1.
LE QUESTIONI: Un lettore mi ha
scritto, narrandomi la sua situazione
familiare e chiedendomi consiglio. Su sua richiesta, essendo una cosa delicata,
lo indichiamo «Italo Prato».
Caro
Nicola, rieccomi. Prima di tutto un caro saluto e un ringraziamento per lo
scorso aiuto e consiglio e per l’opera che porti sempre avanti.
Vengo
da una famiglia di credenti evangelici, appartenente ai «Fratelli» e che
vive nel milanese. Io e mia sorella ci siamo convertiti da giovani,
appena poco più che diciottenni, e battezzati nella nostra chiesa, la stessa che
frequentava tutta la famiglia. Premesso che, penso un po’ come tutti,
inizialmente c’era un grande entusiasmo, ma che poi sia io che mia sorella ci
siamo un po’ rilassati. Ora, per quel che mi riguarda, nonostante alcune
esperienze negative e scelte sbagliate, anche professionali, ritengo il Signore
Gesù il caposaldo della mia vita terrena e futura celeste. Ho rimediato
alle scelte sbagliate o ne ho fatte di nuove secondo la volontà di Dio,
sperimentando così gli effetti della sua volontà anche nella vita pratica e di
tutti i giorni. Inoltre, ho sposato una ragazza credente, che mi aiuta
attivamente in tali scelte positive.
Ora,
io non sono l’oggetto del mio cruccio. Mia sorella, quand’era ancora
molto giovane (19-20 anni), ebbe rapporti con un «credente» di un’altra chiesa e
di un’altra città, rimase incinta, ma poco dopo perse il bambino. Ora,
essendo diventato il fatto di dominio pubblico in chiesa, decise di fare il
passo del matrimonio con questo ragazzo, ovvero si sentì forzata dalla
famiglia al riguardo. A suo dire, non avrebbe mai fatto questo passo, se non
fosse stata convinta dai miei genitori a farlo, a cui oggi lei imputa la
colpa di tutte le sue scelte sbagliate. Quindi, si sposò, visse per un
periodo sotto il tetto dei miei genitori con suo marito e, dopo alcuni mesi, non
ricordo se tanti o pochi, trovarono casa e si trasferirono a casa loro.
Dopo
credo 6-7 anni e 2 figli, il loro rapporto matrimoniale si incrinò, con
diverse motivazioni, forse caratteriali, di ruolo famigliare, di impegni e di
altre passioni personali di lui nell’ambito della musica cristiana (!).
Certamente era, a mio avviso, un matrimonio non fatto davanti a Dio a priori.
Insomma si separarono e poi andarono a divorzio definitivo.
Nello
stesso periodo della separazione, mia sorella aveva cambiato lavoro e instaurato
una simpatia con il suo capo ufficio! Forse perché aveva necessità di
maggiori sicurezze economiche, aveva valutato tale relazione anche vantaggiosa
(ma è un mio pensiero). Ora io non so se poi ci fu adulterio prima da
parte di mia sorella o da parte del marito. La situazione è che oggi mia sorella
convive con quest’uomo. Egli si era installato a casa sua, pure con una
separazione incorso (!); egli forse non era allora neanche divorziato da un
precedente matrimonio.
E il
suo ex marito anche lui, ad oggi, ha cambiate moltissime donne,
sia conosciute all’interno delle chiese che fuori, nei locali presso i quali lui
ogni tanto suona con gruppi e cantanti vari anche «evangelici»!
Mia sorella dice di essere una credente, e che tutti gli altri credenti
sono ipocriti e che dovrebbero guardare un po’ agli affari loro! Inoltre,
credo che non frequenti più nessuna chiesa, ma tiene rapporti con credenti più o
meno nella stessa sua situazione, o vecchie amicizie coetanee del passato della
chiesa milanese.
Personalmente non ho piacere di frequentare mia sorella proprio per questa
situazione e mi imbarazza moltissimo, soprattutto quando vi è la presenza
del suo convivente.
Diversamente fanno i miei genitori. Sebbene essi in passato le avevano
scritto di riprovare tale situazione di peccato, oggigiorno la
frequentano molto e partecipano a tale convivenza (vacanze insieme,
ospitalità estiva di lui a casa loro, anche quando ci sono loro stessi,
festività varie passate insieme, compleanni, cene, ecc.; ultimamente c’è anche
palese stima verso questo uomo, ecc.).
Alla
luce di quanto detto, come dovrebbe comportarsi un genitore credente nei
confronti di tale figlia credente? E come dovrebbe comportarsi un fratello
credente verso sua sorella in tale situazione?
Di
recente mio padre mi ha detto che l’amore di un padre copre una gran
moltitudine di peccati; e questo è il sentimento che ha lui, credo,
indipendentemente dalla richiesta di perdono, che un figlio può fare. A ciò ha
aggiunto: «Tu non hai figli e, quindi, non puoi capire!»; quando mi dice questa
cosa, mi arrabbio un po’ tanto.
Ti
ringrazio ancora per l’opera che porti avanti e per tutti i tuoi insegnamenti,
che provengono dalla tua grande conoscenza della Parola. E un grazie anche al
Signore, che ti rende un grande strumento in tale direzione. Carissimi saluti in
Cristo. Attendo un tuo riscontro.
2.
ANALISI E ALCUNE RISPOSTE: Non è
una situazione facile da analizzare, sia per la sua natura, che è molto
delicata, sia perché non è possibile intervistare le altre persone in causa.
■
Prendo atto delle positive basi di partenza come famiglia credente e
delle scelte di fede di Italo e di sua sorella in gioventù. Constato che Dio
abbia scritto diritto sulle righe storte della vita di Italo.
■
Prendo atto delle scelte sbagliate della sorella di Italo, che qui per
brevità chiamiamo «Claudia». Constato che lei addebita i mali della sua vita
alla costrizione esercitata allora da parte dei genitori, perché sposasse chi
l’aveva messa in cinta, per salvare il decoro familiare.
■
Prendo atto del fallimento del matrimonio di Claudia con suo marito, a
causa dell’abisso esistenziale fra loro. Non leggo di un intervento dei genitori
di Claudia in merito. Constato che lei cadde, ancor prima del divorzio, dalla
padella nella brace, flirtando col suo nuovo capo ufficio, di cui poi
divenne amante e convivente.
■
Prendo atto dello stile di vita di fornicazione dell’ex-marito di
Claudia. È triste vedere come alcuni abbiano la dottrina evangelica e lo stile
di vita morale del mondo.
■ La reazione di Claudia verso gli
altri credenti, che lei ritiene ipocriti e che dovrebbero badare a sé, è usuale
in queste situazioni. Per esperienza pastorale personale, in situazioni
di adulterio, fornicazione, convivenza e simili, è inoltre interessante notare
quanto segue. Tali «credenti» si appellano continuamente all’amore di Dio! Essi
nutrono un’immagine di Dio tutto misericordia e bontà, dimenticando che Egli è
anche un Dio di verità e di giustizia. Dimenticano pure che fornicatori e
adulteri non erediteranno il regno di Dio (1 Cor 6,9; cfr. Ap 21,8), se non si
ravvedono e mutano la loro condotta a tempo. Inoltre, vogliono convincerti che
credono in Dio, leggono la Bibbia e pregano il Signore. Il persistere nel
peccato e la mancanza di ravvedimento mostrano la differenza fra «credenti» e
«rigenerati». A parità di dottrina, i primi
persistono
nel peccato come se niente fosse (1 Gv 3,6ss;
5,18); i secondi, se cadono accidentalmente nel peccato, vogliono subito uscirne
(1 Gv 1,9s; 2,1).
■
Prendo atto della distanza personale percepita da Italo per Claudia e
dell’imbarazzo morale sentito per tale convivenza.
■
Prendo atto del comportamento dei loro genitori verso Claudia e il suo
compagno. Essi sono passati da una riprovazione iniziale a un coinvolgimento
esistenziale pieno, senza remore e, anzi, con atti di stima verso tale uomo.
L’analisi biblica, l’esperienza pratica e la cura pastorale mi hanno fatto
capire come la continua contiguità con i trasgressori della volontà di Dio porti
i credenti ad abituarsi a una data situazione e a diventare tolleranti nei suoi
confronti.
■ Come bisogna che il credente si
comporti in tali situazioni? Non è facile dirlo, per chi non sta in quella
situazione particolare e non possa verificare tutti i parametri reali e tutti i
punti di vista. Posso solo dare alcuni principi generali, ma essi valgono
soltanto per chi teme Dio, ama il Signore, crede nell’autorità della sacra
Scrittura ed è disposto all’ubbidienza a Dio senza se e senza ma.
Riguardo ai Corinzi Paolo spiegò proprio
l’assuefazione della comunità a una situazione di palese fornicazione (1 Cor
5,1-6). Ora si noti che, in tale contesto, l’apostolo fece una differenza: da
una parte, parlò dei «fornicatori di questo mondo»,
con cui si ha a che fare, ma da cui non bisogna farsi personalmente coinvolgere
(v. 9); dall’altra parte, parlò di ogni autonominato «fratello» che vive da
fornicatore (v. 11). Egli comandò di non mangiare con una persona del genere (v.
11; aspetto personale) e di tenerla a distanza (vv. 12s; aspetto ecclesiale). Si
noti che la dottrina e la morale non si possono dividere. Anche l’apostolo
Giovanni comandò: «Se qualcuno
viene a voi e non reca questa dottrina, non lo ricevete in casa, e non lo
salutate; [11] perché chi lo saluta partecipa alle malvagie opere di lui»
(2 Gv 1,10s). Ora, come tutto ciò si possa applicare nella situazione sopra
descritta, non so dirlo nel dettaglio; qui il mio è compito quello di tracciare
dei principi generali.
■
Prendo atto della singolare dottrina dell’amore paterno asserita dal
padre di Italo. Se egli avesse asserito una cosa del genere, mostrerebbe di aver
mischiato la reminiscenza a un brano biblico con elementi, che non c’entrano
nulla con esso, per giustificare se stesso in qualche modo. Pietro scrisse in
effetti: «Soprattutto, abbiate amore
intenso gli uni per gli altri, perché l’amore copre moltitudine di peccati»
(1 Pt 4,8). Qui Pietro non parlò di amore paterno, ma del rapporto fra credenti.
Inoltre, Claudia non ha peccato contro il padre, ma contro Dio; se avesse
peccato contro il padre, lei dovrebbe comportarsi come il figlio perduto, che
tornò al genitore e gli disse: «Padre, ho peccato contro il cielo e contro di
te» (Lc 15,18.21). Pietro non intendeva i peccati in genere o contro Dio, ma
i peccati perpetuati da credenti contro altri, i quali ci passano sopra per
l’amore intenso, che nutrono per i fratelli. Infatti, Salomone scriveva
letteralmente: «Chi cerca amore, copre la trasgressione; ma chi ritorna su
una cosa, disunisce i confidenti» (Pr 17,9). Si tratta quindi di un uso
arbitrario di tale brano (1 Pt 4,8) da parte del padre di Italo, per convenienza
o per giustificare il suo comportamento.
3.
ALCUNE VALUTAZIONI FINALI: Alla
fine di tale analisi, per quanto io possa capire dallo scritto, la dinamica
risultante è la seguente. I genitori di Claudia hanno messo in atto, forse
inconsapevolmente o di proposito, una specie di compensazione verso la
figlia. Infatti, ella li ha accusati di averla costretta allora a sposare
tale uomo contro la propria volontà, non per cercare il bene della figlia, ma
per preservare l’onore di famiglia dinanzi agli altri. Inoltre, Claudia ha
attribuito tutti i propri fallimenti proprio a tale costrizione. Ora che lei
convive con l’attuale compagno, è sorto in loro un meccanismo di reazione
compensatrice, che li ha portati all’opposto, come fa il pendolo. È un
meccanismo psicologico, con cui essi cercano di scusare se stessi e di
controbilanciare il male fatto verso la figlia, pur di recuperare il rapporto
con lei e di trovare sollievo al proprio senso di colpa.
Al
momento, in cui avevano costretto la figlia a tale matrimonio,
evidentemente non avevano appurato quale fosse la reale volontà di Dio, espressa
nella Scrittura, oppure l’avevano interpretata secondo convenienza; e si non
erano chiesto quale fosse il vero bene per la figlia. La legge mosaica, al
contrario prevedeva che il padre potesse rifiutare un matrimonio riparatore (Es
22,17), ad esempio quando un uomo non era adatto alla figlia. Ora, come
credenti, essendosi oramai adattati allo status quo, evidentemente non si
pongono più la questione dottrinale riguardo a che cosa pensa Dio della
convivenza della figlia; perciò, sul piano morale vivono il rapporto della
figlia col suo compagno così, come se essi fossero già sposati. Di conseguenza
nei rapporti interpersonali si comportano come se tutto fosse normale, come se
il compagno della figlia fosse di famiglia. Perciò, non chiedono più alla figlia
almeno di sposarsi, per regolarizzare in qualche modo il loro rapporto.
Non so come tali genitori si pongano rispetto alla distanza personale fra i loro
due figli, prodotta proprio da tale loro atteggiamento, che Italo ritiene
incoerente; forse lo ritengono il male minore, oppure pensano addirittura che
sia Italo a sbagliare.
Resta comunque da spiegare il ruolo di Italo. Visto che non ha
piacere a frequentare Claudia, specialmente a
causa del suo convivente, non si capisce se ha mai cercato di spiegare alla
sorella il suo punto di vista, cercando di essere per lei coscienza critica,
sale e luce. Forse lo ha fatto, ma anche lui è stato da lei iscritto nella
categoria degli ipocriti?
Tanti aspetti rimangono per me nella nebbia, visto che non sono in grado
di intervistare tutte le parti in causa. Da quanto mi è stato scritto, ho potuto
solo trarre cautamente tale analisi e tali considerazioni. Comunque, è proprio
vero che, una volta che si è deciso di varcare una certa soglia, col tempo,
anche i credenti migliori si abituano a situazioni abnormi, diventano
tolleranti (o addirittura ciechi) rispetto a stili di vita, che non piacciono a
Dio, e alla fine non si pongono neppure più il problema. Si perde così la
sensibilità morale e spirituale e non si è più capaci di
conoscere «per esperienza quale sia la buona,
gradita e perfetta volontà di
Dio» (Rm 12,1s). Non meraviglia, se un tale credente constata un
giorno di aver spento del tutto lo Spirito Santo nella propria vita (cfr. 1 Ts
5,19) e ritiene che Dio non gli parli più. Perciò, il credente fa sempre bene
a ripensare le cose nella sua vita e a provare se stesso, per verificare se
è ancora nella fede (cfr. 2 Cor 13,5).
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Cred_fornic_S&A.htm
29/01/2018; Aggiornamento: |