tutto il ragionamento si basa su un mito giudaico, che qualcuno spaccia per «tradizione profetica giudaico-cristiana»!

     Premesso che Gesù fosse veramente morto il 25 Marzo e che secondo tale mito giudaico un martire sarebbe morto il giorno o del suo concepimento o della sua nascita, perché Gesù non sarebbe potuto nascere il 25 Marzo? Della nascita di Gesù in altra data parlarono alcuni teologi dei primi secoli (6 Gennaio; 28 Marzo). Chi ha mai detto a tale prof. Tighe che ogni gravidanza dura esattamente 9 mesi? Chi ha vari figli, sa come vanno le gravidanze! «Nove mesi» è un periodo convenzionale e semplificativo. Questo è tanto vero, che la prima celebrazione della natività di Gesù avvenne in Egitto in data 6 Gennaio, data rimasta fino ad oggi nella chiesa copta (così è per le chiese ortodosse orientali, mentre per le chiese ortodosse slave è il 7 Gennaio); infatti «l’epifania» è la manifestazione di Cristo sulla terra mediante la sua nascita. Tale ricorrenza non si basava certo su tali calcoli. Solo successivamente la chiesa imperiale accreditò il 25 Dicembre, per sostituire una festa pagana molto popolare dedicata al dio Sole; per cui la chiesa di Roma interpretò il 6 Gennaio come manifestazione di Gesù ai magi.

     Alcuni regnanti come Achab e Izebel fecero stragi di profeti (cfr. 1 Re 18,13; 19,10.14; Ne 9,26; Mt 23,31ss). È inverosimile che, morendo lo stesso momento, fossero nati tutti lo stesso giorno!

 

2.3.  MITI GIUDAICI CRISTIANIZZATI: Questa è, quindi, solo una bizzarra ricostruzione senza capo e senza coda. Erano specialmente i Giudei a interessarsi per favole, date e genealogie. E tale ricostruzione della cosiddetta «età integrale» si basa proprio su ciò, contro cui Paolo metteva in guardia, quando raccomandò a Timoteo di «rimanere ad Efeso per ordinare a certuni che non insegnino dottrina diversa [4] né si occupino di miti e di genealogie senza fine, le quali producono questioni, anziché promuovere l’economia di Dio, che è in fede» (1 Tm 1,3s). E ancora disse a Tito: «Ma quanto alle questioni stolte, alle genealogie, alle contese, e alle dispute intorno alla legge, stattene lontano, perché sono inutili e vane» (Tt 3,9); poi passò a parlare proprio dell’«uomo fazioso», che si basava su tali speculazioni (vv. 10s). Leggendo tali bizzarre ricostruzioni basate sulle «favole giudaiche», mi è sembrato udire l’eco delle parole di Paolo, quando preannunciava quanto segue per il tempo della fine: «Infatti verrà il tempo che non sopporteranno più il sana insegnamento, ma, per prurito di udire, si cercheranno maestri in gran numero secondo le proprie voglie, [4] e distoglieranno le orecchie dalla verità e si volgeranno alle favole» (2 Tm 4,3s). Per essere sani nella fede, non bisogna dare «retta a miti giudaici né a comandamenti di uomini che voltano le spalle alla verità» (Tt 1,14).

 

3.  ASPETTI CONCLUSIVI: La ricerca morbosa di festeggiare la natività di Gesù venne in tempi post-apostolici e andò a crescere nei tempi della chiesa imperiale. Ancora Paolo, pur essendo un contemporaneo di Gesù, si esprimeva come segue.

     ■ «Quando giunse la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge» (Gal 4,4). Non menzionò né il nome della «donna» né qualche data. A lui importava questo dato soltanto: «...per riscattare quelli che erano sotto la legge, affinché noi ricevessimo l’adozione» (v. 5).

     ■ «Quindi, da ora in poi, noi non conosciamo più nessuno da un punto di vista umano; e se anche abbiamo conosciuto Cristo da un punto di vista umano, ora però non lo conosciamo più così» (2 Cor 5,16). A lui interessava molto più che i credenti «non vivano più per loro stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro» (v. 15), essendo ognuno di loro una «nuova creatura» in Cristo (v. 17).

 

E anche Pietro aggiunse: «Non è con l’andare dietro a favole artificiosamente composte che vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del nostro Signor Gesù Cristo, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua maestà» (2 Pt 1,16). Egli non mise l’enfasi sulla nascita, ma sulla «maestà» di Gesù, che Egli manifestò alla trasfigurazione, alla risurrezione e all’ascesa al cielo.

     Per onestà bisogna riconoscere che in Atti e nelle lettere del NT nel 99,99% dei casi al centro della riflessione e della proclamazione non stava la nascita di Gesù, che era assodata, ma il significato della sua morte e della sua risurrezione.

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Difend_Natale_UnV.htm

24-12-2015; Aggiornamento:

 

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