1. METTIAMO A FUOCO LE QUESTIONI
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Contributo:
Carissimo Nicola, pace a te. Alcuni tuoi ultimi contributi in
rete, come ad esempio «Strutture ed etichette salveranno la chiesa? Parliamone», mi hanno
portato ultimamente a ritornare a riflettere sul governo della chiesa. Devo dire
che ho trovato ottima la pubblicazione Lux Biblica «La conduzione della chiesa
secondo le scritture», che affronta l’argomento in termini congregazionalisti.
Tuttavia una attenta analisi ci presenta anche una «collegialità» alla quale
sembra affidato il «controllo» dottrinale delle comunità. Cosa ne pensi? E cosa
ne pensano i lettori del tuo sito? Ti abbraccio fraternamente in Gesù, il
Signore. {Luciano Leoni; 15-10-2008}
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Risposta:
Caro Luciano, dovresti spiegare meglio per me e per gli altri ciò
che per te è chiaro. Che cosa intendi per «“collegialità” alla quale sembra
affidato il “controllo” dottrinale delle comunità»? Pensi a un «consiglio di
chiesa» interno alle singole comunità o a un sinodo interecclesiale sul tipo
valdese?
Per quanto riguarda un «sinodo» interecclesiale, esso ha vantaggi e svantaggi;
una decisione presa (in bene e in male) da tale ristretto numero di persone
(p.es. riguardo a donne conduttrici di chiesa; intercomunione con cattolici,
ortodossi e altri; accettazione degli omosessuali praticanti in comunione e di
coppie gay; ecc.), ha vigore per tutte le comunità associate. Per quanto
riguarda il «collegio d’anziani» interno a una comunità, sebbene io ne sia
d’accordo in termini di massima, ce ne sono anche d’artificiali che, non
corrispondendo ai prerequisiti richiesti (1 Tm 3; Tt 1), portano solo danno
all’opera. Vedi qui:
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Per forza un collegio di anziani?
{Nicola Martella}
►
Per forza un collegio di anziani? Parliamone
{Nicola Martella}
■
Replica:
Carissimo Nicola, cerco di chiarire meglio il mio pensiero. Prendendo in
esame la lettera a Tito. In particolare il versetto 5 del primo capitolo. Qui
leggiamo: «Per questa ragione ti ho lasciato a Creta, affinché tu metta
ordine alle cose che restano da fare e costituisca degli anziani in ogni città,
come ti ho ordinato».
Dunque Paolo lascia Tito a Creta (disposizione dichiarata) per mettere ordine e
per costituire anziani in ogni città.
Sembra dal testo (e da tutto il contesto) che vi siano chiare disposizioni di
Paolo nei confronti di Tito al fine di fare quanto Paolo ritiene opportuno.
S’avrebbe in questo senso la figura d’un Apostolo che sovraintende a varie
comunità e a vari ministri. Da qui si può dedurre che questi ministri abbiano un
rapporto subordinato nei confronti di Tito che, a sua volta, ha un rapporto
subordinato nei confronti di Paolo. Anche in Atti al capitolo 14, verso 23 si
trova la descrizione d’una «designazione» d’anziani. Sempre un subordine. Appare
anche chiaro che gli Apostoli avessero autorità sulle comunità locali. Essi,
infatti, rimproveravano, esortavano, insegnavano ecc. a comunità formate da loro
o tramite loro. Dunque quello che sembrerebbe un attuale modello presbiteriano.
Naturalmente questo è solo un pensiero in embrione che cerco di chiarire
attraverso un dialogo e un confronto. Ti saluto nel Signore. {Luciano Leoni;
15-10-2008}
2. RISPONDIAMO ALLE QUESTIONI
Questo tema l’ho già affrontato in vari articoli e temi di discussione. La
situazione descritta da Paolo nelle epistole a Tito e a Timoteo, era quella
della missione e non quella dell’organizzazione ecclesiale dopo la fase
missionaria.
■ Chiarezza sui termini: Trovo buona le distinzioni abbozzate su
Wikipedia a proposito del
presbiterianesimo: «Con il
termine presbiterianesimo si intende quella forma di organizzazione della
chiesa cristiana che nasce soprattutto dalla riforma calvinista [...]. Alla base
di questa organizzazione vi sono gli “anziani” o presbiteri, responsabili della
comunità cristiana locale, eletti dall’assemblea dei suoi membri. A loro volta
questi “anziani” così eletti, si riuniscono in un organismo regionale superiore
che li raccoglie, chiamato presbiterio che così amministra l’insieme delle
comunità. Un’entità ancora superiore a questo secondo livello e chiamato sinodo
o “assemblea generale”, che raccoglie i rappresentanti dei diversi presbiteri.
Questa forma organizzativa della chiesa si differenzia dall’episcopalismo
che concepisce sia nella versione cattolica che in quella anglicana il clero
organizzato gerarchicamente, come pure dal congregazionalismo che prevede
l’assoluta autonomia della comunità cristiana locale».
■ La fase missionaria: Andando al NT, bisogna prendere atto che ogni
squadra missionaria era capeggiata da un apostolo (o missionario fondatore).
Quest’ultimo si serviva dei suoi collaboratori per reperire fondi dalle chiese,
nell’amministrazione delle risorse, per coadiuvarlo nell’opera di
evangelizzazione, di discepolato e d’insegnamento. Egli mandava i suoi
collaboratori nelle chiese fondate per stabilire conduttori, secondo le
direttive dell’apostolo (1 Tm 3; Tt 1).
Quando l’apostolo riteneva che il suo compito fosse concluso in una data zona,
tutta la squadra si spostava in un’altra.
■ Missione o «controllo dottrinale»: È difficile capire le seguenti
parole di Paolo, se non nel giusto contesto: «…ora, non avendo più campo da
lavorare in queste contrade…» (Rm 15,23). Noi conosciamo specialmente la
squadra missionaria di Paolo, ma a quel tempo ce n’erano altre e anch’esse
agivano in autonomia, sebbene in comunione. Nello stesso brano Paolo presentò ai
credenti romani il progetto di recarsi in Spagna, facendo tappa a Roma, non solo
per edificare tali fratelli, ma per ricevere da loro adeguato sostegno per
potersi recare nella sua nuova meta missionaria (Rm 15,24.28). È difficile
pensare che un apostolo, trovandosi con la sua squadra missionaria in Spagna,
potesse avere un «controllo dottrinale» sulle chiese da lui fondate.
■ La fase ecclesiale: Le chiese del primo secolo erano autonome e legate
l’una all’altra da vincoli di comunione, oltre che al territorio, alla cultura e
alla lingua comune (p.es. «chiese della Galazia» [1 Cor 1,16; Gal 1,2; i Galati
erano Galli]; «chiese di Macedonia» [2 Cor 8,1]; «chiese della Giudea» [Gal
1,22]). Il legame fra il missionario fondatore e le chiese fondate era di natura
paterna (esortazione, ammonizione, edificazione; cfr. At 15,36; 20,17-38), non
impositiva (controllo dottrinale).
■ Tentativi di «controllo dottrinale»: Paolo combatté gli Ebrei gnostici
(2 Cor 11,13) che, entrati nella chiesa di Corinto, ne presero il pieno
controllo, trasformandola in senso mistico-gnostico; essi predicavano in pratica
un «altro Gesù», uno «spirito diverso» e di un «evangelo diverso» (2 Cor 11,4)
propinando un miscuglio fra legalismo e gnosticismo (miscuglio fra esoterismo e
fede cristiana). Essi si presentarono come super-apostoli (2 Cor 11,5; 12,11),
che avrebbero avuto un’autorità superiore agli altri e anche a Paolo stesso.
Anche al giorno d’oggi, tali «sommi apostoli» con pretese del genere ne stanno
spuntando diversi, specialmente in campo carismaticista e in quello
giudeo-cristiano. Paolo li denunciò così: «Codesti tali sono dei falsi
apostoli, degli operai fraudolenti, che si travestono da apostoli di Cristo»
(2 Cor 11,13ss).
Similmente avvenne nella Galazia, a Colosse e in altre chiese; i giudaisti
cercavano di entrare di soppiatto nelle comunità e propinavano tale variegato
miscuglio fra filosofia gnostica, misticismo e legalismo. In pratica
trasformavano «l’Evangelo di Cristo» in un «altro evangelo» (Gal 1,6-9).
Tale pretesa di un «controllo dottrinale» avveniva quindi proprio dal campo
giudaico cristianizzato, che pretendeva di ricondurre i cristiani gentili alle
pratiche del giudaismo (At 15,1.5) o a sovvertirlo mediante la gnosi giudaica
cristianizzata. Paolo ricordò ai Galati i «falsi fratelli, introdottisi di
soppiatto, i quali s’erano insinuati fra noi per spiare la libertà che abbiamo
in Cristo Gesù, col fine di ridurci in servitù. Alle imposizioni di costoro noi
non cedemmo neppure per un momento, affinché la verità dell’Evangelo rimanesse
ferma tra voi» (Gal 2,4s).
■ Sinodi nel NT?: La chiesa di Gerusalemme inviò Barnaba ad Antiochia,
quando lì sorse una chiesa mediante una missione spontanea, ma non esercitò lì
un «controllo dottrinale». In Antiochia sorse la missione cristiana vera e
propria, quando essa inviò ufficialmente Paolo e Barnaba per tale ministero.
Tale decisione venne presa in autonomia, senza passare per la chiesa di
Gerusalemme o per un sinodo territoriale. Gli emissari di Giacomo fra le chiese
(Gal 2,12) crearono più problemi che altro, e Paolo prese al riguardo
ufficialmente posizione, rimproverando addirittura Pietro, quando si mise a
simulare nella chiesa di Antiochia, trascinando anche altri in ciò (Gal 2,11ss).
Il Concilio di Gerusalemme, in cui furono presenti gli esponenti delle chiese
gentili e i cristiani giudei, che reclamavano una assoggettamento dei gentili
alla legge mosaica, fu l’ultimo atto chiarificatore di un tale consesso; poi gli
apostoli andarono tutti in missione e la chiesa locale fu guidata da Giacomo e
da altri anziani come lui. Tale «concilio» fu necessario per evitare che la
chiesa si spaccasse in due grandi denominazioni contrapposte; nel periodo degli
Atti non ne seguì un altro. Nessuna chiesa era più guidata da uno dei dodici
apostoli del Signore e nessuna d’esse aveva abbastanza autorità per indire un
tale concilio interecclesiale. A ciò si aggiungevano questioni esterne
oggettive, come ad esempio: situazione politica generale ostile ai cristiani,
persecuzioni, questioni linguistiche, morte dei dodici apostoli e della
generazione degli apostoli delle chiese (missionari fondatori come Paolo e
Barnaba).
Non troviamo in tutto il NT nessun indizio concreto, secondo cui le chiese
fossero organizzate in senso piramidale e che avessero un controllo al di fuori
della chiesa locale (erano perlopiù chiese in casa) mediante un concistoro o
sinodo, formato dalla somma dei conduttori delle comunità o da particolari
comitati dirigenziali eletti allo scopo.
■ Sviluppi monocratici: Mentre le singole chiese giudaiche erano guidate
perlopiù da un collegio di anziani (sul tipo della sinagoga), le chiese gentili
erano più abituate a una guida unica (cfr. Ap 2-3 lettere scritte a sette
conduttori), coadiuvata da collaboratori (diakonoi o servitori). Col
tempo le chiese gentili divennero in maggioranza e questo modello divenne quello
ricorrente. Ciò è mostrato dalle varie epistole dei cosiddetti «padri della
chiesa».
A causa delle difficoltà politiche del tempo e del prestigio dell’episcopo delle
città più grandi rispetto a quelle dei villaggi, egli esercitò sempre più una
funzione di guida e, a causa delle eresie che venivano introdotte nelle chiese
da gente settaria, anche un «controllo dottrinale». Ciò portò di fatto allo
sviluppo di una specie di sinodo territoriale con a capo l’episcopo della chiesa
più forte; questa fu la base per lo sviluppo poi di un clero, quando gli
episcopi interpretarono la loro funzione in senso sacerdotale. Il prestigio di
alcune chiese particolari (Gerusalemme, Antiochia, Alessandria, Roma,
Costantinopoli) portò allo sviluppo di veri e propri «patriarcati» e al
«controllo dottrinale» sulle rispettive zone d’influenza. Col trasferimento
dell’imperatore cristiano a Costantinopoli, l’episcopo di Roma venne a rivestire
anche una funzione politica, che si accrebbe sempre più dopo la caduta
dell’impero bizantino e dei patriarcati d’Oriente. Lentamente nacque l’idea di
una chiesa guidata centralmente da un episcopo, il quale detiene il «controllo
dottrinale» su tutto il cristianesimo. Circa 1.000 anni dopo la nascita della
chiesa di Gerusalemme, sorse il papato quale entità religiosa e politica.
I vari sinodi protestanti nacquero in analogia al sistema vigente nel
cattolicesimo romano e dal bisogno di dare risposte dottrinali al romanesimo
stesso. Non erano organi semplicemente religiosi, ma politici, come lo era
l’originale romano.
■ Aspetti conclusivi: Guardando alla storia della chiesa, si dovrebbe
prendere atto che, dovunque si crea un organo dirigenziale (sinodo o altro),
esso crea per sé l’illusione di essere in fondo la vera chiesa o la parte
migliore, che ha perciò una tutela sull’intera corporazione di chiese loro
soggette. Spesso da ciò nascono varie miscele di clericalismo.
Non di rado, tali episcopi pretendono un controllo dottrinale completo e spesso
anche quello etico sulle loro chiese. Essi si trasformano in «padri-padroni»
delle comunità e pretendono una qualche funzione di mediatore fra Dio e le
comunità; questa è la nascita del clericalismo. A volte a ciò si aggiunge anche
la pretesa di una valenza politica negli affari comunali, provinciali, regionali
o addirittura nazionali; i pulpiti in tali casi si trasformano in tribune
politiche (cfr. le chiese negli USA e i tentativi di imitazione di cosiddetti
«partiti cristiani» in Italia).
Tali concistori pretendono un’autorità particolare sulle chiese affiliate. Si
attribuisce ai documenti prodotti da tali sinodi una valenza storica e generale.
Le loro «raccomandazioni» o le loro decisioni (in bene e in male) sono intese in
modo coercitivo per i membri. Così abbiamo assistito negli ultimi decenni a
chiese che, una volta fedeli alla Parola scritta, sono andati sempre più di là
da ciò che è scritto (1 Cor 4,6) e, smettendo di tagliare rettamente la «Parola
della verità», hanno prodotto operai confusi e confusionari riguardo alla
dottrina e all’etica (2 Tm 2,15). In certi casi, è accaduto proprio come a
Corinto e bisognerebbe dire a tali chiese quanto segue: «Temo che come il
serpente sedusse Eva con la sua astuzia, così le vostre menti siano corrotte e
sviate dalla semplicità e dalla purità rispetto a Cristo. Infatti, se uno viene
a predicarvi un altro Gesù, diverso da quello che abbiamo predicato noi, o se si
tratta di ricevere uno spirito diverso da quello che avete ricevuto, o un
evangelo diverso da quello che avete accettato, voi ben lo sopportate!» (2
Cor 11,3s).
Trovare il giusto equilibrio tra autonomia esasperata, da una parte, e
centralismo dirigenziale (p.es. presbiteriano, episcopale), dall’altra, è lo
sforzo che ha impegnato le chiese bibliche in tutti i tempi. Tale compito non è
terminato oggi. È inevitabile che ci siano vari modi di organizzarsi e
amministrarsi, il compito principale
è quello attenersi strettamente a ciò che è scritto, di pensare biblicamente e
di vivere in conformità con la «sana dottrina». Questo ci aiuterà a proteggerci
dagli estremismi e specialmente dai «lupi famelici», che si introducono nelle
chiese con mire egemoniche, e da cattivi insegnanti che sorgeranno in esse
stesse con intenti perversi (At 20,29s).
►
Sistema congregazionalista o presbiteriano? Parliamone {Nicola Martella} (T)
►
Chiese locali e centralità della missione {Nicola Martella} (T)
►
Il rapporto fra missionari e conduttori
nell’opera di Dio {Nicola Martella} (T)
►
Mali ecclesiali e soluzioni strutturali {Eliseo Paterniti - Nicola Martella} (A/T)
►
La «riforma strutturale» di Corrado Salmé: Strutture ed etichette ci salveranno? {Nicola Martella} (T/A)
►
Strutture ed etichette salveranno la chiesa? Parliamone {Nicola Martella} (T)
►
Supervisione di apostoli sui conduttori di chiesa? 1 {Giovanni Cappellini - Nicola Martella} (T/A)
►
Supervisione di apostoli sui conduttori di chiesa? 2 {Giovanni Cappellini - Nicola Martella} (T/A)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Congregaz_presbiter_UnV.htm
11-11-2008; Aggiornamento: 13-11-2008
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