Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Alcuni aspetti razionali della salvezza

 

 a cura di Nicola Martella

 

Questi contributi si riallacciano alla discussione sulla perdita della salvezza, già avviata su «Fede controcorrente». Al riguardo si vedano, tra altri, i seguenti articoli e temi di discussione:

► Due tesi a confronto sulla perdita della salvezza:   1 | 2 | 3 | 4

Si può perdere la salvezza?

Il credente può perdere la sua salvezza?

Sicurezza e perdita della salvezza.

 

Per chi forse giudicherà le argomentazioni meno «esegetiche» e più basate su logiche razionali, facciamo presente che la fede non è senza logica (cfr. il «culto razionale» in Rm 12,1 greco). Certamente le convinzioni sulla «certezza della salvezza» non si basano semplicemente solo su queste basi razionali, poiché traiamo dalla Scrittura le direzioni bibliche. A ciò si aggiunga che abbiamo già fatto altrove chiare affermazioni scritturali a sostegno della «sicurezza della salvezza». Premettendo quelle, adduciamo qui di seguito aspetti e motivazioni razionali.

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster (E-mail)

Attenzione! Non si accettano contributi anonimi o con nickname, ma solo quelli firmati con nome e cognome! In casi particolari e delicati il gestore del sito può dare uno pseudonimo, se richiesto.

I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Nicola Berretta

2. Nicola Martella

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Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Nicola Berretta} ▲

 

Questa vuole essere una riflessione sulla possibilità che un credente, rigenerato in Cristo, possa perdere la salvezza in conseguenza d’una sua libera scelta d’apostatare la fede. Intendo sostenere la tesi secondo cui, colui che afferma la possibilità di perdere la salvezza, debba necessariamente ammettere che anche la vita eterna, dopo la resurrezione, sia soggetta alla possibilità d’avere un termine.

     Partiamo dalla seguente domanda:

 

Quanto «eterna» sarà la vita eterna?

 

Quanto durerà la nostra vita futura con Cristo, dopo la nostra resurrezione?

     La Scrittura afferma che la vita eterna, non avrà mai fine, per cui, per quanto non siamo oggi in grado di prevedere i parametri spazio-temporali che caratterizzeranno i nuovi cieli e la nuova terra, sappiamo che la nostra esistenza sarà perpetua. Noi non corriamo il rischio che dopo un certo numero d’anni, secoli o millenni celestiali, Dio cambi idea e ci dica «…ora basta, ti mando altrove!». Cristo afferma d’essere la resurrezione e la vita e «…chiunque vive e crede in me, non morirà mai» (Gv 11,26). La promessa che troviamo nella Scrittura è che alla fine dei tempi «Egli abiterà con loro, essi saranno suoi popoli e Dio stesso sarà con loro e sarà il loro Dio. Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né dolore, perché le cose di prima sono passate» (Ap 21,3s).

     A questa premessa occorre aggiungere l’affermazione in base alla quale dalla sua presenza saranno esclusi «i codardi, gl’increduli, gli abominevoli, gli omicidi, i fornicatori, gli stregoni, gli idolatri e tutti i bugiardi» (Ap 21,8).

     Siccome saremo con Dio per sempre, possiamo dedurre che mai, nell’eternità, lo rinnegheremo, disubbidendogli e rinunciando alla sua signoria.

     Poste queste premesse, la domanda a cui rispondere allora è la seguente:

 

Perché non rinnegheremo mai il Signore, nell’eternità?

 

Le possibilità al riguardo sono due:

     ■ 1) Perché Dio ce lo impedirà;

     ■ 2) Perché noi, volontariamente, sceglieremo d’ubbidirgli per sempre.

 

La prima ipotesi sarebbe alquanto strana perché prevede che Dio ci tolga il libero arbitrio, la libertà cioè di rinunciare al suo amore per noi. Più volte, parlando della disobbedienza d’Adamo e dell’entrata del peccato nel mondo, affermiamo che Dio non vuole delle marionette. Egli desidera che l’uomo scelga liberamente d’amarlo, per cui non ha creato dei robot che lo adorano a bacchetta. Se questo è vero, sarebbe allora alquanto strano che, dopo la nostra morte, Dio ci trasformi in robot che gli saranno fedeli per sempre, per non correre il rischio che, dopo qualche miliardo d’anni celestiali, qualcuno di noi dica: «Ora mi sono stancato, me ne vado per la mia strada…».

     Resta allora la seconda ipotesi. Noi per sempre, nell’eternità, manterremo la libertà potenziale di rinnegare Dio, ma questa libertà non si tradurrà mai in una ribellione a Dio, in quanto sceglieremo in perpetuo d’amarlo, di ubbidirgli e di sottoporci alla sua autorità.

     Evidentemente, noi continueremo per tutta l’eternità a scegliere liberamente d’ubbidire a Dio, perché sarà per noi naturale farlo. Un po’ come avviene per il bruco che diviene farfalla a seguito d’una metamorfosi: non mangerà più foglie verdi, ma continuerà per tutta la sua vita a scegliere liberamente di nutrirsi di nettare di fiori. Potrebbe ripensarci e tornare a nutrirsi di foglie? Certamente no. E questo non sarà dovuto a una sua mancanza di libertà di scegliere, quanto piuttosto al fatto che la sua natura è adesso cambiata. Allo stesso modo, nell’eternità noi ci «nutriremo» eternamente di Dio perché la nostra natura rigenerata renderà quest’una scelta necessaria, pur rimanendo pienamente libera.

 

*°*°*°*°*°*°*°*°

 

Chi è in Cristo è già oggi una nuova creatura (2 Cor 15,17), nata da Dio (1 Gv 5,18) per opera dello Spirito Santo (Gv 3,3ss). Per cui, chi afferma che un credente, nella sua libertà individuale, abbia oggi la possibilità di decidere di rinnegare quel Dio che lo ha rigenerato in Cristo per opera dello Spirito Santo, deve ammettere che la stessa eventualità potrebbe verificarsi anche dopo la resurrezione.

     Dal momento che quest’eventualità sarebbe in contraddizione con la premessa iniziale secondo cui la vita eterna non avrà mai fine, se ne deduce che neanche ora, durante la sua vita terrena, un credente rigenerato in Cristo può rinnegare Dio, perdendo la salvezza.

 

 

2. {Nicola Martella}

 

Abbiamo letto le seguenti parole di Nicola Berretta: «Un po’ come avviene per il bruco che diviene farfalla a seguito d’una metamorfosi: non mangerà più foglie verdi, ma continuerà per tutta la sua vita a scegliere liberamente di nutrirsi di nettare di fiori. Potrebbe ripensarci e tornare a nutrirsi di foglie? Certamente no. E questo non sarà dovuto a una sua mancanza di libertà di scegliere, quanto piuttosto al fatto che la sua natura è adesso cambiata».

     Questa metafora non si applica solo a ciò che verrà nella «vita perpetua», dopo la risurrezione, ma già all’esistenza circoscritta del presente. Ognuno che è «in Cristo» è una «nuova creazione» (2 Cor 15,17 così il greco); ciò significa che egli anticipa in sé già ora il futuro «nuovo mondo» di Dio, di cui sarà parte. Egli stesso da «uomo nuovo» è la caparra (e il segno evidente) del «mondo nuovo» che verrà.

     Possono esistere oggigiorno «cristiani bruchi» e «cristiani farfalla»? Certamente no; dal punto di vista biblico è un controsenso. Eppure tutto dipende da che cosa s’intende per «cristiano». Se il cristianesimo è solo una «cultura di riferimento» o un tipo di «civiltà religiosa», allora non si può escludere che esistano «cristiani bruchi». Alcuni di essi si accontentano della loro situazione di esseri striscianti all’interno di una cultura religiosa, pensando che essa sia tutto o non immaginando che esista una metamorfosi e un volo alto.

     Anche al tempo di Gesù, molti Giudei credevano di essere a posto solo perché avevano il giudaismo come «cultura di riferimento» e «civiltà religiosa». A Nicodemo, uno dei capi del giudaismo d’allora, Gesù dovette dire: «In verità, in verità io ti dico che se uno non è nato dall’alto [= ossia da Dio], non può vedere il regno di Dio» (Gv 3,3.5; cfr. Gv 1,11ss).

     Tutto ciò si potrebbe esprimere con un motto fatto mio da tanto tempo: «Chi è quasi salvato, è tutto perduto». La questione della perdita della salvezza è legata a questo fatto. Sulla base della Bibbia bisogna fare una distinzione fra «credenti» (p.es. Nicodemo) e «rigenerati» (o «generati dall’alto»), fra seguaci del cristianesimo e i «generati dal Dio» (1 Gv 5,18. I «cristiani bruchi» perderanno sempre la salvezza, perché non hanno mai vissuto la metamorfosi rigeneratrice. I veri «cristiani farfalla» non potranno mai perdere la salvezza, perché essere «bruchi» e vivere come tali non è più nella loro possibilità e volontà. Chi vuole ancora strisciare, quando si può volare alto?

     Se alcuni «cristiani farfalla» credono nella possibilità di tornare a vivere come «cristiani bruchi», ciò non risiede nella realtà delle cose, ma in un’ideologia sbagliata. Anche alcuni barboni posseggono molti denari e potrebbero vivere da nababbi, ma conducono un’esistenza da poveracci.

 

 

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► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/T1-Salvezza_ragione_Car.htm

14-03-2007; Aggiornamento: 05-07-2010

 

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