Qui di seguito continuiamo la discussione cominciata nel tema «Deità
di Gesù e autorità del NT? Parliamone 1». Quest'ultimo offriva
spazio per discutere l'articolo «Deità
di Gesù e autorità del Nuovo Testamento», in cui alle tesi di Alessandro Esposito
seguivano le osservazioni e le obiezioni di Nicola Martella.
►
Conduttore antitrinitario nelle chiese valdesi {Nicola Martella} (A)
►
Conduttore antitrinitario nelle chiese valdesi? Parliamone {Nicola Martella} (T)
►
Correlazione fra Padre e Figlio nella Deità {Nicola Martella} (D)
►
Deità, Trinità e Cristo {Nicola Martella} (D)
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1.
{Marcello Favareto} ▲
Umili commenti sul
tema della posizione teologica d’Alessandro Esposito e relative analisi di
Nicola Martella.
Caro Nicola, scrivo questi miei commenti, come ormai è mia consuetudine, quasi
di getto e quindi a rischio d’errori o deformazioni causati dalle prime reazioni
che i tuoi commenti suscitano (buon segno...). Quindi considera come esplicitate
tutte le richieste di perdono per giudizi avventati, commenti non troppo
ponderati, valutazioni affrettate, ecc., ecc.
■ 1. Da ignorante qual sono, ma anche ignaro dei retroscena e dei presupposti
culturali che stanno, o che immaginiamo stiano, dietro certi termini e certi
linguaggi, devo confessare che la lettura dei quattro punti della precisazione
d’Esposito mi hanno trovato sostanzialmente concorde, non mi hanno scandalizzato
per nulla. Anzi ho apprezzato il senso d’umiltà e, se vogliamo, di «debolezza
dogmatica».
Sarò forse più semplice d’una colomba, certamente non sono astuto come un
serpente... Quindi solo dalla tua risposta sono venuto a conoscere quel che
veramente c’è (o si suppone che sia?) dietro.
■ 2. Non mi sembra che la tua prima obiezione colga esattamente nel segno. Tu
dici: «L’anima delle tesi è il metodo storico-critico e, quindi, il liberalismo
teologico, che non crede che il NT sia interamente l’autorevole “Parola di Dio”,
ma sarebbe la semplice espressione d’umane teologie diverse e, in parte,
contrastanti fra loro. Da ciò deriva il resto delle tesi del mio interlocutore».
Non obbietto sulla critica al metodo storico-critico, ma mi sembra che Esposito
non dica esattamente ciò. Lui scrive: «Vi sono poi passi del Secondo Testamento
alla luce dei quali è del tutto plausibile inferire l’attribuzione della
divinità a Gesù sin dal cristianesimo delle origini. Quest’ultimo, però, circa
tale questione, non si pronunciò in maniera unanime e, almeno sino alle
decisioni conciliari, l’orientamento in tal senso fu plurale». E aggiunge: «Non
nego la liceità della formulazione conciliare del dogma trinitario: nego
soltanto che essa possa costituire l’unica interpretazione plausibile della
relazione tra Padre, Figlio e Spirito Santo, così come essa è riferita dagli
scritti neotestamentari». E, inoltre, aggiunge: «La ricerca potrà eventualmente
ratificare le conclusioni codificate dalla tradizione dogmatica: ma si tratterà
comunque d’un approdo, non d’una premessa».
Mi pare che lui dica che all’inizio della vita della chiesa le idee non erano
completamente chiare e non erano identiche dappertutto, ma si sono venute
chiarendo fino a essere congelate nella formulazione conciliare.
Tu, mi sembra, invece affermi che il NT è interamente l’autorevole Parola di
Dio, cioè esso sarebbe un trattato di teologia completamente coerente senza
sfumature, senza un segno di sviluppo storico e tantomeno contraddizioni (pena
il crollo della Verità).
■ 3. Se capisco bene, all’idea di «tanti cristianesimi» che avrebbero poi
trovato un punto di coagulo nelle definizioni conciliari tu obietti che della
trinità non si discusse mai, come invece successe per la questione dei gentili,
in un concilio e ciò è vero. D’altra parte, proprio il fatto che ci fossero
tante correnti di pensiero, energicamente combattute da Paolo e non solo da lui,
non dimostra che le idee diverse circolavano? Certo furono combattute e non
integrate, ma tant’è...
■ 4. Infine vorrei dire che le battaglie teologiche per l’affermazione della
dottrina e della Verità mi fanno sempre un po’ paura. Mi sembrano talvolta il
frutto dell’illusione di poter capire, descrivere con concetti umani una realtà
che per principio trascende la nostra realtà, la nostra comprensione. Essere
umili, non pretendere di poter fare affermazioni categoriche, ammettere di non
capire, accettare il mistero credo siano gli atteggiamenti corretti da tenere.
Forse persino il concetto di verità, che automaticamente s’accende nella nostra
mente al solo sentire questa parola, è più greco che biblico. Mi chiedo quindi
se non soffriamo tutti d’una deformazione culturale e intellettuale anche quando
leggiamo la Parola.
Mi chiedo se il Signore ci valuterà veramente sulla base delle sane dottrine
sostenute e della nostra ortodossia teologica o non piuttosto in base a ben
altri frutti, manifestazione dello Spirito. {19-05-2009}
2.
{Nicola Martella} ▲
Le premesse parlano
da sé. Avrebbe fatto al caso un po’ di maggiore sintesi e anche l’umiltà di
ammettere di non conoscere il metodo storico-critico né la questione teologica
che è sottintesa. Le mie riflessioni si basano su premesse teologiche, che
Alessandro Esposito ben conosce (ma presumo Marcello Favareto no) e che sono
disseminate in tutto il sito della chiesa valdese di Trapani. È come se, ad
esempio, due ingegneri (spaziali, informatici, ecc.) parlassero fra loro,
premettendo tutto un bagaglio tecnico e un linguaggio settoriale, e una persona
esterna — non conoscendo tutto ciò — facesse riferimento solo a ciò che pensa di
comprendere. Così chi non conosce a fondo il metodo storico-critico, la teologia
liberale e la questione del cosiddetto «Gesù storico» e del «Cristo della fede»,
interpreta quel che legge senza ciò che sottintende, anzi può trovare attraenti
certe idee e rimanere perplesso dinanzi a chi critica tali approcci.
■ 1. In parte ciò è accaduto a Marcello Favareto. Egli ammette di essere «ignaro
dei retroscena e dei presupposti culturali», ma poi simpatizza con le tesi di
Alessandro Esposito, quasi come una mamma che soccorre un bambino che crede in
difficoltà. Sarebbe stato meglio, a mio avviso, in tali casi, fare più domande
che dare pretendere di dare risposte.
■ 2. Marcello Favareto cita ciò che ho detto io e ciò che ha affermato il mio
interlocutore. Se avesse letto la mia analisi al suo primo articolo [►
Conduttore antitrinitario nelle chiese valdesi] e andasse a leggere
quest’ultimo sul sito [«Ma
Gesù è Dio?»] o fosse a conoscenza di tutto l’epistolario intercorso
fra lui e alcuni lettori, anch’esso su tale sito, saprebbe che Alessandro
Esposito privilegia i Sinottici (Mt-Lc) a discapito degli scritti di Giovanni,
che non ritiene fonte autorevole, a cui attingere informazioni attendibili per
formulare un’immagine corretta di Gesù. È tipico del metodo storico-critico
discriminare fra gli scritti del NT e attribuirne alcuni a tardivi autori del 2°
secolo d.C. e non agli autori, che gli scritti stessi dichiarano. Mi verrebbe da
chiedere con Filippo: «Intendi tu le cose che leggi?» (At 8,30). Se il
lettore avesse risposto come l’eunuco: «E come potrei intenderle, se alcuno
non mi guida?» (v. 31), ci sarebbe stato luogo a spiegargliele meglio.
Purtroppo ammettere la propria eventuale ignoranza in una certa cosa, ma poi
passare a fare l’analista e il censore, non aiuta nella ricerca della verità.
Chi pensa di avere delle lacune cognitive, fa meglio a chiedere, invece di fare
da arbitro.
Alessandro Esposito prospetta nel NT una visione di teologie diverse nella
chiesa e di scuole di pensiero diverse fra i differenti referenti (apostoli,
Paolo, Giacomo, ecc.), in pieno contrasto fra loro. Per «formulazione
conciliare» intende i concili dell’era imperiale (da Costantino in poi). Il NT
non è un «trattato di teologia», ma le testimonianze dei testimoni oculari e gli
insegnamenti degli apostoli. Tra gli apostoli (i Dodici, Paolo, ecc.) e gli
altri dignitari delle chiese (p.es. Giacomo) non troviamo contraddizioni
riguardo all’Evangelo e a Gesù Cristo. Questa era la massima dottrina del nuovo
patto e come tale faceva da spartiacque fra ortodossia apostolica e falsi
maestri (Gal 1,8s; 2 Cor 11,4).
■ 3. Il fatto che c’erano idee che s’infiltravano nel cristianesimo,
specialmente dal fronte giudaico, sia di stampo legalista (Gal 1,8s), sia di
stampo gnostico (2 Cor 11), non significa che questa fosse la linea della chiesa
apostolica. Non si può essere così ingenui dal dare ad alcuni falsi maestri uno
status di teologi del cristianesimo apostolico.
I gruppi di destinazione dell’evangelizzazione erano diversi (Giudei e Gentili;
Gal 2,6ss), ma non l’Evangelo stesso. Infatti Paolo scrisse: «E quando
[quelli che godono maggior considerazione] conobbero la grazia che m’era stata
accordata, Giacomo e Cefa e Giovanni, che sono reputati colonne, dettero a me ed
a Barnaba la
mano d’associazione perché noi
andassimo ai Gentili, ed essi ai circoncisi» (v. 9). La loro teologia
intorno all’Evangelo era la stessa e non fu mai oggetto di polemica. Durante il
Concilio di Gerusalemme furono proprio Pietro e Giacomo a opporsi ai tentavi dei
farisei cristianizzati di giudaizzare i Gentili (At 15,1.5). Pietro parlò al
riguardo di tentare Dio (v. 10) e Giacomo di molestia (v. 19). Nella lettera
conciliare essi scrissero, su suggerimento di Giacomo, che «alcuni, partiti
di fra noi, vi hanno turbato coi loro discorsi, sconvolgendo le anime vostre,
benché non avessimo dato loro mandato di sorta» (v. 24), prendendo così le
distanze da tali falsi maestri giudeo-cristiani. Nella sua epistola Pietro rese
omaggio a Paolo e alle cose da lui scritte nelle sue epistole, affermando poi: «Nelle
quali epistole ci sono alcune cose difficili a capire, che gli uomini ignoranti
e instabili torcono, come anche le altre Scritture, a loro propria perdizione»
(2 Pt 3,15s). Non si può confondere quindi le «colonne» della chiesa apostolica
con alcuni falsi maestri!
■ 4. Le ginocchia tremano in genere solo alle persone che non hanno abbastanza
zelo e vigore per la verità. Che dovremmo dire di tutti i personaggi biblici che
sono entrati nella breccia per la parola del Signore. L’apologetica è stata fin
da subito (cfr. At 7) una delle colonne portanti del cristianesimo, insieme
all’evangelizzazione, all’istruzione biblica e all’assistenza. Rifugiarsi nel
«mistero» che trascende la realtà, è un argomento pericoloso per le chiese e i
credenti, poiché relativizza la rivelazione scritturale ed apre le porte
all’arbitrio di falsi maestri d’ogni sorta e ai lupi famelici (At 20,29s). Ciò
che Dio ha rivelato, può essere analizzato mediante una corretta esegesi
contestuale e può essere compreso.
Esiste una «umiltà» di comodo, che ha bisogno del «mistero» come paravento. La
più grande umiltà è il «timor di Dio» e insistere su ciò che «sta scritto»,
come hanno fatto Gesù e gli apostoli. È il praticare il «non oltre quel che è
scritto» che fa evitare che ci si gonfi d’orgoglio e si prenda partito per
questi o quegli (1 Cor 4,6). Se non si vuole scadere nelle «profane ciance»,
progredire nell’empietà o sviarsi dalla verità, si fa bene a praticare questa
raccomandazione di Paolo rivolta a Timoteo riguardo a una corretta esegesi: «Studiati
di presentare te stesso approvato
dinanzi a Dio: operaio che non abbia ad esser
confuso, che
tagli rettamente la parola della
verità» (2 Tm 2,15ss).
Le disquisizioni riguardo al «concetto di verità» del lettore, che paventa che
esso sia «più greco che biblico», lasciano il tempo che trovano. Gli scrittori
stessi della Bibbia non avevano dubbi. Il Salmista cantava: «La somma della
tua parola è verità; e ogni sentenza della tua giustizia [dura] in perpetuo»
(Sal 119,160); similmente insegnava Gesù (Gv 17,17). A ciò si aggiunge la
pretesa di Gesù stesso di essere la Verità (Gv 14,6). Paolo non aveva dubbi ad
affermare che «parola della verità» è «l’Evangelo della vostra
salvezza» (Ef 1,13). Altra cosa è chi gira le spalle alla «manifestazione
della verità», «falsificando la parola di Dio» (2 Cor 4,2).
Come ci giudicherà il Signore? Paolo non aveva dubbi: «Dio giudicherà i
segreti degli uomini per mezzo di Gesù Cristo, secondo il mio Evangelo» (Rm
2,16). Quindi riguardo all’Evangelo, il cui contenuto è Gesù stesso, la sua
persona, la sua opera, ecc., è bene non fare sconti a nessuno.
3. {Calogero Fanara} ▲
Caro Nicola, mi ha
fatto un vero piacere di leggere questo tuo articolo con tutti i commenti, e
spiacente dirlo, ma le cose sono rimaste tali e quali li avevo capite sin
dall’inizio. Alessandro Esposito ha un problema: o si spiega male, o si
compiace nell’ambiguità. Prima si scusa e poi giustifica le sue convinzioni
eretiche, per cui dubito sul suo intento di «approfondire» le sue ricerche al
riguardo. Vi invito tutti ad andare a leggere tutti gli interventi d’Alessandro
sul sito della chiesa valdese di Trapani, per rendervene conto da voi stessi,
cliccando su «articoli recenti», «chiarimenti» e «lettera aperta», sperando che
siano ancora visibili.
Il webmaster Franco D’Amico, come hai detto bene, ne sa meno sui
presupposti d’Alessandro di quanto ne sai tu e di quanto altri hanno ben capito,
altro che «sforzo intellettuale»... Non solo, il D’Amico è secondo me anche lui
molto ambiguo, perché in una sua e-mail, mandatami in privato, ha chiaramente
condiviso i presupposti d’Alessandro, affermando che si poteva essere cristiani
pur non credendo alla divinità di Cristo, dando come esempio gli «ariani». Da
quando ho ribadito le verità dottrinali (con riferimenti biblici al riguardo),
per contraddire questa sua affermazione, non ci è voluto tanto tempo per
censurarmi e dirmi: «Quindi non procederò ad altre convalide dei tuoi
interventi».
Per cui credo che costoro ci stanno prendendo in giro, dimostrando una
disonestà intellettuale molto arrogante e una profonda ignoranza biblica
riguardo alle dottrine basilari della fede cristiana. Questo lo puoi pubblicare,
m’assumo le mie responsabilità. Sono settimane che ci stanno prendendo in giro e
questo non lo posso accettare, sopratutto da persone che professano d’essere
cristiane e che si vantano d’essere difensori del libero confronto!
Mi è stato detto che io «buttavo fango» sulla
facoltà valdese, mi è stato detto che ero un «cane che sputa dove si
mangia», eppure, lo stesso Alessandro dice sul sito che le sue opinioni hanno
provocato profondo dissenso anche all’interno della sua chiesa! Saranno forse
anche loro dei cani? Saranno anche loro farisei polemici? Indipendentemente dai
miei interventi, le idee di questo candidato al ministero hanno scottato tanti
credenti, anche nell’ambito valdese, per cui ritengo che le accuse del webmaster
nei miei confronti sono ingiuste e motivate da una profonda antipatia personale.
Ho scritto alla Tavola Valdese ma non ho ancora ricevuto nessuna risposta
in merito, tranne la conferma della segretaria che mi ha assicurato d’avere
inoltrato la mia e-mail alle persone incaricate per rispondermi. Mi piacerebbe
tanto avere una loro risposta, così vedremo se tale sviamento dottrinale è
conciliabile con la Confessione di Fede valdese. {20 maggio 2009}
4. {Gianni Siena} ▲
La Deità di Gesù è
la realtà meglio attestata dal NT.
■ Figlio dell’Altissimo / di Dio.
■ Kyrios (Adonai) «Signore» quale sostitutivo di Jahwè.
■ Uguale al Padre.
■ Uno con Dio.
Questo è un elenco
incompleto delle «pretese» di Gesù Cristo, attestate nei Vangeli, che Lo misero
a rischio più volte d’essere lapidato dai suoi connazionali, che non scherzavano
affatto con la loro religione.
L’idea che i Vangeli siano il frutto d’una più tarda redazione nel 2° secolo, è
frutto d’autentica malafede degli studiosi occidentali e dei rabbini ebrei...
Gesù morì, invece, per aver affermato la sua Identità Divina. Carsten Thiede, un
autorevole professore di greco del NT, sulla base di dati nuovi ma
inoppugnabili, ha ridatato un manoscritto di Matteo (già datato nel 2° secolo)
al periodo 70/80 d.C. I Vangeli sono venuti all’esistenza, così come sono, tra
il 30 e il 70 d.C: le numerose «varianti finali» di Marco attestano che, dalla
predicazione di Pietro (ormai «standardizzata» per meglio essere ricordata), più
«mani» lo trascrissero, anche indipendentemente dal cugino di Barnaba. Nei
frammenti rinvenuti a Qumran ce n’è uno che potrebbe essere appartenuto a un
manoscritto greco del suddetto evangelista: padre O’Callaghan lo data del 40/50
d.C., vent’anni al massimo dopo la morte di Gesù.
Esposito, oltre a un serio ripensamento sul «suo» personale cristianesimo,
dovrebbe riflettere anche su questi dati. Shalom… {20 maggio 2009}
5. {Calogero Fanara} ▲
Marcello Favareto
scrive: «D’altra parte, proprio il fatto che ci fossero tante correnti di
pensiero, energicamente combattute da Paolo e non solo da lui, non dimostra che
le idee diverse circolavano? Certo furono combattute e non integrate, ma
tant’è…».
Appunto! Da quale parte si trova il candidato al ministero pastorale della
Chiesa valdese di Trapani? Dalla parte di Paolo che combatte l’eresia per amor
di Cristo o dalla parte degli eretici o simpatizzanti dell’eresia? È questo il
dibattito. Ed è questo che ha sconvolto tanti di noi, visto che ci aspettiamo da
un pastore valdese che difenda le verità fondamentali del Vangelo, non perché si
debba recitare dei dogmi senza riflettere, ma perché tutta la Bibbia non lascia
nessun dubbio riguardo la divinità di Cristo!
Non solo il
suddetto non combatte affatto l’eresia, ma applica molta più energia ad
accogliere e diffondere il dubbio, ossia molta ambiguità al riguardo. E questo
non è normale da parte d’un seguace di Cristo e ministro del culto evangelico.
Se lui confessa di non essere ancora esperto e di non essere convinto dalla
deità di Cristo, cosa ci fa allora sul pulpito? Con quale convinzione potrà egli
trasmettere la dottrina che emana da questa verità?? Su quale fondamento
riposeranno i membri della sua chiesa? Sulla testimonianza d’un grande eroe
della storia o sul Figlio di Dio, incarnato e fattosi uomo per darci la vita
eterna??? {26 maggio 2009}
6. {} ▲
7. {} ▲
8. {} ▲
9. {} ▲
10. {} ▲
11. {} ▲
12. {} ▲
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/T1-Deita-Gesu_autorita-NT2_Mt.htm
21-05-2009; Aggiornamento: 26-05-2009
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