Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Le diversità possono essere una risorsa oppure diventano un problema.
 Ecco le parti principali:
■ Entriamo in tema (il problema)
■ Uniti nella verità
■ Le diversità quale risorsa
■ Le diversità e le divisioni
■ Aspetti connessi.
 
Il libro è adatto primariamente per conduttori di chiesa, per diaconi e per collaboratori attivi; si presta pure per il confronto fra leader e per la formazione dei collaboratori. È un libro utile per le «menti pensanti» che vogliano rinnovare la propria chiesa, mettendo a fuoco le cose essenziali dichiarate dal NT.

 

Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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SISTEMA CONGREGAZIONALISTA O PRESBITERIANO?

 

di Luciano Leoni - Nicola Martella

 

 

1.  METTIAMO A FUOCO LE QUESTIONI

Contributo: Carissimo Nicola, pace a te. Alcuni tuoi ultimi contributi in rete, come ad esempio «Strutture ed etichette salveranno la chiesa? Parliamone», mi hanno portato ultimamente a ritornare a riflettere sul governo della chiesa. Devo dire che ho trovato ottima la pubblicazione Lux Biblica «La conduzione della chiesa secondo le scritture», che affronta l’argomento in termini congregazionalisti. Tuttavia una attenta analisi ci presenta anche una «collegialità» alla quale sembra affidato il «controllo» dottrinale delle comunità. Cosa ne pensi? E cosa ne pensano i lettori del tuo sito? Ti abbraccio fraternamente in Gesù, il Signore. {Luciano Leoni; 15-10-2008}

 

Risposta: Caro Luciano, dovresti spiegare meglio per me e per gli altri ciò che per te è chiaro. Che cosa intendi per «“collegialità” alla quale sembra affidato il “controllo” dottrinale delle comunità»? Pensi a un «consiglio di chiesa» interno alle singole comunità o a un sinodo interecclesiale sul tipo valdese?

     Per quanto riguarda un «sinodo» interecclesiale, esso ha vantaggi e svantaggi; una decisione presa (in bene e in male) da tale ristretto numero di persone (p.es. riguardo a donne conduttrici di chiesa; intercomunione con cattolici, ortodossi e altri; accettazione degli omosessuali praticanti in comunione e di coppie gay; ecc.), ha vigore per tutte le comunità associate. Per quanto riguarda il «collegio d’anziani» interno a una comunità, sebbene io ne sia d’accordo in termini di massima, ce ne sono anche d’artificiali che, non corrispondendo ai prerequisiti richiesti (1 Tm 3; Tt 1), portano solo danno all’opera. Vedi qui:

Per forza un collegio di anziani? {Nicola Martella}

Per forza un collegio di anziani? Parliamone {Nicola Martella}

 

Replica: Carissimo Nicola, cerco di chiarire meglio il mio pensiero. Prendendo in esame la lettera a Tito. In particolare il versetto 5 del primo capitolo. Qui leggiamo: «Per questa ragione ti ho lasciato a Creta, affinché tu metta ordine alle cose che restano da fare e costituisca degli anziani in ogni città, come ti ho ordinato».

     Dunque Paolo lascia Tito a Creta (disposizione dichiarata) per mettere ordine e per costituire anziani in ogni città.

     Sembra dal testo (e da tutto il contesto) che vi siano chiare disposizioni di Paolo nei confronti di Tito al fine di fare quanto Paolo ritiene opportuno. S’avrebbe in questo senso la figura d’un Apostolo che sovraintende a varie comunità e a vari ministri. Da qui si può dedurre che questi ministri abbiano un rapporto subordinato nei confronti di Tito che, a sua volta, ha un rapporto subordinato nei confronti di Paolo. Anche in Atti al capitolo 14, verso 23 si trova la descrizione d’una «designazione» d’anziani. Sempre un subordine. Appare anche chiaro che gli Apostoli avessero autorità sulle comunità locali. Essi, infatti, rimproveravano, esortavano, insegnavano ecc. a comunità formate da loro o tramite loro. Dunque quello che sembrerebbe un attuale modello presbiteriano.

     Naturalmente questo è solo un pensiero in embrione che cerco di chiarire attraverso un dialogo e un confronto. Ti saluto nel Signore. {Luciano Leoni; 15-10-2008}

 

 

2.  RISPONDIAMO ALLE QUESTIONI

     Questo tema l’ho già affrontato in vari articoli e temi di discussione. La situazione descritta da Paolo nelle epistole a Tito e a Timoteo, era quella della missione e non quella dell’organizzazione ecclesiale dopo la fase missionaria.

     ■ Chiarezza sui termini: Trovo buona le distinzioni abbozzate su Wikipedia a proposito del presbiterianesimo: «Con il termine presbiterianesimo si intende quella forma di organizzazione della chiesa cristiana che nasce soprattutto dalla riforma calvinista [...]. Alla base di questa organizzazione vi sono gli “anziani” o presbiteri, responsabili della comunità cristiana locale, eletti dall’assemblea dei suoi membri. A loro volta questi “anziani” così eletti, si riuniscono in un organismo regionale superiore che li raccoglie, chiamato presbiterio che così amministra l’insieme delle comunità. Un’entità ancora superiore a questo secondo livello e chiamato sinodo o “assemblea generale”, che raccoglie i rappresentanti dei diversi presbiteri.

     Questa forma organizzativa della chiesa si differenzia dall’episcopalismo che concepisce sia nella versione cattolica che in quella anglicana il clero organizzato gerarchicamente, come pure dal congregazionalismo che prevede l’assoluta autonomia della comunità cristiana locale».

 

     ■ La fase missionaria: Andando al NT, bisogna prendere atto che ogni squadra missionaria era capeggiata da un apostolo (o missionario fondatore). Quest’ultimo si serviva dei suoi collaboratori per reperire fondi dalle chiese, nell’amministrazione delle risorse, per coadiuvarlo nell’opera di evangelizzazione, di discepolato e d’insegnamento. Egli mandava i suoi collaboratori nelle chiese fondate per stabilire conduttori, secondo le direttive dell’apostolo (1 Tm 3; Tt 1).

     Quando l’apostolo riteneva che il suo compito fosse concluso in una data zona, tutta la squadra si spostava in un’altra.

 

     ■ Missione o «controllo dottrinale»: È difficile capire le seguenti parole di Paolo, se non nel giusto contesto: «…ora, non avendo più campo da lavorare in queste contrade…» (Rm 15,23). Noi conosciamo specialmente la squadra missionaria di Paolo, ma a quel tempo ce n’erano altre e anch’esse agivano in autonomia, sebbene in comunione. Nello stesso brano Paolo presentò ai credenti romani il progetto di recarsi in Spagna, facendo tappa a Roma, non solo per edificare tali fratelli, ma per ricevere da loro adeguato sostegno per potersi recare nella sua nuova meta missionaria (Rm 15,24.28). È difficile pensare che un apostolo, trovandosi con la sua squadra missionaria in Spagna, potesse avere un «controllo dottrinale» sulle chiese da lui fondate.

 

     ■ La fase ecclesiale: Le chiese del primo secolo erano autonome e legate l’una all’altra da vincoli di comunione, oltre che al territorio, alla cultura e alla lingua comune (p.es. «chiese della Galazia» [1 Cor 1,16; Gal 1,2; i Galati erano Galli]; «chiese di Macedonia» [2 Cor 8,1]; «chiese della Giudea» [Gal 1,22]). Il legame fra il missionario fondatore e le chiese fondate era di natura paterna (esortazione, ammonizione, edificazione; cfr. At 15,36; 20,17-38), non impositiva (controllo dottrinale).

 

     ■ Tentativi di «controllo dottrinale»: Paolo combatté gli Ebrei gnostici (2 Cor 11,13) che, entrati nella chiesa di Corinto, ne presero il pieno controllo, trasformandola in senso mistico-gnostico; essi predicavano in pratica un «altro Gesù», uno «spirito diverso» e di un «evangelo diverso» (2 Cor 11,4) propinando un miscuglio fra legalismo e gnosticismo (miscuglio fra esoterismo e fede cristiana). Essi si presentarono come super-apostoli (2 Cor 11,5; 12,11), che avrebbero avuto un’autorità superiore agli altri e anche a Paolo stesso. Anche al giorno d’oggi, tali «sommi apostoli» con pretese del genere ne stanno spuntando diversi, specialmente in campo carismaticista e in quello giudeo-cristiano. Paolo li denunciò così: «Codesti tali sono dei falsi apostoli, degli operai fraudolenti, che si travestono da apostoli di Cristo» (2 Cor 11,13ss).

     Similmente avvenne nella Galazia, a Colosse e in altre chiese; i giudaisti cercavano di entrare di soppiatto nelle comunità e propinavano tale variegato miscuglio fra filosofia gnostica, misticismo e legalismo. In pratica trasformavano «l’Evangelo di Cristo» in un «altro evangelo» (Gal 1,6-9).

     Tale pretesa di un «controllo dottrinale» avveniva quindi proprio dal campo giudaico cristianizzato, che pretendeva di ricondurre i cristiani gentili alle pratiche del giudaismo (At 15,1.5) o a sovvertirlo mediante la gnosi giudaica cristianizzata. Paolo ricordò ai Galati i «falsi fratelli, introdottisi di soppiatto, i quali s’erano insinuati fra noi per spiare la libertà che abbiamo in Cristo Gesù, col fine di ridurci in servitù. Alle imposizioni di costoro noi non cedemmo neppure per un momento, affinché la verità dell’Evangelo rimanesse ferma tra voi» (Gal 2,4s).

 

     ■ Sinodi nel NT?: La chiesa di Gerusalemme inviò Barnaba ad Antiochia, quando lì sorse una chiesa mediante una missione spontanea, ma non esercitò lì un «controllo dottrinale». In Antiochia sorse la missione cristiana vera e propria, quando essa inviò ufficialmente Paolo e Barnaba per tale ministero. Tale decisione venne presa in autonomia, senza passare per la chiesa di Gerusalemme o per un sinodo territoriale. Gli emissari di Giacomo fra le chiese (Gal 2,12) crearono più problemi che altro, e Paolo prese al riguardo ufficialmente posizione, rimproverando addirittura Pietro, quando si mise a simulare nella chiesa di Antiochia, trascinando anche altri in ciò (Gal 2,11ss).

     Il Concilio di Gerusalemme, in cui furono presenti gli esponenti delle chiese gentili e i cristiani giudei, che reclamavano una assoggettamento dei gentili alla legge mosaica, fu l’ultimo atto chiarificatore di un tale consesso; poi gli apostoli andarono tutti in missione e la chiesa locale fu guidata da Giacomo e da altri anziani come lui. Tale «concilio» fu necessario per evitare che la chiesa si spaccasse in due grandi denominazioni contrapposte; nel periodo degli Atti non ne seguì un altro. Nessuna chiesa era più guidata da uno dei dodici apostoli del Signore e nessuna d’esse aveva abbastanza autorità per indire un tale concilio interecclesiale. A ciò si aggiungevano questioni esterne oggettive, come ad esempio: situazione politica generale ostile ai cristiani, persecuzioni, questioni linguistiche, morte dei dodici apostoli e della generazione degli apostoli delle chiese (missionari fondatori come Paolo e Barnaba).

     Non troviamo in tutto il NT nessun indizio concreto, secondo cui le chiese fossero organizzate in senso piramidale e che avessero un controllo al di fuori della chiesa locale (erano perlopiù chiese in casa) mediante un concistoro o sinodo, formato dalla somma dei conduttori delle comunità o da particolari comitati dirigenziali eletti allo scopo.

 

     ■ Sviluppi monocratici: Mentre le singole chiese giudaiche erano guidate perlopiù da un collegio di anziani (sul tipo della sinagoga), le chiese gentili erano più abituate a una guida unica (cfr. Ap 2-3 lettere scritte a sette conduttori), coadiuvata da collaboratori (diakonoi o servitori). Col tempo le chiese gentili divennero in maggioranza e questo modello divenne quello ricorrente. Ciò è mostrato dalle varie epistole dei cosiddetti «padri della chiesa».

     A causa delle difficoltà politiche del tempo e del prestigio dell’episcopo delle città più grandi rispetto a quelle dei villaggi, egli esercitò sempre più una funzione di guida e, a causa delle eresie che venivano introdotte nelle chiese da gente settaria, anche un «controllo dottrinale». Ciò portò di fatto allo sviluppo di una specie di sinodo territoriale con a capo l’episcopo della chiesa più forte; questa fu la base per lo sviluppo poi di un clero, quando gli episcopi interpretarono la loro funzione in senso sacerdotale. Il prestigio di alcune chiese particolari (Gerusalemme, Antiochia, Alessandria, Roma, Costantinopoli) portò allo sviluppo di veri e propri «patriarcati» e al «controllo dottrinale» sulle rispettive zone d’influenza. Col trasferimento dell’imperatore cristiano a Costantinopoli, l’episcopo di Roma venne a rivestire anche una funzione politica, che si accrebbe sempre più dopo la caduta dell’impero bizantino e dei patriarcati d’Oriente. Lentamente nacque l’idea di una chiesa guidata centralmente da un episcopo, il quale detiene il «controllo dottrinale» su tutto il cristianesimo. Circa 1.000 anni dopo la nascita della chiesa di Gerusalemme, sorse il papato quale entità religiosa e politica.

     I vari sinodi protestanti nacquero in analogia al sistema vigente nel cattolicesimo romano e dal bisogno di dare risposte dottrinali al romanesimo stesso. Non erano organi semplicemente religiosi, ma politici, come lo era l’originale romano.

 

     ■ Aspetti conclusivi: Guardando alla storia della chiesa, si dovrebbe prendere atto che, dovunque si crea un organo dirigenziale (sinodo o altro), esso crea per sé l’illusione di essere in fondo la vera chiesa o la parte migliore, che ha perciò una tutela sull’intera corporazione di chiese loro soggette. Spesso da ciò nascono varie miscele di clericalismo.

     Non di rado, tali episcopi pretendono un controllo dottrinale completo e spesso anche quello etico sulle loro chiese. Essi si trasformano in «padri-padroni» delle comunità e pretendono una qualche funzione di mediatore fra Dio e le comunità; questa è la nascita del clericalismo. A volte a ciò si aggiunge anche la pretesa di una valenza politica negli affari comunali, provinciali, regionali o addirittura nazionali; i pulpiti in tali casi si trasformano in tribune politiche (cfr. le chiese negli USA e i tentativi di imitazione di cosiddetti «partiti cristiani» in Italia).

     Tali concistori pretendono un’autorità particolare sulle chiese affiliate. Si attribuisce ai documenti prodotti da tali sinodi una valenza storica e generale. Le loro «raccomandazioni» o le loro decisioni (in bene e in male) sono intese in modo coercitivo per i membri. Così abbiamo assistito negli ultimi decenni a chiese che, una volta fedeli alla Parola scritta, sono andati sempre più di là da ciò che è scritto (1 Cor 4,6) e, smettendo di tagliare rettamente la «Parola della verità», hanno prodotto operai confusi e confusionari riguardo alla dottrina e all’etica (2 Tm 2,15). In certi casi, è accaduto proprio come a Corinto e bisognerebbe dire a tali chiese quanto segue: «Temo che come il serpente sedusse Eva con la sua astuzia, così le vostre menti siano corrotte e sviate dalla semplicità e dalla purità rispetto a Cristo. Infatti, se uno viene a predicarvi un altro Gesù, diverso da quello che abbiamo predicato noi, o se si tratta di ricevere uno spirito diverso da quello che avete ricevuto, o un evangelo diverso da quello che avete accettato, voi ben lo sopportate!» (2 Cor 11,3s).

     Trovare il giusto equilibrio tra autonomia esasperata, da una parte, e centralismo dirigenziale (p.es. presbiteriano, episcopale), dall’altra, è lo sforzo che ha impegnato le chiese bibliche in tutti i tempi. Tale compito non è terminato oggi. È inevitabile che ci siano vari modi di organizzarsi e amministrarsi, il compito principale è quello attenersi strettamente a ciò che è scritto, di pensare biblicamente e di vivere in conformità con la «sana dottrina». Questo ci aiuterà a proteggerci dagli estremismi e specialmente dai «lupi famelici», che si introducono nelle chiese con mire egemoniche, e da cattivi insegnanti che sorgeranno in esse stesse con intenti perversi (At 20,29s).

 

Sistema congregazionalista o presbiteriano? Parliamone {Nicola Martella} (T)

 

Chiese locali e centralità della missione {Nicola Martella} (T)

Il rapporto fra missionari e conduttori nell’opera di Dio {Nicola Martella} (T)

Mali ecclesiali e soluzioni strutturali {Eliseo Paterniti - Nicola Martella} (A/T)

La «riforma strutturale» di Corrado Salmé: Strutture ed etichette ci salveranno? {Nicola Martella} (T/A)

Strutture ed etichette salveranno la chiesa? Parliamone {Nicola Martella} (T)

Supervisione di apostoli sui conduttori di chiesa? 1 {Giovanni Cappellini - Nicola Martella} (T/A)

Supervisione di apostoli sui conduttori di chiesa? 2 {Giovanni Cappellini - Nicola Martella} (T/A)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Congregaz_presbiter_UnV.htm

11-11-2008; Aggiornamento: 13-11-2008

 

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