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   Ecco le singole parti principali:
01. La via che porta a Dio;
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GEOVA, GEOVIZZANTI E AFFINI? PARLIAMONE

 

 a cura di Nicola Martella

 

Qui di seguito discutiamo l’articolo « Geova, Geovizzanti e affini». Abbiamo visto che i Masoreti (studiosi ebraici del testo dell’AT) avevano messo sotto il cosiddetto tetragramma (JHWH) le vocali di adônāj, per ricordare agli Ebrei la prassi di leggerlo, oramai da un millennio, appunto adônāj. Abbiamo anche visto che il termine «Iehovah / Geova» era nato da un fraintendimento medioevale da parte di chi, ignorando la cultura ebraica, lesse il cosiddetto tetragramma con le vocali di adônāj (JaHoWaH → Jehovah). Ciò fu deprecato da alcuni studiosi cristiani, anche perché Iehovah (Geova) sembrava troppo simile a «Iovem», accusativo di Iupiter (Giove). Tuttavia ciò divenne una specie di moda allora e tale uso si è poi perpetuato mediante il consenso.

     Inutile ripetere che nel NT (che è greco!) Dio non ha mai parlato di sé con tale nome, nessun credente si è rivolto al Signore con tale nome né lo usarono giudei, cristiani e pagani nei loro discorsi.

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

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I contributi sul tema 

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Pietro Calenzo

2. Gianni Siena

3. Pietro Calenzo

4. Giovanna de Matteo

5. Enzo D’Avanzo

6. Michele Granato

7. Alessio Rando

8. Nicola Carlisi

9. Francesco Giordano

10. V. Licciardello

11. Giuseppe Donati

12. Vari e brevi

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Pietro Calenzo}

 

Lo spirito religioso non conosce confini. Ignoravo l’imbarazzante uso pseudo cristiano di scrivere D-O. Non ho parole. Lo spirito religioso giudaizzante era uscito dalla porta e tenta di rientrare dalle finestre, purtroppo. Spero vivamente, caro Nicola, che questo tuo studio biblico-esegetico-storico sia letto dai seguaci di tali vani «bizantismi giudaizzanti e sociniani», e che ritornino alla libertà, che ci è stata donata pienamente in Gesù Cristo. Un caro abbraccio in Gesù Messia. {25-12-2011}

 

2. {Gianni Siena}

 

Contributo: Il tetragramma è il nome di Dio nel patto tra Lui e Israele. La speciale «attenzione», in relazione con i moderni Testimoni di Geova, è una trovata propagandistica di Rutherford per distinguere i seguaci della sua linea dai russelliani irriducibili. Questi ultimi si separarono dalla Torre di guardia a causa dei cambiamenti apportati dal secondo presidente alla linea del defunto Russell. Rutherford, in relazione a un passo d’Isaia, s’inventò che essi sarebbero stati chiamati con un «nome nuovo»… «Testimoni di Geova», appunto!

     Il nome «Geova», pur essendo un «nulla» dal punto di vista esegetico, qualifica profeticamente i Testimoni di Geova come «falsi profeti» (Luca 21,8). Nella suddetta citazione Gesù mise in guardia da «molti» che avrebbero spesso detto «io sono» (= il nome di Dio in oggetto) e «il tempo è vicino». Per coloro, che sono attenti ai «segni» della venuta del Signore, non sfuggirà l’importanza che essi danno al «Nome» del Signore e, si badi bene (!), anziché pronunciarlo correttamente secondo l’antico uso (= Yahweh), tramandato dai Massoreti, lo «(s)pronunciano» così; qualunque rabbino direbbe che il termine «Geova» non esiste nel Tanakh (= Bibbia ebraica). «Yahweh» la pronuncia ancora nel primo secolo, dato che i Samaritani di Nablus (Sichem) lo pronunciano «Jabè».

     Altro aspetto importante per qualificare i Testimoni di Geova è il falso profetismo o l’annuncio dell’imminenza della fine: «Il tempo è vicino». Un vecchio libro del prolifico Russell era intitolato «The Time is at Hand», in altre parole il tempo della venuta di Gesù (= Russell ci credeva in un primo momento) era talmente «vicino» da poter essere toccato con mano (= at hand).

     Ricordiamoci sempre dell’esortazione di Gesù: «Non li seguite!» (Lu 21,8) {27-12-2011}

 

Risposta 1 (Nicola Martella): Aggiungo solo un appunto. «Jahwè» è terza persona singolare del verbo hawah «diventare» (non essere). Nella forma, che compare qui, non intende l’essere di Dio nel senso di «Egli è» (perché dovrebbe, visto che nessuno l’aveva messa in dubbio e che non stavano disquisendo di filosofia greca?), ma «Egli è qui» o «Egli interviene»: nel contesto (Es 3; 6) questa sì che era una «buona notizia»!

     Inoltre, «Jahwè» (ebraico) e «io sono ***» (greco), detto occasionalmente da Gesù, non avevano nulla a che fare. Si veda qui in Nicola Martella, Dall’avvento alla parusia, Panorama del NT 1 (Fede controcorrente, Roma 2008), nel capitolo «Giovanni» il punto 4.5. «Io sono...», pp. 154ss.

 

Replica (Gianni Siena): È vero quello che dice Nicola, ma mi baso sul «senso» delle parole del NT. Per esempio, Gesù disse ai giudei: «Prima che Abrahamo fosse nato io sono...». Voleva significare che Lui, ch’era uomo, era anche Dio (= Yahweh). I suoi uditori avevano capito e, non credendo alla sua affermazione, volevano giustiziarlo seduta stante.

     L’apostasia estrema, dell’uomo del peccato, porterà un discendente di Adamo a sedersi nel tempio ricostruito e a ricevervi onori come se fosse Dio (2 Ts 2,3s). Partendo da questa constatazione appare chiaro che le parole che Gesù mette in bocca ai futuri seguaci del falso Cristo sono di per se stesse la spiegazione della loro identità (Lc 21,8s). Essi affermano: «Io sono» e «Il tempo è vicino». I testimoni di Geova hanno detto queste parole. Se non bastasse basta considerare il tipo di «autorità» che i loro presidenti esercitano sui seguaci: una teocrazia assoluta... siamo sulla buona strada.

     Circa i T.d.G. occorre affermare anche che il loro secondo presidente era pagato dalla massoneria anticristiana (non tutta la massoneria è tale) per fare propaganda contro il cristianesimo. Molti simboli e il linguaggio della Torre di Guardia sono di provenienza massonico-esoterica... chi vuol capire capisca!

     Se qualcuno trova incredibili le mie parole posso produrre la prova di quel che dico. Riguardo a qualche manoscritto del NT contenente il Nome di Dio, paradossalmente, ne esiste uno solo ma tardivo e privo di ogni valore testuale: se uno studioso vuole trascrivere un testo greco del NT, sostituendo ai vari «Kyrios», «Theos», «despotes» l’originale significato delle parole ebraiche di Gesù e degli apostoli, riuscirebbe benissimo in questa impresa.

     Duemila anni fa l’insegnamento di Gesù fu pronunciato in ebraico. Nelle sinagoghe elleniste era in uso un greco koinè fortemente «ricalcato» sull’ebraico, come il NT illustra. Ma questa operazione non è necessaria, basta tenerne conto, e possiamo mandare a spigolare gli pseudo esegeti della Torre di guardia.

 

Risposta 2 (Nicola Martella): Non ho compreso il perché di tutti gli elementi addotti da Gianni Siena come risposta; tuttavia rispondo così come ho capito. Riguardo a Giovanni 8,58 tale presunto «consenso» tra la normale locuzione «io sono» e il nome divino Jahwè si crea soltanto, quando non si tiene presente tutto il contesto e si proiettano lì altri contenuti, che in tale brano con compaiono. È vero che Gesù affermava di esistere prima di Abramo, ma ciò non aveva nulla a che vedere con il termine Jahwè, che né Gesù né i Giudei pronunciavano e a cui essi non si riferirono esplicitamente. L’asserzione di Gesù di essere preesistente rispetto ad Abramo, era semplicemente la goccia, che faceva traboccare il vaso. Infatti Egli precedentemente affermò: «Io sono di lassù» (v. 23). «Io sono proceduto e vengo da Dio… è Lui che mi ha mandato» (v. 42; cfr. vv. 16.19.26.29); inoltre disse loro che essi erano progenie del diavolo e non erano da Dio (vv. 44ss), mentre Egli asseriva di conoscere il Padre a tu per tu (v. 55; cfr. Gv 1,1ss.14.18). Per tutto ciò vollero lapidarlo. Si noti, inoltre, che in tale brano Gesù disse diverse volte «io sono» (Gv 8,10.12.14.16.18.23ss.27.42.58), poiché faceva parte del normale modo di esprimersi, allora come oggi. [► Giovanni 18,5-8 e «son io»]

     Che ogni falso profeta possa dire mendacemente: «Io sono il Cristo», ciò non ha nulla a che fare col nome Jahwè, ma è semplicemente la normale attestazione di un’identità mediante il verbo essere.

     Che i cosiddetti testimoni di Geova arroghino a sé le cose loro ascritte (essere i giusti seguaci e le loro fallaci predizioni), è vero. Che questo loro modo di fare sia corroborato dall’appartenenza alla massoneria del loro secondo presidente, è credibile e accertato. Tuttavia, tutto ciò non ha qui direttamente a che fare col nome Jahwè e con la sua deformazione in «Geova».

     Come è stato già rimarcato l’eventuale presenza del nome di Dio in qualche tardivo manoscritto del NT, non è rilevante. Neppure la traduzione degli Evangeli dal greco in ebraico e il linguaggio sinagogale nell’ellenismo non hanno qui alcunché di sostanziale da dire sul nome di Dio, visto che gli Ebrei dicevano adônāj. Sebbene Gesù avesse insegnato, secondo i casi, in ebraico, in aramaico e, addirittura in greco (Gv 12,20-23; cfr. Gv 7,35), anch’Egli comunque da buon ebreo diceva adônāj.

 

 

3. {Pietro Calenzo}

 

Contributo: Ricordo di aver letto su un noto mensile «Il Cristiano», che i Samaritani pronunciavano jabè o Jaobè, ma poteva essere una differenzazione distintiva dialettale di quel tempo di ostracismo fra due etnie. {27-12-2011}

 

Risposta (Nicola Martella): La «b» intervocalica si leggeva «w/v». Furono i teologi cristiani del 2°-3° secolo a riportare in greco la dizione Iabè (grafema) del tetragramma per Iavè. Essi non conoscevano «Iehova», che è una fraintendimento nato secoli dopo.

 

 

4. {Giovanna de Matteo}

 

Contributo: Ma esiste il tetragramma YHWH, tradotto in Jehova, il quale lo troviamo scritto in molte chiese cattoliche. {03-01-2012}

 

Risposta 1 (Nicola Martella): A noi interessa ciò, che sta scritto nel NT, che è in greco. Lì non c’è mai il tetragramma, Jahwè, Geova e simili, ma solo Kyrios «Signore», usato sia per Dio Padre, sia per Gesù Cristo. Inoltre, nelle chiese cattoliche si trova di tutto e il contrario di tutto (mitologia, gnosticismo, idolatria, ecc.). A ciò si aggiunga che in alcune chiese il nome Iehovah o Geova si trova sul pavimento, dove tutti passano e lo calpestano! Infine, Jehova non è la traduzione (?) del tetragramma (JHWH), ma una sua falsa interpretazione medioevale.

 

Replica (Giovanna de Matteo): Gesù Cristo disse: «Io sono venuto a completare la legge, non ad abolirla»; quindi dobbiamo conoscere sia il VT sia il NT. {03-01-2012}

 

Risposta 1 (Nicola Martella): Tuttavia, se certi nomi veterotestamentari fossero stati importanti, Dio ce li avrebbe fatti mettere nel NT greco. Abbiamo visto che, fin dalla cattività babilonese (6° sec. a.C.) gli Ebrei pronunciavano il tetragramma come adônāj, cosa che corrisponde nel NT a Kyrios «Signore».

     Poter andare a Dio come «Padre» nel nome di Gesù Cristo e mediante lo Spirito Santo è un grande privilegio, e ciò deve bastare a ogni vero cristiano.

 

 

5. {Enzo D’Avanzo}

 

Contributo: Dio non rivelò, volutamente, il suo nome a Mosè, ma si limitò a dirgli: «Io sono». Questo sta a significare che Dio è per sempre. «Io sono» sarà. L’uomo lo può anche recitare, quell’«io sono», ma non lo è per sempre. Con questo, come dice Martella in un commento, è un privilegio andare a Dio; non serve altro, se non chiamarlo a titolo di rispetto e di onorificenza: «Signore [ebr. Adonai], mio Dio». Il tetragramma YHWH, seguito dall’aggettivo (ad esempio, Jirè «provvede») non è altro che il rafforzativo di Adonai, intendendo, ad esempio: «Signore Iddio, provvedi». {05-01-2012}

 

Risposta (Nicola Martella): Rimando sopra per la questione «Io sono» ed «Egli è qui», riferita al nome Jahwè. Ho detto sopra che il privilegio del nuovo patto è chiamare Dio come «Padre» o, con maggiore intimità, «Babbo» (ebr. / aram. «Abbà»; cfr. Mc 14,36 con Rm 8,15; Gal 4,6).

 

 

6. {Michele Granato}

 

Y-e-H-o-W-a-H è una mescola di due differenti termini ebraici, ed è per questo che ritengo che si debbano scrivere in modo separato. Infatti, ho volutamente scritto separatamente le consonanti del tetragramma (YHWH) dalle vocali di Adonay «Signore» (eoa), proprio perché non vanno assolutamente letti insieme, perché insieme non significano nulla. Infatti, queste vocali (eoa) sono la prova del fatto che gli Ebrei non leggono mai questo insieme di vocali e consonanti, ma leggono solo Adonay «Signore». In certi casi, leggono solo «Dio» quando compare già il termine Adonay «Signore», per non fare confusione e ripetere lo stesso termine. Che la pronuncia «Jehovah», e dei suoi affini come Geova, non sia la vera pronunzia del nome di Dio, lo testimonia lo stesso testo masoretico ebraico in cui il tetragramma è vocalizzato anche in altre maniere rispetto a Y-e-H-o-W-a-H. Per esempio in moltissime parti esso compare con le vocali di Elohim «Dio» cioè Y-e-H-o-W-ì-H, altre volte, circa 271, è vocalizzato Y-e-HW-ì-H [יְהוִה], per esempio in Ez 24,24 con lo shwa semplice sulla yod iniziale e senza «o» sulla he. Stando all’errata logica dei testimoni di Geova, Dio si chiamerebbe sia Jehovah che Jehwih, e tutto in base al testo masoretico! Ovviamente questo sarebbe del tutto assurdo! {05-01-2012}

 

 

7. {Alessio Rando}

 

Contributo: Sinceramente non capisco il perché i traduttori della Bibbia nell’AT sostituiscono il Tetragramma (JHWH / YHWH) con termini come «Signore / Signore» o «Eterno». Io non voglio sindacare sul fatto che nel NT il Nome di Dio (Jahwèh / Yahweh) non ci sia, ma nell’AT c’è, e allora perche «camuffarlo»? Spero che tu, Nicola, puoi darmi una risposta. Dopotutto la Bibbia stessa vieta di togliere o aggiungere (Ap 22,18s). {20-01-2012}

 

Risposta (Nicola Martella): Il motivo è dato dal fatto che, fin dalla cattività babilonese, gli Ebrei leggevano il tetragramma (JHWH) come adônāj «Signore». Nel terzo secolo a.C. l’AT fu tradotto in greco, lingua parlata allora dalla maggior parte degli Ebrei (essi si trovavano nella diaspora); il tetragramma letto come adônāj, fu tradotto semplicemente con Kyrios «Signore»; e da qui passò nel NT. Quindi, già nella traduzione più significativa dell’antichità (la Settanta), il tetragramma fu tradotto con «Signore». Nessuno ebbe a fare questioni, poiché nessuno sapeva allora quale fosse la pronuncia di JHWH e che cosa significasse, e la stragrande maggioranza degli Ebrei era ellenista, ossia parlava in greco. Quando i Masoreti aggiunsero le vocali al testo biblico, per non perdere la pronuncia che essi conoscevano (6° sec. d.C.), vocalizzarono JHWH con le vocali di adônāj, per renderlo illeggibile e per significare che bisognava leggerlo appunto «Signore» (adônāj).

 

 

8. {Nicola Carlisi}

 

In una nota della Nuova Diodati, è spiegato che Jehovah (reso con Eterno) in ebraico era indicato col tetragramma YHWH. La vera pronunzia di questo nome è andata perduta, perché YHWH era considerato un nome troppo sacro per essere pronunziato e anche perché nell’originale ebraico mancavano le vocali; esse furono aggiunte dai Masoreti solo nel VI secolo d.C. Quando nel testo sacro gli Ebrei incontravano YHWH solitamente leggevano Adonài. Così finirono per aggiungere al tetragramma YHWH le vocali di Adonài (eoa), e ne risultò Jehovah.

     Walter R. Martin scrisse: «Nessuno studioso che si rispetti, si opporrà ovviamente all’uso del nome di Geova nella Bibbia. Ma poiché ci sono date solo le consonanti ebraiche YHWH, la pronunzia è sempre incerta, e il volersi intestardire in maniera dogmatica su Geova significa voler infrangere i limiti di una buona linguistica, e la loro affermazione arrogante di aver ripristinato l’uso del nome divino è semplicemente penosa». {21-01-2012}

 

 

9. {Francesco Giordano}

 

Contributo: Io ho un’opinione ben chiara al riguardo: il tetragramma YHWH non è leggibile così come si trova, né tanto meno traducibile, per il semplice motivo che nessun termine ebraico biblico è stato mai tradotto letteralmente dai vari traduttori biblici, ma interpretati nel loro significato. Ad esempio, peirazò non è stato tradotto in italiano o tedesco o inglese, ma interpretato cioè ha un duplice significato: mettere alla prova o essere tentato (dipende dal contesto nel quale viene utilizzato). Allora perché il Tetragramma (che il popolo ebraico non pronunciava, ma diceva Adonai (= Signore), anziché essere interpretato con «Io sono», dev’essere tradotto in lingua italiana con Geova? Non credo che questo nome rappresenti l’eccezione! Da ciò potremmo quindi dedurre che Jehovah non è il Tetragramma con l’aggiunta delle vocali appartenenti al nome Adonài, ma è semplicemente un altro nome, che ha come significato «Eterno» (che è un attributo di Dio), che non può essere tradotto in modo letterale come alcuni... possono immaginare di fare. Dio vi benedica. {22-01-2012}

 

Risposta (Nicola Martella): Questo contributo è, purtroppo, molto contorto e poco chiaro. Il cosiddetto tetragramma (JHWH) da solo era sia leggibile che traducibile per gli Ebrei dell’AT. Anche oggi gli Ebrei scrivono in maiuscolo titoli e slogan e capiscono bene. Jahwè è la terza persona del verbo hāwāh «essere, diventare» e nella forma verbale, che compare (hifil), significa «colui che è qua, o che interviene». Non ha direttamente a che fare con la spiegazione «Io sono colui, che sono qua o intervengo», trattandosi qui della prima persona del verbo hājāh. Quindi Jahwè non significa «io sono», che è ’ëhejëh.

     Leggibile, ma incomprensibile era invece il tetragramma con le vocali di adônāj o di ëlohîm: JeHoWaH e JeHoWiH. Il motivo perché il nome Jahwè è stato reso con «Eterno» nelle vecchie traduzioni, era dovuto a un sovraccarico di significato della locuzione ebraica ’ëhejëh , interpretato come «io ero, sono e sarò»; tuttavia, «eterno» in ebraico è `ôlām. Il motivo perché il nome Jahwè è stato reso con «Signore», è derivato, come abbiamo visto, dall’antichissima tradizione di leggere il tetragramma come adônāj, da cui provennero oi anche il greco Kyrios, il latino Dominus e, quindi, l’italiano Signore. Per l’approfondimento rimando a Nicola Martella, Manuale Teologico dell’Antico Testamento (Punto°A°Croce, Roma 2002), l’articolo «Jahwè [jahewëh; JHWH]», pp. 200ss.

 

 

10. {Vincenzo Licciardello}

 

Contributo: Caro Martella, tuttavia, vorrei una tua opinione sul fatto che alcuni frammenti della versione dei Settanta sembra conservino il tetragramma addirittura scritto in ebraico. Che interpretazione dare a questi frammenti? {23-01-2012}

 

Risposta 1 (Nicola Martella): Anche laddove qualche copista distratto o «snob» avesse riportato il tetragramma — sebbene spesso si trattava solo di tre «pi greco» maiuscole (il che indicava che tale copista o non capiva l’ebraico o voleva ricordare l’illeggibilità del nome di Dio!) — ricordiamo che gli Ebrei leggevano comunque JHWH come adônāj «Signore». L’eccezione conferma solo la regola. Poi, bisognerebbe sempre tener presente la percentuale di un fenomeno. Una rondine non fa primavera.

     Inoltre, ricordo che la Settanta è la traduzione dell’AT. Nel NT non si trova nulla di tutto ciò.

 

Replica 1 (Vincenzo Licciardello): Caro Martella, tu parli di «copista distratto», ma leggendo il «Dizionario dei concetti biblici del NT» scopro che il tetragramma viene riportato nei più antichi frammenti della LXX finora ritrovati, è possibile che ciò sia avvenuto solo per opera di copisti distratti? Si può avvalorare la tesi di un cambiamento da parte dei copisti cristiani da YHWH a Kyrios, dato che il tetragramma viene riportato dai più antichi manoscritti mentre Kyrios viene riportato da manoscritti della LXX successivi? I più antichi manoscritti non dovrebbero essere più attenibili dei loro successivi? Scusa la mia insistenza, ma è un argomento, che cerco di approfondire da un po’ di tempo a questa parte. {24-01-2012}

 

Risposta 2 (Nicola Martella): La Settanta è la traduzione greca dell’AT fatta dai Giudei nel 3° secolo a.C. Come detto, in alcuni manoscritti potrebbe esserci occasionalmente il tetragramma ebraico, sebbene percentualmente ciò è insignificante, anche tenendo presente che spesso ricorrono tre «p greco»: ΠΠΠ; ciò mostra che i copisti di lingua greca non sapevano l’ebraico o misero tali segni solo come segnaposto illeggibile. Inoltre, anche laddove ci fosse stato effettivamente JHWH, gli Ebrei leggevano comunque adônāj, ossia Signore. Ad avere problemi col nome storico di Dio non erano certo i cristiani, specialmente gentili, ma proprio i Giudei. In tali cose bisogna sempre accertare con precisione quanto segue: dove tale tetragramma compare in un manoscritto greco dell’AT, come esso compare, la percentuale delle ricorrenze e se si tratta proprio della Settanta (c’erano altre treaduzioni).

     Ora, la Settanta non è il NT, e in quest’ultimo c’è sempre e solo Kyrios «Signore». Quando i cristiani si appropriarono della Settanta, gli Ebrei si fecero altre traduzioni in greco a loro più confacenti (quella di Aquila, di Simmaco, ecc.). Quindi, a volte si parla ignorantemente della Settanta (3° sec. a.C.), sebbene s’intendano tali traduzioni successive al tempo degli apostoli (2° sec. d.C. in poi).

     Quindi, ciò che hanno fatto gli Ebrei si può ancora approfondire (essi comunque non leggevano mai il tetragramma come Jahwè o simili!). La questione importante è la presenza o meno di Jahwè o simili nel NT greco quale nome usato direttamente da Dio o dagli uomini per rivolgersi a Lui o per parlare di Lui. La risposta è negativa. È specialmente questo che ci preme qui. Infatti, i Testimoni di Geova proiettano l’AT sul NT, dando alla gente l’impressione che nel NT ci sia effettivamente «Geova» come nome a se stante. Si tratta di una aggiunta insincera e colpevole, che stravolge tutti i manoscritti greci del NT.

 

Replica 2 (Vincenzo Licciardello): Che i Testimoni di Geova abbiano manipolato il Nuovo Testamento in tutti i casi, dove Kyrios è stato sostituito arbitrariamente col termine Geova, è assodato e nessuna acrobazia esegetica riuscirà mai a giustificare tale barbarie perpetrata ai danni del NT. Ora, dato che tutti i manoscritti del Nuovo Testamento non riportano il tetragramma i T.d.G. hanno avanzato l’ipotesi secondo cui furono i primissimi scribi cristiani a sostituire il tetragramma dal Nuovo Testamento inserendo Kyrios, cosi come fecero nella versione dei LXX. {24-01-2012}

 

Risposta 3 (Nicola Martella): Senza prove testuali (manoscritti) rimane una congettura, un’idea bizzarra indimostrata, che lascia il tempo che trova. Pensare che i cristiani abbiano sostituito il tetragramma in tutte le copie delle traduzioni greche dell’AT allora esistenti nelle mani degli Ebrei della diaspora (e questi lo avrebbero permesso!), è inverosimile, anacronistico, irreale e bizzarro. Se dovessimo applicare tale singolare ipotesi, nulla più sarebbe certo, ma apriremmo le porte al soggettivismo e i portoni all’arbitrio. I cristiani avevano altri grilli per la testa: erano perseguitati, avevano da predicare l’Evangelo localmente, da andare in tutto il mondo e da fare muro contro falsi maestri e falsi profeti. È singolare che lo stesso argomento è usato negli scritti islamici, che affermano l’islamicità della prima versione del NT e che le differenze col Corano (venuto secoli e secoli dopo) proverrebbero dalla manipolazione del NT! Che poi la dottrina dell’Islam e dei testimoni di Geova su Dio siano abbastanza simili, non meraviglia per nulla!

 

Replica 3 (Vincenzo Licciardello): Ti ringrazio per il chiarimento... {25-01-2012}

 

 

11. {Giuseppe Donati }

 

Contributo: Il nome Geova non solamente è sbagliato, ma è offensivo nei confronti del Signore. Quando Mosè chiese al Signore quale fosse il suo nome ottenne per risposta: «Io sono colui che sono», anzi digli: «L’io sono ti manda» [Es 3,14]... Dio è e basta! Perché è unico. Un nome si dà a una persona per distinguerla dagli altri, ma essendo Dio unico, non può avere nomi; ed è per questo che il tetragramma è impronunciabile. Dio c’è ma non si... «vede».

     Inoltre, la frase «Io sono», essendo una frase indefinita, presuppone un’attesa e anticipa la venuta di Gesù Cristo. Infatti, con la sua venuta il Signore si definirà: «Io sono la luce del mondo, Io sono il buon pastore, Io sono l’acqua viva, etc. etc».

     Dio vi benedica {Chiesa dei Fratelli di Sestri Ponente; 22-01-2012}

 

Risposta (Nicola Martella): Sull’argomento ho già scritto abbastanza. Qui mi tengo telegrafico. Il nome «Geova» è un fraintendimento medioevale. Come alcuni allora palesarono, l’aspetto offensivo era visto nel fatto che «Iehova» suonava abbastanza simile a «Iove» (Giove). Il verbo ricorrente in Esodo 3,14 (jihejeh da hajah 1a sg.) intende non tanto l’esistenza di Dio, quanto la sua presenza operante: «Io sono qua, io intervengo». Il nome di Dio nell’AT è «Jahwè» (da hawah 3a sg.) «colui che è qua, colui che interviene». Il nome completo, con cui Dio si rivelò a Israele all’interno del suo patto, era il seguente: «Jahwè, l’Elohim vostri padri, l’Elohim d’Abrahamo, l’Elohim d’Isacco e l’Elohim di Giacobbe… Tale è il mio nome in perpetuo, tale la mia designazione per tutte le generazioni» (Es 3,15s; «Elohim» = autorità). Tale lungo nome era strettamente legato al patto con Israele; con l’uso si preferì ridurlo a «Jahwè».

     È sbagliato affermare che Dio «non può avere nomi». Oltre al nome «Jahwè», Dio si è rivelato con altri nomi e titoli (nell’antichità erano un tutt’uno), a seconda del patto (nel NT abbiamo il privilegio di chiamarlo «Padre»). È anche errato affermare che il cosiddetto tetragramma sia impronunciabile; giusto è che a «Jahwè» furono aggiunte dal Masoreti le vocali di ’adônāj, per renderlo incomprensibile e per ricordare di leggerlo «Signore».

     La frase «io sono» (sebbene jihejeh intendesse «Io sono qua, io intervengo») in nessuna lingua è una frase indefinita, ma faceva parte della normale e ricorrente conversazione di tutti i giorni. Essa non premette di per sé un’attesa, ma descrive una condizione. Nelle affermazioni, in cui Gesù affermò «io sono ***», l’attenzione non stava sul verbo («io sono»), ma sul nome del predicato, ossia su ciò che seguiva, che rappresentava perlopiù una metafora (la luce del mondo, il buon pastore, l’acqua viva, il pane disceso dal cielo, la porta, ecc.). Né Gesù espresse (né i suoi contemporanei compresero) una connessione diretta e specifica con Esodo 3, di cui in tali contesti non v’è traccia. I modi, con cui Gesù attestò la sua stretta connessione col Padre, la sua provenienza da Dio e la sua consustanzialità con Lui, erano ben altri, ed essi erano molto chiari ed espliciti.

 

 

12. {Vari e brevi}

 

Luca Matranga: Ottimo. Un’altra bischerata dottrinale, che hai individuata e messa a nudo. Bravo, Nicola. {05-01-2012}

 

Giancarlo Marzucchi: Hanno incantato anche me. {22-01-2012}

Risposta (Nicola Martella): C’è da sperare che sei uscito completamente da tale incantesimo, dopo essere stato baciato dalla grazia di Dio in Cristo Gesù. Per tali bacilli ideologici c’è solo il sangue di Cristo come «antibiotico»! ;o)

 

Esiste il nome Geova nei manoscritti greci del Nuovo Testamento? {Nicola Martella} (T)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/T1-Geovizzanti_affini_EdF.htm

19-01-2012; Aggiornamento: 18-02-2012

 

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