1. ENTRIAMO IN TEMA: Sono stato invitato a commentare due lettere anonime comparse nel gruppo
«Coniugi
Cristiani Evangelici», dedicato alle coppie, col titolo «Difficoltà
di esercitare le proprie responsabilità nella gestione della famiglia». Su mia
richiesta mi è stato detto che si tratta di stralci di un articolo pubblicato
nel mensile «il Cristiano». Purtroppo, dopo aver fatto questo lavoro di analisi
dei due testi proposti, quando volevo mettere lì il link per la risposta,
scoprii che essi erano stati cancellati dal gestore. Tale analisi si riferisce
quindi a tali due lettere scritte da una donna e da un uomo, come poi ho
scoperto, a Marco Distort (si veda la nota redazionale finale per leggere
l'intero articolo con le due lettere, rinvenute successivamente). Fino al
momento della pubblicazione di questo articolo non conoscevo ancora l'analisi e
le osservazioni che Marco Distort aveva fatto nel suo articolo, quindi non ne ho
tenuto presente.
È sempre difficile analizzare stralci di lettere, tanto più se anonime, ossia se
non si può chiedere alla persona che cosa intenda veramente e quale sia lo stato
d’animo con cui ha affermato tali cose, se è uno sfogo estemporaneo o una
convinzione radicata. A dire ciò è chi di lettere simili ne riceve diverse. Non
si capisce neppure se le due lettere sia connesse insieme nello stesso problema,
ossia se l’uomo e la donna siano una coppia, oppure se tali lettere siano
affiancate dall’autore dell’articolo maggiore (tali dati mancano) solo ai fini
del suo ragionamento; sembra comunque di no. Per dirla in breve, è difficile
dire alcunché di quadri senza cornice e di piccole punte, che fuoriescono
dall’acqua, di un grande iceberg. Inoltre la parti omesse potrebbero essere
quelle decisive per capire tutto il resto, ma l’autore ha deciso di sottrarle
alla nostra analisi, cosa che non possiamo sindacare. Non conoscendo neppure
l’articolo complessivo dell’autore, di cui tali due testi facevano probabilmente
da corollario, mi limito soltanto a fare alcune osservazioni di carattere
generale.
Non essendo i due testi completi e non potendo interloquire con gli autori delle
lettere, dato l’anonimato, né con l’autore dell’articolo, essi possono servire
tutt’al più come stimolo per una riflessione che prescinda dai veri casi
specifici.
2. ANALISI DELLA LETTERA DI UNA MOGLIE:
In questa antica diatriba fra sottomissione di lei e amore di lui (oltre alla
guida spirituale), mi viene in mente questo motto: «Una donna amata si
sottomette volentieri. Una donna sottomessa viene amata volentieri». Il
matrimonio è una compartecipazione, un duetto, non la somma di due solisti che
cantano o suonano ognuno per conto suo. Essi sono «coniugi», ossia
volontariamente messi sotto lo stesso giogo; essi sono «compagni», ossia
mangiano lo stesso pane. Per questo, in tali cose bisogna avere una visione
olistica e funzionale: sottomissione e amore sono l’una in funzione dell’altro e
in relazione a un
obiettivo più grande; altrimenti si creeranno vittime e carnefici e ciò, a
lunga scadenza, creerà una faida matrimoniale.
Un errore che si fa in ciò, è stereotipare i ruoli della moglie e del
marito fino a farli diventare delle «prigioni» culturali. La Bibbia dà principi
generali d’orientamento. Ogni coppia si basa su un equilibrio dinamico di
rapporti concreti, di caratteri in sviluppo, di forza e debolezza, di solerzia e
pigrizia, di propositi attuati e fallimenti, e così via. Certo è auspicabile che
un uomo sia responsabile della moglie e della famiglia, curando ed essendo guida
spirituale per loro. Non tutti gli uomini sono leader spirituali, né sono capaci
di comunicare una devozione familiare; ciò potrebbe dipendere dal fatto che non
hanno avuto buoni maestri nella famiglia d’origine o i conduttori non gli hanno
insegnato tale devozione né lo hanno allenato al riguardo. A ciò si aggiunga che
spesso l’anima devota in famiglia è proprio lei. Ricordo che nella coppia
Priscilla e Aquila era probabilmente lei la forza trainante; non è neppure grave
che sia così, visto che ogni coppia ha il suo particolare equilibrio, ognuno di
loro ha particolari punti di forza e di debolezza e che l’importante è l’aspetto
complessivo e il progresso che si fa insieme.
Un impedimento a cercare una via salutare nella coppia e nella famiglia è il
fatto che, invece di cercare un proprio equilibrio e ritmo, si parte da
stereotipi culturali del panorama cristiano. Ad esempio, persone che
praticano un articolato «culto di famiglia» pretendono che ciò sia «biblico»;
chi prova a mettere in opera una cosa del genere — o perché lo ha visto fare una
volta o perché lo ha letto in qualche libro — si trova dinanzi a ostacoli
enormi, visto che tale «culto di famiglia» è visto spesso come un culto di
chiesa trasportato nelle mura domestiche. Per chi predicatore non è ciò
costituisce un grande stress e sovraffaticamento. Poiché nessuno insegna a fare
le cose (qui una corretta ed equilibrata devozione familiare) in funzione degli
uomini, tale «sabato» viene visto come un macigno o una prigione da evitare.
Chiaramente esistono uomini pigri e indolenti, che trovano facile
abdicare e delegare tutto alle mogli. D’altra parte, se si guarda più da vicino
tante coppie, ci si accorgerà che le cose in genere sono molto più complesse.
Abbiamo visto che ci sono gli sono gli schemi stereotipati delle devozione
cristiana che agiscono come obiettivi inavvicinabili per chi non ha la stoffa
del «grande predicatore» della piccola famiglia. Ci sono uomini convertiti ma
poco discepolati da parte degli anziani, non solo nella «sana dottrina», ma
anche nella «sana devozione» in casa e fuori casa. A volte neppure tali
conduttori sanno come vivere una sana devozione familiare. Perciò anche i «culti
in casa» diventano un facsimile di una liturgia ecclesiale, che presto stancherà
piccoli e grandi. Invece di creare una partecipazione familiare intorno a una
devozione adattata all’età e ai bisogni di ognuno, si usano gli stereotipi di un
«culto» ecclesiale (termine già di per sé alquanto impegnativo); al contrario,
io desidererei che la compartecipazione naturale e familiare di una «chiesa in
casa», senza troppi fronzoli liturgici, diventasse la norma anche nei culti
ecclesiali.
A ciò si aggiunga che non tutte le donne cristiane sono abbastanza perspicaci e
sanno usare la loro inventiva e fantasia per coinvolgere marito e
figlioli, per creare un clima opportuno, che permetta in famiglia di provare vie
nuove e adatte alla situazione particolare. Esse finiscono invece per essere
amareggiate, deluse e confuse. Farebbero invece bene a cercare di trovare una
regola insieme che possa aiutare tutti e a procedere a piccoli passi verso una
meta salutare, senza imitare improbabili schemi devozionali, che funzionano solo
per pochi.
Tutto ciò non sminuisce il fatto che molti dei problemi accennati da tale donna,
a noi anonima, siano veri e che ci vuole la saggezza divina per affrontarli.
L’esperienza insegna che, a meno che nella coppia non ci siano solo vittime e
carnefici, per ogni peso e debolezza c’è spesso una qualche compensazione che
equilibra
la bilancia; altrimenti tale partenariato si sarebbe sfasciato già da tempo. Ciò
non significa però che bisogna adagiarsi sugli allori, ma che bisogna trovare
quell’intesa e quelle regole comuni che permettano di edificare insieme la casa
comune.
Chiaramente sarebbe importante ascoltare anche il punto di vista del marito
di tale donna. Allora ci si accorgerebbe che esiste il punto di vista di lei, il
punto di vista di lui e la realtà globale e oggettiva. Purtroppo lui non ha qui
possibilità di spiegarci l’altra parte della medaglia.
3. ANALISI DELLA LETTERA DI UN MARITO:
Come già detto sopra anche questa lettera è un quadro senza cornice, inoltre in
tale puzzle mancano delle tessere (segnate da parentesi) e l’anonimità
dell’autore non permette di chiedere nel merito per l’approfondimento. Non si sa
neppure se tale lettera abbia qualcosa a che fare con la precedente o se sia del
tutto indipendente da essa; i contenuti sembrano privilegiare la seconda
ipotesi. Di per sé questa come la precedente lettera sono inservibili per uno
studio serio dei due casi; possono servire tutt’al più come spunto di
riflessioni generali.
Fa certamente piacere di vedere un uomo che senta la responsabilità di essere
guida spirituale della sua famiglia e in particolare di fare una breve
riflessione biblica insieme a suo figlio dodicenne. Chiaramente qui bisognerebbe
chiedere alla moglie e al figlio che cosa ne pensino della responsabilità
odierna e della latitanza passata rispettivamente del marito e padre. Ad
esempio, il
figlio ha un vero profitto e gioia di tale devozione vissuta tra padre e
figlio, se è partecipativa, o la vive come un’imposizione che subisce in
silenzio come paternale quotidiana? Spero che tale padre agisca secondo il
consiglio della sapienza: «Inizia il fanciullo secondo
la sua via; non se ne discosterà neanche quando sarà anziano» (Pr
22,6).
È nobile tale preoccupazione per la moglie, dopo aver scoperto un impegno
personale. Come si fa però a misurare il «livello spirituale»: con l’esercizio
del «frutto dello Spirito», con lo «studio personale Bibbia» o con altro? Quando
tale uomo desidera che lui e sua moglie fossero più uniti riguardo allo «zelo
nello studio personale», che cosa significa in realtà: che lei si alimentasse
personalmente con la Parola di Dio o che fosse d’accordo ad ascoltarsi le sue
(magari lunghe) predicazioni domestiche? Purtroppo gli omissis non
aiutano al chiarimento.
Probabilmente, se chiedessimo a lei, ci risponderebbe: «Sì, apprezzo che mio
marito veda come suo compito il fatto di guidare la famiglia anche dal lato
spirituale. Tuttavia quello che intende fare lui,
non mi aiuta proprio a crescere nel mio rapporto con Cristo, poiché le sue
“predicazioni domestiche” non sono altro che ramanzine punitive contro di me.
Per me un pastore guida le pecore, mettendosi al loro passo e dando loro ciò che
veramente necessitano…».
Essendo una lettera anonima, non saremo mai in grado di chiedere a lui che cosa
fa in concreto sul piano devozionale, né a lei che cosa faccia lui di errato nel
suo ritrovato ruolo di guida spirituale della famiglia. Probabilmente un tale
uomo non sbaglia sulla cosa da fare, ma su come la fa. Certamente, se un uomo
non ha un ministero di predicazione in chiesa, non avendone il carisma né la
capacità, e usa la famiglia come sostituto ecclesiale per le sue omelie,
magari lunghe e pesanti, non potrà che mietere dissapore; ma anche se predicasse
nella comunità, la famiglia è il luogo in cui bisogna mettersi al passo con
l’anello più debole della catena, secondo le sue capacità di apprendimento e di
crescita, poiché solo così lo si potrà renderlo forte, senza spezzarlo prima per
inopportuna coercizione.
Auguro ai padri la saggezza del pastore che guida le pecore al loro ritmo
e secondo i loro bisogni. Auguro loro la perizia e la
delicatezza del curatore d’anime.
■ Nota redazionale: Non avendo più trovato tali due lettere, che il gestore del gruppo gruppo
«Coniugi Cristiani Evangelici» aveva prima messo in rete e poi tolte, ho scoperto
che esse e l'intero articolo di Marco Distort si trova «qui».
A questo punto, però, non posso tenere in considerazione le osservazioni e le
obiezioni dell'autore a tali due lettere, poiché non le conoscevo prima d'ora;
non mi resta che rimandare a esse per l'eventuale confronto. È probabile che il
confronto delle sue e delle mie risposte possa aiutare i lettori a una maggiore
maturazione.
Prendo atto che tale articolo è stato riproposto per la discussione anche
«qui».
Esso proviene da questa fonte: Marco Distort, «La guida spirituale della famiglia»,
Il Cristiano 2 (Aspe, Anghiari 2001).
■ Post scriptum: Prendo
l’occasione per ribadire l’urgenza che i conduttori di chiesa tengano
presente nel discepolato e nell’istruzione di chiesa importanti aspetti
dell’etica sessuale, visto che la sessualità è una delle potenze più
grandi nella vita degli individui ed è altresì uno dei banchi di prova
dell’esistenza e della fede.
Nella nostra comunità missionaria all’inizio di settembre ho parlato di questo
tema: «Credenti, passione e castità». Esso ha fatto tanto bene ai neofiti
e non, a giovani e ad adulti, e ne abbiamo discusso insieme; una credente
sposata mi aveva addirittura proposto di riparlare sullo stesso tema per coloro
che non c’erano, tanto avrebbe fatto nuovamente bene anche agli altri di
riascoltarlo. A fine novembre ho parlato di questo altro tema: «La ricerca
del partner per la vita»; è una bussola per i giovani per la loro ricerca,
ma è anche una livella per gli altri, perché così sapranno come consigliare gli
altri.
Se i conduttori non vorranno, un giorno, raccattare e cercare di rincollare i
cocci di matrimoni ed esistenze, fanno bene a prevenire il male, creando
a tempo gli anticorpi morali mediante una sana istruzione e un’adeguata cura
pastorale.
►
URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Coniugi_gestione_famil_GeR.htm
26-11-2009; Aggiornamento: 11-05-2013 |