1. LA RICHIESTA: Ciao, Nicola, un saluto nel Signore. Ho letto e
riletto il tuo articolo e i vari commenti sul tema «io sono» e mi pare di
aver capito che nel Nuovo Testamento non vi è nulla che collega Gesù Cristo
all’«io sono» del Vecchio Testamento. [Si vedano i link a fine pagina, N.d.R.]
A questo tema, vorrei aggiungere una mia domanda: È
vero che nell’iscrizione fatta mettere da Pilato sulla croce di Cristo, scritta
in tre lingue (ebraico, latino e greco), in ebraico l’acronimo di «Gesù il
Nazareno e Re dei Giudei» — Yeshua Hanotsari Wemelek Hayehudim — forma il
Tetragramma YHWH, che è «l’io sono» di Esodo 3,14-15?
Per me è un argomento molto importante. Grazie.
{Antonio Milonia; 23-12-2016}
Antonio mi ha sollecitato diverse volte, per avere una risposta. Alla mia
domanda perché per lui ciò fosse così importante, mi ha risposto tra altre cose
così: Caro Nicola, sto preparando una meditazione sul tema «Chi dice la gente
che io sia?» (Matteo 16,13-17), e in questo tema ho affiancato il perché Dio ha
permesso che Pilato scrivesse sulla croce «Gesù il Nazareno e re dei Giudei»
in ebraico, latino e greco. Questo mi ha incuriosito e ho notato (da varie
ricerche su Internet), che l’acronimo dello scritto in ebraico riproduceva il
Tetragramma di Esodo 3,13-14, e cioè «YHWH»; così veniva evidenziato che
su quella croce era stato crocifisso «Dio Figlio», «l’Io sono».
Tale scritta ha scatenato l’ira dei sacerdoti, che volevano a tutti i
costi che Pilato la cambiasse. E resta ancora il perché Pilato, che in
altra occasione temeva di mettersi contro di loro, qui li affronta apertamente
dicendo «Ciò che ho scritto, è scritto».
Dovendo presentare a breve tale
meditazione alla chiesa, per me è importante avere chiarimenti in merito. Ti
ringrazio ancora una volta nel Signore. {Antonio Milonia; 31-12-2016}
2. AFFRONTIAMO LE QUESTIONI: Il diritto romano prescriveva che,
quando qualcuno venisse crocifisso, fosse esposta la motivazione della condanna,
che allora si chiamava «titulus crucis». Perciò, secondo i quattro
Evangeli canonici, tale iscrizione fu esibita anche quando fu crocifisso Gesù.
In vari articoli in rete (cfr.
qui,
qui), gli autori cercano di spiegare che in Esodo 20,2 Dio avrebbe rivelato
il suo nome a Mosè, parlando poi del cosiddetto Tetragramma «JHWH» (leggi
Jāhewëh → Jahwè). «Tetragramma» è un termine greco, che
significa «[nome di] quattro lettere», quindi niente di particolare. Poi, a
seconda dell’autore, si crea una vera e propria ideologia di tale cosiddetto
Tetragramma, dimenticando che la vocalizzazione impropria, fatta dai Masoreti,
voleva costringere i lettori a ricordarsi di leggere ’adonāj
«Signore», come accadeva già fin dall’esilio in Assiria (722 a.C.) e in
Babilonia (586 a.C.).
Poi, tali autori passano a Giovanni 19,16-22, per
chiudere il loro cerchio pregno di ideologia. Da tale testo biblico prendiamo
atto della scritta in tre lingue, del testo che vi era scritto, della
contestazione dei capi dei sacerdoti e della loro pretesa che si cambiasse
l’iscrizione e del rifiuto di Pilato.
Si afferma, ad esempio: «La ricerca ha permesso di
scoprire che è grammaticalmente obbligatorio, in ebraico, scrivere “Gesù
il Nazareno e re dei Giudei” che in lettere ebraiche sarebbe “ישוע הנוצרי ומלך היהודים” e che, con lettere equivalenti alle nostre sarebbe “Yshu Hnotsri
Wmlk Hyhudim”, vocalizzate “Yeshua Hanotsari Wemelek Hayehudim”» (qui;
grassetto redazionale). No, non è per nulla «grammaticalmente obbligatorio»,
anzi è proprio sbagliato! Solo gli ideologi fanno credere fischi per fiaschi. In
effetti, si tratta soltanto di una ipotesi dello studioso ebreo tedesco
Schalom Ben-Chorin (1913-1999), che come tale è discutibile. Traducendo il testo
greco, che è accertato, in ebraico o in un’altra lingua, non si mette una
congiunzione là, dove non c’è!
Fatto sta è che la tradizione ci riporta da sempre
l’acronimo latino «INRI», mutuata da Giovanni, che sta per «Iesus
Nazarenus Rex Iudaeorum», ossia «Gesù Nazareno, re dei Giudei». Se si traduce
letteralmente tale iscrizione in ebraico, bisogna prendere atto che non esiste
alcun presunto Tetragramma. Chi vuole a tutti i costi mettercelo, non solo non
capisce nulla di grammatica, ma pratica solo ideologia speculativa, vendendo
fumo.
Infatti, ecco come si falsificano i fatti, credendo di
ingannare i lettori inesperti (e ingannando se stessi, autoeletti maestri di
lingue!): «L’acronimo [INRI, N.d.R.], che sta per il latino “Iesus Nazarenus
Rex Iudaeorum”, significa appunto “Gesù il Nazareno, il re dei Giudei“, ma
questa scritta era anche in ebraico ed i sacerdoti volevano farla cambiare, ma
Pilato si rifiutò e fu come uno schiaffo agli ebrei ed alla loro religione. Le
lettere ebraiche scritte sulla croce (sempre leggendo da destra verso sinistra)
equivalgono alle nostre “Yshu Hnotsri Wmlk Hyhudim” che vocalizzate diventano “Yeshua
Hanotsari Wemelek Hayehudim”, ottenendo l’acronimo YHWH, il nome di Dio!» (qui;
grassetto redazionale). Tale «maestrino della leggina» non si è neppure accorto
che le due espressioni non si equivalgono per nulla! Purtroppo altri imitatori
hanno riempito Internet con tali argomentazioni sbagliate, ricopiandole da altri
e riproponendole in tutte le salse. Perciò, è inutile citarne altri.
3. ULTERIORI APPROFONDIMENTI: A quanto già detto, aggiungiamo in
dettaglio quanto segue. Coloro, che creano tali abili ricostruzioni, ci mettono
dentro ciò, che vogliono, per far tornare i loro conti (p.es. oltre a due volte
l’articolo ebraico «ha-», anche la congiunzione «we»).
Fatto sta che nessuno degli apostoli ci ha tramandato il testo ebraico, che
stava sulla croce.
Faccio notare che in Esodo 3,14-15 il Tetragramma
JHWH (Jahwè) non significa «io sono», essendo jāhewëh la 3a
pers. sg. del verbo hāwāh e non la 1a del verbo hājāh.
Al riguardo rimando all’articolo «Jahwè» in Nicola Martella,
Manuale Teologico dell’Antico Testamento (Punto°A°Croce, Roma 2002).
In Giovanni 19,19 non c’è traccia della
congiunzione, ma troviamo in greco: Iēsoũs ho Nazōraĩos ho basileùs tõn
Ioudaíōn, ossia «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei», senza congiunzione (kaì).
Come detto, nel NT non è riportato il testo ebraico
del «titulus crucis»; perciò, nessuno sa come recitava tale testo. In questa
lingua gli articoli determinativi si mettono in genere solo per evidenziare
qualcosa di particolare. Ora, quanto doveva essere mai grande quella tavola per
contenere tanto scritto e, per altro, in tre lingue? Si noti pure che nell’AT
nei brani in cui ricorre mëlëk Jehûdāh «re di Giuda», non c’è
di norma mai un articolo determinativo (così pure per mëlëk Jiśerā’el
«re d’Israele»). Perché, quindi, costoro ce l’hanno messo nella ricostruzione
fatta da loro? Per ignoranza dell’ebraico o per ideologia!
Secondo Marco, sulla croce c’era scritto semplicemente
«Il re dei Giudei» (ho basileùs tõn Ioudaíōn; Mc 15,26). Secondo
Luca c’era scritto: «Il re dei Giudei [è] questi» (ho basileùs tõn
Iūdaíōn hûtos; Lc 23,38). Secondo Matteo c’era scritto «Questi è Gesù, il
re dei Giudei» (hûtós estin Iēsûs ho basileùs tõn Iūdaíōn; Mt
27,37). Come mettere in questi brani il Tetragramma, anche vista tale
variabilità?
È probabile che Giovanni non riportasse la
scritta vera e propria, ma l’interpretazione del significato (Gv 19,19),
aggiungendo a tale scritta Iēsoũs ho Nazōraĩos, ossia «Gesù il Nazareno»,
per far capire che Pilato si riferisse a Lui. Il suo è un evangelo teologico,
ossia interessato al significato dottrinale. Similmente fece Matteo. Tant’è vero
che i Giudei contestarono la scritta «Il re dei Giudei», volendo
sostituirla con (egli ha detto:) «Io sono il re dei Giudei» (Gv 19,21).
Ciò è verosimile, poiché su una tavola di condanna c’era poco spazio; e questo
specialmente se doveva essere scritto in tre lingue!
La cosa singolare è che con anacronismo si cerca, a
tutti i costi, di far pronunciare a Gesù il Tetragramma, ad esempio usando il
seguente brano rivolto ai suoi avversari, che non credevano che Egli fosse il
Messia promesso: «Quando avrete innalzato il Figlio
dell’uomo, allora conoscerete che sono io [il Cristo]» (Gv
8,28; cfr. v. 24). Qui a tutti i costi vogliono leggervi: «Allora capirete
che io sono»; e questo, per leggervi dentro il Tetragramma! Ora, come
già menzionato, «io sono» è in ebraico jihejëh (dal verbo
hājāh) e non jāhewëh (dal verbo hāwāh); ma
frettolosamente e ideologicamente si dà, invece, a intendere che Jahwè
significhi «io sono». Nel brano non si trattava di una cosa del genere, essendo
una sottigliezza incomprensibile per i Giudei d’allora, ma del fatto se Gesù
fosse o meno il Messia promesso! Inoltre ricordiamo che al tempo di Gesù (e da
vari secoli oramai) nessuno pronunciava più il Tetragramma come Jāhewëh,
ma come ’adonāj «Signore»! Quante volte Gesù aveva detto «Io
sono» (qualcosa) e «Sono io» nei vari contesti e significati (p.es.
quello che cercate [Gv 18,5.8]; quello di cui tu parli [Gv18,37]; si tratta di
me [Mt 14,27]; sono presente [Mt 18,20]; mi trovo [Gv 12,26; 14,13; 17,24]; sono
proprio io il Messia [Gv 13,19]; io medesimo [Gv 15,16])! Quante proiezioni
ideologiche e anacronistiche leggo in giro! Alcuni vorrebbero che Gesù facesse
tale singolare teologia perfino con Pilato (Gv18,37), che era un romano; e
questo dopo che Egli era stato lungamente maltrattato dai soldati!
Fatto sta che, al tempo di Gesù, il cosiddetto
Tetragramma non aveva un grande valore, come ce l’ha morbosamente oggi in
certi gruppi, portati alle speculazioni. Infatti, da molto tempo gli Ebrei della
Giudea leggevano ’adonāj «Signore»nel testo ebraico; e
gli Ebrei della diaspora, che erano in maggioranza, leggevano nella Settanta,
che era in greco, Kyrios «Signore»; come è facile notare,
la stragrande maggioranza delle citazioni dell’AT nel NT provengono dalla
Settanta, e altre sono tratte da traduzioni greche affini.
L’interesse per il cosiddetto Tetragramma venne
specialmente nella «gnosi» e poi nella «cabala», per interessi
speculativi ed esoterici. E tale morboso interesse esoterico e numerologico (gematria)
si trova oggi più che mai, sia per «JHWH / YHWH», sia per «INRI».
È probabile che su tale piccola tavola ci fosse
scritto solamente all’incirca così: «Ješûa` Nozrî Mëlëk Jehûdîm»
(per altro senza vocali e in caratteri pre-masoretici), ossia «Gesù Nazareno, re
dei Giudei». Dove sta qui il cosiddetto Tetragramma?
Noi abbiamo la Scrittura e dobbiamo fare l’esegesi
contestuale del testo biblico, che possediamo, non affidarci a tali
giochetti simili alla cabala giudaica cristianizzata e pregni di speculazioni
arbitrarie.
►
Giovanni 8 e «io sono»
{Nicola Martella} (T/A)
►
Giovanni 18,5-8 e «son io»
{Nicola Martella} (D)
►
«Sono io» fra grammatica e
proiezioni (Gv 18,5.7)
{Nicola Martella} (D)
►
Una «teologia dell’io sono»
nell’Evangelo di Giovanni? Parliamone
{Nicola Martella} (T)
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/A1-Tetragr_croc_OiG.htm
17-01-2017; Aggiornamento: |