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Entriamo in tema
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Accademismo e «istituti biblici»
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Approfondiamo la questione |
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1.
ENTRIAMO IN TEMA:
La presentazione ordinata del sapere è certamente una necessità.
Insegnare a usare gli «strumenti del mestiere» è importante.
Altra cosa è il culto di un accademismo erudito, chiuso e fine a
se stesso. Quanto diremo qui di seguito, lo riferiamo specialmente in ambito
cristiano a scuole bibliche, istituti biblici, accademie teologiche, facoltà
teologiche e università teologiche. Per brevità parleremo di «istituti biblici».
L’accademismo ha diversi «vermi» (o meglio «serpi») nascosti in sé, come ad
esempio i seguenti.
■ L’accademismo ha spesso poca attinenza con la
situazione reale e con i bisogni reali.
■ L’accademismo pensa che la meta desiderabile sia
quella di alzare maggiormente il livello d’insegnamento. In tal modo diventa
un’attività elitaria.
■ L’accademismo si riduce ad avere se stesso come punto
di riferimento e a parlare a se stesso. I suoi «termini tecnici» diventano il
cifrario di un’elite di iniziati.
■ Gli studenti che si avviano all’accademismo, vedono
in esso un sapere elitario desiderabile. In genere, l’attività scolastica li
porta sempre più ad allontanarsi dal mondo reale, e l’accademismo stesso diventa
oggetto della loro attenzione e studio. A fine studio si sentono dei «diversi»
nel mondo reale e, se non riescono ad
agganciare quest’ultimo abbastanza presto, saranno anche degli «esclusi».
■ Negli studenti forgiati nella fucina dell’accademismo,
al grande sapere scolastico si appaia una grande fragilità caratteriale, umana e
spirituale. In genere hanno avuto «insegnanti», ma non «maestri», ossia maestri
di vita. Hanno imparato la teoria, ma non l’anno verificata e sperimentata nella
pratica. A ciò si aggiunga che spesso sono diventati dei «cloni» dei loro
insegnanti, non sempre persone mature che sanno esprimere le loro convinzioni e
le sanno argomentare.
■ Dopo lo studio, quando gli studenti tornano nella vita reale, parlano alla
gente comune da accademici, attirandosi ammirazione, ma restando spesso
incompresi. L’orgoglio accademico li porta spesso all’orgoglio caratteriale e a
disprezzare la «massa ignorante», che non si lascia guidare alla conoscenza
(scolastica). Questo è da sempre l’atteggiamento d’arroganza della nomenclatura
religiosa e dei Farisei (Gv 7,59). Quando gli studenti terminano gli studi,
spesso si pongono in contrapposizione con chi sta alla guida, ma magari non ha
fatto studi accademici. Il conflitto è assicurato, così anche le penose
conseguenze. Alcuni di loro finiscono nell’isolamento. Altri attraggono gente
intorno a sé come una specie di guru. Altri ancora imparano con dolore a
«riprogrammarsi» e a usare le loro conoscenze per il bene reale degli altri, non
nell’inseguimento di una chimera accademica che serva specialmente a sé.
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2. ACCADEMISMO E «ISTITUTI BIBLICI»
2.1. CHE TITOLI HAI PER PARLARNE?: Io stesso ho frequentato
dapprima una scuola biblica e poi un’accademia teologica. In seguito ho
insegnato per più di vent’anni in un «istituto biblico», scegliendo di smettere
alla fine dell’anno scolastico del 2006. Uno dei motivi principali per desistere
è stato, tra altri, proprio il crescente accademismo e differenze d’opinioni al
riguardo con la direzione. Infatti quando iniziai a insegnare era una «scuola
biblica», quando smisi, ventilava d’essere «facoltà teologica». Ancora giorni
fa, uno degli insegnanti aggiungeva alla sua firma in calce alla sua lettera:
«Consulente... e docente di… presso la facoltà teologica…».
Durante il mio tempo d’insegnamento, anch’io ho fatto «errori adolescenziali»,
poiché negli «istituti biblici» nessuno t’insegna in genere a insegnare. Dopo
aver «ingranato», mi sono esercitato a essere al servizio degli studenti, un
loro amico e un «maestro» che si interessa di loro come persone e che sta dalla
loro parte. Di là dalle cose insegnate, ho cercato di rispondere sempre a tutte
le loro domande. Oltre a trasmettere loro una personale passione per lo
studio esegetico della Parola di Dio, ho cercato di indurre in loro autonomia di
pensiero, libertà d’animo, indipendenza dalle sovrastrutture dogmatiche e
ideologiche di qualsiasi tipo e, quindi, maturità.
2.2. ASPETTI DELLA SITUAZIONE ITALIANA: Quanto qui elencato, è
certamente solo parziale, ma serve per dare un’idea di come l’accademismo e lo
scolasticismo si facciano strada anche negli «istituti biblici» in Italia. C’è
da dire che essi spesso non hanno la titolarità giuridica di assicurare quanto
offrono.
■ C’è la «Facoltà di Teologia Biblica “Gesù è il Signore”» (Caserta) che
pur volendo essere pratica non vuole rinunciare a una «istruzione accademica».
Essa è promossa dalla carismatica «Chiesa Evangelica della Riconciliazione» (ex
restaurazione). Essa rilascia un «Diploma in Teologia», ma in Italia non ha
nessun valore legale, visto che gli studenti che lo conseguono «possono
accedere, previa verifica, a un Master presso il Department of Religious Studies
della State University of Missouri (USA)» e visto che per l’Italia «sono in
corso contatti con altre istituzioni» (www.riconciliazione.org/).
■ In un prospetto del 2006 la «Facoltà Pentecostale di Scienze Religiose»
(Aversa) si è presentata come «un’istituzione accademica della Fondazione
“Chàrisma”» (p. 2). Essa ha come ambito obiettivo, tra altri, addirittura quello
di «promuovere la formazione e l’aggiornamento di docenti di ruolo e non di
ruolo delle scuole di ogni ordine e grado»! Più sotto si legge però che «il
riconoscimento e/o l’accreditamento dei corsi» in Italia è ancora solo un
auspicio. Nonostante ciò, essa offre tra altri un «corso di laurea triennale in
Teologia» e uno in «Studi Religiosi» (p. 4). Nonostante che per questi ultimi la
Facoltà abbia solo «avviato la procedura di accreditamento dei corsi» presso una
«prestigiosa università straniera» (quale?), si afferma che tali due lauree
abbiano già «valore legale ai sensi delle leggi vigenti in materia». Le stesse
cose si possono leggere invariate a tutt’oggi sul sito della «Facoltà»
(www.facoltapentecostale.org/). Qui in modo più umile e generale si afferma come
un’evenienza futura: «In particolare sottoscriverà convenzioni e accordi volti a
far conseguire il riconoscimento e/o l’accreditamento dei corsi». Nonostante ciò
si pone all’avanguardia: «La Facoltà Pentecostale di Scienze Religiose è la
prima struttura formativa di livello accademico nel mondo pentecostale
italiano».
■ Cose simili si possono evincere da vari prospetti dell’Istituto Biblico
Evangelico Italiano (Roma). In un prospetto di un paio d’anni fa s’intendeva
offrire addirittura questo: «3 anni = Laurea». Si dimenticava di dire come
garantire la validità giuridica di tale «laurea» in Italia. Sul sito si parla
attualmente, in modo più umile e realistico, di questo: «Il Certificato di
Teologia dell’IBEI è Candidato per l’accreditamento con la EEAA» (= Associazione
Evangelica Europea per l’Accreditamento; www.ibei.it/). Consigliamo di leggere
qui le ben definite «Finalità dell’Accreditamento».
■ Addirittura gli «Studi Biblici del Sud» (attività A.I.S.R.; Trapani)
pur insegnando nelle locali delle chiese intende offrire «tre anni di Scuola
Biblica e due anni di Accademia Biblica»
(www.chiesaevangelica.info/Scuola_Biblica.htm). Di là da varie cose singolari
presenti nel programma (p.es. 1° anno «amare se stessi», 2° anno «amare il
prossimo» e 3° anno «amare Dio»), è bello leggere: «Ogni docente sarà, in prima
istanza, studente di tutti gli altri docenti affinché si impari gli uni dagli
altri». Anche qui si promette qualcosa, di cui bisognerebbe dimostrare di
possedere i titoli; infatti non capisco come i responsabili possano realizzare
questo aspetto: «Abilitazione all’insegnamento della religione nelle scuole
pubbliche e private». Può darsi che mi sfugge qualcosa della legislazione
italiana.
■ Il «Centro di Formazione Biblica Rhema Italia» (Verona) Mette l’enfasi
sull’applicazione della Parola di Dio nella pratica (www.rhemaitalia.it/). Alla
domanda: «Dopo avere conseguito il diploma presso il CFBR, ottengo
automaticamente una licenza e/o un’ordinazione al ministero?», si risponde: «No.
Gli studenti, dopo aver conseguito il diploma, non ottengono automaticamente
alcuna licenza né ordinazione al ministero. Questi titoli vengo conferiti dal
RMAI (Rhema Ministerial Association International). I candidati devono
soddisfare determinati requisiti per poter ottenere una licenza e in seguito
un’ordinazione al ministero». I fini non sono quindi direttamente accademici.
Non entriamo in merito alle convinzioni dottrinali.
■ Esiste anche la «Scuola Biblica Uomini Nuovi» (Marchirolo, Varese) che offre
addirittura un «Master di Teologia Biblica Pratica» in collegamento con Kingdom
Faith (Sussex, Inghilterra; www.eun.ch/scuolabiblica/).
La lista potrebbe continuare, ma abbiamo voluto dare solo un campione della
situazione generale. Qui non abbiamo voluto assolutamente mettere in cattiva
luce le buone intenzioni e i nobili scopi di queste istituzioni, che portano
certamente avanti il loro ministero con dedizione e sacrificio. Spetta al
lettore verificare fino a che punto il «verme dell’accademismo» abbia intaccato
queste opere.
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3.
APPROFONDIAMO LA QUESTIONE:
Abbiamo parlato sopra del pericolo del
culto di un accademismo erudito, chiuso e fine a se
stesso. Alcuni vecchi mali della cultura scolastica, che sta penetrando
da tempo anche in ambito cristiano sono appunto l’accademismo, la separazione
tra teoria e pratica, l’enciclopedismo fine a se stesso, il disciplinarismo
esasperato e la frammentazione del lavoro didattico.
Ciò si mostra anche nelle pubblicazioni di tali
«istituti biblici»: esse sono riferite a discussioni teologiche di carattere
filosofico, all’analisi teologica del passato, al lavoro teorico, a
contrapposizioni di carattere ideologico e simili. Certo anche questo può essere
utile, ma difficilmente si troverà in tali pubblicazioni un’analisi concreta
della realtà (in tutti i suoi aspetti) e dei fenomeni contemporanei e ancor meno
proposte concrete e praticabili (d’indirizzo biblico, teologico e culturale) per
incidere concretamente nel mondo attuale. Per dirla con un’immagine, molti
«istituti biblici» assomigliano più alla cura museale del passato che a «fucine»
in cui si progettano e si esperimentano modelli e prototipi per il futuro. In
essi si insegnano e si studiano sovrastrutture ideologiche e dottrinali del
passato, che spesso non hanno più nessun nesso (almeno diretto) col presente; ma
si è spesso ciechi e sordi rispetto a ciò che succede nel presente, per il quale
non si hanno risposte e proposte. Si è spesso «profeti» rivolti all’indietro,
che non sanno dire nulla di ciò che succede intorno a loro e di ciò che verrà.
Da una parte c’è l’artista, il «profeta», l’artigiano, il progettista, l’ideatore,
l’inventore, il creatore, il designer, lo stilista e l’innovatore — tutta gente
attenta all’attualità, alla sua analisi, alle tendenze nell’immediato futuro e
alle risposte concrete e rapide. Dall’altra c’è il filosofo, il teorico, il
pensatore, l’ideologo, l’accademico, lo scolastico — attività anche importanti,
ma spesso o rivolte al passato o che si fermano alla teoria del presente.
Ambedue queste categorie portano in sé pericoli: i pragmatici assoggettano le
teorie alla pratica (p.es. le dottrine all’esperienza); i teorici disdegnano la
concretezza delle cose e vivono nelle loro astrazioni (p.es. «alta» teologia) e
preferiscono parlare ai loro simili. Ambedue queste categorie creano certamente
imitatori, riproduttori, emuli, seguaci e «cloni».
Per
evitare tutto ciò, gli «istituti biblici» dovrebbero cercare una via di mezzo,
dovrebbero essere specialmente «esegeti» della Parola e «profeti» nel presente,
meno cultori di una filosofia teologica e più «fucina» teologica e culturale per
aiutare le chiese e la missione nei loro intenti e mandati.
Le «scienza
teologiche» senza creazione e sperimentazione pratica diventano mere «filosofie
teologiche» che servono solo a se stesse e ai loro pari. Senza proposte per il
presente, senza creazione, senza pratica si fa soltanto scolasticismo,
esercitazione scolastica, ripetizione del vecchio. La «scienza», per essere
tale, dev’essere anzitutto creazione, proposta concreta dopo attenta analisi,
sperimentazione, costruzione del nuovo.
Seconda parte: ►
Il verme dell’accademismo (2).
■ 4. I limiti didattici dell’accademismo
■ 5. Alcune osservazioni costruttive
■ 6. Punti da ponderare
►
Il verme dell’accademismo? Parliamone {Nicola Martella}
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Accademismo_verme1_UnV.htm
09-02-2007; Aggiornamento: 09-04-2009 |