Caro Nicola, ho
fatto una ricerca e ho constatato che nel NT non sempre il termine «tradizione»
viene reso nello stesso modo, e ha più significati, come «deposito della fede»,
regolamento, prescrizione, insegnamento, tramandato, testimonianza. Puoi
cortesemente fare una esegesi più accurata dei corrispondenti in greco:
parádosis, parathēkē (1 Tm 6,20; 2 Tm 1,14), e per quanto ho letto,
anche ethos (Lc 1,9; 2,42; 22,39; Gv 19,40; At 6,14)? Ritengo che una
corretta esegesi sia di rivelante utilità, nel confronto con il romanesimo o
culti similari. Il Signore continui a benedire il tuo servizio ai santi. {Pietro
Calenzo; 15-10-2013} |
1. IL TERMINE
PARÁDOSIS: Parádosis
significa, secondo i casi, «trasmissione (p.es. del regno); consegna (p.es.
della città, di beni, di qualcuno alla morte), resa; trasmissione di racconti,
dottrine, precetti; tradizione; NT: per metonomasia anche il complesso delle
dottrine». Tale sostantivo proviene dal verbo paradídōmi, che
intende «consegnare, confidare, dare, nutrire, allevare, istruire; dare in balia
(nelle mani, in potere), consegnare, abbandonare, rimettere, cedere (le armi);
darsi ai piaceri; tramandare, trasmettere, consegnare (il regno); accordare,
permettere, concedere; esporre, arrischiare».
Nel NT il termine
parádosis ricorre soltanto in questi brani, dove s’intende quanto segue:
■ La «trasmissione degli antichi» (Mt
15,2s.6; Mc 7,3.5.8s.13; Gal 1,14 «trasmissioni dei
miei padri») è la tradizione dei Giudei, ossia ciò che essi avevano insegnato
nei secoli e trasmesso ai posteri, aggiungendo dottrina a dottrina. Gesù
si mostrò molto polemico contro tale tradizione dei
Giudei.
■ Le convenzioni umane furono chiamate «trasmissione
degli uomini» (Col 2,8;
cfr. Mc 7,8 dottrine giudaiche). Tali precetti furono così chiamati in contrasto
con la Parola di Dio e l’annuncio dell’Evangelo.
■ Fu così chiamato
l’insegnamento impartito alle chiese da
Paolo e dalla sua squadra missionaria: «Ritenete le trasmissioni come
io ve le ho trasmesse» (1 Cor 11,2 con
paradídōmi); si tratta delle comunicazioni autorevoli degli
insegnamenti scritturali del nuovo patto. «Ritenete
le trasmissioni, con cui siate stati istruiti, sia con la parola, sia con una
nostra epistola» (2 Ts 2,15); l’apostolo puntualizzò il modo, con cui
avvenne tale insegnamento, ossia a voce o per iscritto. «…secondo
la trasmissione, che avete ricevuto da noi»
(2 Ts 3,6); questo insegnamento di Paolo e
della sua squadra doveva essere il criterio, con cui i Tessalonicesi potevano e
dovevano discriminare fra legittimità (verità) e illegittimità (menzogna) in
campo dottrinale e morale.
Questo termine intende, quindi, sia il modo come si è ricevuto qualcosa
(trasmissione orale o scritta), sia il contenuto d’essa (insegnamento,
dottrina). Per capire la dinamica di questo termine, si veda in italiano
«comunicazione», che intende sia l’atto e il processo del comunicare
(trasmissione di contenuti), sia il contenuto trasmesso (comunicazione,
comunicato). Erano tali insegnamenti apostolici, trasmessi alle chiese, che
furono cristallizzati negli scritti del nuovo patto, per formare la
«tradizione» (= trasmissione) legittima delle chiese. Nel NT non esiste un altro
uso per parádosis. Ad esempio, neppure le decisioni del concilio di
Gerusalemme (At 15) furono denominate così.
2. DEPOSITO E
SANA DOTTRINA:
Per dirla con un altri termini tecnici tanto
cari a Paolo, si trattava del «buon deposito» della fede, che bisognava
custodire (1 Tm 6,20 contrasto gnosticismo; 2 Tm 1,14); qui ricorre il termine
parathḗkē «deposito (anche per
ostaggi)» (da paratíthēmi
«presentare, offrire, deporre, proporre, esporre, consegnare, ecc.»). Si
trattava, quindi, della «sana dottrina», il cui contenuto maggiore era
l’Evangelo (1 Tm 1,10s; contrasto vv. 9s; 2 Tm 4,3ss contrasto falsi maestri e
miti religiosi; Tt 1,9 contrasto contraddittori; 2,1).
Paolo espresse tale concetto anche senza il termine parádosis: «[Il
conduttore sia] attaccato, secondo l’insegnamento, alla fedele Parola, affinché
sia capace tanto di esortare con la sana dottrina,
quanto di convincere anche i contraddittori»
(Tt 1,9). Qui al posto di didaskalía «insegnamento,
istruzione» poteva starci, con lo stesso significato, anche parádosis. E
ancora: «Le cose, che hai udite da me in presenza di molti testimoni,
affidale a uomini fedeli, i quali siano capaci d’insegnarle anche ad altri»
(2 Tm 2,2). Come si vede, non si trattava di decisioni di concili né
della prassi religiosa accreditata fra il popolo, ma della trasmissione della
«sana dottrina», che Paolo insegnava nella sua squadra missionaria e mediante
essa alle chiese, che aveva fondato.
3.
IL TERMINE ÉTHOS:
Éthos
significa «uso, abitudine, consuetudine, usanza, costume». È connesso ai verbi
ethízō «abituare, avvezzare,
assuefare» ed éthō «solere,
avere il costume, essere solito o abituato». Si veda anche ethikós
«abituale, consueto, abitudinario» ed éthisma «uso, costume, abitudine,
consuetudine» (= ethismós). Il termine éthos ricorre nelle
seguenti connessioni:
■ Usanza nel giudaismo
(Lc 1,9 del sacerdozio; 2,42
della festa; Gv 19,40
seppellire; At 6,14
usanze, che Mosè ci ha tramandate; 15,1 di
Mosè; 21,21; 26,3 + questioni, che ci sono tra
i Giudei; 28,17 dei padri);
■ Abitudine personale (Lc 22,39 Gesù; Eb 10,25 com’è abitudine presso
alcuni);
■ Usanza dei popoli
(At 16,21 dei Romani; 25,16).
Tale termine,
esprimendo una consuetudine personale, etnica o religiosa, non costituisce
nulla di ingiuntivo. Esprime per massima parte il consenso religioso dei
Giudei, che non fu imposto ai cristiani gentili (cfr. At 15,10.19ss) e
contro il quale, anzi, Paolo si trovò spesso a combattere (Gal 2,4s.14
giudaizzare; cfr. 5,6s), dichiarando la giudaizzazione dei cristiani gentili
come un falso evangelo degno di anatema (Gal 1,8s).
Tale termine non fu mai usato per designare la dottrina cristiana né le
abitudini, le usanze o i riti delle chiese al tempo degli apostoli.
4.
ASPETTI CONCLUSIVI: È sempre un pessimo servizio prendere
i termine greci e usarli in modo arbitrario, cercando di cementare le proprie
ideologie religiose. Si fa sempre
male alla verità, quando si tolgono parole, locuzioni e brani dal loro
contesto naturale e li si riempiono con contenuti religiosi odierni, con
l’intento di legare le persone alle usanze, ai costumi, ai riti e alle
tradizioni della propria denominazione. In tal modo si ingannano le
anime, suggerendo che, praticando le tradizioni e consuetudini religiose attuali
delle denominazioni cristiane, si stanno attuando proprio le direttive
apostoliche o si sta imitando proprio la consuetudine delle prime chiese. Questo
è un uso strumentale, ingannevole e colpevole, di cui si dovrà rendere conto
dinanzi al trono di Dio (Ap 22,18s).
Lascio ai lettori di trarre le ulteriori conclusioni.
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/A1-Dottrina_trasmis_UnV.htm
18-10-2013;
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