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1.
Introduzione
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2.
Cos’è un’antinomia biblica?
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3.
Sicurezza e perdita della salvezza sono un’antinomia biblica?
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4.
Una conferma che viene dalla storia
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5.
Conclusione |
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1.
INTRODUZIONE:
Rileggendo quanto scritto finora nel sito, intorno a questo argomento, ho
avvertito l’esigenza, forse tutta personale, di cercare un quadro di riferimento
più ampio a tutta la problematica, che aiuti a dare un valore di merito ai vari
contributi.
Spesso, dibattiti di questo genere si riducono ad una
mera contrapposizione di versetti, a favore o contro una determinata tesi, col
risultato che nessuno è vincitore e l’unico vero sconfitto è la Scrittura, la
sua unicità e la sua razionalità (principio di non contraddizione).
Per questo, ho molto apprezzato il tentativo di
affrontare tutti i testi biblici coinvolti, non in modo strumentale a una
determinata tesi, ma in modo da aderire strettamente al senso proprio di ogni
testo, senza alterazioni ideologiche. [►
Due tesi a confronto sulla perdita della salvezza
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3 |...] Auspico che questo lavoro continui, non solo per le
epistole (come fatto fin’ora) ma anche per quei testi degli Evangeli che spesso
vengono citati al riguardo (Mt 12,43-45; Lc 11,24-26; Gv 15,1-8, Mt 13,1-23; Mc
4,1-20; Lc 8,4-15; Mt 5,13).
Tuttavia, anche col completamento di una tale
operazione, ritengo che ci sia qualcosa di fondo che vada ancora detta, qualcosa
che sta a monte e che a nostro avviso è uno dei punti nevralgici in cui tutta la
questione ha perso la sua più schietta identità biblica per diventare
ideologica. Quella che segue è una riflessione sulla vera identità del problema
e trae origine da una domanda, a nostro avviso molto rilevante, che ha a che
fare con una categoria dell’esegesi e della teologia: l’antinomia.
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2.
COS’È UN’ANTINOMIA BIBLICA?:
«Esiste antinomia — afferma J.I. Packer — quando due principi si
affiancano irreconciliabili in parvenza, tuttavia ambedue innegabili. Ci sono
convincenti ragioni per credere a ciascuno dei due; sia l’uno che l’altro
poggiano su una solida e chiara evidenza solo che per noi resta un mistero».[1]
Come si può notare, la contraddizione di questi due principi è solo apparente,
o al di là della nostra capacità di comprensione; e la cosa più importante è che
entrambi sono
affermati dalla Scrittura. Ci sono chiari riferimenti sia in un senso che
nell’altro, ed è questo che dà loro il carattere di verità, anche se verità
contrapposte. Per Packer, la sovranità di Dio e la responsabilità umana è
un’antinomia. Credo però che possiamo farvi rientrare altre verità scritturali,
contrapposte, ma evidenti, tipo l’unità e pluralità di Dio e l’umanità e
divinità di Cristo. Sono verità che vanno accettate come ci vengono
presentate dalla Scrittura, senza cercare un’armonizzazione tutta nostra, che le
faccia rientrare, giocoforza, nella nostra logica limitata. Pur non intaccando
il principio di non contraddizione, le si deve, tuttavia, porre in
relazione, non con la nostra logica, ma con quella divina. È nel quadro di
riferimento della logica divina, che queste verità contrapposte, trovano quella
compatibilità che a noi sfugge. Più che speculare su come esse si
connettono, noi dobbiamo riconoscere e accettare che esse sono affermate
entrambe con chiarezza e autorevolezza dalla Scrittura. Dobbiamo «imparare a
viverci dentro», afferma J.I. Packer. Dobbiamo posizionarci e riposizionarci nel
rispetto di entrambe. Non dobbiamo polarizzarci sull’una a danno dell’altra.
Entrambe vanno tenute nella dovuta considerazione.
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3.
SICUREZZA E PERDITA DELLA SALVEZZA SONO
UN’ANTINOMIA BIBLICA?:
Spesso si parla della contrapposizione sicurezza e perdita della salvezza
in questi termini. Si dà per scontato che questa sia un’antinomia del tipo
appena descritto e si traggono ulteriori conseguenze. Persino un teologo di
tutto rispetto quale Alfred Kuen ha collocato tra i «paradossi biblici: libertà
dell’uomo e predestinazione, perseveranza degli eletti fino alla fine e perdita
della salvezza», traendo la conclusione che «ci sono giorni in cui abbiamo
bisogno di ascoltare che nessuno può rapirci dalla mano di Dio (Gv 10,28-29);
altri in cui è utile che ci venga ricordato: “Se uno non dimora in me, è gettato
via (Gv 15,6)”».[2]
Come si può ben vedere, Kuen mette sullo stesso piano la «predestinazione e
libertà umana» e la «perseveranza e perdita della salvezza». È giusto però
trattare la questione in oggetto alla stessa stregua delle chiare e vere
antinomie bibliche? Possiamo anche qui parlare di due «principi», apparentemente
inconciliabili, ma ambedue attestati
dalla Scrittura? Si tratta di due verità contrapposte, ma egualmente
affermate dalla Scrittura? Esiste una chiara e incontrovertibile evidenza
biblica per poter affermare questo?
Al riguardo, bisogna riconoscere onestamente che c’è
qualche difficoltà. È vero che molti testi biblici «sembrano» affermare l’una e
l’altra cosa, però bisogna riconoscere che, i testi che «paiono» lasciare aperta
la possibilità, che la salvezza si perda, rientrano nelle categorie presentate
qui di seguito.
■ 1) Sono spesso dei casi ipotetici (vedi i
testi di Ebrei), i quali, più che affermare una tal cosa, la «paventano»,
ne parlano come un’eventualità. Non si afferma un principio o una
verità, come quella della responsabilità umana, dell’umanità di Cristo o della
pluralità di Dio, ma si fa un’ipotesi, più o meno probabile. Il «principio» che
dovrebbe servire da contrappeso dell’«antinomia» in questione è solo presunto,
la «verità» non è affermata, ma solo ipotizzata. Nelle vere antinomie bibliche,
invece, le due verità sono sempre ben affermate e l’evidenza biblica è chiara.
■ 2) Sono spesso esempi, immagini, parabole
(vedi i testi degli Evangeli), i quali, più che
affermare una verità, la illustrano. Non hanno valore probativo, ma
illustrativo. Essi rimandano a una verità chiaramente affermata di per sé. E che
la verità che essi illustrano sia la perdita della salvezza, non è mai
distintamente affermata negli Evangeli. Anzi il contrario. È una «verità» solo
illustrata e questo è troppo poco
per farne un degno contrappeso di una antinomia biblica. Nelle antinomie vere la
verità non è solo illustrata, ma affermata, a prescindere dalle sue
esemplificazioni.
■ 3) Sono spesso testi dove mancano gli elementi
fondamentali dell’affermazione che si vuol vedere. L’affermazione che un
credente rigenerato possa perdere la sua salvezza in Cristo, per essere vera,
deve contenere in modo chiaro un soggetto che compie l’azione (il credente
rigenerato), un predicato verbale che inquadri l’azione compiuta (può perdere),
un complemento diretto che inquadri l’oggetto che subisce l’azione (la sua
salvezza in Cristo). Dove si trova una tale affermazione nella Scrittura? In
molti dei testi citati non è chiaro il soggetto: si tratta di veri credenti
rigenerati o di Giudei indecisi per Cristo (cfr. Ebrei), di falsi dottori
(cfr. 2 Pietro) e di infiltrati (cfr. Giuda)? In altri testi, non
è chiara l’azione che si compie: si tratta della perdita della salvezza offerta
o la perdita della salvezza ricevuta? È un’occasione mancata o la perdita di un
dono? In altri testi ancora, non è chiaro l’oggetto che subisce l’azione: si
tratta della salvezza in Cristo o dell’offerta del regno a Israele (cfr. gli
Evangeli) o la perdita o la sospensione di qualche altro privilegio che non
è la salvezza in Cristo (cfr. Israele nel deserto)?
È chiaro che non esiste una ben definita evidenza
biblica a favore della tesi che la salvezza si perda.[3]
È dunque azzardato identificarla come il contrappeso di un’antinomia biblica. E,
se manca un’evidenza biblica del tipo che si può addurre per dimostrare le altre
antinomie scritturali (sovranità divina e responsabilità umana, umanità e
divinità di Cristo, unità e pluralità di Dio), allora, nel caso in questione si
deve più propriamente parlare di un’antinomia ideologica.
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4.
UNA CONFERMA CHE VIENE DALLA STORIA:
In merito alla tesi della perdita della salvezza, non è un caso che
«Arminio stesso non prese posizione su questo punto» e che «di solito, fra gli
arminiani, vi è stata la tendenza ad asserire che sia possibile scadere
dalla grazia e perdere la salvezza».[4]
La categoria invocata è sempre quella dell’eventualità e della probabilità,
raramente quella dell’affermazione certa. Il linguaggio usato dai primi
«arminiani» nelle loro «rimostranze» del 1610 è, al riguardo, molto indicativo.
Nella loro 5a rimostranza si legge: «Però che questi (quelli che sono in Cristo)
non siano capaci per negligenza: di abbandonare il loro essere in Cristo; di
ritornare nel mondo malvagio; di allontanarsi dalla sana dottrina che li aveva
liberati; di perdere una buona coscienza; di disprezzare la grazia; questo
deve essere maggiormente determinato dalla Sacra Scrittura, prima che
potessimo noi stessi insegnarlo con una piena persuasione della nostra mente»
(corsivo nostro). Come si può ben vedere: la tesi che la salvezza si perde non è
affermata; è espresso solo il dubbio che il cristiano negligente possa
perseverare sino alla fine; si richiede un maggior approfondimento biblico in
merito. Il tutto riflette il grande clima di incertezza in cui è nata la tesi
che la salvezza si perde. Tutt’oggi, «non tutti gli Arminiani» — dice Domenico
Jannone — «sono concordi su tale punto: alcuni ritengono… che i credenti sono
eternamente sicuri in Cristo e che una volta che il peccatore è stato rigenerato
in Cristo egli non può più perdersi» (da articolo pubblicato in rete).
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5.
CONCLUSIONE:
Traendo le somme di questo studio, dobbiamo dire che molta della
confusione creatasi nel tempo, in merito a questo argomento, abbia a che fare
con quanto detto sin qui. Dal momento che si è confusa la contrapposizione
«sicurezza e perdita della salvezza» con l’antinomia biblicamente attestata
«sovranità di Dio e responsabilità umana», si è aperto le porte all’ideologia.
Sostenendo l’una si è pensato di sostenere l’altra. Il principio della libertà e
responsabilità umana, peraltro attestato dalla Scrittura, è stato spinto oltre
l’evidenza biblica.
Così, affermare che la salvezza non si perda, ha finito per esser
considerata un attentato alla libertà e responsabilità umana, e affermare che la
salvezza si perda, ha finito per esser considerata una sorta di
contrappeso e di correttivo a una «salvezza data troppo per scontato». Una delle
ricadute più tristi è che dei pastori, arrivano poi, troppo spesso, ad agitare
dal pulpito, lo spettro della perdita della salvezza, per «scuotere» (o
minacciare?), dal loro torpore spirituale, le pecore del loro stesso gregge. Una «salvezza data troppo per scontato» è un problema
reale e, proprio per questo, non va risolto ideologicamente. Il ricorso al
linguaggio tipico dell’antinomia biblica abbiamo sostenuto che è improprio. Il
ricorso alla tesi che la salvezza si può perdere, manca di una incontrovertibile
evidenza biblica. Cosa fare allora? Possibile che il Signore che «ci ha
donato tutto ciò che riguarda la vita e la pietà» (2 Pt 1,3), non abbia
previsto, nella sua Parola, una tal cosa? Noi pensiamo il contrario. Riteniamo
che un problema di questo tipo sia affrontato in testi quali Rom 6,1 e Gcm 2,14
e il correttivo proposto non è la tesi che la salvezza si perda, ma
rispettivamente, una spiegazione del vero essere in Cristo, cioè morti al
peccato e rinati a nuova vita (Rm 6,2-14), e un chiarimento sulla natura della
vera fede (Gcm 2,15-26). La contrapposizione non è tra il possedere e il
perdere, ma tra l’essere e il non essere. Tra l’altro, nel testo di Giacomo è evidente l’accenno
alla natura illusoria di una «salvezza data troppo per scontato» (cfr. v.
14 e vv. 20ss). Qui si percepisce quanto l’antinomia abbia ben poco a che vedere
con il problema di una tale «salvezza». L’antinomia è la contrapposizione di due
verità ben attestate, mentre qui si parla della contrapposizione di una verità e
di un’illusione, e la verità non è che la salvezza si perda, ma la
chiarificazione della vera natura di quelle realtà (la salvezza in Cristo e la
fede) che l’illusione tende a travisare. Andare oltre non è necessario e
significa «perdersi» nel terreno fumoso dell’ideologia.
►
Il credente può perdere la sua salvezza?
{Argentino Quintavalle} (A)
►
Credente ma non rigenerato: esperienza e dottrina {Roberta Sbodio} (A)
►
Perdita della salvezza 1
{S. Ferrero - N. Martella} (T/A)
►
Perdita della salvezza 2
{S. Ferrero - N. Martella} (T/A)
►
Perdita della salvezza 3
{S. Ferrero - N. Martella} (T/A)
►
Perdita della salvezza 4
{AA.VV. - Nicola Martella} (T/A)
►
Si può perdere la salvezza?
{Nicola Martella} (T)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/A2-Salvezza_antinomie_Mt.htm
18-11-2006; Aggiornamento: 30-01-2010
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