Qui di seguito discutiamo l’articolo «
Geova, Geovizzanti e affini». Abbiamo visto che i Masoreti (studiosi ebraici del testo dell’AT) avevano
messo sotto il cosiddetto tetragramma (JHWH) le vocali di ’adônāj,
per ricordare agli Ebrei la prassi di leggerlo, oramai da un millennio, appunto
’adônāj. Abbiamo anche visto che il termine «Iehovah /
Geova» era nato da un fraintendimento medioevale da parte di chi, ignorando la cultura ebraica, lesse
il cosiddetto tetragramma con le vocali di ’adônāj (JaHoWaH
→ Jehovah). Ciò fu deprecato da alcuni studiosi cristiani, anche
perché Iehovah (Geova) sembrava troppo simile a «Iovem», accusativo di
Iupiter (Giove). Tuttavia ciò divenne una specie di moda allora e tale
uso si è poi perpetuato mediante
il consenso.
Inutile ripetere che
nel NT (che è greco!) Dio non ha mai parlato di sé con tale nome, nessun
credente si è rivolto al Signore con tale nome né lo usarono giudei, cristiani e
pagani nei loro discorsi.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e
opinioni?
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I contributi sul tema ▲
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1. {Pietro
Calenzo}
▲
Lo spirito religioso non conosce confini.
Ignoravo l’imbarazzante uso pseudo cristiano di scrivere D-O. Non ho
parole. Lo spirito religioso giudaizzante era
uscito dalla porta e tenta di rientrare dalle finestre, purtroppo. Spero
vivamente, caro Nicola, che questo tuo studio biblico-esegetico-storico sia
letto dai seguaci di tali vani «bizantismi giudaizzanti e sociniani», e
che ritornino alla libertà, che ci è stata donata pienamente in Gesù Cristo. Un
caro abbraccio in Gesù Messia. {25-12-2011}
2. {Gianni
Siena}
▲
■
Contributo:
Il tetragramma è il nome di Dio nel patto tra Lui e Israele. La speciale
«attenzione», in relazione con i moderni Testimoni di Geova, è una trovata
propagandistica di Rutherford per distinguere i seguaci della sua linea
dai russelliani irriducibili. Questi ultimi si separarono dalla Torre di guardia
a causa dei cambiamenti apportati dal secondo presidente alla linea del defunto
Russell. Rutherford, in relazione a un passo d’Isaia, s’inventò che essi
sarebbero stati chiamati con un «nome nuovo»… «Testimoni di Geova»,
appunto!
Il nome «Geova», pur essendo un «nulla» dal punto di vista esegetico, qualifica
profeticamente i Testimoni di Geova come «falsi profeti» (Luca 21,8).
Nella suddetta citazione Gesù mise in guardia da «molti» che avrebbero spesso
detto «io sono» (= il nome di Dio in oggetto) e «il tempo è vicino».
Per coloro, che sono attenti ai «segni» della venuta del Signore, non sfuggirà
l’importanza che essi danno al «Nome» del Signore e, si badi bene (!), anziché
pronunciarlo correttamente secondo l’antico uso (= Yahweh), tramandato dai
Massoreti, lo «(s)pronunciano» così; qualunque rabbino direbbe che il termine
«Geova» non esiste nel Tanakh (= Bibbia ebraica). «Yahweh» la pronuncia
ancora nel primo secolo, dato che i
Samaritani di Nablus (Sichem) lo pronunciano «Jabè».
Altro aspetto importante per qualificare i Testimoni di Geova è il falso
profetismo o l’annuncio dell’imminenza della fine: «Il tempo è vicino». Un
vecchio libro del prolifico Russell era intitolato «The Time is at Hand», in
altre parole il tempo della venuta di Gesù (= Russell ci credeva in un primo
momento) era talmente «vicino» da poter essere toccato con mano (= at hand).
Ricordiamoci sempre dell’esortazione di Gesù: «Non li seguite!»
(Lu 21,8) {27-12-2011}
▬
Risposta 1
(Nicola Martella): Aggiungo solo un appunto. «Jahwè» è terza persona singolare
del verbo
hawah «diventare» (non essere). Nella forma, che compare qui, non
intende l’essere di Dio nel senso di «Egli è» (perché dovrebbe, visto che
nessuno l’aveva messa in dubbio e che non stavano disquisendo di filosofia
greca?), ma «Egli è qui» o «Egli interviene»: nel contesto (Es 3; 6)
questa sì che era una «buona notizia»!
Inoltre, «Jahwè» (ebraico) e «io sono ***» (greco), detto occasionalmente
da Gesù, non avevano nulla a che fare. Si veda qui in
Nicola Martella,
Dall’avvento alla parusia,
Panorama del NT 1 (Fede controcorrente, Roma 2008),
nel capitolo «Giovanni» il punto 4.5. «Io sono...», pp. 154ss.
■
Replica
(Gianni Siena): È vero quello che dice Nicola, ma mi baso sul «senso» delle
parole del NT. Per esempio, Gesù disse ai giudei: «Prima che Abrahamo fosse
nato io sono...». Voleva significare che Lui, ch’era
uomo, era anche Dio (= Yahweh). I suoi uditori avevano capito e, non
credendo alla sua affermazione, volevano giustiziarlo seduta stante.
L’apostasia estrema, dell’uomo del peccato, porterà un discendente di Adamo a
sedersi nel tempio ricostruito e a ricevervi onori come se fosse Dio (2 Ts
2,3s). Partendo da questa constatazione appare chiaro che le parole che Gesù
mette in bocca ai futuri seguaci del falso Cristo sono di per se stesse
la spiegazione della loro identità (Lc 21,8s). Essi affermano: «Io sono» e «Il
tempo è vicino». I testimoni di Geova hanno detto queste parole. Se non
bastasse basta considerare il tipo di «autorità» che i loro presidenti
esercitano sui seguaci: una teocrazia assoluta... siamo sulla buona strada.
Circa i T.d.G. occorre affermare anche che il loro secondo presidente era pagato
dalla massoneria anticristiana (non tutta la massoneria è tale) per fare
propaganda contro il cristianesimo. Molti simboli e il linguaggio della Torre di
Guardia sono di provenienza massonico-esoterica... chi vuol capire capisca!
Se qualcuno trova incredibili le mie parole posso produrre la prova di quel che
dico. Riguardo a qualche manoscritto del NT contenente il Nome di Dio,
paradossalmente, ne esiste uno solo ma tardivo e privo di ogni valore testuale:
se uno studioso vuole trascrivere un testo greco del NT, sostituendo ai vari
«Kyrios», «Theos», «despotes» l’originale significato delle parole ebraiche di
Gesù e degli apostoli, riuscirebbe benissimo in questa impresa.
Duemila anni fa l’insegnamento di Gesù fu pronunciato in ebraico. Nelle
sinagoghe elleniste era in uso un greco koinè fortemente «ricalcato»
sull’ebraico, come il NT illustra. Ma questa operazione non è necessaria, basta
tenerne conto, e possiamo mandare a spigolare gli pseudo esegeti della Torre di
guardia.
▬ Risposta 2
(Nicola Martella): Non ho compreso il perché di tutti gli elementi addotti da
Gianni Siena come risposta; tuttavia rispondo così come ho capito.
Riguardo a Giovanni 8,58 tale presunto «consenso» tra la normale locuzione «io sono» e il nome divino Jahwè si
crea soltanto, quando non si tiene presente tutto il contesto e si proiettano lì
altri contenuti, che in tale brano con compaiono. È vero che Gesù affermava di
esistere prima di Abramo, ma ciò non aveva nulla a che vedere con il termine
Jahwè, che né Gesù né i Giudei pronunciavano e a cui essi non si riferirono
esplicitamente. L’asserzione di Gesù di essere preesistente rispetto ad Abramo,
era semplicemente la goccia, che faceva traboccare il vaso. Infatti Egli
precedentemente affermò: «Io sono di lassù» (v. 23). «Io sono
proceduto e vengo da Dio… è Lui che mi ha mandato» (v. 42; cfr. vv.
16.19.26.29); inoltre disse loro che essi erano progenie del diavolo e non erano
da Dio (vv. 44ss), mentre Egli asseriva di conoscere il Padre a tu per tu (v.
55; cfr. Gv 1,1ss.14.18). Per tutto ciò vollero lapidarlo. Si noti, inoltre, che
in tale brano Gesù disse diverse volte «io sono» (Gv
8,10.12.14.16.18.23ss.27.42.58), poiché faceva parte del normale modo di
esprimersi, allora come oggi. [►
Giovanni 18,5-8 e «son io»]
Che ogni falso profeta
possa dire mendacemente: «Io sono il Cristo», ciò non ha nulla a che fare
col nome Jahwè, ma è semplicemente la normale attestazione di un’identità
mediante il verbo essere.
Che i cosiddetti
testimoni di Geova
arroghino a sé le cose loro ascritte (essere i giusti seguaci e le loro fallaci
predizioni), è vero. Che questo loro modo di fare sia corroborato
dall’appartenenza alla massoneria del loro secondo presidente, è
credibile e accertato. Tuttavia, tutto ciò non ha qui direttamente a che fare
col nome Jahwè e con la sua deformazione in «Geova».
Come è stato già rimarcato l’eventuale presenza del nome di Dio in qualche
tardivo manoscritto del NT, non è rilevante. Neppure la traduzione degli
Evangeli
dal greco in ebraico e il linguaggio sinagogale nell’ellenismo non hanno qui
alcunché di sostanziale da dire sul nome di Dio, visto che gli Ebrei dicevano
’adônāj. Sebbene Gesù avesse insegnato, secondo i casi, in
ebraico, in aramaico e, addirittura in greco (Gv 12,20-23; cfr. Gv 7,35),
anch’Egli comunque da buon ebreo diceva ’adônāj.
3. {Pietro
Calenzo}
▲
■
Contributo:
Ricordo di aver letto su un noto mensile «Il Cristiano», che i Samaritani
pronunciavano jabè o
Jaobè, ma poteva essere una differenzazione distintiva dialettale di quel
tempo di ostracismo fra due etnie. {27-12-2011}
▬
Risposta
(Nicola Martella): La «b» intervocalica si leggeva «w/v». Furono i teologi
cristiani del 2°-3° secolo a riportare in greco la dizione Iabè (grafema)
del tetragramma per Iavè. Essi non conoscevano «Iehova», che è una
fraintendimento nato secoli dopo.
4. {Giovanna de
Matteo}
▲
■
Contributo:
Ma esiste il tetragramma YHWH, tradotto in Jehova, il quale lo troviamo scritto
in molte chiese cattoliche. {03-01-2012}
▬
Risposta 1 (Nicola Martella): A noi
interessa ciò, che
sta scritto nel NT, che è in greco. Lì non c’è mai il tetragramma, Jahwè,
Geova e simili, ma solo Kyrios «Signore», usato sia per Dio Padre, sia
per Gesù Cristo. Inoltre, nelle chiese cattoliche si trova di tutto e il
contrario di tutto (mitologia, gnosticismo, idolatria, ecc.). A ciò si aggiunga
che in alcune chiese il nome Iehovah o Geova si trova sul pavimento, dove
tutti passano e lo calpestano! Infine, Jehova non è la traduzione (?) del
tetragramma (JHWH), ma una sua falsa interpretazione medioevale.
▬
Replica (Giovanna de Matteo): Gesù Cristo
disse: «Io sono venuto a completare la legge, non ad abolirla»; quindi dobbiamo
conoscere sia il VT sia il NT. {03-01-2012}
▬
Risposta 1
(Nicola Martella): Tuttavia, se certi nomi veterotestamentari fossero stati
importanti, Dio ce li avrebbe fatti mettere nel NT greco. Abbiamo visto
che, fin dalla cattività babilonese (6° sec. a.C.) gli Ebrei pronunciavano il
tetragramma come ’adônāj, cosa che corrisponde nel NT a
Kyrios «Signore».
Poter andare a Dio
come «Padre» nel nome di Gesù Cristo e mediante lo Spirito Santo è un
grande
privilegio, e ciò deve bastare a ogni vero cristiano.
5. {Enzo
D’Avanzo}
▲
■
Contributo:
Dio non rivelò, volutamente, il suo nome a
Mosè, ma si limitò a dirgli: «Io sono». Questo sta a significare che Dio è per
sempre. «Io sono» sarà. L’uomo lo può anche recitare, quell’«io sono», ma non lo
è per sempre. Con questo, come dice Martella in un commento, è un privilegio
andare a Dio; non serve altro, se non chiamarlo a titolo di rispetto e di
onorificenza: «Signore [ebr. Adonai], mio Dio». Il tetragramma YHWH, seguito
dall’aggettivo (ad esempio, Jirè «provvede») non è altro che il rafforzativo di
Adonai, intendendo, ad esempio: «Signore Iddio, provvedi». {05-01-2012}
▬
Risposta (Nicola Martella):
Rimando sopra per la questione «Io sono» ed «Egli
è qui», riferita al nome Jahwè. Ho detto sopra che il privilegio del
nuovo patto è chiamare Dio come «Padre» o, con maggiore intimità, «Babbo»
(ebr. / aram. «Abbà»; cfr. Mc 14,36 con Rm 8,15; Gal 4,6).
6. {Michele
Granato}
▲
Y-e-H-o-W-a-H è una mescola di due
differenti termini ebraici, ed è per questo che ritengo che si debbano scrivere
in modo separato. Infatti, ho volutamente scritto separatamente le consonanti
del tetragramma (YHWH) dalle vocali di Adonay «Signore» (eoa), proprio
perché non vanno assolutamente letti insieme, perché insieme non significano
nulla. Infatti, queste vocali (eoa) sono la prova del fatto che gli Ebrei
non leggono mai questo insieme di vocali e consonanti, ma leggono solo Adonay
«Signore». In certi casi, leggono solo «Dio» quando compare già il termine
Adonay «Signore», per non fare confusione e ripetere lo stesso termine. Che
la pronuncia «Jehovah», e dei suoi affini come Geova, non sia la vera pronunzia
del nome di Dio, lo testimonia lo stesso testo masoretico ebraico in cui il
tetragramma è vocalizzato anche in altre maniere rispetto a Y-e-H-o-W-a-H. Per
esempio in moltissime parti esso compare con le vocali di Elohim «Dio»
cioè Y-e-H-o-W-ì-H, altre volte, circa 271, è vocalizzato Y-e-HW-ì-H
[יְהוִה], per esempio in Ez 24,24 con lo shwa semplice sulla yod iniziale e
senza «o» sulla he. Stando all’errata logica dei testimoni di Geova, Dio
si chiamerebbe sia Jehovah che Jehwih, e tutto in base al testo masoretico!
Ovviamente questo sarebbe del tutto assurdo! {05-01-2012}
7.
{Alessio Rando}
▲
■
Contributo:
Sinceramente non capisco il perché i traduttori della Bibbia nell’AT
sostituiscono il Tetragramma (JHWH / YHWH) con termini come «Signore /
Signore» o «Eterno». Io non voglio sindacare sul fatto che
nel NT il Nome di Dio (Jahwèh / Yahweh) non ci sia, ma nell’AT c’è, e
allora perche «camuffarlo»? Spero che tu, Nicola, puoi darmi una risposta.
Dopotutto la Bibbia stessa vieta di togliere o aggiungere (Ap 22,18s).
{20-01-2012}
▬
Risposta (Nicola Martella): Il motivo è dato
dal fatto che, fin dalla cattività babilonese, gli Ebrei leggevano il
tetragramma (JHWH) come ’adônāj
«Signore». Nel terzo secolo a.C. l’AT fu tradotto in greco, lingua parlata
allora dalla maggior parte degli Ebrei (essi si trovavano nella diaspora); il
tetragramma letto come ’adônāj,
fu tradotto semplicemente con Kyrios «Signore»; e da qui passò nel
NT. Quindi, già nella traduzione più significativa dell’antichità (la Settanta),
il tetragramma fu tradotto con «Signore». Nessuno ebbe a fare questioni, poiché
nessuno sapeva allora quale fosse la pronuncia di JHWH e che cosa
significasse, e la stragrande maggioranza degli Ebrei era ellenista, ossia
parlava in greco. Quando i Masoreti aggiunsero le vocali al testo
biblico, per non perdere la pronuncia che essi conoscevano (6° sec. d.C.),
vocalizzarono JHWH con le vocali di ’adônāj,
per renderlo illeggibile e per significare che bisognava leggerlo appunto
«Signore» (’adônāj).
8. {Nicola
Carlisi}
▲
In una nota della
Nuova Diodati, è spiegato che Jehovah (reso con Eterno) in ebraico era
indicato col tetragramma YHWH. La vera pronunzia di questo nome è andata
perduta, perché YHWH era considerato un nome troppo sacro per essere pronunziato
e anche perché nell’originale ebraico mancavano le vocali; esse furono aggiunte
dai Masoreti solo nel VI secolo d.C. Quando nel testo sacro gli Ebrei
incontravano YHWH solitamente leggevano Adonài. Così finirono per aggiungere al
tetragramma YHWH le vocali di Adonài (eoa), e ne risultò Jehovah.
Walter R. Martin scrisse: «Nessuno
studioso che si rispetti, si opporrà ovviamente all’uso del nome di Geova nella
Bibbia. Ma poiché ci sono date solo le consonanti ebraiche YHWH, la pronunzia è
sempre incerta, e il volersi intestardire in maniera dogmatica su Geova
significa voler infrangere i limiti di una buona linguistica, e la loro
affermazione arrogante di aver ripristinato l’uso del nome divino è
semplicemente penosa». {21-01-2012}
9. {Francesco
Giordano}
▲
■
Contributo:
Io ho un’opinione ben chiara al riguardo: il tetragramma YHWH non è leggibile
così come si trova, né tanto meno traducibile, per il semplice motivo che
nessun termine ebraico biblico è stato mai tradotto letteralmente dai vari
traduttori biblici, ma interpretati nel loro significato. Ad esempio, peirazò
non è stato tradotto in italiano o tedesco o inglese, ma interpretato cioè ha un
duplice significato: mettere alla prova o essere tentato (dipende dal contesto
nel quale viene utilizzato). Allora perché il Tetragramma (che il popolo ebraico
non pronunciava, ma diceva Adonai (= Signore), anziché essere
interpretato con «Io sono», dev’essere tradotto in lingua italiana con
Geova? Non credo che questo nome rappresenti l’eccezione! Da ciò potremmo quindi
dedurre che Jehovah non è il Tetragramma con l’aggiunta delle vocali
appartenenti al nome Adonài, ma è semplicemente un altro nome, che ha
come significato «Eterno» (che è un attributo di Dio), che non può essere
tradotto in modo letterale come alcuni... possono immaginare di fare. Dio vi
benedica. {22-01-2012}
▬
Risposta (Nicola Martella): Questo
contributo è, purtroppo, molto contorto e poco chiaro. Il cosiddetto tetragramma
(JHWH) da solo era sia leggibile che traducibile per gli Ebrei dell’AT. Anche
oggi gli Ebrei scrivono in maiuscolo titoli e slogan e capiscono bene. Jahwè è
la terza persona del verbo hāwāh «essere, diventare» e nella forma
verbale, che compare (hifil), significa «colui che è qua, o che interviene». Non
ha direttamente a che fare con la spiegazione «Io sono colui, che sono qua o
intervengo», trattandosi qui della prima persona del verbo hājāh. Quindi
Jahwè non significa «io sono», che è ’ëhejëh.
Leggibile, ma
incomprensibile era invece il tetragramma con le vocali di ’adônāj
o di ’ëlohîm: JeHoWaH
e JeHoWiH. Il motivo perché il nome
Jahwè è stato reso con «Eterno» nelle vecchie traduzioni, era dovuto a un
sovraccarico di significato della locuzione ebraica ’ëhejëh
, interpretato come «io ero, sono e sarò»; tuttavia, «eterno» in ebraico è
`ôlām. Il motivo perché il nome Jahwè è stato reso con «Signore», è derivato,
come abbiamo visto, dall’antichissima tradizione di leggere il tetragramma come
’adônāj, da cui provennero oi anche il greco Kyrios, il latino Dominus e, quindi, l’italiano
Signore. Per l’approfondimento rimando a Nicola Martella,
Manuale Teologico dell’Antico Testamento (Punto°A°Croce, Roma
2002), l’articolo «Jahwè [jahewëh; JHWH]», pp. 200ss.
10. {Vincenzo
Licciardello}
▲
■
Contributo:
Caro Martella, tuttavia, vorrei una tua opinione sul fatto che alcuni frammenti
della versione dei Settanta sembra conservino il tetragramma addirittura scritto
in ebraico. Che interpretazione dare a questi frammenti? {23-01-2012}
▬
Risposta 1 (Nicola Martella): Anche laddove
qualche copista distratto o «snob» avesse riportato il tetragramma — sebbene
spesso si trattava solo di tre «pi greco» maiuscole (il che indicava che
tale copista o non capiva l’ebraico o voleva ricordare l’illeggibilità del nome
di Dio!) — ricordiamo che gli Ebrei leggevano comunque JHWH come ’adônāj
«Signore». L’eccezione conferma solo la regola. Poi, bisognerebbe sempre
tener presente la percentuale di un fenomeno. Una rondine non fa
primavera.
Inoltre, ricordo che la Settanta è la traduzione dell’AT. Nel NT non si
trova nulla di tutto ciò.
▬
Replica 1 (Vincenzo Licciardello): Caro
Martella, tu parli di «copista distratto», ma leggendo il «Dizionario dei
concetti biblici del NT» scopro che il tetragramma viene riportato nei più
antichi frammenti della LXX finora ritrovati, è possibile che ciò sia avvenuto
solo per opera di copisti distratti? Si può avvalorare la tesi di un cambiamento
da parte dei copisti cristiani da YHWH a Kyrios, dato che il tetragramma
viene riportato dai più
antichi manoscritti mentre Kyrios viene riportato da manoscritti della
LXX successivi? I più antichi manoscritti non dovrebbero essere più attenibili
dei loro successivi? Scusa la mia insistenza, ma è un argomento, che cerco di
approfondire da un po’ di tempo a questa parte. {24-01-2012}
▬
Risposta
2
(Nicola Martella): La Settanta è la traduzione greca dell’AT fatta dai Giudei
nel 3° secolo a.C. Come detto, in alcuni manoscritti potrebbe esserci
occasionalmente il tetragramma ebraico, sebbene percentualmente ciò è
insignificante, anche tenendo presente che spesso ricorrono tre «p greco»:
ΠΠΠ; ciò mostra che i copisti di lingua greca non sapevano l’ebraico o misero
tali segni solo come segnaposto illeggibile. Inoltre, anche laddove ci fosse
stato effettivamente JHWH, gli Ebrei leggevano comunque ’adônāj,
ossia Signore. Ad avere problemi col nome storico di Dio non erano certo
i cristiani, specialmente gentili, ma proprio i Giudei. In tali cose bisogna
sempre accertare con precisione quanto segue: dove tale tetragramma
compare in un manoscritto greco dell’AT, come esso compare, la percentuale delle
ricorrenze e se si tratta proprio della Settanta (c’erano altre treaduzioni).
Ora, la Settanta non è il NT, e in quest’ultimo c’è sempre e solo
Kyrios «Signore». Quando i cristiani si appropriarono della Settanta, gli
Ebrei si fecero altre traduzioni in greco a loro più confacenti (quella
di Aquila, di Simmaco, ecc.). Quindi, a volte si parla ignorantemente della
Settanta (3° sec. a.C.), sebbene s’intendano tali traduzioni successive al tempo
degli apostoli (2° sec. d.C. in poi).
Quindi, ciò che hanno fatto gli Ebrei si può ancora approfondire (essi comunque
non leggevano mai il tetragramma come Jahwè o simili!). La questione importante
è la presenza o meno di Jahwè o simili nel NT greco quale nome usato
direttamente da Dio o dagli uomini per rivolgersi a Lui o per parlare di Lui. La
risposta è negativa. È specialmente questo che ci preme qui. Infatti, i
Testimoni di Geova proiettano l’AT sul NT, dando alla gente l’impressione
che nel NT ci sia effettivamente «Geova» come nome a se stante. Si tratta di una
aggiunta insincera e colpevole, che stravolge tutti i manoscritti greci del
NT.
▬
Replica
2
(Vincenzo Licciardello): Che i Testimoni di Geova abbiano manipolato il Nuovo
Testamento in tutti i casi, dove Kyrios è stato sostituito arbitrariamente
col termine Geova, è assodato e nessuna acrobazia esegetica riuscirà mai a
giustificare tale barbarie perpetrata ai danni del NT. Ora, dato che tutti i
manoscritti del Nuovo Testamento non riportano il tetragramma i T.d.G. hanno
avanzato l’ipotesi secondo cui furono i primissimi scribi cristiani a
sostituire il tetragramma dal Nuovo Testamento inserendo Kyrios, cosi come
fecero nella versione dei LXX. {24-01-2012}
▬
Risposta
3
(Nicola Martella): Senza prove testuali (manoscritti) rimane una
congettura, un’idea bizzarra indimostrata, che lascia il tempo che trova.
Pensare che i cristiani abbiano sostituito il tetragramma in tutte le copie
delle traduzioni greche dell’AT allora esistenti nelle mani degli Ebrei della
diaspora (e questi lo avrebbero permesso!), è inverosimile, anacronistico,
irreale e bizzarro. Se dovessimo applicare tale singolare ipotesi, nulla più
sarebbe certo, ma apriremmo le porte al soggettivismo e i portoni
all’arbitrio. I cristiani avevano altri grilli per la testa: erano
perseguitati, avevano da predicare l’Evangelo localmente, da andare in tutto il
mondo e da fare muro contro falsi maestri e falsi profeti. È singolare che lo
stesso argomento è usato negli scritti islamici, che affermano
l’islamicità della prima versione del NT e che le differenze col Corano (venuto
secoli e secoli dopo) proverrebbero dalla manipolazione del NT! Che poi la
dottrina dell’Islam e dei testimoni di Geova su Dio siano abbastanza simili, non
meraviglia per nulla!
▬
Replica
3
(Vincenzo Licciardello): Ti ringrazio per il chiarimento... {25-01-2012}
11.
{Giuseppe Donati }
▲
■
Contributo:
Il nome Geova non solamente è sbagliato, ma è offensivo nei
confronti del Signore. Quando Mosè chiese al Signore quale fosse il suo nome
ottenne per risposta: «Io sono colui che sono», anzi digli:
«L’io sono ti manda» [Es 3,14]... Dio è e basta! Perché è unico. Un nome
si dà a una persona per distinguerla dagli altri, ma essendo Dio unico, non
può avere nomi; ed è per questo che il tetragramma è impronunciabile.
Dio c’è ma non si... «vede».
Inoltre, la frase «Io sono», essendo una frase
indefinita, presuppone un’attesa e anticipa la venuta di Gesù
Cristo. Infatti, con la sua venuta il Signore si definirà: «Io sono la luce del
mondo, Io sono il buon pastore, Io sono l’acqua viva, etc. etc».
Dio vi benedica {Chiesa dei Fratelli di Sestri Ponente; 22-01-2012}
▬
Risposta (Nicola Martella): Sull’argomento
ho già scritto abbastanza. Qui mi tengo telegrafico. Il nome «Geova» è un
fraintendimento medioevale. Come alcuni allora palesarono, l’aspetto
offensivo era visto nel fatto che «Iehova» suonava abbastanza simile a
«Iove» (Giove). Il verbo ricorrente in Esodo 3,14 (jihejeh
da
hajah 1a sg.) intende non tanto l’esistenza di Dio, quanto la
sua presenza operante: «Io sono qua, io intervengo». Il nome di Dio nell’AT è
«Jahwè» (da hawah 3a sg.) «colui che è qua, colui che
interviene». Il nome completo, con cui Dio si rivelò a Israele all’interno del
suo patto, era il seguente: «Jahwè, l’Elohim
vostri padri, l’Elohim d’Abrahamo, l’Elohim d’Isacco e l’Elohim di Giacobbe…
Tale è il mio nome in perpetuo, tale la mia designazione per tutte le
generazioni» (Es 3,15s; «Elohim» =
autorità). Tale lungo nome era strettamente legato al patto con Israele; con
l’uso si preferì ridurlo a «Jahwè».
È sbagliato affermare che Dio «non può avere nomi». Oltre al nome
«Jahwè», Dio si è rivelato con altri nomi e titoli (nell’antichità erano un
tutt’uno), a seconda del patto (nel NT abbiamo il privilegio di chiamarlo
«Padre»). È anche errato affermare che il cosiddetto tetragramma sia
impronunciabile; giusto è che a «Jahwè» furono aggiunte dal Masoreti le
vocali di ’adônāj, per renderlo incomprensibile e per ricordare di
leggerlo «Signore».
La frase «io sono» (sebbene jihejeh
intendesse «Io sono qua, io intervengo») in nessuna lingua è una frase
indefinita, ma faceva parte della normale e ricorrente conversazione di tutti i
giorni. Essa non premette di per sé un’attesa, ma descrive una
condizione. Nelle affermazioni, in cui Gesù affermò «io sono ***», l’attenzione
non stava sul verbo («io sono»), ma sul nome del predicato, ossia su ciò che
seguiva, che rappresentava perlopiù una metafora (la luce del mondo, il buon
pastore, l’acqua viva, il pane disceso dal cielo, la porta, ecc.). Né Gesù
espresse (né i suoi contemporanei compresero) una connessione diretta e
specifica con Esodo 3, di cui in tali contesti non v’è traccia. I modi, con cui
Gesù attestò la sua stretta connessione col Padre, la sua provenienza da Dio e
la sua consustanzialità con Lui, erano ben altri, ed essi erano molto chiari ed
espliciti.
12. {Vari e
brevi}
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Luca Matranga: Ottimo.
Un’altra bischerata dottrinale, che hai individuata e messa a nudo. Bravo,
Nicola. {05-01-2012}
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Giancarlo Marzucchi: Hanno
incantato anche me. {22-01-2012}
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Risposta (Nicola Martella):
C’è da sperare che sei uscito completamente da
tale incantesimo, dopo essere stato baciato dalla grazia di Dio in Cristo Gesù.
Per tali bacilli ideologici c’è solo il sangue di Cristo come «antibiotico»! ;o)
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Esiste il nome Geova nei manoscritti greci del Nuovo Testamento? {Nicola Martella} (T)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/T1-Geovizzanti_affini_EdF.htm
19-01-2012; Aggiornamento: 18-02-2012 |