1. ENTRIAMO IN TEMA: Vedo
in rete falsi maestri che affermano che Gesù Cristo non è Dio, ma solo il
figlio di Davide oppure una creatura celeste, che si è incarnata. Alcuni
affermano pure che si possa essere salvati, senza credere che Gesù sia Dio.
È proprio così dal punto di vista biblico? Coloro, che affermano tali cose, sono
in genere antitrinitari di varia ideologia: ariani, giudaizzanti, seguaci
della torre di guardia, alcuni avventisti, alcuni carismaticisti, branhamiti,
modalisti, seguaci del teismo unipersonale, ecc. Visto che a me non interessano
gli approcci dottrinali, ma solo quelli esegetici, né estenuanti ping-pong
dialettici, preferisco analizzare i brani biblici nel loro contesto, partendo
dalla grammatica, dalla sintassi e dal significato dei termini nelle lingue
originali della Bibbia.
Il titolo
di questo articolo è «La sintassi e la Deità di Cristo». La sintassi
riguarda l’ordine e il significato, che prendono i singoli lemmi di una
proposizione secondo la disposizione e l’interconnessione organica, in cui
compaiono e si condizionano reciprocamente. In vari brani biblici proprio la
sintassi è rivelatrice delle convinzioni delle chiese al tempo del NT, ossia che
Gesù è Dio, completamente Dio insieme al Padre.
Facendo degli studi sulla lettera agli Efesini, mi sono imbattuto in una
preziosa perla cristologica, che ha dato il via a questa articolata ricerca.
Essa è un bel masso indigeribile per gli antitrinitari e per gli avversari della
Deità di Cristo.
Per far capire di che cosa si tratta, voglio riportare alcune citazioni,
ripescate in Internet. «Alla fine dei lontani anni Cinquanta… un libro dello
scienziato e romanziere
inglese P.C. Snow aprì il dibattito sulle due culture…» (qui);
l’autore di questa frase, mettendo una sola preposizione articolata, ha inteso
affermare che P.C. Snow, che ha scritto un libro, è sia scienziato sia
romanziere. Similmente ciò vale per le seguenti asserzioni, scelte a caso.
«Verrà presentato… il libro dello scienziato e divulgatore televisivo
Mario Tozzi intitolato Catastrofi» (qui).
«Massimo Piattelli Palmarini... ha commentato… un libro dello scienziato e
linguista americano Steven Pinker» (qui).
In ogni citazione in quanti hanno scritto il relativo libro?
Leggiamo pure quanto segue: G. Goldanica, G. Marchetti, Vita e opera dello
scienziato e senatore camuno Camillo Golgi (1993); questo è il titolo di
un libro. Chiaramente la connessione genitivale unica (dello) intende
«vita e opera» della medesima persona, che era sia scienziato sia senatore.
Similmente è stato scritto quanto segue: «Il film… tratta la vita e l’opera
dello scienziato e fisico italiano Bruno Pontecorvo… figura nota in tutto il
mondo per le sue competenze nell’ambito della ricerca nucleare» (qui).
Similmente leggo in rete della «opera dello scienziato e filosofo
cremasco Giovanni Vailati» (qui)
o di «Ernst Mach»
(qui);
e così via.
2. EFESINI 5,5: Abbiamo
visto sopra vari esempi di una struttura sintattica ricorrente
nell’antichità e oggigiorno, che sintetizziamo in questo esempio: «il “Creatore
del mondo” e “Giudice di tutti”»; Qui ricorrono i seguenti elementi: unico
articolo determinativo + titolo 1 + congiunzione + titolo 2. Ambedue i titoli,
essendo uniti da un solo articolo determinativo, si riferiscono alla stessa
persona, che è parimenti e contemporaneamente ambedue!
In Efesini 5,5 ricorre proprio una cosa simile nella locuzione
basileía tũ Christũ kaì Theũ. Il fatto che Paolo usò in greco un solo
articolo (gen. sg.) per ambedue i sostantivi, mostra che egli intendeva la
stessa persona! Per questo bisogna tradurre non «regno
dell’Unto e di Dio» (come se fossero qui due distinte persone), ma «regno
dell’Unto e Dio», intendendo con ambedue i
termini solo Gesù. Paolo, usando un solo articolo determinativo, esprimeva che
Gesù era per lui sia ho Christós
«l’Unto a Re» (Messia, Cristo), sia ho Theós
«il Dio».
3. 1 TIMOTEO 2,5: Chi crede che
Efesini 5,5 sia l’unico caso del genere, si sbaglia. In 1 Tm 2,3 Paolo parlò
riguardo a Dio (Padre) di enṓpion tũ sōtẽros hemõn Theũ «cospetto del
Salvatore nostro Dio» (cfr. 4,10); è fuor di dubbio che anche Gesù Unto venga
chiamato sōtḕr
hemõn «nostro Salvatore» (cfr. Tt 1,4). In 1 Tm 2,5, quindi appena due versi
dopo quello citato sopra, l’apostolo affermò: Heĩs gàr Theós, heĩs kaì
mesístes Theũ kaì anthrṓpōn, ánthrōpos Christòs Iēsũs «Infatti, un Dio
[solo], uno [solo] e mediatore di Dio e degli uomini, l’uomo Unto Gesù». In tale
espressione speculare, costruita ad arte, Paolo intendeva esprimere che «l’Unto
Gesù», per essere il «mediatore di Dio e degli uomini», dev’essere
necessariamente sia «Dio» sia «uomo» (ciò esclude che una qualsiasi
creatura umana o celeste possa avere una tale funzione ministeriale presso Dio).
Infatti, come esiste un’unica «umanità» in terra e una unica compagine
trascendentale composta da creature celesti, esiste una sola categoria, che
chiamiamo «Dio» («Creatore», «Signore», ecc.), a cui appartengono sia Dio Padre,
sia l’Unto Gesù, uniti da una stessa natura e dalle stesse qualità. Chiaramente
c’è anche lo Spirito Santo, ma qui tralasciamo questo aspetto.
4. TITO 2,13: I brani citati non
sono casi isolati, ma fanno parte della teologia di Paolo e delle chiese del
primo secolo. In questo brano Paolo parlò di accettare
«la felice attesa e apparizione della gloria del nostro grande Dio e
Salvatore, Cristo Gesù». Si noti che i primi due
termini (makaría elpís «felice attesa / speranza + epifáneia «apparizione»)
sono connessi da un solo articolo, intendendo lo stesso evento. Lo stesso accade
alla locuzione tũ megálū
Theũ kaì sōtẽros hemõn
«del grande Dio e Salvatore nostro».
La catena dei genitivi non lascia dubbi che Colui, che viene denominato «grande
Dio» e «Salvatore» (un solo articolo e un solo
aggettivo possessivo per ambedue!), sia l’Unto
Gesù.
Visto che nella stessa
epistola Paolo chiamò
sōtḕr hemõn «nostro
Salvatore» sia Gesù Unto (Tt 1,4), sia Dio
(Padre; tũ sōtẽros hemõn Theũ «del Salvatore nostro Dio»), per l’apostolo
sia Dio Padre che Gesù Unto appartengono indistintamente e contemporaneamente
alla categoria «Dio». A ciò si aggiunga che Paolo, per evidenziare ciò e per
contrastare le false dottrine riguardo a Gesù Unto quale «Dio minore», lo chiamò
ho mégas Theós
«il grande Dio». La locuzione
Theós mégas era riferita nell’AT
(LXX) a Jahwè stesso (Dt 7,21; Sal 94,3 LXX [= it. 95,3]; Dn 2,45; 9,4; cfr. Ne
1,5; 9,32). Qui viene riferita all’Unto Gesù.
5. 2 PIETRO 1,1: Questa non
era solo la teologia di Paolo, ma anche Pietro si espresse similmente. Egli
parlò della fede nostra «nella giustizia del
nostro Dio e Salvatore, Gesù Unto». Anche qui
troviamo in greco un solo articolo (tũ
gen. sg.) e un solo aggettivo possessivo (hemõn «nostro»),
che collegano insieme due titoli riferiti alla stessa persona: Gesù Unto;
anche la catena dei genitivi non lascia dubbi.
Diversamente avviene nel verso successivo, dove Pietro volle distinguere le due
persone divine, che compongono la Deità: «Grazia e
pace vi siano moltiplicate nella conoscenza del Dio [tũ Theũ]
e di Gesù, del Signore nostro [Iēsũ
tũ Kyríū hemõn]»; si noti che theós
«Dio» e Kýrios «signore» hanno ambedue l’articolo determinativo (al gen.
sg).
6. 1 GIOVANNI 5,20:
La locuzione «vero Dio» era riferita nell’AT a
Jahwè (2 Cr 15,3; Gr 10,10). Gesù la riferì al Padre (Gv 17,1), escludendo così
i falsi dèi. Giovanni riferì tale locuzione nello stesso verso a Dio Padre e a
Gesù Unto. Facciamo una traduzione letterale: «Ma sappiamo che il Figlio di
Dio è venuto e ci ha dato intelletto, affinché conosciamo il Vero; e noi siamo
nel Vero, nel Figlio suo Gesù Unto. Costui è il Dio vero e vita eterna». Il
termine alēthinós
significa «vero, veridico, verace, sincero, schietto, reale, genuino» è usato
tre volte in questo verso. Qui viene personificato: per due volte intende Dio
(Padre), che si può conoscere e in cui si può essere. Essere «nel Vero»
significa essere «nel Figlio suo Gesù Unto».
Infine,
ricorre il
pronome hoũtos
«questo, questi, costui», che è molto accentuato, indicando una persona
specifica; qui si riferisce all’ultimo nominato, ossia a «Gesù Unto», che è
chiamato ho alēthinós
Theós «il vero
Dio».
In greco, quando ci si vuol
riferire al primo nominato, dopo aver introdotto un secondo o più di una
persona, si usa ho prõtos «il primo» (cfr. Eb 8,13; 9,1.15.18) o
ekeĩnos «quello» (cfr. Mc 16,12s; Lc 18,14; Gv 10,16; At 11,12;
17,10s; cfr. 1 Ts 4,14s; cfr. anche 2 Cor 2,16
hoi mèn… hoi dè…
«gli uni… gli altri»; Eb 7,5s hoi mèn… ho dè… «gli uni… l’altro»).
7. ASPETTI CONCLUSIVI
■ Non si può avere il Salvatore senza il Signore. Il termine greco
kýrios
«signore» traduce nella Settanta il termine ebraico Jahwè. Nell’AT ricorre la
locuzione «l’Eterno, il salvatore d’Israele» (1 Sm
14,39). Ed Egli stesso si presentò così: «Io sono l’Eterno, il tuo Dio, il
Santo d’Israele, il tuo salvatore» (Is 43,3; 49,26; 60,16). Ciò fu espresso
anche in termini di esclusività: «Io, io sono l’Eterno, e fuori di me non c’è
salvatore» (Is 43,11; 45,21; Os 13,4). Israele non poteva aver Dio per
salvatore, senza accettarlo come unico Dio e Signore. Infatti, Davide lo invocò
quale «il mio potente salvatore» (Sal 18,3).
L’Unto Gesù
venne annunciato, fin dalla sua nascita, parimenti e contemporaneamente come
Sōtḗr «Salvatore»
e Kýrios «Signore» (Lc 2,11). Se in tale ultimo brano ambedue i termini
comparivano ancora senza articolo, quindi in modo generico, in appresso, dopo la
risurrezione di Gesù, quando fu definita meglio la dottrina cristiana, essi
furono usati con l’articolo determinativo e
connessi insieme da un solo articolo in greco (anche da una sola
preposizione in italiano), come abbiamo visto, designando la persona di Gesù
Unto (cfr. 2 Pt 1,11; 2 Pt 2,20; 2 Pt 3,2.18). Abbiamo visto che
Kýrios «Signore» è il termine, con cui la Settanta ha riportato il
nome Jahwè in greco. Abbiamo visto sopra che Pietro parlò «del nostro
Signore e Salvatore Gesù Cristo» con un solo
articolo (gen. sg.; 2 Pt 1,11; 2 Pt 2,20; 3,2.18). Egli è anche l’oggetto della
speranza cristiana, poiché «aspettiamo come Salvatore il Signore Gesù
Cristo» (Fil 3,20). Quindi, non si può avere Gesù
come Salvatore, senza averlo per prima cosa come Signore, quindi come proprio
Dio.
■ Non si può avere Gesù Unto come Salvatore e vita eterna, senza
accettarlo come «il Dio». Al tempo di Giovanni, c’erano falsi maestri,
che insegnavano che Gesù fosse solo il figlio di Davide; per altri era
un’emanazione divina, non una Persona divina insieme al Padre; per altri ancora
era solo una creatura celeste. Abbiamo visto che Giovanni disse, invece, di Gesù
Unto:
«Costui è il Dio vero e vita eterna»
(1 Gv 5,20). Chi vuol avere la seconda, deve avere il primo, poiché questi
garantisce quella. Egli è «la vita eterna, che era presso il Padre e che ci
fu manifestata» (1 Gv 1,2). «Chi ha il Figlio
ha la vita; chi non ha il Figlio di Dio, non ha la vita» (1 Gv 5,12). Avere
il «Figlio di Dio» o credere nel «Nome del Figlio di Dio» (v. 13), in questa
epistola significa avere il «Figlio» come «vero Dio»; solo questo legittima ad
avere la vita eterna. Dio Padre dimora soltanto in coloro che credono che Gesù è
il Salvatore e il Figlio di Dio (4,14s), ossia Dio fatto carne (cfr. Gv
1,1ss.14). Secondo Giovanni, non si può avere neppure il Padre per Dio
senza avere il Figlio per Dio, e viceversa (1 Gv 2,22ss; cfr. anche 1,3; 2 Gv
1,9); chi pretende ciò e insegna ciò è un
antíchristos «contro-unto», quindi un
falso cristo e falso profeta. Solo a queste condizioni si può avere la
vita eterna (1 Gv 2,25).
■ Se Gesù non è «il Dio», non può essere morto per tutti gli uomini.
Infatti, se Gesù è un essere vivente come tutti gli altri, egli poteva morire
solo per un altro essere vivente, secondo il principio «vita per vita» (Es
21,24; Lv 24,18; Dt 19,21). Se Cristo fosse stato come Adamo una «anima vivente»
avrebbe potuto morire solo per un’altra persona e basta; ma è scritto che «l’ultimo
Adamo è spirito vivificante» (1 Cor 15,45; cfr. Gv 5,21), ossia Gesù è in
grado di dare la vita ad altri, essendo il Creatore, e di riportare in vita
mediante la risurrezione (cfr. contesto). Mentre le batterie energetiche delle
anime viventi si scaricano nel tempo, ed essi muoiono, in Cristo c’è la «potenza
di una vita indissolubile» (Eb 7,16).
Questo è possibile poiché Cristo è la «Vita» assoluta (Gv 11,25; 14,6) e «il
vero Dio» (1 Gv 5,20) e perché in Lui «abita
fisicamente
tutta la pienezza della Deità» (Col 2,9). Per questo è scritto pure che Gesù
Cristo «ha distrutto la morte e ha prodotto in luce la vita e l’immortalità
mediante l’Evangelo» (2 Tm 1,10). Solo per
questo, chi crede in Lui, ottiene la «vita eterna» (Gv 3,15s.36; 6,40) e può
chiamare Cristo «la vita nostra»,
in attesa della gloria (Col 3,4). Solo se Cristo è Dio, potrà garantire la
salvezza per tutta l’eternità e per tutti i redenti.
[1]. Ecco il titolo di un libro. Havemann Robert, Contro il
dogmatismo. Scritti, interventi, discorsi dello scienziato e filosofo
marxista (1975). Così si menziona la figura dello scienziato e
filosofo greco Archimede, la vita dello scienziato e filosofo italiano
Galileo Galilei, l’opera dello scienziato e filosofo tedesco Gottfried
Wilhelm von Leibniz, gli esperimenti dello scienziato e filosofo
giapponese George Ohsawa, e così via.
Si parla di «Pier Niccolò Berardi architetto e pittore» (qui),
di «Edoardo Detti, architetto e urbanista» (qui),
di Guarino Guarini, «si definisce teologo, filosofo, matematico
oltre che architetto» (qui).
Basta guardare una lista biografica disposta secondo certi criteri, per
accorgersi, che esse hanno svolto differenti attività (cfr.
Teologi britannici); chiaramente in un discorso articolato esse sono
elencate con un solo articolo e connesse con congiunzioni. Troviamo, ad esempio,
il teologo e pedagogo; il teologo e biologo; il filosofo,
scienziato e teologo; il teologo, drammaturgo e
storico; l’insegnante e teologo, il filosofo e teologo; il
botanico, chimico e teologo; il politico e teologo; il
filosofo, teologo e matematico; e così via.
►
Il Logos era un Dio? (Giovanni 1,1s)
{Nicola Martella} (T/A)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/A1-Sintassi_Cristo-Dio_OiG.htm
02-12-2013;
Aggiornamento: 03-02-2014 |