Un lettore mi ha scritto quanto segue:
Ciao Nicola, ho una domanda da porti. Alcuni dicono che Gesù ha
cancellato in noi il «peccato
originale». Io penso invece che Gesù abbia cancellato la colpa del
peccato originale, perché comunque sia le malattie e la morte
fisica rimangono sempre nel credente; e queste non passeranno fino a quando non
saremo con il Signore. Abbiamo quindi ancora un corpo ereditato da Adamo, anche
se abbiamo una natura spirituale ereditata da Cristo.
Spiritualmente abbiamo una nuova vita in Cristo, ma fisicamente abbiamo un
corpo di carne, che soffre le malattie; la donna credente partorisce ancora
col dolore e tutti i credenti invecchiano e muoiono.
Quindi, penso che la conseguenza del peccato originale rimane; Gesù ci toglie la
nostra colpa riguardo al peccato. Se sbaglio dimmelo, ovviamente attraverso la
Bibbia. {Maurizio Maniscalco; 17 febbraio 2009} |
Ci sono vari modi di intendere che cosa sia il «peccato originale». Nelle
denominazioni cristiane con una concezione sacramentale s’intende la natura
peccaminosa dell’uomo, ereditata da Adamo, che verrebbe tolta dal battesimo
(spesso inteso come pedobattesimo), identificato come il sacramento, che
comunicherebbe la nuova nascita. Per tali motivi, preferisco non usare il
concetto di «peccato originale». Nella Bibbia lo si cercherà inutilmente.
Preferisco parlare, ad esempio, di «ribellione primordiale» e di «natura
peccaminosa» (o «vecchio uomo»).
Chiaramente nel NT si parla sia di «legame genealogico» (Abrahamo 1 Cr 1,1-28;
Giuseppe Lc 3,23-38), sia di una «connessione di colpa» fra gli adamiti
(esseri umani) e Adamo (primo uomo). Infatti è scritto che «per mezzo d’un
solo uomo il peccato è entrato nel
mondo, e per mezzo del peccato v’è entrata la
morte, e in questo modo la morte è passata
su tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato» (Rm 5,12), e cioè «anche
su quelli che non avevano peccato con una trasgressione simile a quella d’Adamo»
(v. 14). Infatti, «per la trasgressione di quell’uno i molti sono morti»
(v. 15) e «il giudizio da un’unica trasgressione ha fatto capo alla condanna»
(v. 16). Paolo aggiunse che «per la trasgressione di quell’uno la morte ha
regnato mediante quell’uno» (v. 17) e che «con una sola trasgressione la
condanna si è estesa a tutti gli uomini» (v. 18).
Tutti hanno effettivamente e personalmente peccato in Adamo, quando egli
trasgredì il comandamento di Dio; perciò, essendo già peccatori, peccano
poi personalmente: «Per la disubbidienza di un solo uomo i molti sono stati
costituiti peccatori» (v. 20). Al contrario si può affermare, in modo
sperimentale, che i frutti mostrano l’albero e che perciò, fintantoché si pecca,
si rimane peccatori; similmente finché si muore, si è peccatori (v. 21). La
differenza fra prima e dopo la rigenerazione è questa: prima si era peccatori
perduti, dopo l’entrata nel nuovo patto mediante una sincera conversione si
diventa peccatori salvati.
Quando un credente viene rigenerato dallo Spirito Santo, viene suggellato
per il giorno della redenzione (Ef 4,30). Essendo unito a Cristo, il credente è,
per la fede, già risuscitato e glorificato con lui («simultaneità con Cristo»),
sebbene dal punto di vista della storia soggettiva la redenzione finale
(inaugurata dalla risurrezione) e la concretizzazione della vita eterna sono
ancora futuri. Ciò che si ha per decreto e di cui si ha la caparra (2 Cor 1,22;
5,5), dev’essere ancora riscosso.
La redenzione, che Gesù Messia garantisce, segue dall’inizio alla fine il
seguente sviluppo:
■ Al momento della conversione e rigenerazione, il Signore ci libera dalla
potenza del diavolo, del peccato e del mondo (cfr. Rm 6,5ss). «Noi siamo
dunque stati con lui seppelliti mediante l’immersione nella sua morte, affinché,
come Cristo è risuscitato dai morti mediante la gloria del Padre, così anche noi
camminassimo in novità di vita» (Rm 6,4; non parla del battesimo in acqua).
A ciò si aggiunga la paura della morte, su cui il diavolo fa leva;
infatti Gesù mediante la sua morte ha distrutto «colui che aveva l’impero
della morte, cioè il diavolo, e liberasse tutti quelli che per il timor della
morte erano per tutta la vita soggetti a schiavitù» (Eb 2,14s).
■ Durante il processo di santificazione, il Signore ci libera dalla forza
del diavolo, del peccato e del mondo. «Avete imparato, per quanto concerne la
vostra condotta di prima, a spogliarvi del vecchio uomo che si corrompe seguendo
le passioni ingannatrici; ad essere invece rinnovati nello spirito della vostra
mente, e a rivestire l’uomo nuovo che è creato all’immagine di Dio nella
giustizia e nella santità che procedono dalla verità» (Ef 4,22ss). La
«simultaneità con Cristo» e quindi la vita di risurrezione («novità di vita») ha
modificato anche il rapporto dei credenti verso la vita e la morte (At
15,26; Rm 16,4; 2 Cor 4,11; Ap 12,11).
■ Alla risurrezione, il Signore ci libererà dalla presenza del diavolo,
del peccato e del mondo. «E quando questo corruttibile avrà rivestito
incorruttibilità, e questo mortale avrà rivestito immortalità, allora sarà
adempiuta la parola che è scritta: “La morte è stata sommersa nella
vittoria. O morte, dov’è la tua vittoria? O morte, dov’è il tuo dardo?”» (1
Cor 15,54ss).
Per questi motivi è
sbagliato voler anticipare la redenzione finale e pensare che il Signore
ci abbia già liberato dalla «natura peccaminosa» (o «vecchio uomo»). È anche un
grande abbaglio, che ha fatali conseguenze per chi crede che non possa più
essere tentato e vinto dal peccato. Paolo ingiunse, ad esempio: «Adiratevi e
non peccate… Non fate posto al diavolo. Chi rubava non rubi più…» (Ef
4,26ss). Tutte queste e altre raccomandazioni rendono evidente il fatto che la
natura peccaminosa coabita nell’uomo e può esercitare ancora la propria forza
nel credente (non la sua potenza).
Paolo parlò per il tempo sino al compimento finale dell’«uomo interno»
che si diletta nella legge di Dio e di «un’altra legge nelle mie membra, che
combatte contro la legge della mia mente, e mi rende prigioniero della legge del
peccato che è nelle mie membra» (Rm 7,22ss). Il problema è la presenza di «questo
corpo di morte» che fa sì che «io stesso con la mente servo alla legge di
Dio, ma con la carne alla legge del peccato» (vv. 24s). Paolo con onestà
parlò del «peccato, che abita in me» (vv. 17.20) e del «male [che] si
trova in me» (v. 21), il quale fa realizzare il male, che non si vorrebbe
operare, e impedisce di fare tutto il bene, che si vorrebbe realizzare.
La
soluzione radicale per non avere più in se «vecchia natura», è la morte o la
risurrezione. Fintantoché siamo in vita e in questi corpi mortali, la soluzione
non sta nel fatto di credere di non avere in sé più il «vecchio uomo», ma
mediante la «simultaneità con Cristo» (Gal 2,20) di esercitarsi a «mortificare»
(= lasciare nella morte) il vecchio uomo o «svestirlo», ossia a metterlo
continuamente fuori uso, e a «vestire» l’uomo nuovo (Ef 4,22ss; Col 3,10). Si
tratta di non permettere al «sistema operativo» del peccato di funzionare (non
farsi signoreggiare e strumentalizzare), mettendo invece all’opera quello della
giustizia e dello Spirito (Rm 6,11ss). Con questo processo di santificazione, il
credente crea in sé gli «anticorpi» necessari per resistere alla forza del
diavolo, del peccato e del mondo. La differenza la fa lo Spirito di Dio che
abita nel credente (Rm 8,9).
Ricapitolazione
A causa dell’abuso del concetto di «peccato originale», preferisco non usarlo;
in genere parlo, ad esempio, di «ribellione primordiale» e di «natura
peccaminosa» (o «vecchio uomo»). Che ci sia una «connessione di colpa» fra Adamo
e i suoi discendenti è evidente da brani come Romani 5,12-21. La differenza fra
il non credente e il credente rigenerato è questa: il primo è un peccatore
perduto, il secondo è un peccatore salvato e suggellato dallo Spirito Santo in
vista della redenzione finale (Ef 4,30).
La redenzione segue il seguente sviluppo:
■ Al momento della conversione e rigenerazione, il Signore ci libera dalla
potenza del diavolo, del peccato e del mondo (cfr. Rm 6,5ss).
■ Durante il processo di santificazione, il Signore ci libera dalla forza
del diavolo, del peccato e del mondo (Ef 4,22ss).
■ Alla risurrezione, il Signore ci libererà dalla presenza del diavolo,
del peccato e del mondo (1 Cor 15,54ss).
Fino alla morte
personale (o alla risurrezione per chi sarà ancora vivente), la natura
peccaminosa coabita nell’uomo ed esercita ancora la propria forza nel credente
(cfr. Ef 4,26ss). La vecchia natura e quella nuova coabitano insieme (Rm
7,20-25). Per questo veniamo esortati a «mortificare» o «svestire» il vecchio
uomo, ossia a metterlo continuamente fuori uso come «sistema operativo», e a
«vestire» l’uomo nuovo (Ef 4,22ss; Col 3,10). La differenza oggettiva la fa lo
Spirito di Dio che abita nel credente (Rm 8,9); la differenza soggettiva fra il
credente carnale e quello spirituale la fa l’ubbidienza alla volontà di Dio,
espressa nel nuovo patto.
Per approfondire questo tema bisogna inoltre distinguere fra «peccato» (natura
peccaminosa) e «peccati» (trasgressioni, colpe). Per il primo era prevista
l’espiazione, per i secondi bisognava offrire il sacrificio per le colpe per
ottenere il perdono. Il sacrificio di Gesù contiene questi due aspetti (oltre
che altri). Lascio questo alla ricerca dei lettori.
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/A1-Peccato_originale_cancellato_Ori.htm
26-02-2009; Aggiornamento: 23-11-2011 |