Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Nello stesso libretto sono contenute le domande per lo studio e il dizionarietto, dove trovare le risposte.

   Ecco le parti principali della parte di studio:
■ Introduzione all'Evangelo di Matteo
■ Nascita, battesimo e tentazione (Mt 1,1-4,11)
■ Attività in Galilea (Mt 4,12-16,12)
■ Istruzione dei dodici (Mt 16,13-18,35)
■ Viaggio verso Gerusalemme e ultimi giorni in essa (Mt 19-25)
■ Crocifissione e risurrezione (Mt 26-28).

 

Inoltre ci sono, tra altre parti, anche le seguenti:
■ Dizionarietto
■ Guida allo studio personale e di gruppo.

 

► Vedi al riguardo le recensioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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SICUREZZA E PERDITA DELLA SALVEZZA

RIFLESSIONE SULL’IDENTITÀ DEL PROBLEMA

 

 di Tonino Mele

 

1. Introduzione

2. Cos’è un’antinomia biblica?

3. Sicurezza e perdita della salvezza sono un’antinomia biblica?

4. Una conferma che viene dalla storia

5. Conclusione

 

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1.  INTRODUZIONE: Rileggendo quanto scritto finora nel sito, intorno a questo argomento, ho avvertito l’esigenza, forse tutta personale, di cercare un quadro di riferimento più ampio a tutta la problematica, che aiuti a dare un valore di merito ai vari contributi.

     Spesso, dibattiti di questo genere si riducono ad una mera contrapposizione di versetti, a favore o contro una determinata tesi, col risultato che nessuno è vincitore e l’unico vero sconfitto è la Scrittura, la sua unicità e la sua razionalità (principio di non contraddizione).

     Per questo, ho molto apprezzato il tentativo di affrontare tutti i testi biblici coinvolti, non in modo strumentale a una determinata tesi, ma in modo da aderire strettamente al senso proprio di ogni testo, senza alterazioni ideologiche. [► Due tesi a confronto sulla perdita della salvezza 1 | 2 | 3 |...] Auspico che questo lavoro continui, non solo per le epistole (come fatto fin’ora) ma anche per quei testi degli Evangeli che spesso vengono citati al riguardo (Mt 12,43-45; Lc 11,24-26; Gv 15,1-8, Mt 13,1-23; Mc 4,1-20; Lc 8,4-15; Mt 5,13).

     Tuttavia, anche col completamento di una tale operazione, ritengo che ci sia qualcosa di fondo che vada ancora detta, qualcosa che sta a monte e che a nostro avviso è uno dei punti nevralgici in cui tutta la questione ha perso la sua più schietta identità biblica per diventare ideologica. Quella che segue è una riflessione sulla vera identità del problema e trae origine da una domanda, a nostro avviso molto rilevante, che ha a che fare con una categoria dell’esegesi e della teologia: l’antinomia.

 

 

2.  COS’È UN’ANTINOMIA BIBLICA?: «Esiste antinomia — afferma J.I. Packer — quando due principi si affiancano irreconciliabili in parvenza, tuttavia ambedue innegabili. Ci sono convincenti ragioni per credere a ciascuno dei due; sia l’uno che l’altro poggiano su una solida e chiara evidenza solo che per noi resta un mistero».[1] Come si può notare, la contraddizione di questi due principi è solo apparente, o al di là della nostra capacità di comprensione; e la cosa più importante è che entrambi sono affermati dalla Scrittura. Ci sono chiari riferimenti sia in un senso che nell’altro, ed è questo che dà loro il carattere di verità, anche se verità contrapposte. Per Packer, la sovranità di Dio e la responsabilità umana è un’antinomia. Credo però che possiamo farvi rientrare altre verità scritturali, contrapposte, ma evidenti, tipo l’unità e pluralità di Dio e l’umanità e divinità di Cristo.

     Sono verità che vanno accettate come ci vengono presentate dalla Scrittura, senza cercare un’armonizzazione tutta nostra, che le faccia rientrare, giocoforza, nella nostra logica limitata. Pur non intaccando il principio di non contraddizione, le si deve, tuttavia, porre in relazione, non con la nostra logica, ma con quella divina. È nel quadro di riferimento della logica divina, che queste verità contrapposte, trovano quella compatibilità che a noi sfugge. Più che speculare su come esse si connettono, noi dobbiamo riconoscere e accettare che esse sono affermate entrambe con chiarezza e autorevolezza dalla Scrittura. Dobbiamo «imparare a viverci dentro», afferma J.I. Packer. Dobbiamo posizionarci e riposizionarci nel rispetto di entrambe. Non dobbiamo polarizzarci sull’una a danno dell’altra. Entrambe vanno tenute nella dovuta considerazione.

 

 

3.  SICUREZZA E PERDITA DELLA SALVEZZA SONO UN’ANTINOMIA BIBLICA?: Spesso si parla della contrapposizione sicurezza e perdita della salvezza in questi termini. Si dà per scontato che questa sia un’antinomia del tipo appena descritto e si traggono ulteriori conseguenze. Persino un teologo di tutto rispetto quale Alfred Kuen ha collocato tra i «paradossi biblici: libertà dell’uomo e predestinazione, perseveranza degli eletti fino alla fine e perdita della salvezza», traendo la conclusione che «ci sono giorni in cui abbiamo bisogno di ascoltare che nessuno può rapirci dalla mano di Dio (Gv 10,28-29); altri in cui è utile che ci venga ricordato: “Se uno non dimora in me, è gettato via (Gv 15,6)”».[2] Come si può ben vedere, Kuen mette sullo stesso piano la «predestinazione e libertà umana» e la «perseveranza e perdita della salvezza». È giusto però trattare la questione in oggetto alla stessa stregua delle chiare e vere antinomie bibliche? Possiamo anche qui parlare di due «principi», apparentemente inconciliabili, ma ambedue attestati dalla Scrittura? Si tratta di due verità contrapposte, ma egualmente affermate dalla Scrittura? Esiste una chiara e incontrovertibile evidenza biblica per poter affermare questo?

     Al riguardo, bisogna riconoscere onestamente che c’è qualche difficoltà. È vero che molti testi biblici «sembrano» affermare l’una e l’altra cosa, però bisogna riconoscere che, i testi che «paiono» lasciare aperta la possibilità, che la salvezza si perda, rientrano nelle categorie presentate qui di seguito.

     ■ 1) Sono spesso dei casi ipotetici (vedi i testi di Ebrei), i quali, più che affermare una tal cosa, la «paventano», ne parlano come un’eventualità. Non si afferma un principio o una verità, come quella della responsabilità umana, dell’umanità di Cristo o della pluralità di Dio, ma si fa un’ipotesi, più o meno probabile. Il «principio» che dovrebbe servire da contrappeso dell’«antinomia» in questione è solo presunto, la «verità» non è affermata, ma solo ipotizzata. Nelle vere antinomie bibliche, invece, le due verità sono sempre ben affermate e l’evidenza biblica è chiara.

     ■ 2) Sono spesso esempi, immagini, parabole (vedi i testi degli Evangeli), i quali, più che affermare una verità, la illustrano. Non hanno valore probativo, ma illustrativo. Essi rimandano a una verità chiaramente affermata di per sé. E che la verità che essi illustrano sia la perdita della salvezza, non è mai distintamente affermata negli Evangeli. Anzi il contrario. È una «verità» solo illustrata e questo è troppo poco per farne un degno contrappeso di una antinomia biblica. Nelle antinomie vere la verità non è solo illustrata, ma affermata, a prescindere dalle sue esemplificazioni.

     ■ 3) Sono spesso testi dove mancano gli elementi fondamentali dell’affermazione che si vuol vedere. L’affermazione che un credente rigenerato possa perdere la sua salvezza in Cristo, per essere vera, deve contenere in modo chiaro un soggetto che compie l’azione (il credente rigenerato), un predicato verbale che inquadri l’azione compiuta (può perdere), un complemento diretto che inquadri l’oggetto che subisce l’azione (la sua salvezza in Cristo). Dove si trova una tale affermazione nella Scrittura? In molti dei testi citati non è chiaro il soggetto: si tratta di veri credenti rigenerati o di Giudei indecisi per Cristo (cfr. Ebrei), di falsi dottori (cfr. 2 Pietro) e di infiltrati (cfr. Giuda)? In altri testi, non è chiara l’azione che si compie: si tratta della perdita della salvezza offerta o la perdita della salvezza ricevuta? È un’occasione mancata o la perdita di un dono? In altri testi ancora, non è chiaro l’oggetto che subisce l’azione: si tratta della salvezza in Cristo o dell’offerta del regno a Israele (cfr. gli Evangeli) o la perdita o la sospensione di qualche altro privilegio che non è la salvezza in Cristo (cfr. Israele nel deserto)?

     È chiaro che non esiste una ben definita evidenza biblica a favore della tesi che la salvezza si perda.[3] È dunque azzardato identificarla come il contrappeso di un’antinomia biblica. E, se manca un’evidenza biblica del tipo che si può addurre per dimostrare le altre antinomie scritturali (sovranità divina e responsabilità umana, umanità e divinità di Cristo, unità e pluralità di Dio), allora, nel caso in questione si deve più propriamente parlare di un’antinomia ideologica.

 

 

4.  UNA CONFERMA CHE VIENE DALLA STORIA: In merito alla tesi della perdita della salvezza, non è un caso che «Arminio stesso non prese posizione su questo punto» e che «di solito, fra gli arminiani, vi è stata la tendenza ad asserire che sia possibile scadere dalla grazia e perdere la salvezza».[4] La categoria invocata è sempre quella dell’eventualità e della probabilità, raramente quella dell’affermazione certa. Il linguaggio usato dai primi «arminiani» nelle loro «rimostranze» del 1610 è, al riguardo, molto indicativo. Nella loro 5a rimostranza si legge: «Però che questi (quelli che sono in Cristo) non siano capaci per negligenza: di abbandonare il loro essere in Cristo; di ritornare nel mondo malvagio; di allontanarsi dalla sana dottrina che li aveva liberati; di perdere una buona coscienza; di disprezzare la grazia; questo deve essere maggiormente determinato dalla Sacra Scrittura, prima che potessimo noi stessi insegnarlo con una piena persuasione della nostra mente» (corsivo nostro). Come si può ben vedere: la tesi che la salvezza si perde non è affermata; è espresso solo il dubbio che il cristiano negligente possa perseverare sino alla fine; si richiede un maggior approfondimento biblico in merito. Il tutto riflette il grande clima di incertezza in cui è nata la tesi che la salvezza si perde. Tutt’oggi, «non tutti gli Arminiani» — dice Domenico Jannone — «sono concordi su tale punto: alcuni ritengono… che i credenti sono eternamente sicuri in Cristo e che una volta che il peccatore è stato rigenerato in Cristo egli non può più perdersi» (da articolo pubblicato in rete).

 

 

5.  CONCLUSIONE: Traendo le somme di questo studio, dobbiamo dire che molta della confusione creatasi nel tempo, in merito a questo argomento, abbia a che fare con quanto detto sin qui. Dal momento che si è confusa la contrapposizione «sicurezza e perdita della salvezza» con l’antinomia biblicamente attestata «sovranità di Dio e responsabilità umana», si è aperto le porte all’ideologia.[5] Sostenendo l’una si è pensato di sostenere l’altra. Il principio della libertà e responsabilità umana, peraltro attestato dalla Scrittura, è stato spinto oltre l’evidenza biblica.[6] Così, affermare che la salvezza non si perda, ha finito per esser considerata un attentato alla libertà e responsabilità umana, e affermare che la salvezza si perda, ha finito per esser considerata una sorta di contrappeso e di correttivo a una «salvezza data troppo per scontato». Una delle ricadute più tristi è che dei pastori, arrivano poi, troppo spesso, ad agitare dal pulpito, lo spettro della perdita della salvezza, per «scuotere» (o minacciare?), dal loro torpore spirituale, le pecore del loro stesso gregge.

     Una «salvezza data troppo per scontato» è un problema reale e, proprio per questo, non va risolto ideologicamente. Il ricorso al linguaggio tipico dell’antinomia biblica abbiamo sostenuto che è improprio. Il ricorso alla tesi che la salvezza si può perdere, manca di una incontrovertibile evidenza biblica. Cosa fare allora? Possibile che il Signore che «ci ha donato tutto ciò che riguarda la vita e la pietà» (2 Pt 1,3), non abbia previsto, nella sua Parola, una tal cosa? Noi pensiamo il contrario. Riteniamo che un problema di questo tipo sia affrontato in testi quali Rom 6,1 e Gcm 2,14 e il correttivo proposto non è la tesi che la salvezza si perda, ma rispettivamente, una spiegazione del vero essere in Cristo, cioè morti al peccato e rinati a nuova vita (Rm 6,2-14), e un chiarimento sulla natura della vera fede (Gcm 2,15-26). La contrapposizione non è tra il possedere e il perdere, ma tra l’essere e il non essere.

     Tra l’altro, nel testo di Giacomo è evidente l’accenno alla natura illusoria di una «salvezza data troppo per scontato» (cfr. v. 14 e vv. 20ss). Qui si percepisce quanto l’antinomia abbia ben poco a che vedere con il problema di una tale «salvezza». L’antinomia è la contrapposizione di due verità ben attestate, mentre qui si parla della contrapposizione di una verità e di un’illusione, e la verità non è che la salvezza si perda, ma la chiarificazione della vera natura di quelle realtà (la salvezza in Cristo e la fede) che l’illusione tende a travisare. Andare oltre non è necessario e significa «perdersi» nel terreno fumoso dell’ideologia.



[1]. J.I. Packer, Evangelizzazione e sovranità di Dio (EP edizioni, Finale Ligure 1978), pp.15-16.

[2]. A. Kuen, Come interpretare la Bibbia (IBE Edizioni, Roma 1997), p.128.

[3]. Visto il carattere complementare di questo studio, consideriamo l’evidenza biblica in modo panoramico, quasi a «volo d’uccello». Per un maggior approfondimento dell’evidenza biblica rimandiamo dunque agli articoli esegetici sull’argomento, pubblicati nel sito.

[4]. T. Lane, Compendio del pensiero cristiano nei secoli (Voce della Bibbia, Formigine 1984), p. 206.

[5]. La Scrittura si limita a collegare la sicurezza della salvezza con l’azione sovrana di Dio (Rm 8,28-30). Il legame tra la libertà umana e la perdita della salvezza non è altrettanto evidente. Ci pare più un salto di tipo ideologico.

[6]. Tale evidenza è chiara soprattutto per la libertà di entrare nella salvezza, molto meno per quella di «uscirne».

 

Il credente può perdere la sua salvezza? {Argentino Quintavalle} (A)

Credente ma non rigenerato: esperienza e dottrina {Roberta Sbodio} (A)

Perdita della salvezza 1 {S. Ferrero - N. Martella} (T/A)

Perdita della salvezza 2 {S.  Ferrero - N. Martella} (T/A)

Perdita della salvezza 3 {S.  Ferrero - N. Martella} (T/A)

Perdita della salvezza 4 {AA.VV. - Nicola Martella} (T/A)

Si può perdere la salvezza? {Nicola Martella} (T)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/A2-Salvezza_antinomie_Mt.htm

18-11-2006; Aggiornamento: 30-01-2010

 

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