Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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IL PECCATO (NON) A MORTE

 

 di Nicola Martella

 

La questione del lettore

La risposta

 

Prima di porre una domanda, il lettore si accerti che non ci sia già una risposta all'interno del sito «Fede controcorrente». È anche possibile che l'autore abbia già trattato l'argomento in uno di suoi libri; in tal caso verrà inviato al lettore il riferimento all'opera e alle pagine. In alcuni casi il gestore del sito si avvarrà dell'ausilio di un competente collaboratore perché venga data una risposta alla domanda del lettore.

 

 

La questione del lettore 

 

Ciao Nicola, sono un tuo assiduo lettore... non sono molto bravo con internet e per questo non so se questa risposta è già presente nel tuo sito. Cosa ne pensi o come si spiega il 1 Giovanni 5,19 dove dice che c’è un peccato che non porta a morte... che peccato sarebbe? potresti rispondermi per favore? {Sal; 21-11-2007}

 

Caro nel Signore, rispondo volentieri alla tua richiesta. Una regola però è che le lettere siano firmate per intero. Poi se puoi spiegare meglio quale sia il problema all’interno del contesto. Spero di leggerti presto. {Nicola Martella}

 

Ciao Nicola, mi presento sono Costanzo Salvatore […] Sono responsabile d’una chiesa di stile pentecostale a Novara. Quello che chiedevo era la tua opinione riguardo a questo versetto che sembrerebbe contraddittorio. tutti sappiamo che il salario del peccato è la morte. Questo verso dice invece che esiste un peccato che non conduce alla morte. Tolto il fatto che l’unico peccato imperdonabile è quello contro lo Spirito Santo, ossia non accettare l’opera di Cristo, e che non esistono peccati «veniali» — quale sarebbe questo peccato «che non conduce a morte»? Io credo quello d’un credente che pecca e poi si pente (anche grazie alle preghiere dei fratelli). È così anche secondo te? Chiedo la tua opinione in quanto stimo molto la tua preparazione su diversi temi. {23-11-2007 }

 

 

La risposta ▲

 

Ringrazio il lettore per questa «patata bollente». In ogni modo, il lettore si riferisce probabilmente a 1 Gv 5,16s e non al v. 19. Si tratta di un brano per noi difficile, sebbene — per il modo scontato come l’apostolo ne parla ai destinatari della sua lettera — doveva essere abbastanza chiaro a quel tempo. Come si vede, ci manca la mediazione culturale di quei tempi.

 

     ■ Contesto e traduzione: In tali casi, per evitare interpretazioni arbitrarie basate sul sentito dire o su affermazioni dottrinali di qualcuno poco attento al contesto, facciamo bene a tradurre correttamente il brano, liberandolo dalle «incrostazioni interpretative» di alcuni traduttori.

     «Se uno vede il suo fratello peccare di un “peccato non a morte”, pregherà ed Egli gli darà vita: a coloro che non “peccano a morte”. C’è del “peccato a morte”; non è in riferimento a quello che dico che egli debba supplicare. 17Ogni ingiustizia è peccato; e c’è del “peccato [non] a morte”. 18Noi sappiamo che chiunque è generato da Dio non persevera nel peccato; ma il generato da Dio lo preserva, e il maligno non lo tocca. 19Noi sappiamo che siamo da Dio, e che tutto il mondo giace nel maligno. 20Sappiamo però che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato intendimento perché conosciamo il Verace; e noi siamo nel Verace, nel suo Figlio Gesù Cristo. Questi è il Dio verace e la vita eterna. 21Figlioletti, guardatevi dagli idoli» (1 Gv 5,16-21).

 

     ■ Alcune osservazioni contestuali: Come si vede le espressioni «peccato non a morte» e «peccato a morte» erano ormai termini tecnici. Inoltre la formulazione delle frasi è tipicamente semitica, sebbene la lettere sia scritta in greco. Il termine «fratello» è da intendere proprio all’interno del giudaismo, nel quale indicava il prossimo, l’altro Giudeo o correligionario. È altresì evidente che i versi 16-21 formino un’unità. Nel v. 17 in molti antichi manoscritti manca il «non» nell’espressione «peccato [non] a morte».

     L’alternativa nel brano è, secondo la «dottrina delle due vie» (e dei due destini) fra due specie di persone:

            ● Da una parte, c’è chi è «generato da Dio» (v. 18), è da Dio (v. 19) ed è «nel Verace, nel suo Figlio Gesù Cristo» (v. 20), identificato con la «vita eterna».

            ● Dall’altra parte, c’è il «mondo [che] giace nel maligno» (v. 19) e che contrasta col «Verace», praticando l’idolatria.

 

Lo spartiacque fra queste due posizioni è descritto così: «chiunque è generato da Dio non persevera nel peccato» (v. 18 è preservato e intoccabile dal maligno) e si guarda dall’idolatria (v. 21), ossia da ogni forma di culto pagano, essendo in contrasto con il «Dio verace», con Gesù Cristo e con la vocazione della vita eterna.

     Sembra perciò che Giovanni presenti qui proprio la «dottrina delle due vie», comune alla predicazione di Mosè, dei profeti dell’AT e degli apostoli nel NT. Il «peccato a morte» sarebbe quindi la volontà a priori di rimanere nel «mondo [che] giace nel maligno» e nell’idolatria, rifiutando il «Dio verace», ossia Gesù Cristo che è la vita eterna. Il «peccato non a morte» sarebbe invece lo stato in cui c’è ancora speranza di ravvedersi, di diventare un «generato da Dio», di uscire mediante una completa e sincera conversione dalla logica del «mondo [che] giace nel maligno» e della falsa adorazione, quella pagana. È probabile, quindi, che il «peccato a morte» sia da identificare proprio col peccato o bestemmia contro lo Spirito (Mt 12,31s). Infatti, Gesù mise il giudaismo dei suoi tempi dinanzi a uno spartiacque: «Chi non è con me, è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde» (v. 29). Parlare contro lo Spirito Santo, significava opporsi alla sua testimonianza (cfr. Gv 16,8-11) riguardo a Gesù quale Messia-Re d’Israele; perciò tale peccato «non sarà perdonato né in questo mondo né in quello a venire» (Mt 12,32). O come recita in Mc 3,29: una tale persona «non ha remissione in eterno, ma è reo d’un peccato eterno».

     È ovvio che la supplica o l’intercessione di un credente rigenerato verso il suo «fratello» (o prossimo) possano essere efficaci solo se non vi sia tale «peccato a morte». Solo in tale caso Dio potrà dare «vita» a tale peccatore.

 

     ■ Il parallelo: Un brano simile, altresì in un contesto giudaico e parimenti posto alla fine di un’epistola, si trova in Gcm 5,19s: «Fratelli miei, se qualcuno fra voi si svia dalla verità e qualcuno lo riconduce, 20sappiate che colui, che riconduce un peccatore dallo sviamento della sua via, proteggerà l’anima di lui dalla morte e coprirà moltitudine di peccati». Si tenga presente che, come anche ci mostrano il libro degli Atti e la lettera agli Ebrei, i confini tra giudaismo storico e cristianesimo giudaico erano abbastanza fluidi a quei tempi.

 

     ■ Per l’approfondimento: Questo tema l’ho dibattuto già a proposito della presunta «perdita della salvezza» dei rigenerati. Per 1 Gv 5,16 si veda «Due tesi a confronto sulla perdita della salvezza 3x», e per 1 Gv 5,18 si veda « Due tesi a confronto sulla perdita della salvezza 4». Non sto qui a ripetere tutte le tesi, ma rimando a tali discussioni.

 

Il peccato e la differenziazione dei peccati {Nicola Martella} (D)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/A1-Peccato_a_morte_S&A.htm

25-11-2007; Aggiornamento: 15-10-2009

 

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