Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Manuale Teologico dell’AT

 

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Dopo una introduzione alle problematiche della teologia dell’AT, segue il dizionario teologico dell’AT.

   Ecco le parti principali dell’introduzione alla teologia dell’AT:
■ Il compito e l’oggetto della Teologia dell’AT
■ Le posizioni teologiche più ricorrenti
■ I patti e gli altri approcci
■ Contro l’appiattimento storico e teologico dell’AT.

 

Al dizionario teologico dell’AT sono acclusi un registro delle voci e un registro ragionato delle stesse detto «percorsi teologici».

 

► Vedi al riguardo le recensioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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IL NOME «JAHWÈ» NELLA GENESI

 

 di Nicola Martella

 

Nicola, ho una domanda, che probabilmente per te sarà vecchia e stravecchia. In Esodo 6,2s si legge: «Dio parlò a Mosè e gli disse: “Io sono l’Eterno. Io apparvi a Abrahamo, a Isacco e a Giacobbe, come il Dio onnipotente; ma non fui conosciuto da loro con il mio nome di Eterno» (= «Jahwè» nei testi ebraici).

     Se è così, come è possibile che «Jahwè» è presente già in Genesi, visto che Dio non era mai stato conosciuto con questo nome fino a Esodo 6,2s? {Stefano Meola; 30-01-2015}

 

1. ENTRIAMO IN TEMA: Quella da te posta, è una questione dibattuta da antica data e che ha fatto scaturire differenti proposte.

     Per rendere comprensibile l’ipotesi per me più plausibile, voglio cominciare con una storia. Mettiamo che mio nonno, mio padre, i miei zii e altri loro amici siano stati nella Resistenza e che abbiano sempre raccontato le imprese di un particolare eroico partigiano. Come allora accadeva, per motivi di sicurezza, essi lo chiamavano con un soprannome: «L’intrepido». Devo pensare all’ex capo dello Stato Sandro Pertini, che nell’ambiente della Resistenza veniva chiamato «il Fucilatore». Giulio Piaggio, comandante della Brigata Garibaldi, era soprannominato «Tenente Alvaro». E così via.

     Affascinato da tali racconti, mettiamo che, decenni or sono, io mi sia deciso di cercare tale impavido partigiano, per scriverne la biografia. Aiutato dai miei parenti ancora viventi, riesco a incontrarlo. Lui si presenta a me come «Ciro Esposito». Parliamo per ore insieme. Lui mi racconta di prima mano le sue gesta partigiane. Gli propongo di scrivere la sua biografia, cosa che egli accetta. Ci incontriamo tante volte, finché esce il libro. È immancabile che ogni tanto userò il soprannome «L’intrepido», ma fin dall’inizio lo identificherò con la sua identità anagrafica: «Ciro Esposito».

 

2. GLI ASPETTI TEOLOGICI: «Jahwè» non è il nome assoluto di Dio, ma è uno dei tanti nomi, con cui Egli si è rivelato nella storia. Il nome «Jahwè» è assolutamente legato al patto mosaico. L’autore si mostra molto onesto intellettualmente nel riportare tale informazione storico-teologica (Es 6,2s).

     Con la liberazione dall’Egitto e la stipulazione del patto sinaitico tutto cambiò nella storia e nella religione d’Israele. «Jahwè» significa «Egli interviene», intendendo la liberazione dalla schiavitù. Mosè scrisse il Pentateuco, attingendo dalle antiche fonti tramandate all’interno della stirpe d’Abramo. A quel punto, per lui era ovvio di chiamare Dio col nome, con cui Egli si era rivelato ora a Israele. Non era più solo il «Dio dei padri» (Es 3,13.15s; Dt 1,11; 4,1), ëlohîm «tremendo, potenza» (cfr. Gn 31,42.53), ’el šaddaj «Potente in cima» (Gn 17,1; 28,3; 35,11; 43,14; 48,3) o un altro nome, ma «Jahwè» il «Dio del patto», che stipulò con Israele (cfr. Lv 26,44; Dt 8,18; 29,11.24) e che si rivelò personalmente a esso (Dt 29,29; 1 Sm 2,7), e il «Dio d’Israele» (Es 5,1; 24,10; 32,27; 34,23).

     Mosè scrisse il Pentateuco per Israele, perciò era ovvio che usasse il nome «Jahwè» in esso anche retroattivamente. Infatti, questo era il nome, che gli Israeliti usarono per Dio dal patto sinaitico in poi.

 

3. ULTERIORI APPROFONDIMENTI: La domanda, che resta, è la seguente: I patriarchi conoscevano o meno il nome «Jahwè». Le risposte date dagli studiosi sono almeno due. ▪ 1. Essi non conoscevano ancora il nome. ▪ 2. Essi conoscevano il nome, ma non era stato ancora rivelato loro il significato storico-salvifico, che sarebbe stato poi connesso alla liberazione dall’Egitto.

     Il primo verbo in Esodo 6,3 è «apparire» (da ebr. rā’āh «vedere»). La parte finale recita letteralmente: «e il mio nome Jahwè non l’ho fatto conoscere loro»; il verbo jāda` intende conoscere intimamente e nella forma qui presente (nifal pf.) intende «mostrarsi, darsi a conoscere, manifestarsi, rivelarsi» (cfr. Is 19,21; Ez 20,5; 35,11; 38,23). Ambedue i verbi sono usati nella Bibbia per indicare la rivelazione di Dio.

     Quindi, o Dio non aveva ancora rivelato ai patriarchi il suo nome «Jahwè», oppure essi lo conoscevano fra tanti altri, ma Dio non aveva ancora manifestato loro il particolare significato storico-salvifico. Ciò è dovuto al fatto che ognuno di noi guarda a Dio, secondo il suo bisogno e la sua particolare contingenza (cfr. Gn 31,42.53 Dio come «Terrore d’Isacco» a causa del suo bisogno di sopravvivere in un contesto ostile).

 

4. ASPETTI CONCLUSIVI: Ho cominciato con una storia verosimile e voglio terminare con un’altra. Ogni ragazzo cresce con tanti altri coetanei, con alcuni è più legato, con altri meno e con altri ancora si conosce solo di vista, per nome o nomignolo. Con parecchi di loro frequenta le elementari, le medie inferiori e le superiori. Chiaramente conosce i nomi di tali compagni di via, senza dare particolare importanza al significato d’essi. Un giorno gli cadono gli occhi su «Tamara» e si accorge che non è più «quella lì» o «una delle tante», ma sente una certa attrazione verso di lei. Quel nome diventa sempre più rilevante per lei, a mano a mano che s’innamora. Non gli interessano più neppure uno dei tanti nomignoli, con cui ella veniva chiamata in giro. Il nome «Tamara» gli gira nella mente come un disco. Lo sogna di notte a caratteri cubitali; gli pare di vederlo scritto in cielo fra le nubi. Lo scrive qui e là. Lo scandisce. Quel nome, che prima era raro sulle sue labbra, ora che la conosce meglio e è interessato a lei, è ovvio come il pane. Quel nome è quella persona, l’amata. Magari, dopo essersi conosciuti meglio, lei gli rivela il significato del suo nome: in ebraico significa «palma», che in oriente è una pianta appariscente, fruttifera (datteri) e simbolo di fecondità; in sanscrito significa «spezia». Agli occhi dell’innamorato anche tali significati del nome alimentano l’importanza dell’amata per lui e la rendono viepiù preziosa.

     Ciò mostra come anche un nome usualmente conosciuto possa diventare, a un certo punto, una particolare «rivelazione», quando si passa per una particolare esperienza esistenziale. In ogni modo, lascio ai lettori di scegliere fra le due possibilità sopra elencate.

 

Per l’approfondimento si veda: ► Macedonie arbitrarie con i nomi di Dio {Nicola Martella} (A)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/A1-Jahwe_Gen_MT_AT.htm

01-02-2015; Aggiornamento:

 

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