1. La questione
Non vorrei essere strumentalizzato per altri fini. Ciò che affermo qui di
seguito, riguarda
solo gli aspetti storici e non la prassi variegata delle chiese odierne.
In un gruppo di Internet un cattolico militante citava il seguente brano per
accreditare la
quotidiana celebrazione dell’eucarestia. «Tutti quelli che credevano
stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le proprietà e i beni,
e li distribuivano a tutti, secondo il bisogno di ciascuno.
E ogni giorno andavano assidui e concordi al tempio,
rompevano il pane nelle case e
prendevano il loro cibo insieme, con gioia e semplicità di cuore» (At
2,44-46).
Quindi, in ambiente cattolico (ma non solo) si fa riferimento a questo brano per
giustificare un uso quotidiano del memoriale del nuovo patto. Per questo essi
celebrano la messa e l’eucarestia anche diverse volte al giorno.
2. Osservazioni
e obiezioni
Faccio notare che l’espressione «rompere il pane» nella Scrittura
corrispondeva alla nostra espressione «prendere un boccone».
Quindi è sbagliato proiettarci dentro l’improbabile consuetudine di celebrare
allora quotidianamente insieme la «Cena del Signore». Tanto più che tale
attività avveniva nelle case, in genere piccole in Oriente, e che quindi
coinvolgeva poche persone.
È difficile pensare che una «cena pasquale» annuale (qual era l’ultima
cena) diventasse improvvisamente un’attività quotidiana, senza che ne troviamo
una norma esplicita, che la giustifichi. Tanto più che gli Ebrei usavano il
pane azzimo per la «cena pasquale» e un memoriale alquanto elaborato; ciò
avrebbe sfinito i credenti. Si tenga presente che quando è scritto: «Ogni
qual volta voi mangiate questo pane»
(1 Cor 11,26), intendeva il pane azzimo pasquale, usato da Gesù nell’istituire
il memoriale del nuovo patto. Infatti, fu mentre mangiavano la Pasqua che Gesù
ruppe il pane, che era azzimo (Mt 26,26). Alle usanze pasquali fece riferimento
Paolo nella sua applicazione morale: «Purificatevi del vecchio lievito,
affinché siate una nuova pasta, come già siete senza lievito.
Poiché anche la nostra pasqua, cioè Cristo, è stata immolata. Celebriamo
dunque la festa, non con vecchio lievito, né con lievito di malizia e di
malvagità, ma con gli azzimi della sincerità e della verità» (1 Cor
5,7s).
Negli Atti non esiste nessuna decisione apostolica né alcuna discussione
conciliare (cfr. At 15), che mostri un cambiamento improvviso da una norma
annuale, avuta per più di 1400 anni, a una nuova prassi quotidiana. Che un altro
uso fosse iniziato già in Atti 2, subito dopo Pentecoste, è alquanto
improbabile, visto che nella chiesa di Gerusalemme i credenti erano e rimasero «tutti
zelanti per la legge» mosaica (At 21,20).
3. Alcuni
approfondimenti
In Atti 2,46 le espressioni «rompevano il pane»
e
«prendevano il loro cibo insieme» si equivalgono; è il tipico
linguaggio ebraico, che afferma due volte la stessa cosa, aggiungendo
particolari. La prima espressione afferma che «prendevano un boccone» insieme e
che lo facevano nelle case; la seconda espressione rafforza la prima e mostra
come lo facevano, ossia «insieme»
e
«con gioia e semplicità di cuore». Quindi, il verso 46 non intende
assolutamente nulla riguardo a una prassi di celebrare la «Cena del Signore», ma
è solo un’accentuazione dei versi precedenti: comunione dei beni e comunanza
della vita quotidiana.
«Rompere il pane» con qualcuno significava condividere il cibo con
costui. Il pio Giudeo faceva la benedizione del cibo e poi spezzava il pane e lo
porgeva agli altri. Quando c’era un ospite di riguardo, si chiedeva a costui di
recitare la benedizione. Ad esempio, quando i due discepoli delusi se ne
tornarono a Emmaus, invitando il forestiero, che conobbero per strada, a
rimanere con loro per la notte (non sapevano che era Gesù), si legge: «E
quando si fu messo a tavola con loro, prese il pane, lo benedisse, e
spezzatolo lo dette loro» (Lc 24,28ss); essi lo riconobbero proprio «nello
spezzare il pane» (v. 35).
L’espressione «rompere il pane» era ben radicata nella cultura religiosa
ebraica. Ad esempio, fu usata per designare la cena del lutto (Gr 16,7).
Nella chiesa primitiva un elemento della comunione fraterna era appunto
mangiare insieme, oltre che pregare insieme e nel seguire le direttive
apostoliche (At 2,42). Tale espressione designava un’agape comune che la chiesa
di Troia ebbe insieme a Paolo e alla sua squadra missionaria (At 20,7; era
sabato sera); essi mangiavano, mentre egli parlava, ma appena ci fu l’occasione,
da solo «ruppe il pane e prese cibo» (v. 11). Paolo, dopo la
tempesta e dopo aver rassicurato gli altri viaggiatori sulla nave, «preso del
pane, rese grazie a Dio, in presenza di tutti; poi, rottolo, cominciò a
mangiare. E tutti, fattosi animo, presero anch’essi del cibo» (At
27,35s).
In seguito, Paolo usò tale espressione anche per il pane della Cena del
Signore (1 Cor 10,16), poiché quest’ultima avveniva allora come una vera e
propria cena, durante la quale persone di diverso ceto sociale condividevano
tale pane (oltre al vino;1 Cor 11,18-34). Qui però Paolo non evidenziò i tempi e
i momenti, in cui, ciò avveniva.
In Atti 2,42.46 troviamo il senso normale del termine e nulla fa pensare
a un altro uso.
4. Aspetti
conclusivi
Non entro qui in merito riguardo al ritmo, che le chiese del primo secolo
avessero nel celebrare la «Cena del Signore». Non è qui neppure il luogo per
mostrare come dalla Pasqua annuale si sia passati, nel corso della storia,
a prassi differenti, ad esempio settimanali o addirittura quotidiane. Qui
intendevo solo rispondere a una strumentalizzazione dell’espressione «rompere il
pane» in Atti 2,42.46.
Per l’approfondimento rimando al seguente tema di discussione: «Rompere
il pane: la cena del Signore?».
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-At2_Cena-del-Sign_Sh.htm
17-10-2011; Aggiornamento: 18-10-2011 |