▼
1.
Le affermazioni del darwinismo
▼
2.
Le specie sono soggette a variazioni
▼
3.
Il processo evolutivo è lento, graduale e continuo
▼
4.
Tutti gli organismi discendono da un comune antenato
▼
5.
La formazione di una specie è dovuta esclusivamente all’azione della
selezione naturale |
Clicca sulle
frecce iniziali per andare avanti e indietro.
▲
1.
LE AFFERMAZIONI DEL DARWINISMO: Nel 1859, Charles
R. Darwin, all’età di 50 anni, pubblicò la sua opera più famosa: On the
Origin of Species by Means of Natural Selection (L’origine delle specie
per mezzo della selezione naturale), nella quale affermava che le specie
sono soggette a variazioni (evoluzionismo). Quattro sono i concetti
fondamentali dell’opera di Darwin:
1. Le specie sono soggette a
variazioni;
2. Il processo evolutivo è
lento, graduale, continuo e non presenta salti o bruschi cambiamenti;
3. Tutti gli organismi
discendono da un comune e unico antenato;
4. La formazione di una specie è
dovuta esclusivamente all’azione della selezione naturale.
Secondo Darwin, riassumendo, la selezione naturale
(the survival of the fittesi) attraverso un processo evolutivo graduale,
lento e continuo
(gradualismo), permetterebbe la formazione di nuove specie meglio dotate. In
questo articolo esamineremo le critiche di paleontologi, biologi e genetisti ai
quattro punti fondamentali del darwinismo.
▲
2.
LE SPECIE SONO SOGGETTE A VARIAZIONI: Quando parliamo di
evoluzione biologica occorre fare una distinzione fondamentale tra
microevoluzione e macroevoluzione. La microevoluzione
è l’insieme dei piccoli cambiamenti che si osservano nell’interno di una
popolazione.
Il genetista Sermonti scrive: «La microevoluzione […], cioè le variazioni delle
frequenze dei geni nelle popolazioni […] è un fenomeno superficiale, piuttosto
ovvio». La microevoluzione può spiegare
le piccole modiche entro la specie, nonché l’origine delle razze e delle specie
affini. Pensiamo, per esempio, alle diversificazioni dei fringuelli delle
Galápagos, che hanno portato alla formazione di 14 specie di fringuelli.
Naturalmente, trattandosi di microevoluzione, le variazioni si svolgono entro
limiti ben stabiliti, producendo solo nuove razze o specie affini.
La macroevoluzione è
invece l’insieme dei cambiamenti evolutivi di grande portata che sarebbero
accaduti durante lunghi periodi di tempo. Non è cosa facile ricostruire il
passato. Lo studio dei processi macroevolutivi è oggetto di accese discussioni
da parte dei paleontologi e dei genetisti.
Il paleontologo evoluzionista
Eldedgre scrive: «Alla macroevoluzione fa da contrappeso la microevoluzione
[…]. Il dibattito verte su questa domanda: i tradizionali processi
microevolutivi darwiniani sono sufficienti a spiegare l’intera storia della
vita? Per gli ultradarwinisti, lo stesso termine macroevoluzione suggerisce
automaticamente una risposta affermativa. A loro giudizio, la macroevoluzione
implica l’azione di processi — anche genetici — che per ora sono sconosciuti, ma
che si devono immaginare come generatori di una spiegazione soddisfacente della
storia della vita. Ma la macroevoluzione non deve reggere necessariamente un
carico concettuale così pesante. Nel suo significato di base, vuol dire
semplicemente evoluzione su larga scala».
▲
3.
IL PROCESSO EVOLUTIVO È LENTO, GRADUALE E CONTINUO: Eldredge scrive:
«Alla domanda: “Che cosa accade alle specie quando l’ambiente cambia?”, la
risposta standard dell’epoca post-darwiniana divenne: “Evolvono”. Le specie
subiscono un processo di trasformazione per arrivare a soddisfare le nuove
condizioni. In mancanza di ciò, sono destinate a estinguersi. Qui
l’immaginazione contrasta con il buon senso e, peggio ancora, con la realtà
empirica. Con il vantaggio di circa 130 anni di minuziosa analisi
post-darwiniana del mondo naturale, è ormai più che chiaro che nella stragrande
maggioranza dei casi in risposta al cambiamento ambientale le specie si
spostano, vanno a vivere in un altro luogo […] È questo l’inseguimento
dell’habitat (habitat tracking), che prosegue incessantemente, generazione
dopo generazione, nell’ambito
di ogni specie sulla faccia della Terra».
Quando poi le specie non riescono a trovare un habitat adatto, si estinguono.
Eldredge e il
biologo-paleontologo Gould hanno fatto notare che «i paleontologi sono rimasti
attaccati al mito
della trasformazione adattativa graduale anche di fronte alla prova
evidente del contrario. La responsabilità per il mancato inserimento nel quadro
dell’evoluzione della realtà empirica della stasi
è dovuta, per lo più, alla riluttanza dei paleontologi a incrociare le armi con
la tradizione darwiniana».
Nonostante le obiezioni fatte da
Eldredge e Gould, però, «gli ultradarwinisti continuano a perpetrare blandamente
il mito
originario secondo cui la selezione naturale più la variazione ereditabile più
il tempo portano inevitabilmente al cambiamento».
▲
4.
TUTTI GLI ORGANISMI DISCENDONO DA UN COMUNE ANTENATO: Questo terzo punto,
per essere considerato valido, dovrebbe anch’esso trovare conferma nella
documentazione fossile, ma anche se gli ultradarwinisti affermano che la
macroevoluzione sia un fatto ormai accettato da tutti, essa in realtà non
trova conferma nella documentazione fossile. «In che cosa», scrive il genetista
Sermonti, «consisteva questo fatto? Per ognuno che non fosse specialista di
paleontologia, il fatto era ovvio: la graduale derivazione delle specie dalle
forme microscopiche, su su fino ai Vertebrati, ai Primati, all’Uomo».
Scrive sempre Sermonti: «La testimonianza fossile della prima comparsa dei
viventi (metazoi) era precedente di trent’anni all’opera di Darwin ed era stata
fatta da Roderick Murchinson nel 1830. Egli aveva trovato che nelle rocce
fossilifere, riferite al periodo Cambriano […] si trovavano fossili di tutti i
tipi di viventi, mentre gli strati sottostanti non contenevano tracce di vita
[…] La scoperta di Murchinson non è stata contraddetta, e, cento anni dopo di
lui, il geologo G.G. Simpson la confermava […] I tipi fondamentali
dell’organizzazione biologica compaiono improvvisamente e tutti insieme, e
permangono fino al giorno d’oggi. Questo è un fatto che bisogna fare un bello
sforzo per chiamare gradualismo evolutivo».
Il paleontologo Fondi scrive:
«Tra i fatti che scaturiscono dall’esame diretto della documentazione
paleontologica, quello che forse lascia più sconcertati è l’improvvisa
apparizione all’inizio del periodo Cambriano, cioè agli albori dell’eone
Fanerozoico, di una fauna marina ricchissima e straordinariamente eterogenea, da
includere rappresentanti della maggior parte dei phyla animali a noi noti:
Protozoi, Archeociati, Poriferi, Celenterati, Brachiopodi, Molluschi, Anellidi,
Artropodi ed Echinodermi. Ciò risulta tanto più enigmatico quando si considera
l’assenza praticamente completa di fossili nelle formazioni rocciose sottostanti
[…] che formano l’ossatura principale di tutti i continenti […] Per più di un
secolo e mezzo si è cercato con assiduità e speranza negli affioramenti
pre-fanerozoici di ogni continente […] ma il risultato complessivo di tutto
questo lavoro è stato magro e desolante».
Le stesse cose affermano, nel
loro libro, il paleontologo Garassino e il geologo Stoppato: «Tuttavia,
improvvisamente, negli strati inferiori dell’Era Paleozoica le testimonianze
fossili scompaiono quasi completamente. Se gli strati del Cambiano (primo
periodo dell’Era Paleozoica) conservano una grande varietà di organismi […]
negli strati immediatamente sottostanti la documentazione paleontologica manca».
Un altro punto debole di questo
terzo punto del darwinismo è sicuramente la mancanza nella testimonianza
paleontologica di stadi intermedi (i cosiddetti «anelli di congiunzione») tra
una classe animale e l’altra.
▲
5.
LA FORMAZIONE DI UNA SPECIE È DOVUTA ESCLUSIVAMENTE ALL’AZIONE DELLA
SELEZIONE NATURALE: Sermonti osserva
che la funzione principale della selezione naturale «è quella di eliminare gli
anormali, i marginali, i trasgressivi e di normalizzare la composizione delle
popolazioni naturali, un ruolo chiaramente conservativo […] un processo di
difesa della specie dalle deviazioni
[…] Dal punto di vista molecolare,
cioè della variazione nel testo del DNA, la mutazione è il fenomeno per
eccellenza, l’errore di copiatura
[…] La cellula possiede meccanismi
di riparo della mutazione, e l’organismo opera processi eliminatori dei mutanti
che comprendono la selezione e la sessualità. Senza queste difese la mutazione
distruggerebbe in breve tutti i testi genetici. In ogni caso il suo compito,
poiché i biologi molecolari la pretendono cieca, è demolitiva».
Sermonti osserva: «A questo
punto sorge legittima la domanda: tutte le variazioni […] riequilibrate dalla
selezione o da essa eliminate o ignorate, hanno qualche cosa a che vedere con
l’evoluzione o con l’adattamento delle specie? Sono esse il materiale
dell’evoluzione? Ebbene no. Quello di cui la teoria neo-darwiniana ha
bisogno sono le famose mutazioni favorevoli (adattative). Di esse nessuna
traccia […] Noi cerchiamo un gene nuovo, prodotto dalla mutazione, che si
faccia largo nella popolazione per il suo effetto benefico, sostenuto dalla
selezione. E non uno ma innumerevoli di questi geni. E questi non si sono mai
presentati».
La selezione naturale ha avuto
un ruolo importante nella storia della vita, ma esattamente quello opposto al
compito immaginato da Darwin: essa ha piuttosto conservato stabile e funzionale
il materiale genetico esposto all’avaria dei millenni.
Sermonti conclude dicendo che
«la biologia molecolare ha prodotto una rivoluzione molto più profonda di quella
che da essa ci si poteva attendere […] ha dimostrato il carattere
sostanzialmente astorico della vita […] Migliaia di batteri volteggiano
invisibili nell’aria intorno a noi. Essi contengono la vita in tutta la sua
complessità biochimica. Nella loro inavvertibile presenza c’è non già il
germe della vita, ma la vita intera con tutte le sue innumerevoli
costellazioni funzionali […] Sotto molti aspetti un batterio (e più in
particolare un’alga azzurra) è una struttura vitale più completa di un
mammifero, che per crescere ha bisogno di utilizzare strutture biologiche
preformate […] Ma come e dove è iniziata una vita più completa? Non lo so io […]
La
lettura della natura ci presenta questa vita già completa e ci dimostra
l’impossibilità di immaginarne una più elementare».
Sono tali le difficoltà da
sormontare e le coincidenze favorevoli da presumere, affinché la selezione
naturale possa veramente considerarsi come l’agente che forma le nuove specie,
che è praticamente impossibile farne la causa della comparsa della grande
varietà dei viventi.
Ogni teoria scientifica, per
essere considerata valida, deve essere provata sperimentalmente, invece nel caso
del darwinismo ci troviamo di fronte a diverse anomalie, e cioè le seguenti:
■ Una delle anomalie riguarda
una macroevoluzione che richiede l’azione di processi sconosciuti, che
devono essere
immaginati. ■ Un’altra anomalia riguarda la
trasformazione adattativa graduale che è diventata un mito al quale
restano aggrappati gli ultradarwinisti, nonostante che i paleontologi abbiano
provato il contrario.
■ Un’altra anomalia ancora
riguarda una selezione naturale che ha un ruolo
esattamente opposto a quello immaginato da Darwin, un ruolo di mantenimento
che ha conservato il materiale genetico esposto all’avaria dei millenni. ■ Un’ultima anomalia riguarda
un’evoluzione, infine, prodotta dal puro caso
che si limita a mettere insieme materiali senza sapere che cosa sta facendo e
senza alcun fine predeterminato.
Tutto ciò non ha alcun senso e sicuramente non avrebbe
potuto formare né piante, né animali e né l’uomo, esseri viventi così ben
organizzati da richiedere necessariamente un progetto definito nei minimi
particolari.
Nota biografica:
Il professore emerito Michele Buonfiglio ha insegnato rapporti tra scienza e
religione in Italia e in Sud America. Studioso appassionato, ha pubblicato
diversi saggi in varie lingue sul rapporto tra scienza e religione, fra cui:
Scienza o Dio?, La più grande catastrofe della Preistoria, Sulle tracce del
diluvio, eccetera. |
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Sci/A2-Paleontologi&genetisti_Darwin_Oc.htm
26-04-2007; Aggiornamento: 05-07-2010
|