Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Nello stesso libretto sono contenute le domande per lo studio e il dizionarietto, dove trovare le risposte.

   Ecco le parti principali della parte di studio:
■ Introduzione all'Evangelo di Matteo
■ Nascita, battesimo e tentazione (Mt 1,1-4,11)
■ Attività in Galilea (Mt 4,12-16,12)
■ Istruzione dei dodici (Mt 16,13-18,35)
■ Viaggio verso Gerusalemme e ultimi giorni in essa (Mt 19-25)
■ Crocifissione e risurrezione (Mt 26-28).

 

Inoltre ci sono, tra altre parti, anche le seguenti:
■ Dizionarietto
■ Guida allo studio personale e di gruppo.

 

► Vedi al riguardo le recensioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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ESISTE UNA DIFFERENZA TRA I PECCATI? PARLIAMONE

 

 a cura di Nicola Martella

 

Nell’articolo «Esiste una differenza tra i peccati?» abbiamo discusso sulla differenza tra «peccato» (natura peccaminosa) e «peccati» (colpe, trasgressioni, iniquità). Abbiamo visto che ogni albero produce frutti in corrispondenza alla sua propria natura; quindi o si è un albero selvatico (vecchia natura) o si è innestati con un ramo domestico (nuova vita). Dinanzi a salvezza o giudizio non decide una differenza fra peccati commessi, ma se si è accettato o rifiutato Cristo come Salvatore e Signore (Gv 3,36). [ La via che porta a Dio] Abbiamo visto anche che riguardo al tipo di premio per i salvati, varranno le effettive opere giuste fatte alla gloria di Dio (1 Cor 3,10ss). Similmente accadrà per i perduti: la condanna sarà proporzionale alle opere malvagie che uno ha commesso in vita (Ap 20,11-15).

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster (E-mail)

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I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Emilio Spedicato

2. Nicola Martella

3. Gianni Siena

4. Nicola Martella

5. Volto Di Gennaro

6. Pier Vittorio De Zorzi

7. Davide Donisi

8. Calogero Fanara

9. Nicola Martella

10.

11.

12.

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

Nota editoriale: Alle volte ho l’impressione che alcuni lettori, che intervengono nella discussione, non abbiano letto per nulla l’intero articolo di riferimento, limitandosi all’«invito alla lettura»; oppure, se lo hanno letto, non l’hanno fatto per intero o non l’hanno letto con consapevolezza. Così succede che scrivano, ponendo questioni, sebbene io le abbia trattate; oppure prendono posizione su questioni particolari, sebbene le abbia chiarite. Ad esempio, sebbene abbia distinto riguardo ai peccati le questioni inerenti alla salvezza e quelle inerenti al giudizio conforme alle colpe commesse, si ritorna a confondere questi due piani. Oppure si introducono questioni che non hanno nulla a che fare direttamente col tema.

 

 

1. {Emilio Spedicato}

 

Caro Martella, certamente i peccati non sono tutti dello stesso valore. Scandalizzare un bambino è ben peggiore che suicidarsi buttandosi in mare con una pietra al collo!!! Lo dice Gesù. E lo stesso Gesù dice che ci sono peccati che non saranno perdonati nemmeno nell’altra vita. Dal che è naturale ipotizzare che il cosiddetto purgatorio sia probabilmente una reincarnazione fino a giungere a una vita santa; idea che è di molte religioni, non solo induismo e buddismo, ma moltissime tribù, come quella dei Masai...

     Quindi ci sono peccati veniali e altri non tali, anche sul mortale si può discutere. E stando all’Islam, come mi ha detto Mandel, la persona religiosamente più alta da me conosciuta insieme con Giovanni Barbareschi (non papi o rabbini...), i peccati di sensualità ad esempio sono tutti veniali.

     D’altronde se Paolo, assassino non sappiamo di quanti cristiani e cancellatore di norme della legge ebraica, come la circoncisione, contro l’affermazione di Gesù che uno iota della legge non poteva cambiarsi, diventa più importante dei discepoli e per molti più di Gesù, vorrà dire che anche l’assassinio — compiuto per fanatismo e orgoglio di sentirsi superiore — conta alla fine ben poco.

     E quindi ammiriamo Molotov che passa in monastero i suoi ultimi dieci anni dopo avere collaborato con Stalin nell’uccisione di decine di milioni di persone. E Costantino e come lui tanti altri che si faceva battezzare solo in punto di morte, dopo avere commesso i crimini più sanguinosi, sulla base che il battesimo cancella tutti i peccati, anche se manca il pentimento. Cordialmente… {30 marzo 2009}

 

 

2. {Nicola Martella}

 

Ha ragione questo lettore, professore dell’università di Bergamo, a ricordare l’insegnamento di Gesù: è meglio suicidarsi che dare «occasione di peccato a uno di questi piccoli» (Mt 18,6) o sedurre un minore. (Nota: Qui non è chiaro fra gli interpreti se si tratta di suicidio o di messa a morte; le nostre traduzioni sono viziate da quest'ultima interpretazione; il testo greco e il contesto immediato permettono però anche la prima; cfr. vv. 8s [ Matteo 18,6: suicidio o omicidio?]). È anche vero che «la bestemmia contro lo Spirito non sarà perdonata… a chiunque parli contro lo Spirito Santo, non sarà perdonato né in questo mondo né in quello a venire» (Mt 12,31s). Qui si tratta di rifiutare l’opera di convincimento (Gv 16,7ss) e di rigenerazione da parte dello Spirito di Dio (Tt 3,5).

     Altra cosa è trarre da ciò, in modo così poco riflettuto e fondato, una dottrina del purgatorio e della reincarnazione, cose che la sacra Scrittura non accredita. Per la Bibbia la morte rappresenta la soglia dopo la quale l’uomo non si può più decidere e la cui situazione diventa immutabile. La vita eterna è il dono di Dio (Rm 6,22s; Ef 2,8), ma bisogna accettarlo fintantoché si è in vita (Lc 16,23ss). «È stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, dopo di che viene il giudizio» (Eb 9,27). Quindi, diversamente dalle altre religioni, nella religione biblica non c’era in origine né un purgatorio né una reincarnazione! [ La reincarnazione è una dottrina biblica?]

     La differenza fra peccati veniali e mortali non si trova così nella sacra Scrittura. La differenza fra i peccati riguarda la pena non la salvezza, la quale è solo per grazia mediante la fede (Rm 5,2; Ef 2,8). Allo stesso modo, la differenza fra le opere giuste dei credenti non riguarda la salvezza, ma il premio e l’onore (1 Cor 3,10ss). O si è entrati nel patto di Cristo o si è fuori; solo allora si potrà ragionare di diversità di premi per i giusti (1 Cor 3,8.13-15; 2 Cor 5,10 «tribunale di Cristo») e di pene per coloro che hanno rifiutato la grazia (Ap 20,12-15; giudizio universale).

     Differentemente all’Islam, nella Bibbia non esistono peccati veniali e i peccati di sensualità sono, accanto all’idolatria, quelli che fanno escludere dal regno di Dio e dividono anche dalla comunità dei credenti, se non ce ne si ravvede (1 Cor 5,10s; 6,9s; Ef 5,5ss; Col 3,5ss; Ap 21,7s).

     Vedo un grande pregiudizio sulla persona dell’apostolo Paolo. È vero che, quando era fariseo, aveva perseguitato i seguaci di Gesù, e ciò lo ammise lui stesso (1 Cor 15,9); ma, dopo la sua conversione a Cristo, divenne un predicatore della fede (Gal 1,23s) e divenne lui stesso il perseguitato per mano dei Giudei (At 14,5.19; 2 Cor 11,26; Gal 5,11).

     L’altro pregiudizio su Paolo riguarda il fatto che gli si attribuisce di essere il «cancellatore di norme della legge ebraica» e cose del genere. Il nuovo patto lo ha istituito Gesù Cristo (Lc 22,20; 2 Cor 3,6), non Paolo. Era immancabile che, mutato il patto, mutasse la legge che è alla sua base; Paolo non predicò l’abolizione di una legge, ma il fatto che nel nuovo patto vige la «legge di Cristo» e non quella mosaica (1 Cor 9,21; Gal 6,2; cfr. Eb 7,12). L’autore dell’epistola agli Ebrei affermò giustamente ai suoi tempi: «Dicendo: “Un nuovo patto”, Egli ha dichiarato antico il primo. Ora, quel che diventa antico e invecchia è vicino a sparire» (Eb 8,13). La distruzione del tempio e di Gerusalemme rappresentò tale punto definitivo.

     Inoltre Gesù non affermò che «uno iota della legge non poteva cambiarsi», ma «io vi dico in verità che finché non siano passati il cielo e la terra, neppure uno iota o un apice della legge passerà, che tutto non sia adempiuto» (Mt 5,18). Gesù parlava dell’adempimento della Legge mediane la propria opera messianica, non dell’immutabilità della legge. Tanto è vero che lui, come nuovo legislatore del nuovo patto, subito dopo affermò: «[Voi avete udito che] fu detto [agli antichi]… ma io vi dico…» (Mt 5,21s.27s.31s.33s.37s.43s).

     È conseguenza di tale pregiudizio affermare che Paolo «diventa più importante dei discepoli e per molti più di Gesù». Paolo riferì ciò che Gesù aveva comandato (At 13,47; 22,10; 1 Cor 7,10; 9,14), come fecero anche Pietro (2 Pt 3,2) e Giovanni (2 Gv 1,5). Egli predicò l’Evangelo che Gesù stesso gli aveva affidato e lo fece con coerenza: «Noi predichiamo Cristo crocifisso, che per i Giudei è scandalo e per i Gentili, pazzia» (1 Cor 1,23). «Mi proposi di non sapere altro fra voi, fuorché Gesù Cristo e lui crocifisso» (1 Cor 2,2; cfr. Gal 2,20; 6,14).

     È quindi sbagliato affermare che «l’assassinio — compiuto per fanatismo e orgoglio di sentirsi superiore — conta alla fine ben poco». Dio ha affermato che vendicherà il sangue dei suoi fedeli. Se l’assassino non si ravvede a tempo, per lui non c’è, scampo: non entrerà nel regno di Dio e sarà destinato alla condanna eterna (1 Gv 3,15; Ap 21,8). Giuda fu chiamato da Gesù «figlio di perdizione» (Gv 17,12).

     Se Molotov non si è ravveduto e pentito dei suoi omicidi e non è stato rigenerato dallo Spirito di Dio, aver passato in monastero i suoi ultimi dieci anni della sua vita, non gli è giovato nulla riguardo al giudizio di Dio. Lo stesso vale per l’imperatore Costantino e per tanti come lui, che si sono fatti battezzare sul letto di morte. Dio non si fa ingannare. Ed è un terribile inganno credere che «il battesimo cancella tutti i peccati, anche se manca il pentimento». Tale sacramentalismo è estraneo alla sacra Scrittura. Solo «chiunque avrà invocato il nome del Signore, sarà salvato» (At 2,21; Rm 10,13). «Chi crede nel Figlio ha vita eterna; ma chi rifiuta di credere al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio resta sopra lui» (Gv 3,36). Al riguardo si fa bene a non sbagliarsi!

 

 

3. {Gianni Siena}

 

Agli occhi di Dio i peccati sono tutti con il segno «meno». C’è scritto: «Non fornicare», ma questo peccato è uno dei più commessi... e uno dei più perdonati dal Signore: mai come oggi! C’è scritto che «Dio ama un cuore schietto»... Egli detesta l’ipocrisia. Gesù disse ai religiosi dei suoi giorni (con i quali condivideva le credenze fondamentali e l’interpretazione della Scrittura) che i disonestissimi esattori per conto dei romani e le immoralissime prostitute sarebbero entrati per primi nel Regno dei Cieli. Tra un ebreo e una prostituta, entrambi praticanti la loro «professione» — di fede il primo e di mestiere la seconda — preferirei certamente il primo, essendo una persona perbene... È normale che sia così ma, istruito dal Signore, nel non disprezzare nessuno e nemmeno gli ultimi, mi chiedo se qualche volta non sono stato anch’io una «maschera religiosa» (= ipocrita)?

     Tutti i peccatori impenitenti si ritroveranno nel medesimo luogo di condanna: quel giorno la «livella» di Dio, che odia il peccato non confessato e abbandonato, essa sarà ugualmente severa con ogni genere di peccatore. Così è scritto e Dio, notoriamente, non ha mai mancato di mantenere le parole che pronuncia! Come oggi è largo nel perdonare, mentre Lo si può interpellare e si lascia trovare, mostrando il volto del Padre buono e tenero, verso ogni creatura bisognosa d’essere ricreata daccapo.

     Trovo «lana caprina» distinguere i vari gradi del peccato, che certamente vi sono, ma non influiscono sul tenore generale della condanna finale. Pur distinguendo i vari gradi di retribuzione e la relativa severità (questo affermano gli Scritti Sacri), la condanna è comunque eterna... per poco e/o per tanto. Se c’è un peccato mortale esso è la manifestazione d’un cuore impenitente che non si ravvede; tutti i singoli atti di trasgressione sono «perdonabili» davanti a Dio: per un cuore che rifiuta la grazia e, conseguentemente, s’indurisce nel trasgredire la Parola di Dio, non c’è possibilità di scampo!!! {30 marzo 2009}

 

 

4. {Nicola Martella}

 

È chiaro che ogni peccato rappresenta l’infrazione di una legge (Gcm 2,9ss; 1 Gv 3,4). «Colui che ha detto: “Non commettere adulterio”, ha detto anche: “Non uccidere”. Ora, se tu non commetti adulterio ma uccidi, sei diventato trasgressore della legge» Gcm 2,11). Per evitare l’illusione di misurarsi con altri uomini, pur commettendo cose ingiuste (Is 65,5; Lc 18,11), invece di rapportarsi con la giustizia di Dio, Egli con un decreto sovrano «ha rinchiuso tutti nella disubbidienza per far misericordia a tutti» (Rm 11,32).

     È strano ma «non fornicare» non è un comandamento ricorrente nella Scrittura; si trova invece in nove versi: «Non commettere adulterio» (cfr. Es 20,14). Comunque sia, esso (o la fornicazione) è uno di quei peccati che come l’idolatria (Ez 23,37), se non ce ne si ravvede, fanno escludere dal regno di Dio (1 Cor 6,9) e destinano allo stagno di fuoco (Ap 21,8).

     Pubblicani e prostitute avrebbero preceduto i religiosi nel regno dei Cieli, poiché esercitarono la fede (Mt 21,31s), pur (o proprio perché) appartenendo a due categorie dichiarate come «peccatori» sui generis e pubblicamente evitate (peccatori Mt 9,10s; 11,19; Lc 7,34; 15,1; peccatrice Lc 7,37.39; cfr. 15,30), a cui non bisognava spiegare che cos’era il peccato. Al contrario, scribi e Farisei nascondevano la loro iniquità dietro alla loro perbene facciata d’ipocrisia e accreditavano se stessi proprio misurandosi con altre persone. Mentre pubblicani e prostitute accettarono Gesù e il messaggio dell’Evangelo (Mt 9,9; Lc 19,5ss), scribi e Farisei rifiutarono entrambi e, anzi, cercavano il modo per ucciderlo.

     Il primo criterio di condanna eterna non sarà la specie o la quantità di peccati, ma l’essere presente o meno nel libro della vita. Nel giudizio universale, «se qualcuno non fu trovato scritto nel libro della vita, fu gettato nello stagno di fuoco» (Ap 20,15). In tale libro si viene scritti solo accettando Gesù quale Salvatore e Signore (Gv 3,36; Ap 3,5; 21,27). Solo dopo aver accertato questo, si procederà al giudizio secondo le opere, ossia secondo gli altri libri: «E vidi i morti, grandi e piccoli che stavano dritti davanti al trono; e i libri furono aperti; e un altro libro fu aperto, che è il libro della vita; e i morti furono giudicati dalle cose scritte nei libri, secondo le opere loro» (Ap 20,12s). Sebbene la destinazione degli impenitenti sarà la stessa (Ap 20,14s), se il giudizio è secondo le opere di ciascuno, ciò significa che le pene saranno altresì differenti. Qui influiranno e come le specie di trasgressioni, la gravità, la loro durata, la specie di perversione, la sfrontatezza con cui sono state commesse le iniquità e così via.

     Chiaramente le destinazioni finali sono solo due: o col Signore sulla nuova terra, o lontano da Lui nello stagno di fuoco. In ogni modo, come i premi, le corone e gli onori saranno proporzionali alla fedeltà mostrata nell’ubbidienza al Signore e nel suo servizio (1 Cor 3,10ss; Mt 25,14ss), così le pene saranno proporzionali alle colpe reali. Ognuno riceverà secondo le sue opere (Rm 2,6ss; 2 Cor 11,15; 2 Tm 4,14; Ap 2,23).

 

 

5. {Volto Di Gennaro}

 

Contributo: Caro fratello Martella, Dio ci benedica! Per certo, in Cristo e solo attraverso di Lui siamo salvati mediante la fede. Al di fuori di Cristo non c’è salvezza. Detto questo, è pur vero che la vita d’un onesto lavoratore, che ha cresciuto la sua famiglia e l’ha amata, non è per niente paragonabile a quella d’un delinquente incallito che pensa solo a fare il male. Mai come in questi tempi si è parlato di stupri, omicidi, violenza gratuita. Non ho l’età di Matusalemme, ma non sono nato ieri. L’uno è debitore di cinquanta denari e l’altro di 500, stando alla nota parabola. Il debito è diverso, ma entrambi i debitori non hanno di che pagare! Sarà il Sommo Giudice che emanerà le sentenze. Le Sue sentenze sono davvero «giuste»! Ti saluto caramente in Cristo. {31 marzo 2009}

 

Risposta: Chiaramente Dio preferisce gente che è timorata di Lui, credente e che pratica la giustizia. Usando l’esempio di sopra, se Dio dovesse scegliere paradossalmente fra un «onesto lavoratore», che rifiuta la sua grazia, e un «delinquente incallito», che si ravvede e accetta il suo perdono, il Signore sceglierebbe quest’ultimo. Gesù mostrò ciò nella parabola del Fariseo e del pubblicano (Lc 18,10-14). Fra i salvati, chi fa fruttare i talenti ricevuti in corrispondenza alle sue capacità otterrà un maggior premio dal Signore (Lc 12,48). Anche fra i perduti, ossia coloro che hanno rifiutato la grazia di Dio, la loro pena sarà proporzionale ai loro atti; è la giustizia che lo richiede. {Nicola Martella}

 

 

6. {Pier Vittorio De Zorzi}

 

Contributo: Per la mia esperienza (della quale ringrazio il Signore per la Sua benevolenza di avermela concessa), io preferisco astenermi dal ragionare su eventuali differenziazioni che il Signore Dio nostro potrà applicare ai peccati che avremo commessi e/o come li avremo commessi. Preferisco basarmi sul Decalogo e sugli insegnamenti dei Vangeli, facendo il possibile per conformarmi a questi dettami e chiedendo perdono al Signore quando non li rispetto. Le differenziazioni che applicherà il Signore, al termine del nostro passaggio terreno, le sa solo Lui e saranno sicuramente non per punire, e non ci troveremo niente da recriminare; ma, altrettanto sicuramente, avranno i migliori canoni di giudizio divino. In altre parole: preoccupiamoci soltanto di commettere il minor numero possibile di peccati, senza cercare di sondare i criteri di Dio. E che Dio ci benedica. {31 marzo 2009}

 

Risposta: Questo lettore è un cattolico militante. [ Deità di Gesù e autorità del NT? Parliamone 1 (10° contributo)] Per i credenti che hanno accettato Gesù come Salvatore e Signore e sono stati rigenerati dallo Spirito di Dio, che li ha suggellati per il giorno della redenzione, non c’è un giudizio punitivo da attendere (il giudizio finale sarà solo per gli impenitenti; Ap 20,11ss), ma essi compariranno dinanzi al «tribunale di Cristo» per ricevere un premio (2 Cor 5,10). Paolo ha affermato che, vivendo nella disubbidienza o seguendo falsi maestri, si può perdere (non la vita eterna!) tale premio (Col 2,18). Alcuni, avendo costruito sul fondamento in modo completamente sbagliato, saranno salvati appena, «come attraverso il fuoco», quando tutto brucia e tutto è perso tranne la vita (1 Cor 3,13ss).

     Quanto al «senza cercare di sondare i criteri di Dio», così facendo uccideremmo ogni confronto e ogni discussione (cfr. invece Mal 3,16). Ciò che Dio ha rivelato, si può conoscere, se investigato. «È gloria di Dio nascondere le cose; ma la gloria dei re sta nell’investigarle» (Pr 25,2). Sondare la realtà e la Scrittura è cosa legittima e il Signore ci spinge a farlo. «A noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; perché lo spirito investiga ogni cosa, anche le cose profonde di Dio» (1 Cor 2,10ss). Dobbiamo stare attenti a trincerarci in una fede mistica e contemplativa che nulla chiede e niente ragiona (cfr. 1 Cor 14,15). Non a caso ricorrono gli imperativi: «Studiati di…» (2 Tm 2,15: esegesi per non essere confuso!), «Studiatevi di…» (cfr. 2 Pt 1,10s), si invita a discernere (1 Re 3,9; 1 Gv 4,1 provate gli spiriti), e così via. Si parla di discernimento (1 Cor 12,10 degli spiriti) e di conoscenza in cui abbondare (Fil 1,9). Inoltre la distinzione fra bambini nella fede e persone spiritualmente mature sta proprio nella facoltà del discernimento: «Il cibo sodo è per uomini fatti; per quelli, cioè, che per via dell’uso hanno i sensi esercitati a discernere sia il bene sia il male» (Eb 5,12ss). {Nicola Martella}

 

 

7. {Davide Donisi}

 

Contributo: Gentile signor Martella, ho letto le «perplessità» dell’amico e devo dire che un po’ condivido. In effetti questa è la vecchia storiella del peccatore che si converte al fotofinish prima di spirare (il figliol prodigo). La domanda che ci si pone è: Quella persona che si è convertita all’ultimo verrà, salvata come me che mi sono sempre comportato bene? Beh è una bella domanda, alla quale non ho una risposta anche se oltre la salvezza penso proprio ci sia qualcos’altro. Lo penso se leggo la parabola delle mine (ove ogni servitore riceveva quanto aveva fatto fruttare al suo padrone), lo penso anche leggendo una frase di Gesù: «Il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui», riferendosi a Giovanni, e vari versetti che penso siano abbastanza chiari. Sicuramente chi può pensare che Adolf Hitler o un ladro di periferia siano in egual modo colpevoli? O che colpe ha un malato mentale, se commette un grave peccato, rispetto magari a una persona sana che commette tale peccato? Sicuramente ci sono delle differenze, ma questo penso sia chiaro anche dai vari versetti biblici nel Nuovo Testamento. La domanda è cosa spetta a chi avrà meritato o demeritato di più e chi l’avrà fatto di meno. Cosa riceverà? La ringrazio, distinti saluti e che Dio la benedica. {30 marzo 2009}

 

Risposta: Dio non salva persone che si comportano bene, ma solo quelle che accettano Gesù come Messia, ossia come Salvatore e Signore della propria vita. Una volta salvati, per grazia mediante la fede, ogni credente costruirà sul fondamento, che è Cristo, la sia vita. A seconda della fedeltà che mostrerà nell’ubbidienza e nel servizio del Signore, secondo la sua particolare chiamata, avrà anche un premio (1 Cor 3,10ss). Il premio (non la salvezza) si può anche perdere, a causa d’infedeltà al Signore (Col 2,18).

     Quanto ha fatto un feroce e spietato dittatore e un ladruncolo non si possono paragonare; se ambedue rimarranno impenitente, la loro pena sarà giustamente proporzionale ai loro crimini. Il NT ha da dire più di quanto immaginiamo; il limite è sempre di chi non cerca o non sa cercare, non della Bibbia. Nel caso di un malato mentale (o di un bimbo), bisogna distinguere fra un possibile reato e l’imputabilità dello stesso. Paolo affermò: «Fino alla legge, il peccato era nel mondo; ma il peccato non è imputato quando non v’è legge» (Rm 5,13). Similmente con l’avvento di Cristo «Dio riconciliava con sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro trasgressioni» (2 Cor 5,19); chiaramente ciò si concretizza per coloro che credono in Lui (Gv 3,36). C’è quindi una differenza fra una colpa oggettiva e l’eventualità di imputarla. Tanto più ciò vale per chi non ha la capacità d’intendere e di volere. Ciò non significa che si possa lasciargli fare ciò che gli passa per la mente.

     Al resto, ossia a ciò che riguarda meriti e demeriti, ho già risposto sopra negli altri contributi. {Nicola Martella}

 

 

8. {Calogero Fanara}

 

Nota editoriale: Questo contributo era stato scritto a proposito del tema del seguente discussione: «Pastore omosessuale in casa UCEBI: Abominio in luogo sacro?». Poiché la maggior parte del contributo non proprio specifico a quel tema, lo abbiamo spostato qui.

 

La vicenda non è cosa nuova. Sono persuaso che attraverso i secoli i tentativi del peccato a volere andare oltre ai vincoli della santificazione ci sono sempre stati e, man mano che gli anni passano, le cose non faranno altro che peggiorare, anche nelle nostre chiese, purtroppo. Chiese e movimenti una volta attaccati all’autorevolezza delle Scritture, volteranno le spalle a Cristo per dare ascolto a seducenti ragionamenti e filosofie demoniache. Sta accadendo sotto ai nostri occhi. Chi dice che Gesù non è Dio, chi dice che l’omosessualità non è peccato, chi dice che convivere è valido quando lo è il matrimonio, chi dice che fare sesso prima di sposarsi non è peccato, eccetera.

     Anche a me, nato, cresciuto e istruito nell’ambito evangelico, queste cose mi sorprendono sempre, visto che normalmente e durante tanto tempo, il peccato era sempre considerato peccato in quasi tutte le denominazioni evangeliche. Però a ben rifletterci, dovremmo badare a trattare con la stessa severità tutti gli altri peccati che a volte possono avventarsi su di noi, peccati che tendiamo a considerare «peccatucci», mentre nella realtà sono gravi e dannosi quanto lo è l’omosessualità.

     Non potrò mai scordarmi d’una predica fatta in chiesa nostra alcuni anni fa dal nostro pastore riguardo al peccato di menzogna. Aveva avuto qualche contrasto con una «sorella» che troppo facilmente mentiva per giustificare alcune sue scelte sbagliate. Non a caso, il pastore citò il passo nell’Apocalisse, dove Dio emette la dura sentenza verso coloro che persisteranno nella lunga lista di peccati, fra i quali l’omosessualità [= lett. fornicazione, N.d.R.] a pari con il peccato di menzogna. Per Dio, il peccato rimane peccato. Mentire e persistere in una abitudine di menzogna può costare al credente la vita eterna, proprio come il peccato d’omosessualità potrà costare la vita eterna di questo pastore dell’UCEBI se non si ravvede prima...

     Che Dio ci aiuti a mantenerci sotto controllo e nell’ubbidienza della sua Parola, non così per dire, ma come dice la Parola «scrupolosamente» aspirare a essere trovati irreprensibili... Non me la sento di giudicare, perché tutti noi sappiamo quanto abbiamo da fare attenzione che non ci cadiamo anche noi per altre ragioni e «peccatucci». Amiamo il peccatore, condanniamo il peccato e agiamo da seguaci di Cristo! {17 aprile 2009}

 

 

9. {Nicola Martella}

 

È apprezzabile quel che afferma il lettore, almeno all’inizio; poi invece prende tutto un’altra piega. Non posso concordare con la sua omologazione di tutti i peccati, quando afferma che i «“peccatucci”… nella realtà sono gravi e dannosi quanto lo è l’omosessualità». Tale purismo è ingenuo e pericoloso, rappresentando una relativizzazione indebita che non aiuta la verità. Spesso si confonde qui il piano soteriologico (ogni tipo di peccati priva della salvezza chi non si ravvede) con quello amministrativo e penale (a ogni tipo di infrazione segue l’ammenda e la pena corrispondenti). Si confonde pure la peccaminosità generale con la perversità, l’insufficienza con l’abominio, l’umana debolezza con i peccati contro natura, le singole mancanze con la depravazione.

     Si afferma: «Mentire e persistere in una abitudine di menzogna può costare al credente la vita eterna, proprio come il peccato d’omosessualità potrà costare la vita eterna di questo pastore dell’UCEBI se non si ravvede prima...»; ciò rientra in una visione arminiana, secondo cui la salvezza si può perdere. La sacra Scrittura ci insegna invece che chi è stato generato da Dio, non vive nel peccato (1 Gv 3,6.9; 5,18); chi lo fa, non ha conosciuto Dio (1 Gv 3,6) ed è dal diavolo (v. 8).

     Non possiamo tollerare un conduttore di chiesa che vive nel peccato, solo perché noi tutti abbiamo dei «peccatucci» o delle debolezze. Questo non significa tagliare «rettamente la Parola della verità», ma crea solo confusione (2 Tm 2,15). Il conduttore di chiesa dev’essere irreprensibile già prima che assuma tale ufficio! (1 Tm 3,2; Tt 1,6).

     Cosi pensando e insegnando, si rende banale la morale biblica e si cancellano i confini fra bene e male, fra giustizia e iniquità. L’apostolo Paolo non andava in giro a mettere in man di Satana i credenti disubbidienti di ogni tipo di peccato (1 Cor 5,5; 1 Tm 1,20), né lanciava il suo anatema su chiunque e per qualsiasi motivo (Gal 1,8s). Negli altri casi, Paolo insegnava, riprendeva, esortava, ammoniva. Qui c’è il rischio di non chiamare il peccato per nome e per gravità, per scusare in un certo modo se stessi e le proprie debolezze. È una grave lacuna che porta con sé molte conseguenze per la dottrina e l’etica. In tutto ciò è proprio vero che il contrario di una menzogna non è sempre la verità, ma può essere solo una menzogna di senso contrario.

 

 

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Peccati e loro differenziazione {Nicola Martella}

Il peccato (non) a morte {Nicola Martella} (A)

Il peccato e la differenziazione dei peccati {Nicola Martella} (A)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/T1-Peccati_differenza_parla_Mt.htm

31-03-2009; Aggiornamento: 20-04-2009

 

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