1. PARTENDO DA UN EVANGELO GNOSTICO
1.1. LA
RICHIESTA (Nicola Corti): Ciao Nicola, mi hanno consigliato di
rivolgermi a te. Vorrei avere notizie storiche al riguardo del Vangelo Copto
secondo Tommaso ritrovato anch’esso tra i rotoli del Mar Morto nel 1945 e i
motivi storici della sua esclusione dal canone. Se ne avete, vi sarei molto
grato. Grazie. {Firenze; 07-07-2011}
1.2. LE
RISPOSTE (Nicola Martella): Non so chi sia Nicola Corti, visto che non
si è presentato, né so quali siano gli obiettivi, che si è prefissato, facendo
tale domanda, visto che non me l’ha comunicata. In ogni modo, sarebbe
sorprendente aver ritrovato il Vangelo secondo Tommaso, per altro non in
ebraico ma in copto, nelle caverne di Qumran, presso il Mar Morto, visto che
lì fu conservata la biblioteca del tempio di Gerusalemme, per proteggerla
dalla distruzione del 70 d.C. Il testo completo di tale scritto fu scoperto nel
1945 a Nag Hammadi, in Egitto, e risale al 340 d.C. circa. È una bella
differenza, vero?
Inoltre, se fosse mai stato trovato a Qumran, che cosa avrebbe avuto a che fare
uno
scritto cristiano tra i manoscritti ebraici e aramaici del giudaismo? Il
giudaismo, che perseguitava i cristiani, non conservava certo i loro
manoscritti. Inoltre tutti i manoscritti del NT sono in greco.
Al tempo del NT c’era una grande attività letteraria fra i cristiani, ma
questo non li rendeva di per sé adatti a essere tramandati come ispirati da Dio
e fonte di dottrina biblica autorevole. Paolo stesso menzionò la
pseudepigrafia
riguardo agli scritti suoi e della sua squadra missionaria: «Vi preghiamo di
non lasciarvi così presto travolgere la mente, né turbare sia da ispirazioni,
sia da discorsi, sia da qualche epistola data come nostra, quasi che il
giorno del Signore fosse imminente» (2 Tessalonicesi 2,2).
Per alcuni aspetti rimando al seguente articolo: «Riscoperto
l’evangelo di Giuda: fatto sensazionale o strategia di marketing?».
2. APPROCCIO BUDDISTA A GESÙ
(Nicola Corti): Ho avuto il tuo indirizzo cercando in internet e scrivendo a
siti evangelici. Scusa se non mi sono presentato, sono un uomo di 47 anni,
musicista, musico-terapista e tra poco spero di laurearmi in
psicologia sperimentale. Sono di religione buddista da oltre 25 anni,
ma per fortuna la mia religione non m’impedisce di studiare e anche credere
all’insegnamento di Gesù. Inoltre per motivi professionali (ho in cura dei
vecchi parroci in alcune residenze per anziani) sono spessissimo coinvolto in
attività religiose cattoliche, ad esempio ormai suono a messa almeno 2
volte a settimana da almeno 3 anni. Ho anche composto alcuni canti per la
messa sui quali il Vescovo di Fiesole (lui sa che non sono Cattolico) ha
dato il consenso di essere suonati (almeno nella piccola chiesetta della
residenza).
Comunque non è questo che mi spinge a cercare, ho uno scopo fondamentale
su cui farò pure la tesi in psicologia specialistica. M’interessa la
relazione tra credenza e stile epistemico (stile di apprendimento e
rappresentazione interna della realtà). In sostanza, l’uomo per operare il
bene deve
sconfiggere l’ignoranza e l’oscurità, che da sempre lo circonda. Quello che
un uomo crede, è la premessa del suo destino, per cui conoscere bene la
propria forma mentis e confrontarla con quella degli altri, è un esperienza
ineludibile e molto importante per fondare un bene comune.
Ci sono
cose del cristianesimo che mi hanno molto appassionato, mentre altre su cui
mi sento molto critico e su le quali ho molta avversione perché le ritengo
rischiose per l’uomo come ad esempio il credere aprioristicamente e in maniere
acritica a una realtà separata tra creato e creatore, tra Divino e umano,
tra spirito e materia, tra buoni e cattivi, tra inferno e paradiso, anche perché
se esiste una realtà universale, una totalità, un unica sede d’amore
universale non può che essere interconnessa e interdistinta e non frammentata o
separata. Se si legge il Vangelo Copto di Tommaso (cosi è chiamato almeno
in internet dove sono riuscito a trovarlo in siti più o meno attendibili) si
nota uno stile molto interconnessionista tra l’altro molto simile a ciò che
spiega il Buddismo. Non sono un esperto di archeologia religiosa, ma mi
piacerebbe un po’ indagare su questo vangelo che trovo particolare, è anche un
mio modo per cercare un aspetto meno ritualistico e temporale per entrare
più profondamente nella psiche umana dell’insegnamento di Gesù. Forse
questi miei ragionamenti possono sorprenderti, ma io riesco a rispettare e
amare molto più Gesù da buddista e psicologo che seguendo la prassi
convenzionale che anzi mi pone molte perplessità. Scusa la mia insaziabile sete
di sapere ma per mia fortuna o sfortuna non so, ho molte persone con varie
perplessità di vita che mi chiedono una mano e anche molti giovani spesso anche
stranieri che chiedono e vogliono sapere. Ho il dovere di mantenere viva,
vitale, aperta e fresca la mia fede. Grazie della tua attenzione. {09-07-2011;
il grassetto è redazionale}
3.
OSSERVAZIONI E OBIEZIONI (Nicola Martella): Ho appreso di Nicola Corti
quanto da lui detto, specialmente il suo «transumare» ai limiti tra buddismo
e cattolicesimo, tra fascino per Gesù e ripulsa per il ritualismo romano.
Posso capire alcuni aspetti della sua «irrequietezza» nei confronti della
religione dominante, visto che io sono uno studioso evangelico e conduttore di
una chiesa cristiana; come tale, non so che farmene di riti religiosi (anche
buddisti) e di clericalismo di qualsiasi genere. La fede biblica è
soprattutto un rapporto personale col Dio vivente mediante il Signore e
Salvatore Gesù Cristo. Chi ha un rapporto vivo e personale con «Cristo, nel
quale tutti i tesori della sapienza e della conoscenza sono nascosti»
(Colossesi 2,3), non sa che farsene di fronzoli religiosi di qualsiasi genere.
3.1.
MONISMO E PANTEISMO: Nicola Corti afferma: «In sostanza l’uomo per
operare il bene
deve sconfiggere l’ignoranza e l’oscurità che da sempre lo circonda». Questa era
l’idea dei Farisei al tempo di Gesù e degli umanisti d’oggi. Gesù disse al
rabbino Nicodemo che per fare il bene, bisogna dapprima «nascere dall’Alto»,
ossia da Dio, mediante la rigenerazione dello Spirito Santo (Giovanni 3,3ss).
Poi, Nicola Corti formula a modo suo la tesi ideologica del panteismo e del
monismo, tipica delle religioni orientali, quando parla di «realtà universale»
di «totalità», di «amore universale» e simili. Per capire Dio, non si può
polarizzarlo a una sola qualità, ma bisogna mettere in campo quelle che io
chiamo le «qualità antitetiche»: Dio è amore, ma anche verità; è
misericordioso, ma anche giustizia.
Non mi soffermerò a parlare del panteismo, del monismo, delle ideologie legate
alle religioni orientali, visto che ho scritto abbastanza in proposito. Si veda
al riguardo in Nicola Martella, La salute
fra scienza, religioni e ideologie,
Malattia e guarigione 1
(Punto°A°Croce, Roma 2003). Si veda pure in Nicola Martella,
Dizionario delle medicine alternative,
Malattia e guarigione 2
(Punto°A°Croce, Roma 2003).
3.2.
L’APPROCCIO BIBLICO:
RIVELAZIONE E TIMOR DI DIO: L’approccio di Nicola Corti alla realtà è
prettamente umanistico e antropologico. Si illude di poter capire un
mosaico infinito, tenendo in mano appena qualche centinaio di tessere, che non
sa neppure come incastrare insieme. E l’unico criterio, che ha come assioma, è
il monismo delle religioni orientali. La sacra Scrittura giudeo-cristiana ci
convince che un tale approccio è sempre fallimentare, pari a un cieco che voglia
sondare il mistero della luce e dei colori. Per la Bibbia l’uomo ha bisogno di
«rivelazione» e di «timor di Dio».
La
rivelazione è la Bibbia stessa e quanto essa afferma di Cristo: «Dio,
dopo aver in molte volte e in molte maniere parlato anticamente ai padri per
mezzo dei profeti, in questi ultimi giorni ha parlato a noi mediante il suo
Figlio, che Egli ha costituito erede di tutte le cose, mediante il quale pure ha
creato i mondi; il quale, essendo lo splendore della sua gloria e l’impronta
della sua essenza e sostenendo tutte le cose con la parola della sua potenza,
quand’ebbe fatta la purificazione dei peccati, si pose a sedere alla destra
della Maestà nei luoghi altissimi…» (Eb 1,1ss).
Solo chi ha la rivelazione, può conoscere Dio e avere il «timor di Dio»,
espressione che intende la giusta religione, la fede biblica, la sottomissione
al Dio santo. Perciò, è scritto: «Il timor dell’Eterno è l’inizio della
sapienza; buon senno hanno tutti quelli che mettono in pratica la sua istruzione»
(Salmo 111,10). Il termine «sapienza» in ebraico è chokmāh, che di per sé
significa «ordine» e intende oggettivamente l’ordine messo da Dio nel creato e
soggettivamente la capacità di riconoscere tale ordine e di corrispondervi. Tale
capacità si acquisisce, mettendo il Dio vivente al primo posto nella propria
vita, sottomettendosi a Lui e cercando un rapporto personale con Lui; tutto ciò
viene descritto con la locuzione «timor dell’Eterno», che permette di accedere
alla conoscenza della verità rivelata, mentre gli «stolti» disprezzano sapienza
e disciplina del Signore (Proverbi 1,7). Conoscere il «Santo», ossia il Dio
vivente rivelato dalla Bibbia, significa avere discernimento (Proverbi 9,10).
Addirittura è detto che «il timor dell’Eterno è scuola di sapienza»
(Proverbi 15,33). Non è un caso che del futuro Messia fu detto: «Lo spirito
dell’Eterno riposerà su lui: spirito di sapienza e di discernimento, spirito di
consiglio e di forza, spirito di conoscenza e di timor dell’Eterno» (Isaia
11,2).
3.3.
LA PROSPETTIVA BIBLICA:
CRISTO È CARDINE E RICONCILIATORE DELLA REALTÀ:
Come si vede, il Dio unico e vero non si può conoscere senza il «timor
dell’Eterno» e senza la sua rivelazione. Solo allora, avendo le coordinate
minime necessarie della realtà, si potrà riconoscere l’ordine sapiente, che Lui
ha messo nel creato e nella legge morale, per così corrispondervi e conoscere
Dio ancora di più. Nel NT ci è rivelato che il principio d’ordine di tutta la
realtà, da cui cernere e discernere l’operato di Dio nella creazione e nella
storia, è Gesù quale Messia (cfr. sopra Colossesi 2,3). In Lui Dio ha
riconciliato ciò che era diviso: «In lui si compiacque il Padre di far
abitare tutta la pienezza
e di riconciliare con sé tutte le cose per mezzo di lui, avendo fatto la
pace mediante il sangue della croce di lui; per mezzo di lui, dico, tanto
le cose che sono sulla terra, quanto quelle che sono nei cieli» (Colossesi
1,19s). Tale riconciliazione non ha soltanto a che fare con la comprensione, ma
anche con la salvezza di chi crede in Gesù quale suo personale Salvatore
e Signore: «Se mentre eravamo nemici siamo stati riconciliati con Dio
mediante la morte del suo Figlio, tanto più ora, essendo riconciliati, saremo
salvati mediante la sua vita» (Romani 5,10; Colossesi 1,21ss).
L’annuncio dell’Evangelo è chiamato «ministero della riconciliazione»,
che fa annunciare: «Vi supplichiamo nel nome di Cristo: Siate riconciliati
con Dio!» (2 Corinzi 5,17-21).
Non basta, quindi, «entrare più profondamente nella psiche umana
dell’insegnamento di Gesù», né «rispettare e amare molto più Gesù da
buddista e psicologo», come afferma Nicola Corti.
Per l’approfondimento
rimando alla lunga esperienza di un occidentale nel buddismo e di come egli ne
sia, poi, uscito, trovando in Gesù Cristo tutto ciò che aveva cercato nelle
religioni orientali:
►
Io ero buddista.
Si vedano pure gli articoli: «Non
avrò altro dio all’infuori di Me»; «Reincarnazione
o risurrezione?».
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_Rel/A1-Buddista_affasc_Gesu_OiG.htm
16-08-2011; Aggiornamento: 12-09-2011 |