1.
ENTRIAMO IN TEMA: Voler spiegare il significato dei nomi di Dio, è
sempre una cosa buona. Tuttavia, bisogna avere la
competenza linguistica per farlo. Altrimenti, pur volendo accreditarsi
come «dottore della legge», si verrà contraddetti da chi la competenza
linguistica ce l’ha. Perciò, chi va di là dal campo di sua competenza, non
solo confonde gli altri, ma si dimostra la propria incompetenza e, prima o poi,
farà una magra figura.
Questo è il caso di un’immagine, trovata casualmente in rete, in cui qualcuno
(che lascio anonimo) si cimenta a interpretare i significati dei nomi ebraici di
Dio (e di Gesù).
2. IL
SIGNIFICATO DEI NOMI MENZIONATI: Qual è il significato comune e reale
dei nomi menzionati? Faccio notare che se mëlëk
è senza articolo, significa semplicemente «re»; al contrario, haššem,
avendo l’articolo (ha + šem), significa «il nome».
■ Jahwè: Su tale immagine si afferma che «Yahweh» significherebbe «io
sono colui, che sono». Ora, però, essendo jahewëh
la 3a persona singolare del verbo hāwāh «essere, divenire»,
non può significare «io sono» (ebr. ’ëhejëh qal impf. 1a
sg. di hājāh), né tanto meno «io sono colui, che sono». Inoltre, nel modo
verbale che compare, se attivo (qal impf., jahewëh), intende
«egli interviene»; se è causativo (hifil impf.), significa «egli suscita, fa
avvenire». La forma attiva si accorda meglio in Es 3,7s.16s. Il testo masoretico
impone la lettura ’adônāj «Signore»; perciò la Settanta
(AT greco) traduce con Kyrios «Signore». [Per l’approfondimento cfr.
Nicola Martella, «Jahwè»,
Manuale Teologico dell’Antico Testamento (Punto°A°Croce, Roma
2002), pp. 200ss.]
■ El: Su tale immagine si afferma che «El» significherebbe «divino
sovrano». Ora, però, il termine ebraico ’el
significa «forza, potente, potere, potenza» ed è usato così anche nel linguaggio
normale. Si veda, ad esempio la locuzione «Ora è
nel potere della mia mano [ebr. jëš le’el
jadî] farvi del male» (Gn 31,29). Quindi «El» non significa né
«divino» né «sovrano». [Per l’approfondimento cfr.
op. cit., «Potente [’el]», pp. 277s.]
■ Adonaj: Su tale immagine si afferma che «Adonai» significherebbe
«Signore l’Eterno». Ora, però, ’adônāj
è un’estensione di ’ādôn
«signore»; ad esempio, Dio viene chiamato ’adôn kol-hā’ārëṣ
«signore di tutta la
terra» (Gs 3,11.13). In sintesi, ’adônāj
è un plurale dell’eccellenza
e intende «il Signore» per eccellenza. [Per l’approfondimento cfr.
op. cit., «Signore [’adônāj], pp. 329s.]
■ Eloach: Su tale immagine si afferma che «Elah»
significherebbe «il grande Dio». Ora, però, ’ëlôaḫ
significa «tremendo», termine usato per chi era in autorità; quindi, in
senso estensivo, significa «autorità». Ad esempio: «C’è sicurezza… per colui
che porta autorità [ëlôaḫ:]
nella sua mano» (Gb 12,6). Tale termine è raro per Dio e ricorre
prevalentemente in testi poetici, cedendo il campo al plurale
’ëlohîm
che, come il singolare, designa Dio quale autorità per eccellenza. [Per
l’approfondimento cfr.
op. cit., «Tremendo [’ëlohîm;
sg. ’ëlôaḫ]»,
pp. 365ss.]
■ Elohim: Su tale immagine si afferma che «Elohim» significherebbe «Dio
il creatore». Ora, però,
’ëlohîm
è semplicemente il plurale di ’ëlôaḫ
«tremendo» e intende l’autorità per eccellenza. Si veda al punto precedente.
■ Je[hô]šùa`: Su tale immagine si afferma
che «Yeshua» significherebbe «Yehovah salva». Ora, però, in ebraico non esiste
un termine «Yehovah», che è un fraintendimento medioevale (cfr.
op. cit., «Jahwè»: 2. I manoscritti, pp. 200s), ma solo Jahwè.
Quindi, Jehôšùa` (o la sua forma contratta Ješùa`)
significa «Jahwè salva» (il testo masoretico legge ’adônāj
[= il Signore] salva), come nella locuzione Jahwè hôšî`āh (Sal 20,10
T.M. impone la lettura ’adônāj
hôšî`āh; it. Sal 20,9); poiché la Settanta (AT greco) traduce Jahwè con
Kyrios, tale locuzione viene tradotta in italiano con il «Signore salva»
(cfr. it. Sal 118,25; cfr. imp. hôša` Jahwè «salva, Jahwè» in Ger 31,7).
3. ASPETTI
CONCLUSIVI: Mi sembra adatto al riguardo ciò, che Paolo disse in altro
contesto: «Noi non odiamo classificarci o
confrontarci con certuni, che si raccomandano da sé; essi, però, misurandosi con
se stessi e paragonandosi con se stessi,
sono senza intendimento. Noi, invece, non ci
vanteremo oltre misura, ma entro la misura del campo di attività, di cui Dio ci
ha assegnato la misura … non ci estendiamo oltre il dovuto…» (2 Cor
10,12ss).
Dio ha dato vari carismi
(= azioni della grazia) e variegati talenti. Ognuno fa bene ad agire nei
limiti di ciò, che ha veramente ricevuto dal Signore. Solo così si manterrà sano
e sarà di aiuto agli altri. In caso contrario, sarà un operaio confuso, che non
avrà l’approvazione di Dio, essendo che non sarà capace di tagliare rettamente
la Parola della verità (2 Tm 2,15). Chi nutre falsi convincimenti, insegnerà
altresì cose sbagliate. Magari si accrediterà come «maestro» agli occhi di chi
non è in grado di verificare le sue asserzioni, ma insegnerà cose non proprio
vere e creerà solo confusione. Prima o poi, qualcuno lo smentirà in modo
probante; allora, il suo «mito» di «dottore della legge» crollerà, portandone la
vergogna.
Termino con uno dei comandamenti del Decalogo: «Non innalzerai il nome
del Signore, Dio tuo, invano; perché il Signore non riterrà innocente chi
innalza il suo nome invano»
(Es 20,7; nāśāh
«innalzare» qui con la voce o con le labbra, quindi «pronunciare, enunciare,
declamare»). Un modo per usare il nome di Dio invano, è dare ai nomi ebraici di
Dio significati, che essi non hanno.
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/A1-Nomi_di-Dio_MT_AT.htm
06-05-2014;
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