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La questione del lettore ▲ Ciao
Nicola, sono un tuo assiduo lettore... non sono molto bravo con internet e
per questo non so se questa risposta è già presente nel tuo sito. Cosa ne
pensi o come si spiega il 1 Giovanni 5,19 dove dice che c’è un peccato che
non porta a morte... che peccato sarebbe? potresti rispondermi per favore?
{Sal; 21-11-2007} Caro nel
Signore, rispondo volentieri alla tua richiesta. Una regola però è che le
lettere siano firmate per intero. Poi se puoi spiegare meglio quale sia il
problema all’interno del contesto. Spero di leggerti presto. {Nicola
Martella}
Ciao Nicola, mi presento sono Costanzo Salvatore […] Sono responsabile d’una
chiesa di stile pentecostale a Novara. Quello che chiedevo era la tua
opinione riguardo a questo versetto che sembrerebbe contraddittorio. tutti
sappiamo che il salario del peccato è la morte. Questo verso dice invece che
esiste un peccato che non conduce alla morte. Tolto il fatto che l’unico
peccato imperdonabile è quello contro lo Spirito Santo, ossia non accettare
l’opera di Cristo, e che non esistono peccati «veniali» — quale sarebbe
questo peccato «che non conduce a morte»? Io credo quello d’un
credente che pecca e poi si pente (anche grazie alle preghiere dei
fratelli). È così anche secondo te? Chiedo la tua opinione in quanto stimo
molto la tua preparazione su diversi temi. {23-11-2007 }
La risposta ▲ Ringrazio
il lettore per questa «patata bollente». In ogni modo, il lettore si
riferisce probabilmente a 1 Gv 5,16s e non al v. 19. Si tratta di un brano
per noi difficile, sebbene — per il modo scontato come l’apostolo ne parla
ai destinatari della sua lettera — doveva essere abbastanza chiaro a quel
tempo. Come si vede, ci manca la mediazione culturale di quei tempi.
■ Contesto e traduzione: In tali casi, per evitare interpretazioni
arbitrarie basate sul sentito dire o su affermazioni dottrinali di qualcuno
poco attento al contesto, facciamo bene a tradurre correttamente il brano,
liberandolo dalle «incrostazioni interpretative» di alcuni traduttori.
«Se uno vede il suo fratello peccare di un “peccato non a morte”,
pregherà ed Egli gli darà vita: a coloro che non “peccano a morte”. C’è del
“peccato a morte”; non è in riferimento a quello che dico che egli debba
supplicare. 17Ogni ingiustizia è peccato; e c’è del “peccato
[non] a morte”. 18Noi sappiamo che
chiunque è generato da Dio non persevera nel peccato; ma il generato da Dio
lo preserva, e il maligno non lo tocca. 19Noi sappiamo che
siamo da Dio, e che tutto il mondo giace nel maligno. 20Sappiamo
però che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato intendimento perché
conosciamo il Verace; e noi siamo nel Verace, nel suo Figlio Gesù Cristo.
Questi è il Dio verace e la vita eterna. 21Figlioletti,
guardatevi dagli idoli» (1 Gv 5,16-21).
■ Alcune osservazioni contestuali: Come si vede le espressioni «peccato
non a morte» e «peccato a morte» erano ormai termini tecnici.
Inoltre la formulazione delle frasi è tipicamente semitica, sebbene la
lettere sia scritta in greco. Il termine «fratello» è da intendere proprio
all’interno del giudaismo, nel quale indicava il prossimo, l’altro Giudeo o
correligionario. È altresì evidente che i versi 16-21 formino un’unità. Nel
v. 17 in molti antichi manoscritti manca il «non» nell’espressione «peccato
[non] a morte».
L’alternativa nel brano è, secondo la «dottrina delle due vie» (e dei due
destini) fra due specie di persone:
● Da una parte, c’è chi è «generato da
Dio» (v. 18), è da Dio (v. 19) ed è «nel Verace, nel suo
Figlio Gesù Cristo» (v. 20), identificato con la «vita eterna».
● Dall’altra parte, c’è il «mondo [che] giace nel maligno» (v.
19) e che contrasta col «Verace», praticando l’idolatria. Lo
spartiacque fra queste due posizioni è descritto così: «chiunque
è generato da Dio non persevera nel peccato» (v. 18 è preservato
e intoccabile dal maligno) e si guarda dall’idolatria (v. 21), ossia da ogni
forma di culto pagano, essendo in contrasto con il «Dio verace», con
Gesù Cristo e con la vocazione della vita eterna.
Sembra perciò che Giovanni presenti qui proprio la «dottrina delle due
vie», comune alla predicazione di Mosè, dei profeti dell’AT e degli
apostoli nel NT. Il «peccato a morte» sarebbe quindi la volontà a priori di
rimanere nel «mondo [che] giace nel maligno» e nell’idolatria,
rifiutando il «Dio verace», ossia Gesù Cristo che è la vita eterna. Il
«peccato non a morte» sarebbe invece lo stato in cui c’è ancora speranza di
ravvedersi, di diventare un «generato da Dio»,
di uscire mediante una completa e sincera conversione dalla logica del «mondo
[che] giace nel maligno» e della falsa adorazione, quella pagana. È
probabile, quindi, che il «peccato a morte» sia da identificare proprio col
peccato o bestemmia contro lo Spirito (Mt 12,31s). Infatti, Gesù mise il
giudaismo dei suoi tempi dinanzi a uno spartiacque: «Chi non è con me, è
contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde» (v. 29). Parlare
contro lo Spirito Santo, significava opporsi alla sua testimonianza (cfr. Gv
16,8-11) riguardo a Gesù quale Messia-Re d’Israele; perciò tale peccato «non
sarà perdonato né in questo mondo né in quello a venire» (Mt 12,32). O
come recita in Mc 3,29: una tale persona «non ha remissione in eterno, ma
è reo d’un peccato eterno».
È ovvio che la supplica o l’intercessione di un credente rigenerato verso il
suo «fratello» (o prossimo) possano essere efficaci solo se non vi sia tale
«peccato a morte». Solo in tale caso Dio potrà dare «vita» a
tale peccatore.
■ Il parallelo: Un brano simile, altresì in un contesto giudaico e
parimenti posto alla fine di un’epistola, si trova in Gcm 5,19s: «Fratelli
miei, se qualcuno fra voi si svia dalla verità e qualcuno lo riconduce,
20sappiate che colui, che riconduce un peccatore dallo sviamento della
sua via, proteggerà l’anima di lui dalla morte e coprirà moltitudine di
peccati». Si tenga presente che, come anche ci mostrano il libro degli
Atti e la lettera agli Ebrei, i confini tra giudaismo storico e
cristianesimo giudaico erano abbastanza fluidi a quei tempi.
■ Per l’approfondimento: Questo tema l’ho dibattuto già a proposito
della presunta «perdita della salvezza» dei rigenerati. Per 1 Gv 5,16 si veda
«Due
tesi a confronto sulla perdita della salvezza 3x», e per 1 Gv 5,18 si veda «
Due tesi a confronto sulla perdita della salvezza 4». Non sto qui a ripetere tutte le tesi, ma rimando a tali discussioni.
►
Il peccato e la differenziazione dei peccati {Nicola Martella} (D)
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/A1-Peccato_a_morte_S&A.htm
25-11-2007; Aggiornamento: 15-10-2009 |