Qui di seguito discutiamo l’articolo «I
due profeti apocalittici». In esso Benito Viapiana (Canada) e Nicola Martella si confrontano sui due personaggi
escatologici di Apocalisse 11. Secondo la sua tesi, si tratterebbe di
Enok e di Elia. Altri parlano di Mosè ed Elia. Altri ancora lasciano
del tutto il terreno dell'esegesi contestuale di Apocalisse 11, che parla chiaramente di persone, e usando strane
«alchimie» allegoriche, presentano concezioni di natura «simbolica»,
dettate dal loro arbitrio o dalla loro fantasia.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e
opinioni?
Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster
(E-mail)
Attenzione! Non si accettano contributi anonimi o con nickname, ma solo quelli
firmati con nome e cognome! In casi particolari e delicati il gestore del sito
può dare uno pseudonimo, se richiesto.
I contributi sul tema
▲
(I
contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.
I
contributi attivi hanno uno sfondo bianco)
Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante
1. {Angelo
Ficara}
▲
■ Contributo: Shalom,
Nicola. Secondo me, per capire meglio chi saranno questi due profeti, ci
potrebbe essere utile conoscere cosa pensavano gli ebrei del tempo su
questi due ulivi. Questi due ulivi erano considerati dagli ebrei il regno di
Giuda e quello d’Israele, quindi due popoli e non due persone. Ora
trasportandoci negli ultimi tempi, capiremmo che il regno di Giuda e quello
d’Israele non esistono più, quindi in Apocalisse questi due ulivi
ripresenteranno altri due generi di popoli, che a mio avviso saranno gli
ebrei e i gentili, entrambi testimoni del Dio altissimo, i primi testimoni
del primo patto e gli altri testimoni del nuovo patto. Shalom. {alias Yeshùa Il
Messia; 20-09-2010}
▬ Risposta Nicola Martella): Per dire che cosa pensassero gli Ebrei del tempo di
Giovanni su questi «due ulivi», ci vogliono fonti scritte e possibilmente
giudeo-cristiane. Il Talmud, l’opera dei Giudei storici, se a ciò ci si vuol
riferire, è nella sua redazione finale un’opera medioevale.
In ogni modo, è alquanto fantasioso vedere nei due profeti escatologici i due ex
regni di
Efraim e di Giuda. Tali due regni erano finiti rispettivamente nel 722 a.C.
e nel 586 a.C. e non furono mai più ricostruiti come regni indipendenti nei
confini precedenti. Altresì fantasiosa è l’idea che tali «simboli»
rappresenterebbero Ebrei e Gentili, ossia il primo e il secondo patto.
I «secondo me» e i «a mio avviso» non sono prove, ma solo enunciati. Dove sono
le prove esegetiche nel testo di Apocalisse 11 per tale concezione?
In Apocalisse 11 si tratta di persone reali e non di simboli. Simboli non
hanno il potere sul fuoco (v. 5), sulle nubi e sulle acque (v. 6). Le persone
muoiono (v. 7), i simboli no. È difficile vedere i cadaveri di due «simboli»
(antico e nuovo patto) stare per tre giorni per terra sulla piazza di
Gerusalemme (vv. 8s), mentre le nazioni pagane festeggiano al riguardo (v. 10),
per poi essere risuscitati e richiamati nella trascendenza (vv. 11s). [Faccio notare che Angelo Ficara è un anti-trinitario
di matrice giudaizzante e crede come gli antichi Ebioniti che Gesù era
soltanto un uomo (www.regnomessianico.it)].
▬ Replica (Angelo
Ficara): Shalom, fratello Nicola, volevo solo chiarire che il mio precedente
intervento voleva essere solo una possibile ipotesi. In realtà non mi è
chiaro chi potrebbero essere questi due testimoni, infatti le scritture dicono
veramente poco di loro. Comunque non credo che si trattino di vecchi
personaggi biblici che ritornano, ma potrebbe invece trattarsi di uomini
con lo stesso spirito (per spirito intendo lo stesso ministero, le stesse
qualità) di Mosè ed Elia. Shalom {22-09-2010}
2. {Vincenzo
Russillo}
▲
Il
parallelo con Mosè e Elia o altri profeti è sicuramente una teoria
affascinante, ma non regge a un’analisi biblica. Una lettura di Malachia 4,5-6
potrebbe sembrare designare Elia, poiché c’è scritto: «Ecco, io vi
mando il profeta Elia, prima che venga il giorno del Signore,giorno grande e
terribile. Egli volgerà il cuore dei padri verso i figli, e il cuore dei figli
verso i padri, perché io non debba venire a colpire il paese di sterminio».
Tuttavia, bisogna tener conto di altri aspetti, che voglio presentare qui di
seguito. Il secondo testimone potrebbe essere Mosè, ma è già morto.
Allora perché non Enoc? È vero le Scritture ci dicono che non ha
conosciuto la morte (Genesi 5,24). Inoltre in Ebrei 11,5 troviamo scritto: «Per
fede Enoc fu rapito perché non vedesse la morte; e non fu più trovato, perché
Dio lo aveva portato via; infatti prima che fosse portato via ebbe la
testimonianza di essere stato gradito a Dio». Bisogna considerare che se
anche Elia e Enoc non hanno conosciuto la morte, entrambi sono nella gloria di
Dio, la stessa condizione in cui si troveranno i credenti al ritorno di Cristo:
«Ecco, io vi dico un mistero: non tutti morremo, ma tutti saremo trasformati»
(1 Corinzi 15,51).
Il testo sembra indicare una figura più vicina a Mosè come uno dei due
testimoni; infatti egli mutò in acqua in sangue, ma è già morto e la
reincarnazione non è una dottrina biblica: «Come è stabilito che gli uomini
muoiano una volta sola, dopo di che viene il giudizio» (Ebrei 9,27).
L’ipotesi più probabile alla luce delle Scritture è quindi che non sia alcun
profeta indicato già nel Vecchio Testamento, ma due «normali» credenti
che, ripieni dello Spirito Santo, potranno fare gli stessi prodigi e segni di
Elia e Mosè. {20-09-2010}
3. {Benito
Viapiana}
▲
Carissimo Nicola, shalom anche a te. Ho
ricevuto la tua e-mail, dove ho trovato il mio articolo pubblicato. Quasi non ci
speravo più... ma ricordo benissimo che mi avevi detto: «Non appena avrò del
tempo, lo guarderò». Ciò mi fa capire che sei una persona integra nel vero senso
sella parola.
Voglio ringraziarti del tempo che hai speso
nell’esprimere il tuo parere, e la tua onestà. Ognuno di noi, abbiamo delle idee
proprie, che ci siamo formate ascoltando delle predicazioni e degli studi. Ma
quello che conta è che dobbiamo essere aperti all’ammaestramento dello Spirito
Santo di Dio. E come tu dici in conclusione, e dici benissimo: «È un mistero che
solo Dio sa». Questa è la verità. Di nuovo grazie del tempo che impieghi per
rispondere alle lettere dei tuoi lettori. Dio te ne renda merito. {20-09-2010}
4. {Guerino De
Masi}
▲
La riflessione su
questa questione è utile per non fossilizzarsi su predicazioni trite e ritrite e
date per assunto in ambito escatologico caro a tanti «predicatori» nelle
assemblee, almeno di qualche anno fa.
Non posso scordare i famosi poster «da Eternità a Eternità», con i quali
tutto è schematizzato e dato per scritturale e dottrinale.
Nell’esposizione di Benito Viapiana, è fatta menzione di «profeti» includendo
nella lista uomini di Dio, che anche a me non sembrano tali: «Enok, Noè, Mosè,
Giosuè, Samuele, Sansone, Elia e tanti altri».
Di questi,
Elia è chiaramente indicato dalla Scrittura quale profeta, e gli altri, ma
non Sansone, Enoc o Noè. Vedere Enoc come probabile componente dei due
«ulivi» o testimoni escatologici, richiede uno sforzo notevole se non una
forzatura.
La motivazione che lo candiderebbe al ruolo è il brano che si cita con enfasi di
Ebrei 9,27: «Come è stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, dopo
di che viene il giudizio...». Non si tiene però conto anche di 1 Corinzi
15,50: «Ora io dico questo, fratelli, che carne e sangue non possono
ereditare il regno di Dio; né i corpi che si decompongono possono ereditare
l’incorruttibilità....».
Enoc, Mosè, Elia... non hanno dunque potuto entrare nell’incorruttibilità
con il loro corpo e il loro sangue. Se, dunque, non attraverso la morte fisica,
un cambiamento di trasformazione dev’essere di sicuro accaduto. E fin qua niente
di nuovo su quanto Nicola ha ampiamente ed esegeticamente condiviso.
Chiedo però a Nicola di tenere in considerazione i casi particolari di
persone che «morirono due volte»! Dal figlio della vedova di Sarepta
risuscitato dal Signore tramite il profeta Elia (1 Re 17), al giovanotto Eutico
caduto dalla finestra e ricondotto vivo da Paolo a Troas (Atti 20), passando per
Lazzaro risorto dal Signore Gesù, dopo quattro giorni dalla sua morte (Gv 11)...
e altri ancora.
Puoi dare gentilmente il tuo pensiero in relazione a quanto leggo sulle tue
osservazioni e obiezioni? Grazie. {21-09-2010}
5. {Nicola
Martella}
▲
Chiaramente ciò che
chiede il lettore del contributo precedente va di là dal tema trattato. I
casi di «risurrezione» di persone appena decedute è cosa ben differente
da persone storiche, morte da molti secoli e che ritornerebbero in vita per
morire nuovamente (p.es. Mosè ipotizzato come uno dei «due olivi»). Nel primo
caso, sono passate poche ore o pochi giorni dalla morte.
In alcune situazioni, narrate dalla Scrittura, si parla del fatto che lo
«spirito (anima, vita) tornò in lui / lei» (Lc 8,55), ossia il soggetto
riacquistò conoscenza e si comportò da essere vivente. Nel caso della ragazza,
sembra che si è trattato di coma o morte apparente, da cui Gesù richiamò:
«Ella non è morta, ma dorme» (Lc 8,52). Nel passato non poche persone
furono seppellite, perché credute morte. Anche ciò che fece Elia, appare
per certi versi come una specie di rianimazione: «Si distese quindi
tre volte sul fanciullo». Egli pregò Dio: «Fa’
tornare l’anima
del fanciullo nel suo interiore» (1 Re 17,21). Poi si legge: «E l’Eterno
esaudì la voce d’Elia: l’anima del fanciullo
tornò nel suo interiore, ed egli divenne
vivente» (v. 22).
Nel caso di
Lazzaro non sappiamo se si era trattato di coma, morte apparente o di morte
reale con successivo inizio di putrefazione. Gesù sembra che non lasciasse
dubbi: «Lazzaro è morto» (Gv 11,14). Poi, al suo arrivo, Lazzaro «era
già da quattro giorni nel sepolcro» (v. 17). E per Marta il caso era chiaro:
«Egli puzza già, perché siamo al quarto giorno» (v. 39). È comunque
singolare che Gesù non disse: «Lazzaro, risorgi o levati!», ma «Lazzaro,
vieni fuori!» (v. 43), cosa che il «morto» poi fece (v. 44).
C’è ancora il caso di Tabita, in cui Pietro disse: «Tabita, lèvati!»
(At 9,40). Nel caso di Eutico non si trattò di morte ma di tramortimento:
«Paolo, sceso a basso, si buttò su di lui, e abbracciatolo, disse: “Non fate
tanto strepito, perché l’anima sua è in
lui”» (At 20,10).
Un caso singolare è costituito dal fatto che alla morte di Gesù molti morti
credenti furono risvegliati e che uscirono dalle tombe, dopo la sua
risurrezione: «Le tombe s’aprirono, e molti
corpi dei santi, che dormivano, furono risuscitati; e, dopo la sua
risurrezione, uscirono dai sepolcri, ed entrarono nella santa città, ed
apparvero a molti» (Mt 27,52s). Chiaramente, essendo Cristo la «primizia»,
essi lo seguirono come «raccolta» preliminare.
Come si vede, per i morti da lungo tempo (patriarchi, Mosè) l’unico modo per
ritornare nel corpo, è la risurrezione. Il corpo risuscitato non è più
soggetto alla morte. Sebbene alcune persone come Enok ed Elia possono
essere passati alla trascendenza, subendo una certa trasformazione che permette
loro di esistere nell’aldilà senza gustare la morte, ciò non li candida a essere
i «due ulivi» di Apocalisse 11 già a motivo di tale mutamento. Inoltre, se hanno
ragione coloro, che presumono che la risurrezione dei credenti morti e la
trasformazione di quelli viventi avverrà prima del
«giorno del Signore», allora tanto più non saranno Enok ed Elia, poiché i
resuscitati non sono più soggetti alla morte.
6. {}
▲
7. {}
▲
8. {}
▲
9. {}
▲
10. {}
▲
11. {}
▲
12. {}
▲
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/T1-Due_profeti_apocalittici_Esc.htm
21-09-2010; Aggiornamento: 23-05-2012
|