Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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CONDUTTORI, NON IRRITATE

I MEMBRI DELLA VOSTRA CHIESA!

 

 di Nicola Martella

 

1.  GLI ASPETTI BIBLICI: È chiaro che una tale ingiunzione non esiste nella Bibbia. Tuttavia, leggiamo cose del genere nel rapporto fra padri e figli: «Padri, non irritate i vostri figli, affinché non si scoraggino» (Col 3,21). «E voi, padri, non provocate a ira i vostri figli, ma allevateli nell’educazione e nell’esortazione del Signore» (Ef 6,4).

     Si tratta del rapporto fra chi sta in autorità e chi è guidato. Nei libri sapien-ziali il rapporto fra maestro e discepolo è spesso descritto come quello fra padre e figlio (cfr. Pr 4,1; 5,7; 7,24); così fece anche la Sapienza personificata verso i suoi seguaci (Pr 8,32). Gesù chiamò «figli» i suoi discepoli (Mc 10,24; Gv 13,33; 21,5). Anche gli apostoli fecero così verso i loro discepoli (1 Tm 1,2; Tt

 

1,4; Flm 1,10; 1 Pt 5,13; 1 Gv 2,1.12.28; 3,7.18; 4,4; 5,21). Come accade nel rapporto fra padri e figli naturali, l’eventuale comportamento autoritario, caustico e umiliante dei conduttori di chiesa può scoraggiare i membri o creare in loro irritazione, che si traduce poi in una loro perdita di rispetto e in ribellione.

     Non è un caso che Paolo consigliò ai suoi collaboratori la seguente condotta verso i credenti: «Non riprendere aspramente l’uomo anziano, ma esortalo come un padre; i giovani, come fratelli; le donne anziane, come madri; le giovani, come sorelle, con ogni castità» (1 Tm 5,1s). Pietro paragonò il ministero dei conduttori a quello dei pastori di pecore, che guidano il gregge per il bene dei loro protetti e in sintonia col sommo Pastore (1 Pt 5,1-4). Egli mise l’enfasi sul fatto che i conduttori debbano essere motivati dalla volontarietà, dal buon animo e dal vivere in modo esemplare rispetto al gregge, cose che poi suscitano gli stessi atteggiamenti nei membri delle loro assemblee.

     I vari atteggiamenti dei conduttori rispetto ai membri delle loro chiese furono descritti da Gesù nelle sue sette lettere ai conduttori delle chiese dell’antica provincia romana Asia (Ap 2-3). Qui la condotta morale e il comportamento spirituale delle guide condiziona la vita dei credenti e il destino di quella assemblea. Il classico esempio negativo di un conduttore monocratico e autoritario fu descritto da Giovanni riguardo a Diotréfe. Egli cercava di avere il primato fra il resto dei credenti (3 Gv 1,9), agiva a suo arbitrio nella chiesa, non ricevendo Giovanni e quelli con lui, sparlava contro di loro con parole maligne e cacciava fuori della chiesa tutti coloro, che volevano ospitare i credenti forestieri (v. 10).

 

2.  CONDUTTORI IRRITANTI: Ogni tanto mi scrivono credenti, che sono stati rimproverati aspramente dai conduttori per cose da nulla o perché sarebbero usciti, benché minimamente, dagli usuali schemi cultuali.

     Questo è stato, ad esempio, il caso, in cui durante il culto un credente ritenne opportuno di indirizzare un incoraggiamento pubblico a un altro credente, che stava nella malattia e nella sofferenza. Uno dei conduttori convocò tale credente nel «consiglio di chiesa» e lo riprese dinanzi agli altri, ritenendo che si fosse comportato in modo irriverente verso Dio, sì irrispettoso, se non addirittura da sacrilego, poiché durante il culto avrebbe fatto passare l’attenzione da Dio agli uomini!

     Personalmente rimango sbigottito come un atto di riguardo verso un credente sofferente possa essere considerato irriverenza o un atto sacrilego. Si vede che tale conduttore non sappia bene che cosa siano nella Bibbia irriverenza, mancanza di rispetto, sacrilegio o blasfemia. Egli avrebbe dovuto coprire tutto col manto dell’amore, ma pretese di trattare una «pulce» come se fosse stato un «elefante», creando un inutile processo, che umiliò e scoraggiò tale credente e gli altri, che erano venuti a saperlo. In tal modo, tale conduttore mostrò solo come avesse usato poca sapienza e poco discernimento, irritando gli animi, pur di far valere la sua presunta «autorità».

     In casi del genere, se i conduttori usassero un po’ più di buon senso, misericordia e comprensione, potrebbero coprire tutto col manto dell’amore e della longanimità; e, così facendo, potrebbero impedire di inacerbire i fratelli e di mettere a rischio la propria assemblea. Se per cose del genere i conduttori impongono la loro ragione rispetto alle pecore, rischiano di scoraggiare il gregge, che è stato loro affidato (1 Pt 5,2s), e di creare frustrazioni e irrimediabili lacerazioni. Chi ci perde in tali casi? Chi ci guadagna?

 

3.  LA MEDICINA NECESSARIA: Un credente, che ne incoraggia pubblicamente un altro, che sta attraversando un periodo di malattia, è cosa buona, nobile e salutare. Noi lo faremmo senz’altro nella nostra comunità. Io stesso, come conduttore, lo farei, senza aspettare che lo facciano gli altri. Magari, proprio durante il culto d’adorazione, se abbiamo appena letto e meditato un brano biblico o abbiamo cantato un inno, in cui ricorrono certi elementi adatti al caso, non esiterei a incoraggiare brevemente da parte del Signore un tale credente sofferente! Così non si toglie nulla a Dio, per darla agli uomini, ma si mette in pratica il comandamento del Signore riguardo all’amore per i fratelli (Gv 13,34), l’ingiunzione a portare i pesi dei fratelli (Gal 6,2) e le direttive a fare tutto per l’utile comune (1 Cor 12,7) e per la reciproca edificazione (Rm 14,19; 15,2).

     La medicina a ogni grettezza d’animo si chiama «realismo», che sa guardare alle proporzioni delle cose. Poi, si necessita di un balsamo, che la Scrittura chiama «compiacimento»; esso alimenta la comunione, poiché ingrassa gli ingranaggi. «Ciascuno di noi compiaccia al prossimo nel bene, a scopo di edificazione» (Rm 15,2). Qui i conduttori devono dare l’esempio. «Così come anch’io compiaccio a tutti in ogni cosa, cercando non l’utile mio ma quello dei molti, perché siano salvati» (1 Cor 10,33).

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Cond_irrita_EnB.htm

10-01-2015; Aggiornamento: 21-12-2015

 

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